PANE, Roberto

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 80 (2014)

PANE, Roberto

Rosa Monaco

PANE, Roberto. – Nacque a Taranto il 21 novembre 1897 da Francesco, operaio navale, e da Teresa Cantalamessa.

Nel 1912 si trasferì con la famiglia a Napoli, dove conseguì nel 1915 la maturità classica, frequentando, contestualmente, lo studio di Vincenzo Gemito, presso cui si dedicò alla grafica e, in misura minore, alla scultura. L’alunnato presso Gemito gli valse l’opportunità di illustrare i Canti di Giacomo Leopardi, curati da Francesco Moroncini ed editi nel 1917 da Remo Sandron.

Nel 1916 si arruolò volontario nell’esercito e, reduce dalla Grande guerra e dalla spedizione fiumana guidata da Gabriele D’Annunzio, nel 1919 si iscrisse alla Sezione architettura della Regia Scuola superiore politecnica di Napoli, ma completò gli studi universitari presso la neonata Scuola superiore di architettura di Roma, dove ebbe come insegnanti Gustavo Giovannoni e Marcello Piacentini, e si laureò, tra i primi, nel 1922 con una tesi sull’architettura rurale dei Campi Flegrei, in parte pubblicata nel 1928 dalla rivista Architettura e arti decorative.

Dal 1923 al 1925, insegnò storia dell’arte presso il liceo ginnasio Umberto I di Napoli e, in qualità di architetto, collaborò con la Soprintendenza alle antichità della Campania, diretta da Amedeo Maiuri, con cui instaurò un rapporto intellettuale destinato a durare un ventennio.

Dalla metà degli anni Venti alla fine degli anni Trenta, seguendo le due vie della formazione giovanile, la sua attività professionale si biforcò tra progettazione architettonica e pubblicistica storiografica da un lato, e applicazione grafica dall’altro, e fu arricchita dalla frequentazione di Benedetto Croce, conosciuto tramite il critico Luigi Russo ai tempi della guerra, degli intellettuali del Gruppo del Vomero e degli artisti di Villa Lucia; dall’amicizia con Ottavio Morisani e la conoscenza di Bernard Berenson; e da frequenti viaggi in Germania e Francia.

Dotato di solida tecnica artistica, Pane raffigurò, in acqueforti e disegni, volti, paesaggi e architetture colti nella loro evidenza volumetrica e chiaroscurale, e partecipò alle edizioni della Biennale di Venezia svoltesi tra il 1924 e il 1936, e alle maggiori esposizioni nazionali e internazionali riservate alle arti grafiche. Inoltre, nel 1925 e nel 1931 la Compagnia degli Illusi di Napoli accolse due sue personali, e nel 1937 la Casa d’artisti di Milano ne allestì una terza. In quegli anni, alcune sue opere furono musealizzate a Berlino, Norimberga, Parigi e Roma.

Il suo esordio come progettista si registrò tra il 1925 e il 1927 quando vinse due concorsi banditi dall’Associazione napoletana fra i cultori di architettura, il primo per la costruzione di un villino a Posillipo, mai edificato, e il secondo per la realizzazione del fronte occidentale della galleria della Vittoria. Nel 1926, l’Alto Commissariato per la città di Napoli gli affidò il progetto dei giardini del Molosiglio e Giovannoni lo introdusse nel gruppo di lavoro per il Piano regolatore di Napoli, per cui disegnò diverse tavole e prospettò alcune sistemazioni edilizie. Nel 1928, attese a Napoli al progetto per la chiesa della Madonna della Pace, costruita in difformità rispetto alla soluzione originaria, mentre tra il 1934 e il 1936 fu impegnato nel rifacimento della facciata e degli interni dell’Istituto di scienze economiche e commerciali. Partecipò poi, nel biennio 1939-40, al vasto cantiere della Mostra triennale delle terre d’Oltremare, firmando il Padiglione della civiltà cristiana in Africa.

Se si esclude quest’ultima realizzazione, per cui rievocò «costruzioni copte diffuse nel Nord Africa» (Gravagnuolo, 1994, p. 54), e un progetto del 1934 relativo a un bar panoramico a Posillipo, in cui è evidente una personale interpretazione del razionalismo, per le restanti ipotesi Pane aderì, sebbene con molte riserve, agli stilemi del barocchetto romano e dello storicismo, coniugandoli con elementi storicizzati della tradizione architettonica napoletana.

