ROMANIA

Enciclopedia Italiana - II Appendice (1949)

ROMANIA (XXX, p. 1)

Lina LORE'
Massimo BRUZIO
Pietro MARAVIGNA
Petru IROAIE

Variazioni territoriali (p. 1). - Durante la seconda Guerra mondiale numerose sono state le variazioni territoriali verificatesi nella Romania. Anzitutto essa venne a perdere la Bessarabia e la Bucovina settentrionale occupate dalla URSS il 27-30 giugno 1940 (50.400 kmq. e 3.700.000 ab.); quindi la CriŞana settentrionale, il MaramureŞ e la parte settentrionale ed orientale della Transilvania, comprendente la valle del SomeŞ e le alte valli del MureŞ e dell'Olt (43.104 kmq. e 2.633.000 ab.) in favore dell'Ungheria (arbitrato di Vienna del 30 agosto 1940); infine la Dobrugia meridionale (7726 kmq. e 378.000 ab.) in favore della Bulgaria (trattato di Craiova del 7 settembre 1940). Lo stato romeno si ridusse così, alla fine del 1940, ad una superficie di 193.819 kmq. con circa 13.500.000 abitanti. Nel 1941, però, scoppiate le ostilità fra Germania e URSS, la Romania recuperò la Bucovina settentrionale e la Bessarabia (legge di annessione 3 settembre 1941) ed estese la sua amministrazione sulla cosiddetta Transnistria, compresa fra il Nistro e il Bug. L'ultimo assetto territoriale della Romania è stato stabilito dal trattato di Parigi del 10 febbraio 1947. Oltre alla Transnistria e l'intera Bessarabia assegnate all'URSS, la Romania ha perso, in favore della Russia, la Bucovina settentrionale, mentre la Dobrugia meridionale è stata definitivamente assegnata alla Bulgaria. In compenso la Romania ha riottenuto dall'Ungheria i territorî che le erano stati tolti nel 1940. Entro i nuovi confini la Romania misura 237.752 kmq.

Popolazione (p. 7). - Il 13 agosto 1939 venne adottata una nuova divisione amministrativa: ai 71 distretti (judeţe) esistenti, fu sostituita la suddivisione in dieci regioni (ţinuturi) con a capo un residente. Questo nuovo assetto amministrativo che veniva a riunire in ciascuna regione dai quattro ai dieci judeţe (i quali rimasero come ripartizioni minori) aveva il precipuo scopo di cercare di eliminare le tendenze autonomiste delle antiche circoscrizioni. Però con successivo decreto, del settembre 1941, lo stato romeno fu riportato all'antica divisione amministrativa.

Il 6 aprile 1941 fu eseguito un censimento generale della popolazione romena entro le frontiere esistenti a quell'epoca. Secondo tale censimento la popolazione complessiva della Romania risultava di 13.492.983 ab. Ma entro i nuovi confini stabiliti dal trattato di Parigi, la popolazione era valutata nel 1945 a circa 16.472.000 ab.

La popolazione distinta per regioni, entro i nuovi confini, risultava nel 1941 approssimativamente così ripartita:

La popolazione delle città principali calcolata nel 1945 era la seguente: Bucarest 984.619 ab.; Cluj 110.956; IaŞi 108.987; TimiŞoara 108.296; PloeŞti 105.114; Brǎila 97.293; Galaţi 93.229; Oradea Mare 92.943; BraŞov 85.192; Arad 82.882; Costanza 79.716; Craiova 74.786; Sibiu 63.738.

Prodotti (p. 9). - Le regioni perdute dalla Romania erano grandi produttrici di grano e di mais (Bessarabia) e allevatrici di ovini e di equini (Dobrugia meridionale). Nonostante una marcata diminuzione in questi prodotti, la Romania resta un paese essenzialmente agricolo. Nel 1945, della superficie territoriale, il 41,1% era arativo; l'1,9% a colture arborescenti; il 18,5% a prati e pascoli; il 25,9% a foreste.

Il grano e il mais rappresentano ancora le due colture prevalenti: il primo (nel 1945: 2.081.000 ha. e 10.656.000 q.) è largamente esportato; il secondo (nel 1945: 3.415.000 ha. e 10.985.000 q.) rappresenta il fondamento dell'alimentazione contadina. Le esigenze del consumo familiare hanno fatto progredire le colture dei legumi, patate, fagioli, ecc., e quelle industriali del lino (nel 1945: 30.000 ha. e 72.000 q.) e della canapa (nel 1945: 98.000 ha. e 306.000 q. di fibra). Fra le colture industriali interessa anche la barbabietola da zucchero, che nel 1945 ha investito 43.700 ha. Per l'allevamento una stima del 1945 dava: 2.484.000 bovini, 5.628.000 ovini e 185.000 caprini, 1.020.000 suini, 748.000 cavalli.

