ERUTTIVE, ROCCE

Enciclopedia Italiana (1932)

ERUTTIVE, ROCCE

Federico Millosevich

Le rocce eruttive sono il prodotto della consolidazione di masse allo stato di fusione ignea, denominate magmi, provenienti dalle profondità della terra, che hanno riempito spazî o cavità sotterranee della crosta (rocce intrusive), o si sono espanse alla superficie (rocce effusive). I magmi eruttivi sono costituiti in prevalenza da componenti fissi, cioè poco solubili, e che restano a far parte della roccia, e da elementi facilmente volatili o gassosi alla temperatura e pressione ordinaria, i quali in buona parte se ne liberano durante il processo di solidificazione. L'analisi chimica della roccia è ben lungi quindi dal dare un'idea completa ed esatta della composizione del magma originario. Nella voce petrogenesi si parla del processo di consolidazione dei magmi eruttivi e della loro differenziazione; qui trattiamo della natura mineralogica e chimica delle rocce già costituite.

Composizione mineralogica. - I componenti mineralogici principali delle rocce sono:

1. Fasi della silice: quarzo, tridimite, calcedonio.

2. Feldspati o feldspatoidi, cioè silicati di Al e di metalli alcalini o alcalino-terrosi (ortoclasio, plagioclasi, nefelina, leucite, più raramente melilite, sodalite, ecc.). In qualche caso la muscovite si può ascrivere a questo gruppo. Questi due primi gruppi costituiscono i minerali salici o sialici (da zi e Al) di color bianco o biancastro, e le rocce dove essi prevalgono si chiamano leucocrate.

3. Silicati ferro-magnesiaci, privi o poveri di Al e di alcali (miche magnesiache, anfiboli, pirosseni, olivina).

4. Ossidi di ferro: magnetite, ilmenite, ematite. Questi due gruppi formano i minerali femici (da Fe e Mg) di color nerastro, onde il nome di melanocrate alle rocce dove essi prevalgono.

5. Accessorî comuni: apatite, zircone, titanite, spinelli, pirite, pirrotite.

Moltissimi altri minerali si trovano nelle rocce eruttive, ma sono da considerare accessorî rari o semplicemente accidentali, o derivati dall'alterazione dei componenti principali.

Composizione chimica. - La costituzione chimica di una roccia non si può rappresentare mediante una formula, perché fra i componenti non corrono quei rapporti semplici che definiscono un composto. I risultati dell'analisi si esprimono con le percentuali dei varî ossidi, dei quali gli essenziali sono:

e gli accessorî in ordine decrescente d'importanza:

I componenti, specie i principali, possono presentarsi nelle varie rocce in proporzioni differentissime, e sulla loro quantità relativa si fondano le classificazioni a base chimica delle rocce eruttive.

Massima importanza assume il quantitativo di SiO2 che oscilla fra il 75 e il 25% circa. La SiO2 soltanto ha carattere anionico di fronte al carattere cationico degli altri 7 ossidi principali.

Il più semplice raggruppamento delle rocce eruttive si fonda quindi sul quantitativo di SiO2. Se questo supera il 65%, le rocce si dicono acide, mentre neutre sono dette quelle che hanno tenore fra 65% e 50% e basiche quelle con tenore inferiore. Questi limiti, naturalmente, sono assolutamente empirici e convenzionali e differiscono anche un poco nei diversi autori. Le variazioni dei singoli componenti chimici non sono indipendenti fra loro: anzi alcune interdipendenze sono caratteristiche. P. es. l'allumina sta con la silice da una parte e con le basi alcaline o alcaline terrose (Na2O + K2O + CaO) dall'altra in un rapporto che non supera mai quello proprio dei feldspati o feldspatoidi; alcali e calce non si combinano da soli con la silice, ma solitamente anche con l'allumina; col diminuire del tenore in silice cresce il tenore di CaO e diminuisce quello di alcali, e aumenta sensibilmente quello di Mg e Fe, finché nelle rocce molto basiche gli alcali sono quasi scomparsi, CaO è scarsissima, mentre prevalgono gli ossidi di Fe e di Mg. Da quanto è stato detto si trae anche la spiegazione delle norme fondamentali di paragenesi dei minerali delle rocce, come per es. che: l'olivina sia ben rara nelle rocce quarzifere e ortoclasiche; corindone e silicati di solo alluminio non entrino fra i componenti normali delle rocce eruttive; puri silicati di minerali alcalini o alcalinoterrosi non siano compresi fra tali componenti; leucite e nefelina appartengano ai prodotti della consolidazione di magmi eruttivi ricchi di alcali e poveri di silice e non si trovino mai associate a quarzo; nelle rocce ricche di soda le miche siano scarse e vengano sostituite spesso da pirosseni sodici; e tanti altri fatti.

