MARGARIA, Rodolfo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 70 (2008)

MARGARIA, Rodolfo

Emilio Agostoni

– Nato il 15 nov. 1901 a Châtillon, in Val d’Aosta, da Giovanni e da Carolina Pelissier, dopo aver completato gli studi secondari nel collegio nazionale di Aosta, nel 1918 si iscrisse alla facoltà di medicina e chirurgia dell’Università di Torino. Dal 1919 al 1921 fu allievo interno nell’istituto di fisiologia diretto da A. Herlitzka, quindi nella clinica medica generale, diretta da F. Micheli, dal 1921 al 1925. Laureatosi a pieni voti il 16 luglio 1924, l’anno successivo fu nominato assistente, e in seguito aiuto, presso l’istituto di fisiologia dell’Università torinese. Conseguita nel 1928 la libera docenza in fisiologia umana sperimentale, fu incaricato dell’insegnamento della chimica biologica nello stesso ateneo.

Dopo aver condotto a Torino le sue prime ricerche scientifiche, riguardanti la resistenza dell’uomo e degli animali alla depressione barometrica (La resistenza degli animali alla depressione barometrica con varie miscele di ossigeno e anidride carbonica, in Arch. di scienze biologiche, XI [1928], pp. 425-453; Die Arbeitsfähigkeit des Menschen bei vermindertem Luftdruck, in Arbeitsphysiologie, I [1929], pp. 261-272), il M. proseguì la sua attività scientifica all’estero. Nel 1930 lavorò come borsista della Rockefeller Foundation presso il Department of physiology and biochemistry dell’University College di Londra e nel Marine biological laboratory di Plymouth sotto la guida di A.V. Hill, nel 1930-31 presso il Physiological laboratory di Cambridge e nel 1932-33 nel Harvard fatigue laboratory di Boston, diretti rispettivamente da J. Barcroft e da J.L. Henderson. Sempre nel 1933 operò con D.D. Van Slyke nel Rockefeller Foundation Hospital di New York, mentre nel 1934 fu dapprima con D.W. Bronk a Filadelfia nella Johnson Foundation for medical physics, quindi, con O. Meyerhof, come borsista della Fondazione Volta a Heidelberg presso il Kaiser Wilhelm Institut für medizinische Forschung.

Tra i suoi numerosi studi di quegli anni quelli sulla funzione respiratoria del sangue e sull’energetica del lavoro muscolare lo imposero all’attenzione della comunità scientifica. Era noto che le reazioni di idratazione e disidratazione dell’anidride carbonica (CO2) sono lente e che, quindi, nel sangue esse devono avvenire molto più velocemente al fine di essere funzionalmente utili. Nel 1931 il M. cercò di individuare il sistema catalizzante e mostrò che tali reazioni sono molto più veloci in soluzioni di emoglobina anche molto diluite (The influence of haemoglobin on the hydratation and dehydratation velocities of CO2, in Journal of physiology, LXXII [1931], pp. 6-7P, in collab. con R. Brinkman). Perfezionate l’anno seguente, queste ricerche mostrarono che non era l’emoglobina a catalizzare le reazioni, bensì un enzima specifico, che N.U. Meldrum e F.J.W. Roughton riuscirono a separare dall’emoglobina e proposero di chiamare anidrasi carbonica (The CO2 catalyst present in blood, ibid., LXXV [1932], pp. 3-4P, in collab. con Brinkman - Meldrum - Roughton; The kinetics of the dioxide-carbonic acid reaction, in Royal Society of London. Philosophical Transactions, s. A, CCXXXII [1933], pp. 6-7P, in collab. con Brinkman - Roughton). L’anidrasi carbonica è stata in seguito studiata da numerosi ricercatori, giacché rinvenuta anche in altri tessuti; essa, infatti, è essenziale per la funzione delle cellule parietali dello stomaco (secrezione di acido cloridrico), e per quella delle cellule dei tubuli renali (assorbimento dei bicarbonati). Il M. dimostrò inoltre che l’anidride carbonica forma un composto con l’emoglobina in grado di determinarne una diminuzione dell’affinità per l’ossigeno anche in assenza di una riduzione del pH (cosiddetto effetto Margaria e Green: The first dissociation constant, pK’1, of carbonic acid in hemoglobin solutions and its relation to the existence of a combination of hemoglobin with carbon dioxide, in Journal of biological chemistry, CII [1933], pp. 611-633, in collab. con A. Green).

