Risorgimento Termine storiografico usato per indicare quel complesso processo spirituale e politico, quella serie di trasformazioni economiche e sociali, di atteggiamenti letterari e culturali, di eventi diplomatici e militari, che tra la fine del Settecento e l’Ottocento, intrecciandosi e contrastandosi, portarono l’
Il Congresso di
Con il nome di guerre del R. si designano le guerre, dette d’indipendenza, combattute contro l’Austria le prime due dal Regno di Sardegna e la terza dal Regno d’Italia. Guerre del R. si considerano anche tutte le campagne del 1860, cioè la spedizione garibaldina per la liberazione della
1.1 La prima guerra d’indipendenzaIl 23 marzo 1848 il re Carlo Alberto dichiarò guerra all’Austria. All’esercito piemontese (ca. 80.000 uomini) si aggiungevano i reparti volontari degli altri Stati italiani (6000 Toscani, 14.000 Romani, 14.000 Napoletani e nuclei di Parmensi, Modenesi, Lombardi e Veneti). L’esercito austriaco (ca. 70.000 unità) era comandato dal maresciallo J. Radetzky. L’8 e 9 aprile i Piemontesi occuparono i passi più importanti sul
Fallite le trattative di pace, l’esercito piemontese fu oggetto di riforme organiche. Per il comando supremo fu scelto il polacco
1.2 La seconda guerra d’indipendenzaMentre Cavour preparava il Piemonte alla guerra sul piano politico interno e internazionale con l’alleanza francese, il generale A. La Marmora, ministro della Guerra, attendeva a migliorare l’esercito. I volontari provenienti da tutta l’Italia furono in parte incorporati nelle truppe regolari (ammontanti a ca. 60.000 combattenti), mentre i più costituirono corpi speciali autonomi, come i Cacciatori delle Alpi, comandati da G. Garibaldi. Il 26 aprile 1859, rifiutato dal Piemonte l’ultimatum austriaco, ebbe inizio la guerra. I Francesi (ca. 120.000 uomini) scesero in Italia e si concentrarono attorno ad
Intanto, con poco meno di 5000 volontari Garibaldi aveva sostenuto con successo il 26 maggio un combattimento a Varese, seguito il 27 da un altro successo a San Fermo (Como). Dopo Magenta, poté occupare anche Lecco,
Il 22 giugno l’imperatore Francesco Giuseppe, che aveva assunto il comando dell’esercito assistito da H.H. Hess, ordinò di ripassare il Mincio per un attacco in grande; gli Austriaci e i Franco-Sardi il 24 si scontrarono a S del Garda, a Solferino e a San Martino. Dopo combattimenti accaniti la battaglia fu vinta dagli Alleati. La sera stessa gli Austriaci ripararono dietro il Mincio, per poi entrare nel Quadrilatero. Mentre Garibaldi teneva sotto la sua minaccia il Trentino e l’Alto
1.3 La liberazione del Mezzogiorno e dell’Italia centraleMentre nell’Italia meridionale, sotto la guida di G. Garibaldi si svolgeva la Spedizione dei Mille (➔ Mille, Spedizione dei), Cavour spingeva avanti gli ultimi preparativi per l’invasione dello
1.4 La terza guerra d’indipendenzaLa terza guerra d’indipendenza è strettamente legata, nei suoi precedenti diplomatici e nelle sue vicende, alla contemporanea guerra austro-prussiana. Per quanto riguarda le operazioni del Veneto, la superiorità numerica dell’esercito italiano era nettissima, essendo l’Austria impegnata in
La conquista di Trieste fallì completamente anche in mare. Dopo l’entrata in guerra dell’Italia (20 giugno), la flotta, comandata dall’ammiraglio C. Persano, da
2. La storiografia del Risorgimento
Sul piano storiografico il R. è stato a lungo oggetto di polemiche accese. I primi contrasti interpretativi esplosero all’indomani stesso dell’unificazione politica dell’Italia: le esaltazioni apologetiche e agiografiche dei vincitori, monarchici, moderati, liberali da una parte, le requisitorie e le recriminazioni dei vinti, mazziniani e repubblicani, borbonici e clericali/">clericali dall’altra, hanno radici nelle stesse lotte e passioni risorgimentali. Negli ultimi decenni dell’Ottocento, alle rappresentazioni spesso convenzionali dell’epopea risorgimentale si contrappose un proficuo lavoro di ricerca filologica e archivistica, di pubblicazione di documenti e di ricostruzione biografica.