Benché la composizione chimica di una roccia non si possa rappresentare con una formula semplice, appare evidente l'opportunità di una sua rappresentazione sintetica: rappresentazione grafica o espressione abbreviata dei suoi componenti principali e dei loro rapporti, ciò che si definisce una formula magmatica. A semplificare queste rappresentazioni serve il calcolo dei quozienti o numeri molecolari che si ottengono dividendo la percentuale di ciascuno dei componenti principali per il rispettivo peso molecolare. Una delle più semplici rappresentazioni grafiche è quella dei poligoni stellati di Brögger che si possono disegnare così: su una linea orizzontale, adottando una scala arbitraria, si traccia un segmento di lunghezza proporzionale al quoziente molecolare di SiO2 e dal punto di mezzo si tira la perpendicolare portando in alto un segmento proporzionale al quoziente molecolare di CaO e in basso un altro proporzionale al quoziente molecolare di Al2O3. Sulle bisettrici degli angoli rettí formate dalle due prime direzioni si portano in modo analogo e successivamente dal primo quadrante al quarto i valori per MgO, per K2O, per Na2O, e per la somma di Fe2O3 + FeO, come è indicato nella figura 1. Congiungendo con rette gli estremi dei segmenti, si ottiene un poligono stellato che dà una rappresentazione, certamente sommaria ma sufficiente, della composizione chimica della roccia.

Una rappresentazione grafica molto usata è quella di Osann (fig. 2) per ottenere la quale i quozienti molecolari vengono ricalcolati in percentuali molecolari, ponendo la loro somma = 100, e da tali percentuali si calcolano i seguenti valori:

Da A, C, F si calcolano tre valori a, c, f per modo che A : C : F = a : c : f e a + c + f = 20.

Partendo dai valori a, c, f la composizione della roccia viene rappresentata con un diagramma di stato per sistema a tre componenti, profittando delle proprietà del triangolo equilatero per la quale la somma delle tre perpendicolari abbassate sui lati da un punto interno qualunque ha un valore costante uguale all'altezza del triangolo stesso. Le altezze del triangolo equilatero afc della fig. 2 sono divise in 20 parti e sono condotte per i punti di divisione le parallele ai lati. Tutti i punti della base hanno il valore f = 0, quelli della prima parallela hanno il valore f = 1, quelli della seconda il valore f = 2 e cosi di seguito. Il vertice opposto ha f = 20. Lo stesso vale per le altre linee in c e in a. In un solo diagramma si possono segnare i punti rappresentativi dei valori a, f e c di diverse rocce e comparare così rapidamente la loro costituzione chimica.

Secondo il metodo di Niggli, che presenta il vantaggio di poter essere applicato anche alla composizione chimica delle rocce sedimentarie, si calcolano dai quozienti molecolari i seguenti valori:

(Si noti che il valore per Fe2O3 viene espresso con 2FeO)

I valori per SiO2 e TiO2 (P2O5, SO3, ecc.) vengono espressi da numeri che stanno in rapporto con quelli usati per i quattro gruppi precedenti di basi, secondo la proporzione:

Altri valori importanti sono:

La rappresentazione grafica dei rapporti fra i valori si e rispettivamente al, fm, c, alc, si fa con un diagramma a coordinate ortogonali nel quale il valore di si viene portato in ascissa, mentre gli altri quattro valori vengono portati in ordinata al disopra del relativo punto si. Nella fig. 3 è espressa col metodo di Niggli la composizione chimica di alcune rocce caratteristiche della serie alcalina e nella fig. 4 quella di altre rocce della serie alcali-calcica. È da notare il punto d'incontro della curva al con quella fm, punto che corrisponde alla cosiddetta isofalia (elementi sialici e femici in ugual proporzione). A destra abbiamo tipi prevalentemente sialici, a sinistra tipi prevalentemente femici. Nella prima serie l'isofalia corrisponde alle essexiti (v.), nella seconda alle tonaliti (v.).