Le ricchezze minerarie sono rimaste intatte o quasi, malgrado le cessioni territoriali. Le cifre più aggiornate della produzione mineraria sono: per il petrolio (1946), 4.188.000 t.; per la lignite (1944), 2.271.000 t.; per il gas naturale (metano, 1945), 1.774.000.000 di mc.; per il salgemma (1944), 165.000 t.

Fra le industrie, i maggiori progressi si avevano prima della guerra in quelle tessili, che erano pervenute gradatamente al primo posto, sia per la mano d'opera impiegata, sia in relazione al valore della produzione. Nel 1939 il cotonificio contava 250.000 fusi e 14.500 telai, il lanificio 153.000 fusi (tra cardato e pettinato) e 4370 telai, il setificio 1766 telai. Il movimento commerciale per il periodo 1940-44 (oro e argento esclusi) era di 27,4; 30,5; 45,0; 90,0; 30,0 miliardi di lei per l'importazione e di 36,8; 41,3; 52,8; 71,1; 32,2 milioni per l'esportazione.

Economia e Finanze (XXX, p. 17; App. I, p. 982). - Nel giugno 1948 è stata decisa la nazionalizzazione di vasti settori della vita economica nazionale; ricadono sotto la legge di nazionalizzazione la quasi totalità delle attività industriali, le miniere, i pozzi petroliferi, le comunicazioni e i trasporti, le banche, le assicurazioni, il commercio estero. Gli ex proprietarî saranno indennizzati sotto forma di titoli del debito pubblico, il cui ammortamento sarà curato da un "Fondo dell'industria nazionalizzata" espressamente istituito. È stato approvato per il 1949 un piano economico che prevede investimenti per 76,7 miliardi di lei.

Il bilancio dello stato è così variato:

Il debito pubblico verso l'estero si stima a circa 500 milioni di dollari.

Il processo inflazionistico, già manifestatosi prima della seconda Guerra mondiale (circolazione 29,4 miliardi nel 1937, 70,5 miliardi nel maggio 1941), si accentuò sensibilmente durante la guerra (nel giugno 1945, 649 miliardi di lei) e si aggravò maggiormente subito dopo (48.451 miliardi di lei al 14 agosto 1947). Il cambio ufficiale rispetto al dollaro, che nel 1938 era di 140,12 lei, era così salito nel giugno 1947, per le importazioni di privati, a 450.188 lei per dollaro. La riforma monetaria fu attuata il 15 agosto 1947. Tutti i mezzi monetarî in circolazione vennero ritirati e sostituiti con nuovi biglietti, al tasso di cambio di 20.000 lei vecchi per uno nuovo (pari a 6,6 milligrammi di oro a 9/10; 150 lei = 1 dollaro S. U.). Tutti i prezzi e i salarî furono adeguati al nuovo potere d'acquisto del leu. L'ammontare massimo di moneta convertibile per i privati fu fissato da un minimo di 1,5 milioni per le persone senza professione a un massimo di 5 milioni di lei vecchi per gli agricoltori; gli enti pubblici poterono convertire invece tutta la moneta in loro possesso e le imprese (tranne quelle commerciali che si esclusero dal cambio per costringerle alla liquidazione delle scorte) una somma pari ai salarî pagati nel mese di luglio. Le somme non convertite furono depositate in conti bloccati senza interesse e in tal modo su 48.451 miliardi di lei vecchi ne furono convertiti soltanto 27.550 miliardi, pari a 1,4 miliardi circa di lei stabilizzati. Contemporaneamente fu ordinata la consegna obbligatoria alla Banca nazionale dell'oro monetario e delle divise esistenti nel paese (a fronte di queste cessioni vennero emessi altri 1,5 miliardi di lei). In seguito al graduale svincolo dei conti bloccati e alla concessione di crediti alla produzione, la circolazione di biglietti della Banca nazionale era però salita, al 19 giugno 1948, a 29,8 miliardi di lei. Le riserve auree della Banca nazionale ammontavano nel giugno 1948 a 217 milioni di dollari S. U.