Intanto, nel 1930 aveva conseguito la libera docenza in architettura generale presso la facoltà di architettura appena istituita dall’Ateneo napoletano, incarico che mantenne fino al 1942, e cominciato a scrivere diverse recensioni per la rivista Pan, diretta da Ugo Ojetti.

Dopo l’uscita a stampa del suo primo volume, Architettura rurale campana (Firenze 1936) e la collaborazione, nello stesso anno, alla Triennale di Milano, curata da Giuseppe Pagano e dedicata all’architettura spontanea italiana, nel 1937 pubblicò Architettura del Rinascimento in Napoli e nel 1939 Architettura dell’età barocca in Napoli (entrambi a Napoli), e nel 1938 L’acquaforte di Giovan Battista Piranesi (ibid.). Connotati da «organicità e sistematicità» (Guerriero, 1995, p. 68) e da uno stile interpretativo più che descrittivo, e corredati dai suoi disegni, gli scritti di Pane degli anni Trenta furono protagonisti del rinnovamento della storiografia architettonica italiana, poiché abbandonarono progressivamente il metodo classificatorio di impronta giovannoniana – ancora presente nel volume sul Rinascimento napoletano – e accolsero, in maniera vigile e cauta, i portati più maturi dell’estetica crociana, più vicini alle coeve posizioni di Adolfo Venturi – come provano le biografie di artisti in cui è articolata l’opera sull’età barocca – associati alla lezione della Scuola viennese sulla centralità del dato materico nell’analisi dell’opera d’arte.

Curatore della sezione disegni e stampe della Mostra della pittura napoletana dei secoli XVII, XVIII e XIX, allestita nel 1938 a Castelnuovo, nel 1939 Pane fu nominato direttore della R. Scuola d’arte per l’ebanisteria e la tarsia di Sorrento; nello stesso anno sposò Eugenia Santucci, da cui nel 1940 ebbe il suo unico figlio, Giulio. Nel 1941 concluse lo studio su Andrea Palladio, stampato solo nel 1948 (a Torino) a causa delle vicende belliche, e nel 1942 vinse il concorso per la cattedra di caratteri stilistici e costruttivi dei monumenti presso l’Università di Napoli.

Nel 1943, durante i bombardamenti che colpirono la città, si trasferì a Sorrento, frequentando assiduamente Croce, lì rifugiatosi, e contribuendo attivamente alla mobilitazione intellettuale che seguì la caduta del fascismo: in tale ottica vanno inquadrate la sua militanza nel Partito d’Azione, la promozione della rifondazione dell’Ordine degli architetti della Campania, di cui fu presidente fino al 1952, e un’intensa attività pubblicistica, con articoli apparsi, per tutti gli anni Quaranta, su riviste quali La nuova Europa, La nuova città, La rassegna d’Italia, Terraferma e Lo spettatore italiano.

Tra tutti i suoi scritti di quegli anni, si distinse sulla tematica della ricostruzione post-bellica il saggio Il restauro dei monumenti, uscito su Aretusa nel 1944: partecipando al dibattito sul ripristino della chiesa napoletana di S. Chiara, Pane teorizzò la necessità del restauro ‘caso per caso’ e la centralità del giudizio critico e della valutazione dei caratteri formali delle architetture nell’intervento conservativo, concorrendo così in modo sostanziale alla definizione della corrente del restauro critico in architettura.

Il suo impegno sul fronte della conservazione – testimoniato dalla conduzione dei lavori di rifacimento della cattedrale di Teano (1946-57); dalla nomina a membro della Commissione ministeriale per la ricognizione sul patrimonio storico-artistico danneggiato dalla guerra e del Consiglio tecnico dell’Istituto centrale del restauro (1948); dalla partecipazione al Comitato di restauro del tempio Malatestiano di Rimini (1948); dalla consulenza al Comitato internazionale dei monumenti dell’UNESCO (1949); e dall’ottenimento dell’insegnamento di restauro dei monumenti presso l’ateneo fridericiano (1950) – culminò, a livello teorico, nell’antologia Architettura e arti figurative (Venezia 1948), in cui formulò il concetto di ‘letteratura architettonica’, estendendo alla sua disciplina le categorie crociane di poesia e letteratura e «ponendo i presupposti per l’allargamento della tutela dal monumento isolato all’insieme ambientale» (Fiengo, 1988, p. 81).

