BAGLIONI, Rodolfo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 5 (1963)

BAGLIONI, Rodolfo

Roberto Abbondanza

Quinto figlio di Malatesta e di Giacoma, sorella di Braccio Fortebracci, e perciò fratello di Braccio (II) e di Guido. Paggio dello zio Carlo Fortebracci, nella primavera del 1447 è trattenuto contro la sua volontà dal duca di Milano, allorché questi viene abbandonato dal Fortebracci. Dalle cronache il B. è ricordato nuovamente solo sette anni dopo, per essere in seguito citato quasi ad ogni passo. A Perugia egli prende parte attiva alla vita della città intervenendo da un lato alle manifestazioni organizzate dal fratello Braccio, che amava atteggiarsi a protettore delle lettere e delle arti - varie sono ad esempio le giostre che videro la presenza del B., come quelle del 1° dic. 1454, del febbr. 1456, del 4 febbr. 1459 in onore del papa Pio II, in cui riuscì vincitore, del 24 febbr. 1460 - svolgendo dall'altro un ruolo preciso nelle vicende che opposero la famiglia Baglioni ad alcune delle maggiori consorterie, prima di tutte quella degli Oddi, per la conquista del predominio cittadino: in tali vicende il B., come gli altri membri della sua famiglia, s'atteggiò sempre a difensore dei diritti di Perugia nei confronti delle pretese papali, trovando così anche appoggio nel favore popolare.

Nei numerosi conflitti che caratterizzarono la vita di Perugia nella seconda metà del '400, il B. fu solidale con gli interessi degli altri Baglioni: così nel maggio del 1456 si schierò con il fratello Guido al fianco dei Della Cornia in una contesa scoppiata tra questi ultimi e i degli Oddi; e alla fine del 1459 si trovava armato nella piazza del Comune insieme con altri membri della famiglia, pronto a prevenire qualche colpo di mano cui poteva dare occasione il funerale di Guido degli Oddi. D'altra parte, il B. non esitò, quando il proprio interesse lo richiedesse, a entrare in contesa con l'altro ramo della sua stessa famiglia: il 13 nov. 1460 prese parte infatti personalmente, insieme ai fratelli, all'uccisione del cugino Pandolfo, di suo figlio Niccolò - nel maggio del 1459 il B. aveva istituito con altri nobili amici la compagnia dei "Galanti" a emulazione di quella dei "Barcolli", cui era a capo appunto il figlio di Pandolfo, Niccolò detto "Barcollo" - e di Pietro Crispolti, assicurando in tal modo alla discendenza di Malatesta la signoria di Spello, primo nucleo della potenza dei Baglioni, che Pandolfa aveva ottenuto dal papa per la sua linea. L'episodio, che aveva nuovamente provocato una divisione tra i nobili perugini, i degli Oddi essendo "nella legha de Pandolfo", si chiuse con l'assoluzione concessa il 31 dic. 1460 ai fratelli Baglioni, tra cui anche il B., la cui potenza raggiunta in Perugia, anche contro la legge, è dimostrata dal tentativo, compiuto nell'agosto dello stesso anno, di sopraffare uno dei capitani del contado che aveva preso e intendeva perseguire un suo protetto. Nel frattempo si sviluppava la carriera pubblica del B.: nel marzo del 1458 era uno dei due ambasciatori mandati al papa per difendere il diritto del Comune perugino di eleggere a Perugia certi magistrati - i "fancelli deli conservatori e dei massari" - che il legato pontificio intendeva invece fossero nominati a Roma; dal 1° aprile dello stesso anno fu, per sei mesi, uno dei capitani del contado; il 14 dicembre fu scelto tra i quaranta cittadini, otto per porta, che avevano il compito di provvedere alle necessità straordinarie di Perugia per la vicina venuta di Pio II; dal 2 al 21 ottobre 1471 fu "in conchlave nel palazzo" con altri diciannove "gentiluomini", scelti dal legato in numero di quattro per porta, che dovevano provvedere a rifare i "sacchi" dei magistrati per i successivi cinque anni.