Nella prima metà degli anni Venti A.V. Hill e O. Meyerhof, insigniti con il premio Nobel del 1922, lavorando sul muscolo isolato, non perfuso, di rana, avevano dimostrato che la contrazione muscolare implica la formazione di acido lattico che, al cessare del lavoro, viene in piccola parte ossidato, fornendo così l’energia necessaria per la trasformazione del resto in glicogeno. Essi erano pertanto giunti alla conclusione che nel periodo di ristoro si ha un extra-consumo di ossigeno richiesto per pagare il «debito di ossigeno» contratto nel precedente lavoro. D’altra parte, nel periodo 1927-31 avvenne quella che Hill chiamò la rivoluzione nella fisiologia muscolare: l’identificazione del creatinfosfato e la dimostrazione della sua diminuita concentrazione nel muscolo durante la contrazione; la dimostrazione della possibilità di ottenere, in un muscolo in cui sia stata inibita la glicolisi, una serie di contrazioni senza produzione di acido lattico; l’identificazione dell’adenosintrifosfato, con l’ipotesi che la sua idrolisi fornisca l’energia per la contrazione e che la sua resintesi avvenga rapidamente grazie all’energia fornita dall’idrolisi del creatinfosfato. Verosimilmente stimolato da questa entusiasmante sequenza di scoperte, il M. determinò il consumo di ossigeno e la concentrazione di acido lattico nel sangue dell’uomo durante e dopo intenso lavoro muscolare della durata di circa 6 minuti. Egli dimostrò che il periodo del «debito di ossigeno» è caratterizzato da una prima fase di rapida diminuzione del consumo di ossigeno e di immutata concentrazione di acido lattico (debito di ossigeno alattacido con resintesi di creatinfosfato), e da una seconda fase contrassegnata dalla lenta diminuzione sia del consumo di ossigeno sia della concentrazione di acido lattico (debito di ossigeno lattacido con rimozione di acido lattico). L’articolo relativo a questa ricerca (The possible mechanisms of contracting and paying the oxygen debt and the role of lactic acid in muscular contraction, in American Journal of physiology, 1933, vol. 106, pp. 689-715, in collab. con H.T. Edwards - D.B. Dill) divenne un classico sia perché dimostrava la necessità di procedere a una revisione della teoria di Hill e Meyerhof sia perché segnava l’avvio di importanti ricerche che nei decenni successivi avrebbero portato a una revisione dell’interpretazione della seconda parte del debito di ossigeno. Infatti, l’American Physiological Society ha dedicato a esso un interessante commento di K.M. Baldwin (2005); inoltre la sua importanza è stata sottolineata nel volume curato da Ch.M. Tipton per la serie «People and Ideas» (Exercise Physiology, 2003). Nel laboratorio di Henderson il M. dimostrò inoltre che nel lavoro muscolare, soprattutto in quello strenuo, l’utilizzazione di glicogeno è prevalente rispetto a quella dei grassi, che sono a loro volta utilizzati in misura progressivamente maggiore man mano che si riducono le scorte di glicogeno (Metabolic rate, blood sugar and the utilization of carbohydrate, in American Journal of physiology, 1934, vol. 108, pp. 203-209, in collab. con Edwards e Dill). Nell’istituto di Meyerhof poté acquisire utili informazioni sulla biochimica della contrazione muscolare misurando le variazioni del pH intracellulare del muscolo durante la sua attività (Photoelektrische Messung der pH-Änderung im Muskel während der Kontraction, in Naturwissenschaften, 1934, vol. 22, p. 634, in collab. con A. von Muralt).