Sull’indagine della letteratura architettonica e i valori ambientali del centro storico napoletano, Pane strutturò il volume Napoli imprevista (Torino 1949), per cui inaugurò l’uso della fotografia, come strumento di documentazione, «lettura tecnica dell’architettura» e «ricerca di un’immagine cólta» (Picone Petrusa, 1991, p. 427). Dal 1951 dedicò alla ‘letteratura delle pietre’ campana sette cortometraggi, girati in parte con Massimo Nunziata, uno dei quali, L’architettura della penisola sorrentina, nel 1955 vinse la Rassegna internazionale del film sull’arte di Venezia.

Lo studio e la difesa della coralità architettonica e del paesaggio furono oggetto dei volumi Capri (Venezia 1954), Il chiostro di Santa Chiara (Napoli 1954), Sorrento e la costa (ibid. 1955), Il monastero napoletano di San Gregorio Armeno (ibid. 1957), Ville vesuviane del Settecento (ibid. 1959) e Campania, la casa e l’albero (ibid. 1961), quest’ultimo presentato alla mostra torinese Italia ’61.

A partire dal 1951, Pane condusse sulle colonne de Il mondo, Paese sera e altri quotidiani una battaglia serrata contro la speculazione edilizia, avallata a Napoli dall’amministrazione di Achille Lauro, e perpetrata, anche nel resto d’Italia, con la connivenza di molti progettisti: la «guerre aux bâtisseurs» (Villari, in R. P. tra storia e restauro, 2010, p. 398) e l’affermazione della responsabilità etica di architetti e urbanisti nelle questioni di tutela lo avvicinarono alle posizioni dell’Istituto nazionale di urbanistica, di cui divenne membro nel 1952, all’associazione Italia Nostra, cui aderì nel 1956, e al movimento comunitario di Adriano Olivetti, con cui, nel 1958, pubblicò Documento su Napoli e tentò l’avventura politica nella sua città. Dal 1959 fu consigliere scientifico del Centro internazionale di studi di architettura Andrea Palladio, confermando il suo legame con la città di Vicenza e il territorio veneto che aveva contribuito a difendere già nell’immediato dopoguerra.

Partecipò, inoltre, per circa un decennio, all’acceso dibattito sull’inserimento dell’edilizia nuova nei centri antichi, schierandosi contro l’inalterabilità della città storica – in parziale accordo con Ernesto N. Rogers e Bruno Zevi, e in dissenso con Cesare Brandi e Antonio Cederna – e a favore della stratificazione urbana, come dimostrano le raccolte di saggi Città antiche edilizia nuova (Napoli 1959) e Attualità dell’ambiente antico (Firenze 1967).

I viaggi di quegli anni – tra i più significativi, quello statunitense del 1953, come vincitore di una borsa di studio Fullbright – furono connotati da ampie documentazioni fotografiche sui luoghi visitati e costituirono uno stimolo per l’internazionalizzazione dei suoi interessi di studio: la monografia Antoni Gaudí (Milano 1964) traeva origine dalle suggestioni di un soggiorno spagnolo del 1959.

Nella seconda metà degli anni Cinquanta, Pane ritornò alla produzione pittorica e grafica, dacché nel 1958 per l’editore De Marino pubblicò dodici litografie raffiguranti la Costiera amalfitana, ma più di tutto aggiornò il suo metodo storiografico alla luce delle teoria della critica sociale della Scuola di Francoforte, del pensiero radicale americano e della psicanalisi junghiana.

È possibile seguire l’evoluzione di tale allargamento di prospettive valutative – cui contribuì anche, nel 1962, un soggiorno di quattro mesi come visiting professor presso il Department of Italian della University of California – attraverso le monografie Bernini architetto (Venezia 1953), Ferdinando Fuga (Napoli 1956), la seconda edizione di Andrea Palladio (Torino 1961) e il già citato volume su Gaudí.