Alla fine del 1479 il B. si trovò in posizione eminente nell'ambito della famiglia e quindi della vita politica cittadina, insieme col fratello Guido - a metà agosto del 1471 aveva portato soccorso a Cesare di Agamennone degli Arcipreti, cui Stefano Colonna aveva sottratto il castello di Penna, che per l'intervento di Sisto IV fu restituito ai Perugini; il 10 ott. 1474 è ricordato in atto di lasciar Perugia "al soldo dei fiorentini"; il 1° ag. 1475 aveva svolto opera di paciere con il fratello Guido negli scontri delle varie fazioni di Assisi -: morto infatti il fratello Braccio (8 dic. 1479), l'eredità politica di questi passò a Guido e a Rodolfo, i cui nomi si trovano d'ora innanzi strettamente associati in una sorta di potere diarchico non previsto da alcuna legge, che s'affermò contro i concorrenti poteri comunali e del rappresentante pontificio in Perugia; nella corrispondenza politica frequentissimamente, per non dire sempre, i dispacci sono indirizzati a Guido e al B. congiuntamente, e questi, a loro volta, sottoscrivono congiuntamente i propri documenti politici.

Nell'aprile del 1481 il B. era uno dei tredici regolatori, che le cronache indicano eletti in quel mese e che dovettero sostituire, in numero maggiore e con nomi tutti diversi, i dieci magistrati d'ugual nome eletti per il trimestre aprile-giugno in data 31 marzo (Perugia, Arch. di Stato, Offici, 12, c. 42 v); nell'agosto dello stesso anno capeggiò l'agitazione contro il legato a causa del rinnovato dissidio sulla formazione degli elenchi da cui sorteggiare i magistrati comunali. La vita cittadina continuava ad essere travagliata dalle fazioni: è assai verosimile che il B. prendesse parte nel marzo del 1482 alla violenta zuffa tra i degli Oddi e i Baglioni, conclusa con una pacificazione, come le altre non duratura, dovuta a un intervento di Sisto IV, l'agosto-settembre dello stesso anno prese parte ai consigli per "remettere tutti li ribelli, maxime el Mag. Gentilomo e il Mag. Carlo e Agamenone de li Arceprete"; il 6 sett. 1483 diede una prova di severità, che avrebbe dovuto essere di esempio, punendo duramente un prevaricatore.

Dopo aver preso parte a un'operazione (presto rientrata) in appoggio ai fuorusciti di Siena nell'agosto del 1483, e probabilmente anche a quelle, in territorio tifernate, in appoggio all'esercito della Chiesa impegnato contro i Vitelli, il B., insieme col fratello Guido, tornò nuovamente in primo piano nell'autunno del 1486, opponendosi, seppur vanamente, alla volontà di Innocenzo VIII di limitare le libertà perugine.

Innocenzo VIII, infatti, nell'intento di eliminare le continue lotte che insanguinavano la vita cittadina, e timoroso dei legami che stringevano Firenze e Perugia, aveva ordinato una serie di riforme, tra cui quella, particolarmente grave, anche se non nuova, che le borse degli ufficiali perugini si formassero a Roma. Aveva a tale scopo convocato appunto nell'autunno del 1486 presso di sé una trentina di rappresentanti dell'oligarchia perugina: quasi tutti s'erano mostrati proni al suo volere - Matteo Montesperelli disse anzi che sarebbe stato meglio, per eliminare ogni discordia, di cassare borse ed uffici e di affidare ogni cosa al papa -; solo il B. e i suoi stretti congiunti s'opposero, sostenendo che le "borse" si dovessero fare a Perugia.