Vinto nel 1933 il concorso per la cattedra di fisiologia umana, il M. fu docente di questa disciplina nelle Università di Ferrara (1934), di Parma (1935), di Pavia (1935-37) e di Milano (1938-77), dove divenne professore emerito dal 1978. Fu direttore del Centro studi e ricerche di medicina aeronautica presso il ministero dell’Aeronautica a Guidonia (1938-43), dell’Istituto superiore di educazione fisica della Lombardia (1965-77), del Centro studi di fisiologia del lavoro muscolare del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) dal 1969 al 1974. Dal 1948 al 1950, inoltre, fu visiting professor di fisiologia alla Yale University di New Haven.

Nel periodo pavese il M. effettuò un importante studio sistematico sul consumo energetico nella marcia e nella corsa (Sulla fisiologia e specialmente sul consumo energetico della marcia e della corsa a varie velocità ed inclinazioni del terreno, in Atti della R. Acc. nazionale dei Lincei. Memorie, cl. di scienze fisiche, matematiche e naturali, s. 6, VII [1938], pp. 299-368). A Milano formò una grande scuola: tra i suoi allievi nove divennero professori di fisiologia in Italia e tre nel Nordamerica.

Le più importanti ricerche del M. in questo lungo periodo riguardano il metabolismo energetico nel lavoro muscolare e la meccanica della locomozione. Si sapeva che nel lavoro muscolare il meccanismo ossidativo eroga una potenza pari a circa 220 calorie per minuto e per kg di peso corporeo: il M. e i suoi collaboratori riuscirono a eseguire la determinazione della potenza e della capacità dei meccanismi energetici non ossidativi. Per quanto riguarda il meccanismo alattacido (adenosintrifosfato + creatinfosfato) essi dimostrarono che ha una capacità di 100 calorie per kg ed eroga una potenza di circa 800 calorie per minuto per kg, che può essere mantenuta soltanto per 7 secondi; che la concentrazione di creatinfosfato nel muscolo diminuisce linearmente con l’aumentare dell’intensità dell’esercizio, mentre quella dell’adenosintrifosfato si riduce poco; che la cinetica di resintesi del creatinfosfato è di tipo esponenziale con un periodo di semireazione di 20 secondi. Per quanto concerne il meccanismo lattacido, misero in evidenza che, poiché la glicolisi anaerobica con formazione di acido lattico ha una capacità di 250 calorie per kg ed eroga una potenza di circa 420 calorie per minuto per kg, esso, nel lavoro muscolare massimo, si esaurisce in circa 35 secondi; che l’acido lattico inizia a formarsi nel muscolo quando la riserva di creatinfosfato è pressoché esaurita; che la concentrazione di acido lattico nel sangue aumenta linearmente con il tempo e con una velocità tanto maggiore quanto maggiore è l’intensità dell’esercizio; che l’equivalente calorico della produzione di acido lattico in vivo è di circa 220 calorie per grammo di acido lattico prodotto. Lo studio del lavoro intermittente confermò il complesso di tali dati: infatti, ovviando alla formazione di acido lattico con esercizi strenui di breve durata (10 secondi) intervallati da periodi di riposo di 30 secondi, è possibile eseguire per un tempo protratto una quantità elevata di lavoro molto intenso (Kinetics and mechanism of oxygen debt contraction in man, in Journal of applied physiology, 1963, vol. 18, pp. 371-377, in collab. con P. Cerretelli et al.; Balance and kinetics of anaerobic energy release during strenuous exercise in man, ibid., 1964, vol. 19, pp. 623-628, in collab. con Cerretelli - F. Mangili; Measurement of muscular power [anaerobic] in man, ibid., 1966, vol. 21, pp. 1662-1664, in collab. con P. Aghemo - E. Rovelli; Capacity and power of the energy processes in muscle activity: their practical relevance in athletics, in Zeitschrift für angewandte Physiologie einschliesslich Arbeitsphysiologie, XXV [1968], pp. 352-360; Relationship between O2 consumption, high energy phosphate and the kinetics of the O2 debt in exercise, in Pflügers Archiv für die gesamte Physiologie des Menschen und der Tiere, 1968, vol. 304, pp. 11-19, in collab. con P.E. di Prampero; Mechanical efficiency of phosphagen [ATP + CP] splitting and its speed of resynthesis, ibid., 1969, vol. 308, pp. 197-202, in collab. con di Prampero; Energy utilization in intermittent exercise of supramaximal intensity, in Journal of applied physiology, 1969, vol. 26, pp. 752-756, in collab. con R.D. Oliva - di Prampero - Cerretelli; An analysis of O2 debt contracted in submaximal exercise, ibid., 1970, vol. 29, pp. 547-551, in collab. con di Prampero - C.T.M. Davies - Cerretelli; Alactic O2 debt and lactic acid production after exhausting exercise in man, ibid., 1973, vol. 34, pp. 628-632, in collab. con di Prampero - L. Peeters).

