ALDRICH, Robert

Enciclopedia del Cinema (2003)

Aldrich, Robert

Alberto Castellano

Regista cinematografico statunitense, nato a Cranston (Rhode Island) il 9 agosto 1918 e morto a Los Angeles il 5 dicembre 1983. Nell'affrontare i generi classici della tradizione statunitense, rispetto ai quali effettuò un lavoro di personale riscrittura, è riuscito a far emergere i temi caratteristici del suo cinema: la morte, il suicidio, la ribellione. L'essenzialità delle sue scene d'azione, la sua capacità di rivelare aspetti inquietanti dei rapporti umani e di costruire un clima opprimente hanno influenzato registi delle generazioni successive come Sam Peckinpah, Walter Hill, Quentin Tarantino e John Woo. Nel 1955 ottenne il Leone d'argento alla Mostra del cinema di Venezia per The big knife (Il grande coltello) e l'anno successivo l'Orso d'argento al Festival di Berlino per la regia di Autumn leaves (Foglie d'autunno).

Di famiglia alto-borghese, approdò a Hollywood giovanissimo dopo aver intrapreso, senza però laurearsi, gli studi in scienze economiche alla University of Virginia. Dopo un lungo tirocinio presso la RKO come sceneggiatore, direttore di produzione, regista di serial televisivi e aiuto regista di Jean Renoir, Lewis Milestone, William A. Wellman, Joseph Losey, Charlie Chaplin, esordì con Big leaguer (1953) cui seguì il film di spionaggio World for ransom (1954; Singapore: intrigo internazionale). Ma è proprio nei generi canonici del western, del poliziesco, del bellico che si espresse pienamente il suo stile potente e teatrale. Elementi costitutivi del suo cinema sono la predilezione per l'azione e l'avventura senza trascurare l'indagine psicologica, per le figure eroiche, per i grandi ideali, per la morte; e poi ancora l'importanza del suicidio come gesto di rivolta, lo spazio limitato concesso alle situazioni amorose, la preferenza data allo spettacolo rispetto alla suspense, alla narrazione picaresca. Aspetti che si ritrovano di volta in volta in film come Apache (1954; L'ultimo Apache) che ria- bilita gli Indiani, Vera Cruz (1954) che con l'ambientazione messicana arricchisce il genere di significati ideologici e rivoluzionari, Kiss me deadly (1955; Un bacio e una pistola) che sulla base di un romanzo di M. Spillane rilegge il noir in chiave di angosciante pessimismo e visionaria violenza, Attack! (1956; Prima linea), ambientato nella Francia del 1944 e in cui, attraverso la figura di un ufficiale americano incompetente e vigliacco, vengono esasperati i canoni del film di guerra, prediligendo un forte realismo soprattutto nelle scene di battaglia. Si tratta di opere tutte in anticipo sui tempi, in un periodo in cui a Hollywood si avvertiva comunque l'esigenza di un rinnovamento. E non a caso A. in quegli anni realizzò The big knife, spietato ritratto del mondo hollywoodiano e denuncia della corruzione dell'ambiente del cinema con qualche eccesso teatrale, seguito da Autumn leaves, un malinconico melodramma al femminile (con Joan Crawford protagonista). A. ritornerà periodicamente a dirigere film di guerra e western che gli consentiranno di esprimere nelle forme a lui più congeniali i valori della libertà, del sacrificio, dell'eroismo. The angry hills (1959; Le colline dell'odio), film bellico e avventuroso ambientato in Grecia, e Ten seconds to hell (1959; Dieci secondi col diavolo), incentrato, sullo sfondo della Berlino dell'immediato dopoguerra, su alcuni reduci della Wehrmacht al servizio dell'esercito inglese come disinnescatori di bombe, furono ambedue prodotti e girati in Europa. Mentre The flight of the Phoenix (1965; Il volo della Fenice), sui superstiti di un aereo di una compagnia petrolifera precipitato nel Sahara, aprì una trilogia incentrata su comunità tutte maschili osservate in situazioni di estrema difficoltà, che proseguì con The dirty dozen (1967; Quella sporca dozzina), corale opera antimilitarista di grande successo commerciale, costruita sulla tesi della guerra come universo criminale attraverso il paradosso per cui dodici delinquenti si redimono compiendo contro i nazisti azioni più ripugnanti di quelle per le quali sono stati condannati; la trilogia si concluse con Too late the hero (1970; Non è più tempo di eroi), vigorosa