Il monopolio dei cambî è esercitato dalla Banca nazionale, denominata dal novembre 1948 "Banca della Repubblica popolare Romena"; quello del commercio estero da speciali enti statali di recente costituzione. In conformità alla legge di nazionalizzazione del giugno 1948, lo stato ha avocato a sé il monopolio dell'attività creditizia; restano come entità distinte soltanto la Banca centrale, la Banca di credito per investimenti, la Cassa di risparmio e quegli istituti di credito, creati in forza di trattati con stati esteri, il cui capitale sia proprietà in parte dello stato romeno, in parte di detti stati. Tutti gli istituti di credito rimasti saranno sottoposti al controllo del ministro delle Finanze e della Banca centrale. Le banche popolari saranno soppresse a meno che non si trasformino in società cooperative. La Banca centrale, istituto di emissione, era stata già nazionalizzata a partire dal 1° gennaio 1947.

Storia (XXX, p. 17; App. I, p. 981).

La dittatura del re Carlo II tentò di fondarsi sulla capacità di uomini ligi alla corona e sulla Chiesa ortodossa. Questo il significato del gabinetto Goga-Cuza e di quello presieduto dal Patriarca di Bucarest, Miron Cristea, con agli Interni Armand Cǎlinescu, nonché della nuova costituzione di ispirazione totalitaria, fondata sul partito unico, costituito contemporaneamente col nome di "Fronte della rinascita nazionale". La costituzione venne approvata il 24 novembre 1938 mediante un plebiscito. Il 30 marzo 1939 sopravveniva lo scioglimento dei partiti politici. Lo stato fu riorganizzato su basi regionali e i poteri amministrativi concentrati nelle mani di ufficiali ligi alla corona. Morto nel marzo 1939 il vecchio Patriarca, Caolinescu assunse la direzione del governo, quale solo uomo di fiducia del re. Il primo crisma alla dittatura fu impartito dalle elezioni del giugno 1939, dalle quali uscì una Camera corporativa. Ma l'artificiosa base del sistema fu provata il 2i settembre 1939, quando Cǎlinescu cadde sotto il piombo vendicativo delle "Guardie di ferro", che in lui avevano individuato l'uccisore di Codreanu.

La politica internazionale romena subìva una frattura analoga a quella prodotta nella situazione interna. Il ritiro di N. Titulescu dal Ministero degli esteri, avvenuto nell'agosto 1936, significò il principio della crisi nell'orientamento romeno verso le democrazie occidentali, e particolarmente verso la Francia, e nell'adesione romena alla Piccola intesa. Il movimento delle "Guardie di ferro" aveva già impostato una violenta revisione della politica estera romena, dati i suoi legami con la Germania nazista. La dittatura di Carlo fu all'inizio vista benevolmente a Parigi e a Londra, quale baluardo antiguardista. Ma fatalmente anche Carlo fu trascinato alla revisione dell'atteggiamento internazionale della Romania, dato il logoramento delle alleanze nate dopo la prima Guerra mondiale e la pressione nazista verso la valle danubiana.

Carlo compì un viaggio a Parigi e a Londra nel novembre 1938, poco dopo la crisi di Monaco. Nel dicembre, il Ministero degli esteri fu affidato a Grigore Gafencu. Con il nuovo titolare, la politica estera romena iniziò il suo cedimento nei confronti dell'Asse Roma-Berlino, sotto la spinta antirussa e per arginare il revisionismo ungherese incoraggiato dall'Asse. Nell'agosto la Romania aveva ottenuto una soddisfazione nazionalistica con l'accordo di Sinaia, che restaurava la piena sovranità romena sulle acque del Danubio, presso la foce, sottoposte alla giurisdizione della Commissione europea del Danubio. Pochi mesi dopo, la Germania otteneva l'ammissione nella Commissione europea, dalla quale era stata esclusa con la pace di Versailles. La penetrazione tedesca nel bacino danubiano aveva ormai rotto la prima breccia, cui seguì, il 23 marzo 1939, la conclusione di un accordo di collaborazione economica tedesco-romeno, che delineava un piano di sei anni per l'adeguamento totale dell'economia romena a quella germanica. L'accordo fu concluso alcuni giorni dopo l'occupazione nazista della Cecoslovacchia, che produceva lo sfaldamento della Piccola intesa, e rafforzava l'Ungheria, con la riannessione della Russia Subcarpatica.

Poco dopo furono firmati accordi commerciali con la Francia e la Gran Bretagna. Ma la penetrazione nazista non veniva arrestata con quegli inadeguati strumenti commerciali. Occupata l'Albania da parte italiana, il 13 aprile fu annunciata da Londra e da Parigi la formulazione di una garanzia anglo-francese alla Romania e alla Grecia, comportante l'assistenza militare diretta in caso di minaccia all'indipendenza dei due paesi. Il Gafencu svolse un'intensa attività nei mesi precedenti lo scoppio della guerra: egli visitò Varsavia, Roma, Ankara, Atene, con lo scopo di costituire una forza di resistenza internazionale al blocco nazista in cui la Romania stava fatalmente entrando.