Muovendo dalle pionieristiche ricerche del 1930 di W.O. Fenn sulla meccanica e sulla energetica della corsa veloce, il M. e i suoi collaboratori hanno svolto analisi complete e accurate della meccanica della marcia e della corsa che hanno portato a risultati fondamentali. Sia nella marcia sia nella corsa l’energia potenziale e l’energia cinetica oscillano a ogni passo: tuttavia nella marcia tali oscillazioni sono in opposizione di fase, così che il lavoro complessivo è inferiore a quello della singola componente, potenziale o cinetica, in quanto a ogni passo si ha una trasformazione di energia potenziale in energia cinetica e viceversa. Nella corsa, invece, le oscillazioni delle due forme di energia sono in fase, onde, risultandone un lavoro complessivo pari alla somma delle due componenti, il costo energetico è molto maggiore rispetto a quello della marcia. D’altra parte, se si calcola il rendimento meccanico, cioè il rapporto tra il lavoro meccanico eseguito e il corrispondente consumo energetico, il rendimento meccanico nella corsa risulta eccessivamente elevato. Questo ha portato alla scoperta dell’utilizzazione dell’energia elastica che il muscolo contratto può accumulare in una fase e restituire in quella successiva: nella corsa, parte dell’energia del corpo che cade e viene decelerato dall’impatto del piede con il suolo non è degradata a calore, ma accumulata sotto forma di energia elastica nei muscoli, distesi in stato di contrazione. Questa energia viene quindi restituita come lavoro quando i muscoli stessi, accorciandosi, imprimono al corpo, con la spinta del piede, una accelerazione verso l’alto e in avanti. La scoperta dell’accumulo di energia elastica nel muscolo contratto è stata confermata nel muscolo isolato di rana: questo, infatti, può compiere un lavoro maggiore se è stato previamente allungato in stato di contrazione, rispetto a quando si accorcia partendo da uno stato di contrazione isometrica. Dall’analisi della meccanica della locomozione terrestre, inoltre, il M. ha formulato previsioni sulla meccanica della locomozione sulla Luna, dove la gravità è pari a un sesto di quella della Terra. Sulla Luna le velocità di marcia e corsa sono minori: per ottenere una maggiore velocità di progressione occorre procedere a salti. Queste previsioni sono state confermate dagli astronauti (A three-directional accelerometer for analyzing body movements, in Journal of applied physiology, 1961, vol. 16, p. 191; External work in walking, ibid., 1963, vol. 18, pp. 1-9; Mechanical work in running, ibid., 1964, vol. 19, pp. 249-256, tutti in collab. con G.A. Cavagna - F. Saibene; Human locomotion in subgravity, in Aerospace medicine, XXXV [1964], pp. 1140-1146, in collab. con Cavagna; Effect of negative work on the amount of positive work performed by an isolated muscle, in Journal of applied physiology, 1965, vol. 20, pp. 157 s., in collab. con Cavagna - Saibene; Mechanics of walking, ibid., 1966, vol. 21, pp. 271-278, in collab. con Cavagna). Del M. meritano ancora di essere ricordate due interessanti ricerche riguardanti il lavoro dell’apparato respiratorio durante l’esercizio fisico e la meccanica della fonazione: Mechanical work breathing during muscular exercise, ibid., 1960, vol. 15, pp. 354-358, in collab. con J. Milic-Emili - J.M. Petit - Cavagna; An analysis of the mechanics of phonation, ibid., 1965, vol. 20, pp. 301-307, in collab. con Cavagna.

