GRASSONI, Rodolfo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 58 (2002)

GRASSONI (Garzoni, de Grassonibus, de Garxonibus), Rodolfo

Andrea Gamberini

Figlio di Guglielmo (o Guglielmino), nacque probabilmente nella seconda metà del Duecento da uno dei più illustri casati modenesi, detentore di terre e clientele nella castellania di Vignola. La condizione sociale dei Grassoni bene risulta dal Liber nobilium et potentium della città di Modena, cui l'agnazione fu ascritta, al pari delle altre di condizione magnatizia, dal reggimento popolare al potere nel 1306. Si tratta di una fonte di grande interesse, da cui si ricava l'estrema articolazione della parentela, frazionata in un gran numero di rami, tutti concentrati nei quartieri di Porta S. Pietro e Porta Baioarie, dove risultava abitare anche il Grassoni.

Nel marzo 1307 Modena vide i guelfi locali (Guidotti, Boschetti e Rangoni) cacciare i ghibellini: fra questi il Chronicon Parmense annovera anche i Grassoni, malgrado gli avvenimenti degli anni successivi vedano legarsi il G. ad ambienti guelfi.

Secondo una prassi assai diffusa tra gli esponenti della militia cittadina anche il G. trovò impiego nel circuito dell'officialità itinerante. Fra il novembre 1303 e l'aprile 1304 fu capitano del Popolo a Perugia. Quindi nel 1307 venne nominato podestà a Parma: domenica 30 aprile entrò in città e cominciò il suo mandato semestrale, sotto la signoria di Giberto da Correggio. I legami tra i Grassoni e la città di Parma erano comunque precedenti: un Grassone vi aveva esercitato la podesteria nel 1282, mentre Guglielmo (forse il padre del G.) era stato capitano del Popolo nel 1279; né questi rapporti vennero meno di lì a breve: nel 1309 un altro agnato del G., anch'egli di nome Guglielmo, assunse la podesteria della città emiliana.

Il governo del G. fu di breve durata ma ricco di avvenimenti, almeno secondo il dettagliato resoconto che ne fa il Chronicon Parmense: proprio in quei mesi la città e il distretto furono colpiti da una dura carestia, che costrinse il Comune a varare misure annonarie di carattere straordinario. Né più agevole fu il compito del G. sul versante politico, dove si trovò a sventare il colpo di mano capeggiato da Anselmo da Marano, abate del monastero di S. Giovanni, per rovesciare il Correggio. Come comandante delle milizie comunali il G. partecipò a tutte le spedizioni condotte contro i molti nemici del Correggio, fossero essi guelfi o ghibellini. La devastazione fu così portata a Gesso, come a Felina e Paderno, terre occupate dai Canossa. Tardivamente, invece, recò soccorso ai Piacentini intrinseci, che il giorno di S. Giacomo dovettero capitolare davanti al nuovo signore della città: Alberto Scotti. Il 22 agosto, vigilia di S. Bartolomeo, il G. guidò le milizie comunali in un attacco contro Cremona, dove avevano trovato rifugio molti banditi dal territorio di Parma. Ancora più tesa la situazione in settembre, quando venne scoperta una nuova congiura contro il signore di Parma, proprio mentre le forze di Milano, Lodi, Pavia e Cremona, sostenute dagli esuli parmigiani - i da Marano, i Rossi, i Lupi e altri - si erano portate fino a Borgo San Donnino. Il G. decise di non attenderli, ma di muovere contro di loro: giunto al Taro, constatò, però, che il nemico si era ritirato. Di lì a breve vennero decise nuove spedizioni contro i Cremonesi: fin nelle chiusure della città, al ponte di Beco e a Polesine di San Vito. Quando il mandato del G. volgeva ormai a termine Parma fu colpita da una nuova catastrofe: una disastrosa inondazione allagò molte contrade cittadine.

Concluso il suo mandato nell'ottobre del 1307, il G. lasciò la città, e già al principio dell'anno seguente risultava esercitare la podesteria a Brescia, chiamato dai Maggi, signori della città, alleati e parenti di Giberto da Correggio. Il 15 marzo 1308 il G. sottoscriveva a nome del Comune bresciano la pace che già il 3 marzo precedente era stata raggiunta fra il marchese d'Este, gli Scaligeri e Guido Bonacolsi.