Il 18 settembre, quando la Polonia stava crollando sotto i colpi congiunti tedeschi e sovietici, Bucarest fece una prima dichiarazione di neutralità, mentre pochi giorni dopo offriva ospitalità al capo dello stato polacco, I. Mościcki. L'uccisione di Cǎlinescu (21 settembre) fu seguita da una serie di governi di brevissima durata (G. ArgeŞeanu, C. Argetoianu, G. Tǎtǎrescu), segno indubbio di instabilità interna e preannuncio di un nuovo giro di vite dittatoriale, più consono alle direttive naziste. Sospingeva verso quella strada l'addensarsi della minaccia sovietica sulla Bessarabia e la necessità di adeguamento alla collusione russo-tedesca, iniziata con la firma del patto di noi aggressione Molotov-Ribbentrop del 23 agosto 1939.

Invano si era tentata una reviviscenza dell'Intesa balcanica nella conferenza di Belgrado del febbraio 1940. La Turchia aveva accentuato il suo orientamento occidentalista, con la dichiarazione di non belligeranza. Il bacino danubiano stava divenendo un monopolio della Germania. E la stessa navigazione del Danubio fu sottratta ad ogni influenza anglo-francese con le misure di sicurezza prese nell'aprile dalla Romania, in seguito a tentativi di sabotaggio britannici. Il completo adeguamento romeno alle esigenze di guerra naziste fu manifestato con le dimissioni di Gafencu, cui succedette Ion Gigurtu, nuovo uomo di fiducia di Carlo (1° giugno). Le ultime esitazioni verso la Germania caddero del tutto e anche all'interno il nuovo giro di vite dittatoriale fu impresso il 21 giugno con la trasformazione del "Fronte della rinascita nazionale" nel "Partito della nazione", sotto la direzione del re-Führer. La crisi prodotta dall'ultimatum russo per la restituzione della Bessarabia sorprese alcuni giorni dopo la Romania, che inutilmente tentò di fronteggiare la pressione sovietica con la costituzione di un gabinetto di concentrazione nazionale. Occupate la Bessarabia e la Bucovina settentrionale dalle truppe russe, Gigurtu assunse il 4 luglio la direzione del governo, con M. Manoilescu agli Esteri e con la collaborazione di elementi provenienti dalle "Guardie di ferro". La dichiarazione programmatica del nuovo governo costituì il primo atto di completa sottomissione della Romania alla politica dell'Asse. Il 1° luglio, infatti, Bucarest fece una formale dichiarazione di rinuncia alle garanzie franco-inglesi della primavera 1939, e il 10 luglio uscì dalla Società delle nazioni.

La Romania era ormai divenuta un satellite dell'Asse, mentre il processo di sfaldamento territoriale, iniziato con la retrocessione della Bessarabia, precipitava per quanto riguardava la Transilvania e la Dobrugia. A fine luglio, Gigurtu e Manoilescu visitarono Hitler a Obersalzberg e Mussolini a Roma. La nuova situazione costringeva Bucarest ad iniziare negoziati revisionistici con Budapest e Sofia, sotto la pressione dell'Asse. L'arbitrato di Vienna (30 agosto) decise la retrocessione della Transilvania settentrionale all'Ungheria, e l'accordo di Craiova del 7 settembre, la retrocessione della Dobrugia meridionale alla Bulgaria. La Romania otteneva in cambio una garanzia italo-tedesca per la sua integrità, garanzia rivolta sostanzialmente contro l'URSS.