Dall’inizio degli anni Sessanta, pur mantenendo costante l’impegno a livello locale e nazionale, il suo pensiero ebbe maggiore risonanza internazionale. A Napoli, nel 1961, rifondò la rivista crociana Napoli nobilissima, di cui fu direttore fino alla morte; l’anno successivo fu invitato da Luigi Piccinato a fare parte della commissione per lo studio del Piano regolatore della città; e nel 1963 stilò un primo programma di restauro dell’insula di S. Chiara, realizzato solo negli anni Settanta con una variante approntata con Roberto Di Stefano. Membro, dal 1961, del Consiglio superiore dei lavori pubblici, concorse alla stesura del Piano territoriale regionale della Campania e al dibattito sul progetto di legge Sullo per la riforma urbanistica, mentre nel 1964 fu consulente della Commissione Franceschini per i beni culturali. Nello stesso anno, nell’ambito del secondo Congresso internazionale degli architetti e dei tecnici del restauro svoltosi a Venezia, precisò «in termini più conservativi il proprio orientamento in materia, in parziale dissenso con gli esiti più estremi della dottrina del ‘restauro critico’» (A. Pane, 2007, p. 30), e con Piero Gazzola elaborò gli emendamenti alla Carta italiana del restauro del 1932, che costituirono l’ossatura portante della Carta di Venezia. Nel 1965, il sodalizio intellettuale con Gazzola lo condusse nel comitato italiano dell’ICOMOS (International Council on Monuments and Sites) e nel consiglio direttivo di Castellum; nello stesso anno, fu coinvolto da Gian Antonio Bernasconi nel comitato di consulenza di Casabella, che lasciò nel 1970.

Oppostosi alla demolizione del centro antico di Molfetta, tra il 1965 e il 1967 fu incaricato dall’amministrazione comunale di redigere, insieme a Mauro Civita, il piano di recupero della città vecchia e il piano regolatore generale, mai entrato in vigore per il veto degli stessi committenti: nonostante gli esiti, tale esperienza, unita ai piani per le città di Corato (1968) e Bitonto (1978), gli fornì l’opportunità di applicare i principi teorizzati in merito alla necessità di programmare il restauro dei centri storici all’interno della pianificazione urbanistica. Intanto, nel 1966, allontanato dal Consiglio superiore dei lavori pubblici per aver denunciato la correità dei politici locali nello scempio territoriale di Agrigento, uscì anche da Italia Nostra, a causa di divergenze acuitesi a seguito della sua firma sui progetti di edificazione della nuova sede dell’Istituto universitario navale di Napoli ai piedi dei torrioni di Castelnuovo.

Rafforzò, dunque, il suo impegno didattico e, sebbene collocato fuori ruolo dall’Università di Napoli, nel 1969 fondò la Scuola di perfezionamento in restauro dei monumenti e nel 1974 accettò la carica di direttore dell’Istituto di ricerche per il restauro dei monumenti e l’urbanistica dei centri antichi di Ravello. Proprio in ambito universitario nacque il primo vasto studio di recupero del centro antico di Napoli (Napoli 1971), in cui furono enucleati il concetto di diradamento verticale e la distinzione tra centro storico e centro antico.

Tra gli anni Settanta e Ottanta, la riflessione di Pane si arricchì di ulteriori spunti critici e metodologici: se per le opere a carattere storiografico – come il contributo al volume collettaneo Luigi Vanvitelli (Napoli 1973), frutto del convegno da lui promosso sull’architetto napoletano, i due tomi su Il rinascimento nell’Italia meridionale (Milano 1975-77), la riedizione della monografia su Gaudí (ibid., 1982), e lo studio Seicento napoletano. Arte costume ambiente (ibid., 1984) – ciò comportò il progressivo ampliamento dell’originaria impostazione crociana, giacché lo studioso accolse il rifiuto della storia conclusiva e l’interdisciplinarità e l’attenzione alla cultura materiale degli annalisti francesi, per il suo operato e la sua riflessione significò invece riservare uno spazio centrale alle tematiche ecologiche, l’educazione all’arte e le istanze psicologiche nella conservazione del patrimonio storico-artistico. Emblematici, in tal senso, il Piano territoriale e paesistico della Costiera amalfitana, stilato nel 1977 con Piccinato e adottato dalla Regione Campania nel 1987; il seminario Uno spazio per esistere…, organizzato nel 1978 a Napoli con Aldo Carotenuto; e gli scritti raccolti nell’antologia Il canto dei tamburi di pietra (Napoli 1980).