Tuttavia le riforme imposte vennero applicate e il B., rientrato da Roma, venne eletto nel Consiglio detto "ecclesiastico", di nuova istituzione, composto di 115 membri. Massaro dello Studio alla fine del gennaio del 1487, il B. partecipò nello stesso anno a un conflitto armato con Foligno a tutela dei possedimenti della famiglia nel territorio spellano. Rientrato a Perugia, il 21 ottobre assistette alle esequie dei figli Orazio, caduto l'anno precedente presso Benevento, al servizio del duca di Calabria, e Malatesta, morto il 9 agosto del 1487 al servizio dei Veneziani.

L'egemonia del B. e del fratello Guido in Perugia si consolidò definitivamente nel corso del 1488, con la cacciata degli Oddi.

Si rivelò in questa circostanza quanto fosse preziosa l'amicizia con Firenze, con cui i Baglioni avevano concluso nel 1487 una lega, le cui trattative s'erano iniziate nel 1486: in base ad essa i Baglioni vennero stabilmente stipendiati da Firenze per mantenere truppe al servizio della lega; in realtà il B. e Guido continueranno ad ottenere le sovvenzioni anche "senza tenere soldate in sella", come osserverà il Maturanzio, pagati cioè "per loro persone propie... per averli per amici".

Invano il papa nel maggio del 1488, perdurando lo stato di disordine nella città, aveva convocato a Roma dodici gentiluomini, tra i quali il B. e Guido; questi, come la maggior parte dei convocati, non ottemperarono all'ordine, accordandosi per inviare come loro rappresentante Bernardino Ranieri. La successiva missione pacificatrice dell'inviato papale Franceschetto Cybo, al cui fianco si trovò spesso come consigliere e scorta il B., fallì; un conflitto invece tra i Della Cornia e i degli Oddi per la terra di Passignano divenne ben presto una contesa più ampia fra gli aderenti delle due famiglie - i Baglioni erano al fianco dei Della Cornia - che, da Passignano estesasi il 28 ott. 1488 a Perugia, portò alla cacciata degli Oddi e dei loro amici, lasciando la città nelle mani dei Baglioni (30 ott. 1488).

Padroni della situazione in città, i Baglioni si dedicarono da una parte all'eliminazione dei centri di resistenza che gli espulsi avevano creato nei dintorni di Perugia, dall'altra a promuovere riforme interne e a ottenere dal pontefice l'approvazione della nuova situazione e la condanna dei fuorusciti. In entrambe le direzioni il B. ebbe compiti di rilievo. Dopo aver infatti contribuito decisamente con i suoi molti armati alla rotta degli Oddi - il 30 ottobre, giorno decisivo della battaglia cittadina, era rientrato in Perugia dalle terre della famiglia - si mise al loro inseguimento, espugnando Borghetto ed assediando Castiglion del Lago, che, per la mediazione del conte di Pitigliano, venne sgombrata il 12 novembre dagli esuli, senza peraltro entrare nel pieno possesso di Perugia; nei primi mesi del 1489 ebbe il merito di far allentare la stretta dei fuorusciti intorno alla città, recuperando diverse località e castelli; iniziò inoltre una serie di operazioni, sovente insieme al fratello Guido, al figlio Giampaolo e al nipote Astorre, contro Foligno e Assisi, da cui i fuorusciti erano pienamente appoggiati: lo stato di belligeranza, con alterne vicende, durerà con Foligno dal 1489 fino al 1496 almeno, e con Assisi dal 1492 al 1497. Non mancarono tentativi pericolosi, da parte dei fuorusciti, di rientrare in città: nel giugno del 1491 solo il tempestivo avvertimento di Girolamo Della Penna, che i fuorusciti consideravano guadagnato alla loro causa, impedì un felice successo dell'impresa e permise la sanguinosa repressione operata dai Baglioni. Nell'ambito delle riforme interne, si procedette alla creazione d'una nuova magistratura il 3 nov. 1488, chiamata dei Dieci dell'Arbitrio, "con autorità che li detti X possano disponere de ogni facultà dei Comuno di Perogia per lo stato dei Baglione". Il B. e Guido ne fecero parte per tutta la sua durata, cioè fino all'aprile del 1500.