Le mutilazioni territoriali ebbero violente ripercussioni nell'opinione pubblica, rivolte soprattutto contro il re Carlo, ritenuto responsabile delle umiliazioni subìte. Il 4 settembre, in seguito a manifestazioni insurrezionali delle "Guardie di ferro", vecchie rivali del re, fu costituito un gabinetto presieduto dal gen. I. Antonescu, simpatizzante del movimento guardista e perseguitato dal regime carlista. Il 6 settembre, Carlo fu costretto da Antonescu ad abdicare a favore del figlio Michele, dopo di aver abrogato il giorno precedente la costituzione del 1938, sciolto le Camere corporative e affidato i pieni poteri all'Antonescu stesso. Il nuovo governo prendeva una fisionomia militare e guardista, in seguito ad accordi con il capo del movimento legionario, Horia Sima, che assumeva la vicepresidenza. Vaste epurazioni venivano effettuate per colpire i sostenitori del regime carlista e una polizia guardista fu istituita. Ma il connubio Antonescu-"Guardie di ferro" fu di breve durata. Gli elementi guardisti estremisti si abbandonarono ad efferatezze inaudite, come l'esecuzione sommaria di 64 prigionieri politici nelle carceri di Jilava e l'uccisione del prof. N. Iorga, avvenute alla fine di novembre. Invano Antonescu prese nuove misure poliziesche. Tra il 20 e il 22 gennaio 1941, una grave insurrezione guardista minacciò il regime, che riuscì a reprimerla con grande spargimento di sangue a Bucarest e in provincia. Un nuovo governo, composto in gran parte di militari, aprì la strada ad una serie crescente di repressioni e di persecuzioni contro gli Ebrei, i guardisti e gli elementi democratici del paese: la confisca dei beni colpì gli Ebrei; campi di concentramento furono istituiti ed i processi nelle corti marziali si susseguirono senza sosta. Un plebiscito sanzionò il 2 marzo l'operato del generale.

Il 12 ottobre 1940 fu annunciato l'invio, già iniziato, di truppe tedesche in Romania. Il 15 novembre Antonescu si incontrò a Roma con Mussolini e il 22 firmò a Berlino l'adesione romena al Patto tripartito italo-tedesco-nipponico; ai primi di dicembre, fu firmato un protocollo decennale di collaborazione economica tedesco-romena. Tale crescente influenza nazista inasprì i rapporti rimasti sempre fluidi con l'URSS, mentre l'Inghilterra rompeva nel febbraio 1941 le relazioni diplomatiche con la Romania.

Il 22 giugno, la Romania seguì la Germania nella dichiarazione di guerra all'URSS. La Romania era già in aprile servita quale base di attacco per l'invasione tedesca della Iugoslavia. Sotto il comando del gen. Antonescu, gli eserciti tedesco e romeno del settore meridionale varcarono il Prut. Rioccupate in luglio la Bessarabia e la Bucovina settentrionale, riannesse immediatamente, gli eserciti romeni continuarono la campagna anche in Ucraina. La regione del Bug e di Odessa fu affidata all'amministrazione civile romena, sotto il nome di Transnistria e servì da zona di deportazione degli Ebrei espulsi dal territorio romeno. Il 6 dicembre l'Inghilterra dichìarò guerra alla Romania e il 14 la Romania dichiarò guerra agli Stati Uniti, seguendo l'esempio giapponese, tedesco e italiano. L'esercito romeno continuava frattanto a portare un forte contributo alla campagna di Russia nei settori meridionali, partecipando anche all'assedio di Sebastopoli e alla seconda campagna estiva che condusse a Stalingrado.

L'euforia dei primi successi militari dell'estate 1941 galvanizzò il popolo romeno attorno al gen. Antonescu, definito conducǎtor ad imitazione del nazista "Führer", e nominato maresciallo dal re. Ma il successivo dissanguamento dell'esercito e il prolungamento senza uscita della guerra contro l'URSS produssero il lento ma fatale sfaldamento del fronte interno, che diede le sue prime manifestazioni nell'autunno 1942-inverno 1943, mediante appelli segreti rivolti al re dai capi degli ex-partiti nazionalcontadino e liberale, I. Maniu e C. Brǎtianu. Di questo stato di stanchezza e dell'opportunità di uscire dalla guerra si fece cauto portavoce Mihai Antonescu, nonché il conducǎtor stesso, in colloqui con Mussolini. La flessione della campagna di Russia, le controffensive sovietiche e la resa dell'Italia (settembre 1943) allargarono la breccia della defezione, che divenne irreparabile con l'avvicinarsi degli eserciti sovietici ai confini romeni e con i massicci bombardamenti aerei anglo-americani. Fin dalla primavera del 1944 cominciarono i primi sondaggi per la resa, a Costantinopoli e al Cairo. Ma un accordo segreto concluso nello stesso tempo tra gli Alleati, auspici la Russia e l'Inghilterra, affidò la Romania all'influenza sovietica, mentre la Grecia veniva lasciata a quella inglese. I negoziati segreti furono quindi trasferiti a Stoccolma con il ministro sovietico, signora Kollontay.

Il 23 agosto fu firmato a Mosca il trattato di armistizio. Nello stesso giorno, il maresciallo Antonescu, convocato a palazzo reale, fu dimesso dal re e arrestato, per lasciare il potere ad un gabinetto di concentrazione democratica nazionale, con a capo il gen. Sǎnǎtescu, cui in dicembre succedette il gen. Rǎdescu.