Dopo il terremoto in Irpinia del 1980, fu in prima linea come promotore e presidente del Comitato interdisciplinare di coordinamento della ricostruzione, e dal 1983 condusse un’instancabile opera di documentazione fotografica del paesaggio campano, oggetto del volume curato da Lello Capaldo, Annamaria Ciarallo e Giulio Pane, Il paesaggio del Sud (Napoli 1989), e della mostra Campania sconosciuta, organizzata dal figlio Giulio e svoltasi nel 1990 a Napoli. Benché ignorato nel corso delle celebrazioni del cinquantenario della fondazione della facoltà di architettura di Napoli, nel 1986 accettò l’invito dei suoi ex allievi a tenervi un ciclo di lezioni; nello stesso anno pubblicò il suo ultimo scritto, Costumi e scene popolari di Napoli nelle incisioni di Vianelli e Lindström (ibid. 1986), e affidò a Civita l’edizione della raccolta Attualità e dialettica del restauro (postumo, Chieti 1987).

Morì improvvisamente a Sorrento il 29 luglio 1987.

Fonti e Bibl.:Per la ricostruzione delle vicende biografiche di Pane, oltre che a una testimonianza rilasciata a chi scrive dal nipote Andrea, si fa riferimento, principalmente, a L. Guerriero, La vita e l’opera, in Id., R. P. e la dialettica del restauro, Napoli 1995, pp. 21-63; G. Pane, Profilo biografico di R. P., in R. P. L’intitolazione della Biblioteca e due lezioni inedite, Napoli 2005, pp. 83-97; A. Pane, R. P. (1897-1987), in Ananke, 2007, nn. 50-51, pp. 24-33. Per la bibliografia degli scritti di e su Roberto Pane, si rimanda, da ultimo, a A. Pane - G. Pane, Bibliografia degli scritti di R. P., in R. P. tra storia e restauro: architettura città paesaggio, a cura di S. Casiello - A. Pane - V. Russo, Venezia 2010, pp. 580-598; A. Pane, Bibliografia degli scritti su R. P., ibid., pp. 599-605. Tra i contributi più significativi sulla sua opera, si segnalano: Scritti in onore di R. P., a cura di Istituto di storia dell’architettura dell’Uni-versità di Napoli, Napoli 1972; R. Mormone, R. P. Teoria e storia dell’architettura, Napoli 1982; G. Fiengo, Attualità e dialettica del restauro nel pensiero di R. P., in Napoli nobilissima, s. 4, XXVII (1988), 3-4, pp. 81-84; Fuori dall’ombra. Nuove tendenze nelle arti a Napoli dal ’45 al ’65 (catal.), a cura di N. Spinosa etal., Napoli 1991 (M. Picone Petrusa, La fotografia, pp. 421-430; P. Cislaghi, R. P., p. 563); Ricordo di R. P.Atti dell’incontro di studi, a cura di Dipartimento di storia dell’architettura e del restauro, Napoli 1991; Napoli. Architettura e urbanistica del Novecento, a cura di B. Gravagnuolo - P. Belfiore, Bari-Roma 1994 (in particolare, B. Gravagnuolo, Dal liberty alle guerre, pp. 32-55); L. Guerriero, R. P. e la dialettica del restauro, Napoli 1995; R. Di Stefano, R. P.: la difesa dei valori ambientali, in Restauro, 1998, n. 143, pp. 5-78; L’architettura a Napoli tra le due guerre (catal.), a cura di C. de Seta, Napoli 1999, passim; A. Pane, Piero Gazzola, R. P. e la genesi della Carta di Venezia, in Piero Gazzola: una strategia per i beni culturali…Atti del Convegno, Verona…2008, a cura di A. Di Lieto - M. Morgante, Verona 2009, pp. 307-316; R. P. tra storia e restauro: architettura città paesaggio, a cura di S. Casiello - A. Pane - V. Russo, Venezia 2010.

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