Si trattava di un organo straordinario di governo non ignoto alla precedente storia perugina, ma che solo ora rivelò tutta la sua efficacia; in esso il peso dei Baglioni diventò presto anche numericamente soverchiante (sei membri su dieci); ogni altra magistratura - massimamente quella dei Priori, insieme ai quali i Dieci avrebbero dovuto deliberare, ma che finivano sempre per adeguarsi alle decisioni dei Dieci - venne esautorata, pur formalmente continuando a sussistere. I Dieci, praticamente onnipotenti, diventarono lo strumento essenziale dell'esercizio e della conservazione del potere da parte dei Baglioni. A Perugia "... continuamente tutti li gentilomini de la nostra cità, tanto quelli che sonno contenti, quanto li malcontenti, tutti vanno a corteggiare e far coda alli Baglioni, maxime a Guido e a Ridolfo".

Più difficile fu ottenere l'approvazione della nuova situazione da parte del pontefice, anche perché i degli Oddi erano sempre stati fedeli a Roma. Solo il 5 marzo 1489 infatti, dopo essersi rifiutato di riconoscere ribelli i fuorusciti, il pontefice confinò gli esuli, dichiarandoli ribelli qualora non rispettassero il confino, e nella primavera del 1490, probabilmente sotto la pressione di Firenze, cui premeva che in Perugia si normalizzasse la situazione e si stabilizzasse il predominio dei Baglioni, Innocenzo VIII dichiarò i degli Oddi e i loro seguaci ribelli di Santa Chiesa e ne confiscò i beni. Tra il 29 aprile ed il giugno 1490 il B., "partito a ponto de astrologya", era a Roma per una missione, felicemente conclusa, diretta, con ogni probabilità a tranquillizzare il pontefice circa le intenzioni dei Baglioni, i quali non avevano avuto certamente esitazioni, dopo la liquidazione degli Oddi e abilmente sfruttando l'appoggio mediceo, a porre dei limiti all'autorità e alle prerogative del legato pontificio. Definitivamente consolidato, dopo questa missione, il potere del B. e di Guido in Perugia, si procedette a ulteriori riforme. Nel 1492 il B. era tra gli "insaccolatori" che riformarono gli uffici in modo da farli cadere in mani fedeli ai Baglioni: "si disse che chi volea offitio alchuno offeriva ali Baglione". L'11 maggio del 1494, poi, il B. e Guido furono all'origine del provvedimento - la designazione delle 48 famiglie dalle quali soltanto dovevano essere tratti i capitani del contado - che rafforzò il reggimento strettamente oligarchico di quello che potrebbe essere senz'altro chiamato "lo stato baglionesco".

Sono questi gli anni degli edificanti colloqui del B. e di Guido con la beata Colomba da Rieti in San Domenico, che non servirono ad attenuare la sfrenata volontà di potenza dei Baglioni, volontà resa in modo efficacissimo, insieme con la differenza di temperamento dei due fratelli, in alcuni dispacci di Niccolò Michelozzi a Lorenzo il Magnifico, che si riferiscono ai mesi immediatamente successivi alla cacciata degli Oddi. "Ridolfo parla per lo ordinario uno poco più largho che Guido et ha più del liberale et compagnone; et insomma è tutto vostro", scrive il Michelozzi il 14 nov. 1488. E il 23 dello stesso mese: "Et io li ho temperati il meglo che ho saputo, laudando la modestia di questi magnifici Bagloni, maxime di Guido, ché Ridolfo la faría un poco più vivamente et più alla soldatescha". Riporta poi un "motto" del B.: "Ser Nicolò, questo stato lo voglamo per noi, né voglamo ci sia tolto: prima per goderlo noi, poi perché lo goda il magnifico Lorenzo: or eccotela qui vel". Riferisce infine un parere di Camillo Vitelli sui Baglioni: "Questi Baglioni, se sono abandonati da quelli in chi hanno fede, et che il papa li perseguiti, nonché altro si daranno al diavolo de lo inferno, perché non voglono lasciare lo stato in modo alcuno...".