I sovietici avevano varcato la frontiera romena il 22 agosto e con rapida avanzata occupavano IaŞi, a nord, Galaţi ed Ismail alle foci del Danubio e, proseguendo a sud, il 2 settembre raggiungevano la frontiera bulgara tra Giurgiu e Silistria. Nessuna resistenza i Sovietici incontrarono nella Pianura Valacca. L'invasione della Romania procedette per conseguenza con rapidità anche sulle Alpi Transilvane. Il 10 settembre i Sovietici erano già ad Alba Iulia, il 14 a Deva e potevano procedere a nord verso la frontiera ungherese, obiettivo principale ed a ovest a cavallo del MureŞ su Arad ed anche qui alla stessa frontiera, che passavano il 9 ottobre. Nella Pianura Valacca, dopo l'occupazione di PloeŞti con i pozzi di petrolio adiacenti e di Bucarest (31 agosto), l'avanzata procedette assai celermente verso le Porte di Ferro, che venivano raggiunte il 6 settembre a Turnu Severin. Da questa località, dopo violenti combattimenti, i Sovietici mossero verso la Serbia ove si congiunsero con l'armata di liberazione del maresciallo Tito a Negotin, per poi procedere insieme verso la Croazia e l'Austria.

L'armistizio di Mosca rappresentava un vero e proprio trattato di pace provvisorio. Infatti, oltre ai rapporti di natura militare, esso regolò anche questioni territoriali, restaurando i confini russo-romeni del giugno 1940 e annullando l'arbitrato di Vienna concernente la Transilvania. Stabilì il pagamento di 300 milioni di dollari di riparazioni, effettuabile in 6 anni, e impegnò la Romania a dichiarare guerra alla Germania, dichiarazione effettuata il 30 agosto, assieme a quella contro all'Ungheria, contro la quale furono inviate a combattere divisioni romene.

La Russia si era impegnata fin dall'aprile 1944, con una dichiarazione di Molotov, a rispettare l'integrità della Romania e a non ingerirsi nei suoi affari interni. Con la dichiarazione di Jalta del 12 febbraio 1945, i Quattro grandi si impegnarono ad assistere collettivamente i paesi liberati ed ex-satelliti dell'Asse per la restaurazione di liberi regimi democratici. Ma queste dichiarazioni erano viziate dai primi accordi segreti per le zone d'influenza, di cui Romania e Grecia furono le prime vittime.

Infatti, in seguito a disordini provocati in Bucarest il 24 febbraio, il 28, il re fu costretto dal vicecommissario sovietico Vyšinskij a dimissionare il gen. Rǎdescu, con il motivo che il suo governo non aveva garantito l'ordine nelle retrovie romene dell'armata rossa, e a nominare capo del governo il filocomunista Petre Groza. I partiti nazional-contadino e liberale passarono allora all'opposizione. Il re fece appello, il 23 agosto, ai firmatarî della dichiarazione di Jalta perché lo assistessero per la creazione di un regime democratico e ruppe ogni rapporto costituzionale col suo primo ministro. Mosca invece sostenne apertamente Groza, con una serie di accordi economici e con la restituzione dei prigionieri.

Il primo tentativo per la conclusione dei trattati di pace, effettuato dal Consiglio dei ministri degli Esteri a Londra nel settembre, si arenò sull'opposizione anglosassone ai governi comunisteggianti romeno e bulgaro. La conferenza anglo-russo-americana di Mosca del dicembre tentò di ripristinare gl'impegni di Jalta con la dichiarazione del 28 dicembre concernente l'assistenza dei Tre grandi per la costituzione di governi democratici in Romania e Bulgaria. Un compromesso fu raggiunto nel gennaio 1946 con l'ammissione nel gabinetto Groza di rappresentanti dei partiti nazional-contadino e liberale. Ma l'esperimento durò esattamente il periodo in cui furono elaborati i trattati di pace, nei Consigli dei ministri degli Esteri di Parigi e nella conferenza del Lussemburgo. Il ministro degli Esteri, Tǎtǎrescu, espose il punto di vista romeno al Lussemburgo e fu utile al regime Groza, dato che apparteneva alla precedente classe politica romena. Ma quando i trattati stavano per essere approvati definitivamente nel Consiglio dei ministri degli Esteri di New York, le elezioni del 19 novembre 1946 diedero una maggioranza schiacciante alla lista del blocco governativo dominato dai comunisti, malgrado le grandi simpatie riscosse nell'opinione nazionale specialmente dai nazionalcontadini di Maniu.