Più semplicemente si può tentare d'esprimere il tipo chimico di una roccia calcolando con i risultati dell'analisi una formula sintetica, ma empirica, chiamata formula magmatica. Il più noto e apprezzato di tali tentativi è quello di Loevison-Lessing, secondo il quale delle proporzioni molecolari dedotte dall'analisi si fa il seguente raggruppamento:

ricavandone la formula: m ???RO, R2O3, n SiO2, nella quale è presa come unità la quantità del gruppo che ha il valore più basso.

Si aggiungono i rapporti R2O : RO, Na2O : K2O e due coefficienti, uno di acidità α, ottenuto con la divisione del numero degli atomi di O combinato con Si per il numero di atomi di O combinato con i metalli nelle basi, e l'altro di basicità β che indica il numero di molecole di basi contenute nella roccia per ogni 100 molecole di SiO2.

Struttura e tessitura delle rocce eruttive. - Sono caratterizzate dalla natura dei minerali costituenti le rocce e dal loro modo di associarsi. Se in questa considerazione ci si limita a tener conto del modo con il quale i minerali sono riuniti nello spazio, specie la disposizione dei minerali della stessa natura, si può parlare più propriamente di tessitura; se si fanno intervenire anche le dimensioni e la forma dei minerali stessi si definisce la struttura propriamente detta. Più netta distinzione fra le due proprietà non è agevole stabilire ed è perciò che il nome di struttura, che ha un significato più comprensivo, viene spesso adoperato anche in modo promiscuo.

Le strutture principali e fondamentalmente importanti nelle rocce eruttive sono la granulare o granitica e la porfirica.

La struttura granitica o granulare si riscontra prevalentemente nelle grandi masse intrusive raffreddatesi lentamente in profondità e quindi sotto forti pressioni, in presenza di notevoli quantità di elementi volatili mineralizzatori. In tali condizioni l'intera massa del magma cristallizza senza lasciare residuo vetroso. Una roccia a struttura granitica è quindi sempre olocristallina e i singoli individui cristallini così associati non differiscono gran che nelle loro dimensioni: la separazione dal magma di ciascun minerale componente accade ininterrottamente: non è quindi possibile distinguere due diverse generazioni nelle segregazioni cristalline. Nella struttura porfirica invece si notano individui più grandi (fenocristalli) per lo più perfettamente idiomorfi (cioè a marcato contorno cristallino) immersi in una massa fondamentale compatta e di apparenza omogenea. La struttura porfirica è caratteristica della maggior parte delle rocce effusive le quali, al momento del loro trabocco, non sono tutte fluide, ma contengono già una quantità d'individui minerali, i fenocristalli, già cristallizzati durante il percorso sotterraneo del magma. Dopo il trabocco, per il brusco salto di pressione e di temperatura e per la dispersione degli elementi volatili, il resto del magma solidifica rapidamente in cristalli assai più piccoli. In caso di raffreddamento particolarmente rapido d'un magma dotato di grande viscosità si separa sostanza vitrea o da sola o insieme con cristalli di piccole dimensioni. Le rocce porfiroidi sono dunque distinte dall'esistenza di elementi formatisi in due distinte generazioni: del primo tempo, o intratellurici, e del secondo tempo. In genere la struttura granitica è ipidiomorfa: cioè risulta da minerali idiomorfi, a contorno proprio, e sono quelli solidificatisi per i primi, mentre gli altri, di formazione successiva, non hanno contorno proprio. Questi si dicono allotriomorfi perché hanno dovuto forzatamente occupare gli spazî vuoti fra i cristalli di prima formazione. Una struttura particolare è quella ofitica nella quale, per un'inversione dell'ordine normale di consolidazione il pirosseno è allotriomorio fra individui idiomorfi di feldspato.

La struttura porfirica presenta molte varietà: abbiamo struttura porfirica olocristallina, nella quale la massa fondamentale è costituita interamente da un intreccio di minuti cristalli (microliti); struttura porfirica ipocristallina, propria delle rocce nelle quali la massa fondamentale è in parte vitrea, e in parte microcristallina. Nella struttura vitrofirica invece la massa fondamentale interamente composta di sostanza vetrosa. Vicina alla struttura vitrofirica è quella detta petroselciosa o felsofirica. La petroselce (microfelsite dei petrografi tedeschi) è una sostanza di natura incerta (certo non ha omogeneità, né composizione mineralogica definita) che rappresenta uno stato intermedio fra il vitreo e il cristallino. In parte ha birifrazione estremamente debole, in parte è isotropa, ma disseminata di granuletti, di trichiti, di fibre, o di vere sferoliti. Forse è un vetro contenente masserelle di quarzo e feldspato, di dimensioni estremamente piccole e perciò non riconoscibili. Uguale incertezza si ha circa la sua origine: può essere il risultato di un'imperfetta cristallizzazione di un magma ricco di SiO2 o invece un prodotto di incipiente devitrificazione di una massa che era in origine schiettamente vetrosa.