Di fronte alla nuova situazione determinatasi in Italia con la discesa di Carlo VIII, il B. e Guido si posero decisamente contro i Francesi, fortificando la Città (1494) dietro consiglio di Astorre Baglioni, e fronteggiando quindi il tentativo compiuto dai fuorusciti di approfittare della situazione per rientrare in Perugia. La presenza del B. nei fatti del 3-4 sett. 1495, che portarono i degli Oddi all'interno di Perugia, grazie anche all'aiuto di uno dei Dieci dell'Arbitrio, Lodovico Armanni, che aprì loro la porta di S. Andrea, non è specificatamente documentata, essendo soprattutto Guido e Astorre i principali protagonisti della sanguinosa liquidazione del tentativo. Tuttavia si può pensare che egli non mancasse di partecipare alla lotta, pur essendo molto probabilmente già gravemente ammalato ("et el magnifico Ridolfo era amalato de lunga malatia de male francioso, adeo che non poteva alcuna cosa fare"), poiché attivo lo si trova negli anni successivi: sottoscrisse infatti, insieme a Guido, alla pace di Assisi nel settembre del 1497, pace che chiuse le ostilità tra Perugia e uno dei centri di appoggio degli avversari dei Baglioni; nel 1498 si firmò secondo, dopo il fratello e prima di molti altri familiari, nell'accordo fatto con il duca d'Urbino, con la mediazione del cardinale Giovanni Borgia, per il possesso della torre, posta ai confini tra il territorio di Perugia e il ducato d'Urbino, che il conte Francesco Bigazzini aveva donato al duca d'Urbino, accordo assai oneroso per i Baglioni.

Tra la fine del 1498 e i primi mesi del 1499 un profondo dissenso divise il B. dal fratello Guido - già nella primavera del 1491, interessi personali avevano separato i due fratelli, sostenendo il B. la candidatura del proprio figlio Troilo, Guido quella di suo figlio Gentile per la cattedra vescovile di Perugia, che Innocenzo VIII poi assegnò ad una terza persona -: il B. infatti era contrario a concedere aiuti e a permettere il passaggio per il territorio perugino alle forze della coalizione che cercava di rimettere Piero de' Medici in Firenze, poiché il figlio Giampaolo militava tra i Fiorentini; Guido, il cui figlio Astorre militava invece tra i coalizzati, era, ovviamente, favorevole.

Il dominio del B. e di Guido a Perugia si avviava alla sua violenta conclusione. Altri Baglioni infatti, desiderosi di sostituire i due fratelli al potere, ordirono una congiura che avrebbe dovuto eliminare fisicamente tutto il ramo di figli di Malatesta Baglioni: un pronipote del B. e di Guido, Carlo Baglioni, detto il Barciglia, riuscì a riunire attorno a sé, oltre a parenti come Filippo di Braccio e Grifonetto Baglioni, anche alcuni dei Della Cornia e Girolamo Della Penna. I congiurati approfittarono dei festeggiamenti per il matrimonio di Astorre Baglioni con Lavinia, figlia di Giovanni Colonna, per sferrare il colpo nella notte tra il 14 e il 15 luglio 1500: mentre Astorre, Guido, Simonetto, figlio del B., e Gismondo Baglioni non sfuggirono alla morte, il B., per quanto in precarie condizioni di salute, - durante i lieti giorni dei festeggiamenti nuziali aveva fatto la sua apparizione "... recato... sopra una sedia, che non poteva venire, ché avea il male francioso" -, riuscì a fuggire, trovando scampo a Cannara. Morì non molto tempo dopo, il 24 febbr. 1501.