e appassionante avventura bellica ambientata durante il secondo conflitto mondiale con un finale in cui la guerra viene associata al football americano. Gli altri western oscillano tra le ambizioni culturali da tragedia greca di The last sunset (1961; L'occhio caldo del cielo), sceneggiato da Dalton Trumbo, che divise la critica, e la comicità farsesca, non proprio nelle corde del regista, di Four for Texas (1963; I quattro del Texas) con Frank Sinatra e Dean Martin nel ruolo di due lestofanti rivali che si alleano per non perdere un cospicuo bottino; tra il radicalismo filoindiano del classicheggiante Ulzana's raid (1972; Nessuna pietà per Ulzana), che discende da Apache, e la rilettura in chiave di commedia dei luoghi comuni del genere in The Frisco kid (1979; Scusi, dov'è il West?).Ma A. si misurò anche con altri generi per destabilizzarli con i suoi antieroi. Dopo il kolossal peplum Sodom and Gomorrah (1962; Sodoma e Gomorra), in coproduzione italo-francese, girato a Cinecittà con Sergio Leone regista della seconda unità, arrivò il riscatto commerciale con Whatever happened to Baby Jane? (1962; Che fine ha fatto Baby Jane?): thriller psicologico tratto da un romanzo di H. Farrell e interpretato da due mostri sacri come Bette Davis e Joan Crawford, il film è caratterizzato da un'atmosfera claustrofobica in cui traspaiono una rabbia, una perfidia e un odio repressi ma sempre sul punto di esplodere. Lo stesso schema e la stessa formula vennero ripresi con seducente barocchismo in Hush… hush, sweet Charlotte (1964; Piano… piano, dolce Carlotta) che ebbe sette nominations agli Oscar, ancora con la Davis e Olivia de Havilland, a metà tra horror gotico e melodramma. Dopo The big knife, A. si cimentò nuovamente con il mondo dello spettacolo visto come realtà televisiva squallida e corrotta in The killing of Sister George (1968; L'assassinio di Sister George) e come microcosmo hollywoodiano, con i suoi miti e le ripercussioni psicologiche, in The legend of Lylah Clare (1968; Quando muore una stella). Anche quello degli Stati Uniti della Depressione si rivelò contesto ideale per esaltare il suo convinto antieroismo. The Grissom gang (1971; Grissom gang ‒ Niente orchidee per miss Blandish), tratto da un romanzo di J.H. Chase, è una rivisitazione filologica del gangster film degli anni Trenta per mostrare la miseria e la violenza del Paese in quel periodo difficile; Emperor of the North Pole (1973; L'imperatore del Nord) avvolge invece di cadenze epiche il romanticismo della disfatta, attraverso la lotta spietata, con un tragico epilogo, tra Lee Marvin e Ernest Borgnine su uno dei treni merci che trasportavano clandestinamente i vagabondi senza lavoro costretti a spostarsi da uno Stato all'altro proprio durante la grande crisi degli anni Trenta. Autore a volte volutamente sgradevole, squilibrato, eccessivo, A. ha stemperato nel tempo il suo furore in tonalità più intimiste e crepuscolari, ma sempre con l'intento di raccontare il declino della società statunitense e il tramonto di un cinema dalla facile comunicatività, a volte con opere discontinue e tuttavia di grande personalità: dal sociologico The longest Yard (1974; Quella sporca ultima meta), con la famosa sequenza della partita tra detenuti e secondini, al noir romantico Hustle (1975; Un gioco estremamente pericoloso), dal fantapolitico verboso ma sinceramente etico Twilight's last gleaming (1977; Ultimi bagliori di un crepuscolo) a The choirboys (1977; I ragazzi del coro), spietato e crudo ritratto della polizia corrotta di Los Angeles. A. diede l'addio al cinema con …All the marbles (1981; California dolls) nel quale le vicende di due lottatrici di catch e del loro manager sono un pretesto per riflettere con ritmo trascinante sul rapporto tra la violenza della realtà e quella dello sport.

Bibliografia

R. Miche, Robert Aldrich, Bruxelles 1959.

A. Silver, E. Ward, Robert Aldrich: a guide to references and resources, Boston 1979.

C. Salizzato, Robert Aldrich, Firenze 1983.

J.P. Piton, Robert Aldrich, Paris 1985.

E.T. Arnold, E.L. Miller, The films and career of Robert Aldrich, Knoxville (TN) 1986.

M. Maheo, Robert Aldrich, Paris 1987.

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