Il 10 febbraio 1947, anche la Romania firmò a Parigi il trattato di pace, che confermava le clausole territoriali e finanziarie dell'armistizio. Le riserve anglo-americane sulla democraticità del governo perdettero ogni efficacia. Il trattato conteneva clausole per la garanzia dei diritti umani fondamentali; ma il progrediente inserimento della Romania nel blocco orientale esautorava ogni intervento occidentale per l'applicazione di tali garanzie. D'altra parte anche la libertà di navigazione sul Danubio veniva affermata in modo generico e la sua tutela lasciata all'arbitrio degli stati sovrani. La Romania riotteneva in modo definitivo la Transilvania settentrionale. Ma un valore maggiore del trattato acquistavano gli accordi economici russo-romeni, la costituzione di compagnie russo-romene per lo sfruttamento delle maggiori risorse del paese, l'assorbimento totale dell'economia di esso da parte di quella sovietica.

Entrato in vigore il trattato il 15 settembre, la Commissione di controllo interalleata cessò di esistere, ma le truppe russe non sgomberarono il territorio romeno, poiché dal trattato fu riconosciuto all'URSS il diritto di mantenere truppe in Romania fino alla conclusione del trattato di pace con l'Austria, per controllare le linee di comunicazione tra la Russia e la zona sovietica dell'Austria. L'inserimento politico-militare della Romania nel blocco orientale fu quindi perfezionato con i trattati ventennali di mutua assistenza conclusi il 16 gennaio 1948 con la Bulgaria, il 24 gennaio con l'Ungheria e il 4 febbraio con l'URSS.

Anche il regime interno fu sovietizzato rapidamente. Il capo dell'opposizione, Maniu, ed altri esponenti nazional-contadini furono processati nell'ottobre 1947 e condannati a severe pene; motivo: un tentativo di fuga di alcuni di essi e un preteso complotto con le potenze occidentali. In novembre, Tǎtǎrescu fu defenestrato dal Ministero degli esteri, che fu assunto da Ana Pauker, massima esponente del partito comunista. Il 30 dicembre re Michele abdicò e lasciò la Romania, trasformata così in repubblica democratica popolare. Il 28 marzo 1948 furono indette elezioni a lista unica governativa, con sparute minoranze all'opposizione, per l'elezione di una costituente, che in meno di un mese adottò una costituzione sul tipo popolare sovietico analoga a quella in vigore in Russia, in Bulgaria e in Iugoslavia. Anche dal punto di vista economico il processo di sovietizzazione fu perfezionato, con estesissime nazionalizzazioni dei mezzi di produzione e una serie di accordi economici con la Russia e gli altri paesi dell'Europa orientale.

Bibl.: L. Salvatorelli, Un ventennio tra due guerre, Roma 1942; V. Potemkin, Histoire de la diplomatie, vol. III, Parigi 1946; G. Gafencu, Preliminari della guerra all'Est, Milano 1946; C. Hull, Memoirs, New York 1948; J. E. Davies, Missione a Mosca, Milano 1946.

Letteratura (XXX, p. 29).

Lo spirito d'indipendenza propugnato dal democratismo dei Brǎtianu e di Iuliu Maniu provoca nella letteratura romena del ventennio di reintegrazione nazionale (1920-40) un continuo svalutamento delle teorie autoritarie e quindi un incessante rinnovamento morale. Si mira sempre più ad una perfetta reintegrazione sociale, etica, estetica, ad una totale unità della coscienza dei Romeni e alla loro partecipazione alla cultura mondiale.