Alcuni studiosi, sensibili all’orientamento idealistico prevalente nella cultura italiana dell’epoca, richiamandosi esplicitamente al mito di rigenerazione umana proclamato dai profeti risorgimentali (
A complicare e confondere il puro problema storiografico s’insinuarono nel dibattito anche preoccupazioni di carattere nazionalistico: storici e pubblicisti cercarono di rivendicare la piena originalità e autonomia del processo risorgimentale rispetto alle influenze politiche e culturali straniere, soprattutto rispetto alla Rivoluzione francese e al dominio napoleonico, a cui tradizionalmente si facevano risalire gli inizi di quel processo. Contro la dilagante ondata nazionalistica, che poi divenne particolarmente insistente durante il fascismo, lo stesso
Studiosi di ogni tendenza storiografica si dedicarono all’analisi delle epoche anteriori al Settecento, nell’intento di cogliere sul nascere le prime aspirazioni unitarie e liberali: furono condotte ricerche sulle condizioni politiche e diplomatiche dell’Italia e dell’Europa alla fine delle guerre di successione e sulle profonde trasformazioni sociali avvenute durante il dominio spagnolo in Italia. Per effetto di questo allargarsi delle indagini si ripudiò la data del 1815, tradizionalmente assunta come inizio del R., e si tese a riportare sempre più indietro le origini del movimento patriottico, sia sul piano culturale, sia sul piano più propriamente politico. Una tale esaltazione della continuità storica rischiò di dissolvere il concetto stesso di R.: una volta dissociati e singolarmente riportati alla loro origine i motivi confluiti nella sintesi risorgimentale, la sua storia si risolveva senza residui nella più generale storia italiana del 18° e del 19° secolo.
Come tradizionalmente veniva narrata, la storia del R. appariva opera di un’esigua minoranza, e il fenomeno della frattura fra minoranza intellettuale e popolo era stato soltanto sfiorato, ma mai sviluppato nelle sue implicazioni. Sotto l’urgenza delle agitazioni sociali scoppiate alla fine della Prima guerra mondiale, alcuni uomini politici e studiosi furono indotti a rivolgere la loro attenzione a questo problema: si riparlò allora di conquista regia, di grettezza conservatrice e di tradimento degli ideali morali e religiosi affermati da Mazzini e dagli altri protagonisti risorgimentali. Tra i numerosi studi pubblicati in questo filone spiccano le opere di
Nuovo vigore e nuovi spunti problematici alle ricerche sul R. portò nel 1949 la pubblicazione delle riflessioni di
Negli ultimi decenni del 20° sec. accanto a ricerche su vari aspetti del ‘politico’ nel R. italiano (leader, organizzazioni, idee, istituzioni) si fece largo un’inclinazione non ideologica, con studi sulle formazioni sociali (nobiltà, borghesie, ceti popolari), le dinamiche economiche (processi di accumulazione e di trasformazione, soprattutto nel settore agrario) e gli assetti istituzionali (giurisprudenza e strutture statuali degli Stati preunitari) dell’Italia di primo Ottocento. Tuttavia, sia la prospettiva storiografica tradizionale (interessata agli aspetti politico-ideologici) sia quella più originale (interessata alle questioni economiche, sociali e istituzionali) avevano, per ragioni diverse, messo in second’ordine un aspetto essenziale per la comprensione del processo risorgimentale, ossia la formazione e il radicamento di un senso di appartenenza a una comunità nazionale italiana e, di conseguenza, anche la profondità culturale del processo di edificazione di uno Stato-nazione che da tale senso di appartenenza era derivato. A colmare questa lacuna si sono dedicati prima studi che hanno indagato i rituali di ‘nazionalizzazione delle masse’ nell’Italia postunitaria, fra cui spiccano, in particolare, quelli di B.