Al termine del mandato il G. ritornò probabilmente a Modena. Qui, però, le discordie erano ricominciate, anche all'interno dello stesso schieramento ghibellino. Il 31 luglio 1310, scoperto il progetto di allontanare dalla città tutti gli esponenti delle famiglie Grassoni e da Sassuolo, il G., con Bonifacio da Livizzano e Manfredino da Ganaceto, lasciò la città, congiungendosi coi fuorusciti ghibellini di Reggio e con gli stessi guelfi nel castello di Marzaglia. Auspice un arbitrato promosso da Alboino Della Scala, Rainaldo Bonacolsi (detto Passerino) e Giberto da Correggio, i fuorusciti cercarono un accordo col Comune. Ma gli assedianti, corrotti i guardiani del castello nominati dagli arbitri, lo incendiarono, costringendo i Grassoni a riparare nei propri domini del contado.

Il 18 nov. 1311 gli esuli modenesi, tra cui il G., si riunirono a Sassuolo, dove nominarono alcuni procuratori per aderire alla Lega proposta da Giberto da Correggio contro l'imperatore e i suoi alleati ghibellini, così da cacciare i vicari imperiali e i loro fautori.

Nel 1312 si affermò a Modena la signoria di Rainaldo Bonacolsi: a partire da questo momento, per una decina d'anni, si perdono le tracce del G., che fu forse costretto all'esilio. Lo ritroviamo nel 1323, quando risulta esercitare la podesteria a Firenze. Al termine del mandato passò a Bologna, di cui fu podestà nel 1324. Nella città felsinea si trattenne anche dopo la scadenza del suo reggimento, probabilmente per continuare a sottrarsi alla dominazione dei Bonacolsi in Modena. Nel 1326, infatti, unitamente ad altri esuli della sua città, risultava custode di due battifolli. Ma il periodo di esilio per il casato non era finito. Nel 1331, passata la città sotto il dominio di Giovanni di Lussemburgo re di Boemia, il nuovo governo consentì, infatti, il ritorno degli esuli, "exceptis nobilibus de Sassolo, de Grassonibus, de Boschetis, et de Rangonibus" (Giovanni da Bazzano, p. 107). Nello stesso anno il castello di Vignola veniva occupato dal Comune, mentre il 1° ott. 1332 i Grassoni furono posti al confino a Parma. Solo nel 1336, dopo l'avvento degli Estensi a Modena, il casato poté far rientro in città, ultimo, fra quelli esiliati, a esservi riammesso. Ma già da qualche anno le cronache non serbano più memoria del G., presumibilmente morto nel frattempo.

Fonti e Bibl.: Chronicon Parmense ab anno 1038 usque ad annum 1338, a cura di G. Bonazzi, in Rer. Ital. Script., 2a ed., IX, 9, pp. 96-102; Giovanni da Bazzano, Chronicon Mutinense, Ibid., XV, 4, pp. 62, 107 s., 115; Corpus chronicorum Bononiensium, a cura di A. Sorbelli, Ibid., XVIII, 1, vol. 3, pp. 436, 438, 440-443; Cronache modenesi di Alessandro Tassoni, Giovanni da Bazzano e Bonifazio Marano, a cura di L. Vischi - T. Sandonnini - O. Raselli, Modena 1888-93, ad ind.; C. Cipolla, Documenti per la storia delle relazioni diplomatiche fra Verona e Mantova nel secolo XIV, in Miscellanea di storia veneta, s. 2, XII (1907), 1, p. 165; V. Franchini, Saggio di ricerche su l'instituto del podestà nei Comuni medievali, Bologna 1912, p. 209 n. 2; E.P. Vicini, Il "Liber nobilium et potentium" della città di Modena del 1306, in Studi e documenti, III (1939), pp. 173, 186; Id., Accettazione di nomina a capitano del Popolo di Cremona, giurata da un cavaliere modenese (Garonus de Garxonibus), ibid., V (1941), pp. 55 s.; G. Tiraboschi, Memorie storiche modenesi col codice diplomatico, II, Modena 1793, ad ind.; Id., Diz. topografico storico degli Stati Estensi, II, Modena 1825, p. 413; V. Giorgetti, Podestà, capitani del Popolo e loro ufficiali a Perugia (1195-1500), Spoleto 1993, p. 339; R. Rölker, Nobiltà e Comune a Modena. Potere e amministrazione nei secoli XII e XIII, Modena 1997, p. 232.

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