Sotto il multiforme impulso dell'universalista Nicolae Iorga (1871-1940) si è svolto tutto il processo spirituale del primo Novecento. Mai si è posto più acutamente il problema del contributo romeno alla letteratura universale e non c'è corrente ideologica che non abbia il suo rappresentante in Romania. Amorosamente vengono interpretati Bergson, Croce, Spengler, Gentile, Bertoni, Maeterlinck, D'Annunzio, Papini, Pirandello, Baudelaire, Proust, Verlaine, Valéry, Gide, Eliot, Rilke, Tagore, Unamuno, Berdjaev, Esenin. Accanto alla tradizionale influenza francese sostenuta da Charles Drouhet, la cultura italiana viene largamente promossa da Ramiro Ortiz e Alexandru Marcu. I poeti tradizionalisti o modernisti evadono dalle proprie scuole per incontrarsi sulla linea Dimitrie Cantemir (1674-1723) - Alexandru Odobescu (1834-95) - Vasile Pârvan (1882-1927) che illumina compostamente il senso estetico di un etnicismo nutrito dalla antichità dacoromana e informato alla contemporaneità. Il Pârvan stesso, rigoroso archeologo, ha illustrato questa direzione con i suoi eleganti ritmici saggi Memoriale (1923) dove l'umanesimo integrale, dotto, si armonizza con un succoso umanismo etnico derivato da ricche fonti folkloriche di natura classica, poiché di origine dacica e romana ed espresso in forme lapidarie. G. Murnu, St. Bezdechi, N. Herescu, D. M. Pippidi e Dan Botta aprono nuove strade al classicismo che in Romania offre particolarità locali potenziate dalla letteratura popolare valorizzata da O. DensuŞianu, Gh. I. Kirileanu, Leca Morariu, Al. Vasiliu di TǎtǎruŞi, I. Pillat, T. Papahagi, I. Diaconu, C. Brǎiloiu, Liviu Rusu, quale esemplare realizzazione artistica, degna di essere imitata e assimilata dai poeti. Per questo umanismo popolare significativi sono gli encomî accademici di M. Sadoveanu (Poezia popularâ, 1923), L. Blaga (Elogiul satului românesc, L'elogio del villaggio romeno, 1937), L. Rebreanu (Lauda (tǎranului român, La lode del contadino romeno, 1940). Il poemetto bucolico popolare Mioriţa (La Pecorella), raccolto da V. Alecsandri nella prima metà dell'Ottocento, canto dell'amor fati et artis, ha mobilitato la ricerca erudita e l'attività di diversi pensatori e critici (D. Caracostea, G. Ibrǎileanu, DensuŞianu, Diaconu, Em. Bucuţa, E. Lovinescu) ed ha impressionato la fantasia degli scrittori (M. Sadoveanu, I. Pillat, T. Arghezi, I. Teodoreanu) stimolando anche la ricerca filosofica. Lucian Blaga ha perfino determinato nell'incosciente dell'etnico romeno uno "spazio mioritico" (Spaţiul mioritic, 1936) con cui ha creato una nuova corrente. Il seducente miracolo popolare suscita, non romanticamente ma con metodo critico, un orientamento verso le eredità dacoromane scoperte dall'archeologia, etnologia, filologia, con accurati studî stilistici potenziati dalla disquisizione di quella essenza spirituale chiamata "specifico nazionale" (Ibrǎileanu), sì da venire addirittura sensibilizzato nella letteratura come tesoro (Cezar Petrescu) o solidarietà del presente col passato, della terra con l'uomo (Iorga, Sadoveanu, N. Crainic, Rebreanu, A. CotruŞ) o come incosciente atavico, resurrezione dei morti (Pillat, Arghezi, Blaga). Questo indirizzo ha ridotto a significato storico il neo-ortodossismo "pensierista" (della rivista Gândirea, Il pensiero) di Nichifor Crainic e l'impressionismo del critico E. Lovinescu.

Tralasciando O. Goga e I. Al. Brǎtescu-VoineŞti che appartengono piuttosto al primo ventennio del Novecento, di alto valore universale si possono considerare Mihail Sadoveanu, che nelle sue narrazioni fa rivivere liricamente il dramma atavico e rustico; Liviu Rebreanu, epico interprete dei complessi sociali e individuali contadineschi; Tudor Arghezi poeta della coscienza, la cui scaltra arguzia tratta anche i fatti più gravi proiettati su una particolare visione umanistica del mondo; Ion Pillat, poeta bucolico su classiche modulazioni dell'imperituro spirito etnico e dell'adesione individuale ad esso; Aron Cotrus, cantore dell'attività umana sovrana creatrice di beni economici o spirituali. Anche le poesie di Lucian Blaga, che accrescono il leggendario delle cose guardate come mistero, sono considerate da alcuni critici quale originalissima creazione artistica. Nel critico Garabet Ibrǎileanu la letteratura romena ha un finissimo interprete dell'artista determinato dallo spirito etnico.

Mantenutasi al di sopra degli urti individuali e sociali, soltanto con la seconda Guerra mondiale la letteratura diventa militante. Scompaiono le grandi figure letterarie di Iorga, Lovinescu, Minulescu, Brǎtescu-VoineŞti, Rebreanu, Pillat, Bucuţa, Crainic, mentre altri scrittori riparano all'estero. Mihail Sadoveanu, che pur si era scagliato contro il bolscevismo (nel numero di omaggio a Ion Antonescu della Rivista delle fondazioni reali, 1941), diventa uno dei principali promotori del russismo in Romania. Il nuovo periodo comunista trova in Mihai Beniuc, epigono di Goga e CotruŞ, il suo poeta.

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