Tra le numerose pubblicazioni del M. si devono ancora ricordare: i testi Principî di chimica e fisico-chimica fisiologica, Milano 1936 (giunto nel 1958 alla ottava edizione) e Principî di fisiologia, ibid. 1947, in collab. con L. De Caro (giunto nel 1967 alla quarta edizione); il compendio Fisiologia, ibid. 1958; le collaborazioni al Trattato di fisiologia coordinato da F. Bottazzi (Fisiologia del tessuto muscolare, I, ibid. 1937, pp. 632-719; Il lavoro muscolare, II, ibid. 1938, pp. 563-617; Respirazione, III, ibid. 1942, pp. 230-395) e alla monografia di H.B. Falls, Exercise physiology, New York 1968 (The respiratory system and exercise, pp. 43-78, in collab. con Cerretelli); l’articolo The source of muscular energy, in Scientific american, CCXXVI (1972), pp. 84-91; la monografia Biomechanics and energetics of muscular exercise, Oxford 1976. Si ricorda inoltre che il M. è stato coordinatore del Trattato di medicina aeronautica, Roma 1941 (in collab. con A. Monaco - A. Gemelli), e degli Atti del simposio, da lui stesso organizzato a Milano, Exercise at altitude, Amsterdam 1967. Ha infine redatto varie voci per l’Enciclopedia Italiana e per l’Enciclopedia della scienza e della tecnica.

Il M. fu membro dell’Accademia nazionale dei Lincei, del consiglio direttivo dell’International Union of Physiological Sciences, dell’International Academy of Astronautics, della Physiological Society, dell’Istituto lombardo di scienze e lettere, dell’Accademia delle scienze di Torino. Fu presidente della Società italiana di fisiologia, della Association des physiologistes de langue française, della Società italiana di biologia sperimentale. Fu insignito con il premio del presidente della Repubblica italiana per la fisiologia e patologia (1953), la medaglia d’oro dei benemeriti della scuola, cultura e arte, e quella dei benemeriti della Sanità pubblica.

Dotato di notevole capacità di intuizione e di ideazione, era una personalità forte e uno spirito anticonformista. Severo nei giudizi, e apparentemente duro e freddo, era tuttavia legato con simpatia alle persone che stimava per capacità, impegno e lealtà.

Il M. morì a Milano il 29 genn. 1983.

Fonti e Bibl.: V. Capraro, Commemorazione di R. M., in Atti dell’Acc. nazionale dei Lincei. Rendiconti, cl. di scienze fisiche, matematiche e naturali, s. 8, LXXV (1983), pp. 405-426; D.B. Dill, R. M., in The Physiologist, XXVI (1983), p. 78; R. Goldsmith - P.E. di Prampero - P. Cerretelli, Prof. R. M. 1901-1983: an appreciation, in European Journal of applied physiology and occupational physiology, LI (1983), pp. 1 s.; V. Capraro, In memoria di R. M., in Atti della XI Riunione primaverile della Soc. italiana di fisiologia, Firenze 1984, pp. 5-13; G. Rotondo, R. M., in Riv. di medicina aeronautica e spaziale, IL (1984), pp. 7-20; E. Meda, Commemorazione di R. M., in Atti dell’Acc. delle scienze di Torino, CXX (1986), pp. 132-138; E. Agostoni, Ricordo di R. M. (prima conferenza Margaria, Milano 21 nov. 1994), in Pathos, II (1995), pp. 87-98; Ch.M. Tipton, Exercise physiology, Oxford-New York 2003, pp. 300, 329 s.; K.M. Baldwin, Comments on classical papers, in Journal of applied physiology, 2005, vol. 99, pp. 1241 s.