Tessiture caratteristiche e speciali nelle rocce eruttive sono quella brecciata primitiva o protoclastica, dovuta a movimenti subiti dalla massa rocciosa in via di consolidazione e che si trova specialmente in rocce effusive acide; quella sferoidale od orbicolare, nella quale i componenti si dispongono in strati concentrici composti alternativamente dall'uno e dall'altro minerale; come nella diorite orbicolare (corsite) di S. Lucia di Taliano in Corsica con sferoidi costituiti da strati alternati di orneblenda verde nerastra e di plagioclasio bianco. Se gli sferoidi hanno prevalentemente una struttura fibroso-radiata costituiscono le varioliti e la tessitura vien detta variolitica, come in alcuni diabasi. La presenza nella roccia di cavità numerose determina la tessitura vacuolare, della quale tipi speciali sono la miarolitica (da miarolo, nome locale di certi graniti lombardi), nella quale la contrazione subita dal magma cristallizzando ha determinato la formazione di piccole cavità tappezzate dalle superficie cristalline dei minerali componenti, la drusica con cavità più grandi e tappezzate di piccoli e perfetti cristalli, la porosa, la bollosa, la scoriacea.

Classifcazione delle rocce eruttive. - Nel tentativo di classificazione delle rocce, come in genere di tutti i corpi naturali, la difficoltà fondamentale che s'incontra, è la transizione che si verifica spesso in modo continuo e ininterrotto fra tipi diversi: dal che deriva se non l'impossibilità di fissare dei limiti, certo la grande imprecisione di questi.

Il criterio principale da adottare nella classificazione può essere diverso, e così abbiamo, p. es., classificazioni a base geologica, o a base mineralogico-strutturale, o a base chimica.

Una classificazione geologica è quella del Rosembusch, che divide le rocce eruttive in tre grandi gruppi: rocce intrusive o di profondità, o plutoniche (Tiefengesteine); rocce effusive o di superficie, o vulcaniche (Ergussgesteine); rocce filoniane (Ganggesteine).

Dei primi due gruppi abbiamo già fatto menzione, in quanto precede e invero le diverse condizioni di raffreddamento influiscono potentemente, come si è visto, sulla struttura delle rocce che vi appartengono, che è, nella maggior parte dei casi, ben tipica e differenziata.

Il terzo gruppo invece è artificiale, perché vi vengono comprese rocce spesso molto diverse, le quali meglio si possono ascrivere all'uno o all'altro dei primi due. Possiamo trovare veri e proprî filoni di rocce schiettamente granitoidi, come di rocce schiettamente effusive. Sappiamo ad es. che rocce filoniane sono bene spesso in relazione con grandi masse intrusive, dalle quali non si differenziano se non per la struttura e talvolta neanche per questa: tali sono i porfidi granitici, i porfidi sienitici o le porfiriti dioritiche. Questi filoni non differenziati si dicono filoni aschisti. Vi sono invece filoni in relazione diretta con masse intrusive, delle quali rappresentano una differenziazione (schizoliti) per prevalenza di elementi sialici o di elementi femici, o per presenza di minerali speciali: ma non sempre questi differenziamenti prendono la forma di apofisi filoniane e molto spesso invece costituiscono una parte superficiale e periferica dell'ammasso roccioso normale. È quindi superflua e ambigua la terza suddivisione del Rosembusch e, a base di una classificazione geologica razionale, restano sempre i due soli grandi gruppi delle rocce intrusive, con i loro satelliti filoniani aschisti o schizoliti, e delle rocce effusive.

Il criterio cronologico non può valere nella classificazione delle rocce eruttive perché vi sono masse intrusive antiche e recenti e altrettanto vale per le rocce effusive. Così la vecchia distinzione fra rocce paleovulcaniche e rocce neovulcaniche (terziarie o posterziarie) non è più accettabile: l'era secondaria fu considerata, ma a torto, un periodo di riposo dell'attiviià vulcanica. Tale fu in Europa, non senza eccezioni: invece in Asia e in America importanti eruzioni di rocce effusive si ebbero nel periodo cretacico e anche nel giurassico e nel triassico.