Il B., che aveva sposato il 28 maggio 1456 Francesca, figlia di Simonetto da Castel San Pietro di Orvieto, capitano al soldo dei Fiorentini, morta l'8 ott. 1478, ebbe, oltre ai nominati, sette figlie, tra cui Pentesilea, sposa di Bartolomeo di Alviano, Lucrezia, sposa di Camillo Vitelli, Camilla, già promessa a Pompeo degli Oddi, quindi sposa di Gìovanni degli Atti di Todi, Crise, sposa di un figlio di Pier Filippo Della Cornia.

Il catasto dei moltissimi beni del B., omato di una bella miniatura, dove è perfino un suo ritrattino, probabilmente solo immaginato, è conservato nell'archivio di Stato di Perugia (Catasti, II gruppo, 4, cc. 7 ss.).

Fonti e Bibl.: Firenze, Archivio di Stato, Mediceo avanti il Principato, Signori, Missive; Signori, Responsive; Perugia, Archivio di Stato, Consigli e Riformanze; Offici; Catasti; Perugia, Archivio di S. Pietro, ms. 220, E. Agostini, Dizionario storico perugino, lettera B, I, pp. 217-219; ms. CM 202, E. Agostini, Famiglie perugine, B, I, c. 161r; Cronache e storie inedite di Perugia dal MCL al MDLXIII..., in Arch. stor. italiano, XVI(1850), parte 1, v. Indice; XVI (1851), parte 2, v. Indice; Documenti di storia perugna, a cura di A. Fabretti, I, Torino 1887, p. 87; Cronache della città di Perugia, a cura di A. Fabretti, II, Torino 1888, pp. 111-112; Cronaca Perugìna inedita di Pietro Angelo di Giovanni..., a cura di O. Scalvanti, in Boll. d. dep. di storia patria p. l'Umbria, IV(1898), passim; IX(1903), passim; R. Orsi, De obsidione Tiphernatum liber, in Rer. Italic. Script., 2 ediz., XXVII, 3, a cura di G. Magherini Graziani, p. XVIII; Protocolli del carteggio di Lorenzo il Magnifico per gli anni 1473-1474, 1477-1492, a cura di M. Del Piazzo, Firenze 1955, v. Indici; P. Pellini, Dell'historia di Perugìa, Venetia 1664, II, passim; L.Bonazzi, Storia di Perugia dalle origini al 1860..., I, Dalle origini al 1494, Perugia 1875, pp. 670 ss., passim; II, Dal 1495 al 1860, Perugia 1879, pp. 1ss., passim; E. Verga, Documenti di storia perugina estratti dagli archivi di Milano, in Boll. d. dep. di storia patria p. l'Umbria, V(1899), pp. 717-740; VI (1900), pp. 11-35; V. Ansidei, La pace del 6 luglio 1498 fra Guidubaldo I duca d'Urbino e il comune di Perugia, ibidem, V(1899), pp. 741-761; E. Ricci, Storia della beata Colomba da Rieti, Perugia 1901, passim; G. Degli Azzi, Il tumulto del 1488 in Perugia e la politica di Lorenzo il Magnifico, in Boll. d. dep. di storia patria per l'Umbria, XI(1905), pp. 407-408; V. Ansidei, Ricordi nuziali di casa Baglioni, ibidem, XIV(1908), p. 131 e passim; L. de Baglion, Pérouse et les Baglioni, Paris 1909, pp. 80 ss. e passim; W.Heywood, A History of Perugia, London 1910, pp. 300, 305, 307, 308; C. Cansacchi, Armi, armati, castelli e castellani di Pio II (1458-64), Paolo II (1464-71) e Sisto IV (1471-84), in Boll. dell'Istit. storico... dell'arma del Genio, 1938, n. 9, pp. 39 s.

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