Se la prima separazione delle rocce eruttive in due grandi divisioni principali si fonda su un criterio geologico e genetico, la suddivisione in gruppi deve basarsi su un criterio mineralogico e chimico. Dapprima fu usato largamente e in modo quasi esclusivo il criterio mineralogico. La presenza o l'assenza di quarzo, di feldspato alcalino, di feldspato sodico-calcico, di feldspatoidi, servì a determinare i gruppi principali: la natura invece degli elementi ferromagnesiaci si fece intervenire subordinatamente per distinguere i sottogruppi. Una distinzione fra i gruppi principali, secondo la loro appartenenza alle rocce intrusive o alle effusive, venne basata sulla struttura.

Il quadro sistematico in cima alla pagina riassume una delle più note classificazioni mineralogiche.

Il criterio chimico è stato rigorosamente e in modo esclusivo adottato dai petrografi americani W. Cross, I. P. Iddings, L. V. Pirrson e H. S. Washington e ne è stato fatto cenno nella voce classificaziove, X, p. 541. Rimandiamo a detta voce per tale argomento e ci limitiamo a osservare che il difetto più grave della classificazione americana è quello di non tener conto alcuno della composizione mineralogica e di farne, anzi, assoluta astrazione, perché la composizione quantitativa mineralogica virtuale della roccia, o norma, viene espressa in molecole minerali, puramente teoriche e ben lungi, nella maggior parte dei casi, dal corrispondere alle molecole molto più complesse dei minerali che costituiscono effettivamente la roccia. Oggi la maggior parte dei petrografi si attiene a una classificazione mista, a base cioè mineralogica e chimica.

Le vecchie e storiche famiglie di rocce ne formano le classi principali: altre famiglie di minor diffusione e conosciute più tardi vi sono aggiunte. Si differenziano fra loro per costituzione mineralogica: il criterio geologico d'origine e di giacitura vale a distribuiile nelle due divisioni principali ben note, mentre in ciascuna di queste un'ulteriore distribuzione in due serie è determinata da un criterio chimico: la prevalenza o meno degli alcali (K2O + Na2O) sulla calce.

Le due serie, alcalina e alcali-calcica, hanno minerali in comune, ma anche minerali caratteristici dell'una o dell'altra. Predominano feldspati alcalini nella prima serie, i plagioclasî basici nella seconda. Nella prima soltanto appaiono i feldspatoidi, i pirosseni e gli anfiboli sodici, come egirina, riebeckite, arfvedsonite, ecc., mentre i pirosseni rombici sembrano proprî solo della seconda.

Un risultato interessante dello studio comparativo della costituzione mineralogica e chimica delle rocce eruttive è stata la constatazione di una certa affinità di composizione chimica fra rocce che al solo esame mineralogico sembrano molto differenti.

Nelle rocce della serie alcalina questi tratti fondamentali di consanguineità sono più marcati ed è facile rilevarli dalla rappresentazione diagrammatica di Osann (fig. 2), dove i punti rappresentativi di esse vengono a trovarsi tutti o quasi tutti in vicinanza del lato af. Siffatte rocce talvolta si trovano in regioni anche assai estese, alle quali si dà il nome di provincie petrografiche, e ce ne offre un esempio la zona a rocce della serie alcalina dei dintorni di Oslo in Norvegia.

Washington ha adottato invece il nome di regione comagmatica per quella che comprende un complesso di rocce con qualche spiccato carattere comune e lo ha applicato alla regione vulcanica dell'Italia centrale, dai Volsinî al Vesuvio, nota per lo sviluppo delle rocce leucitiche.

Un'estensione esagerata di questo concetto di provincia petrografica è stata data da F. Becke, il quale, in seguito ad accurati studî su una provincia caratteristica di rocce alcaline in Boemia, allargò le sue osservazioni alla distribuzione delle rocce eruttive terziarie su tutta la superficie della terra, giungendo alla conclusione che intorno al bacino del Pacifico predominano le rocce alcali-calciche e intorno a quello dell'Atlantico le rocce alcaline. Di qui una serie denominata pacifica e un, altra atlantica, la prima caratteristica delle zone di corrugamento recente, l'altra delle regioni con fratture ben distinte ed estese. La ricchezza di potassa nelle rocce della penisola italiana avrebbe inoltre suggerito ad altri l'idea di una serie mediterranea. La concezione non è scevra di eccezioni numerose e significative, né, d'altra parte, alcuna legge analoga è stata potuta riconoscere per altri periodi geologici.

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