Riproduzione

Universo del Corpo (2000)

Riproduzione

Riccardo Pierantoni

La riproduzione è il meccanismo attraverso il quale vengono generati nuovi individui in modo da garantire la sopravvivenza di una specie. Per indicare la notevole forza di espansione con cui una determinata specie tende a riprodursi, il termine è spesso usato in sinonimia con moltiplicazione. Le modalità fondamentali di riproduzione sono due, quella asessuata e quella sessuata. Nella riproduzione asessuata o agamica, tipica dei procarioti, della maggior parte degli eucarioti unicellulari e di molti Invertebrati, un singolo individuo genera, se non intervengono mutazioni, prole formata da individui geneticamente identici. La riproduzione sessuata presente negli eucarioti unicellulari e pluricellulari, sia vegetali sia animali, prevede l'incontro di due individui di sesso diverso da cui si svilupperà un nuovo organismo, il cui genoma è il prodotto di una particolare e casuale combinazione dei geni dei genitori. Con la riproduzione sessuata si generano individui sempre diversi, salvo nel caso di gemelli monozigotici, e viene promossa la variabilità genetica, grazie alla quale aumentano le probabilità di sopravvivenza della specie in caso di variazioni ambientali.

Riproduzione asessuata e sessuata

di Riccardo Pierantoni

1.

Riproduzione asessuata

La riproduzione asessuata, o agamica, può avvenire attraverso diversi meccanismi, quali la scissione binaria o multipla, la gemmazione, la frammentazione ed, esclusivamente nelle piante, la margotta e la talea. Negli eucarioti il meccanismo che è alla base della riproduzione asessuata è la mitosi. Nella scissione binaria, generalmente, un organismo eucariotico unicellulare si divide in due lungo il suo asse longitudinale o trasversale. La scissione multipla consiste invece in ripetute divisioni nucleari, in seguito alle quali intorno a ogni nucleo una membrana delimiterà una piccola porzione di citoplasma; le numerose cellule, così formatesi, poi si separeranno. Sia nella scissione binaria sia in quella multipla, l'organismo progenitore perde la sua identità. Nella gemmazione, sull'organismo progenitore si formano delle gemme che staccandosi danno origine a nuovi individui (per es., nel celenterato Hydra); talora le gemme possono restare unite a formare colonie. Nella frammentazione, un organismo si divide spontaneamente in più parti e da ognuna di esse si genererà un organismo completo, come si può osservare in alcune planarie. Se i frammenti si sono originati in seguito a trauma, la formazione dell'individuo adulto rientra nel fenomeno della rigenerazione che, in questo caso, assume un significato simile alla riproduzione. La margotta e la talea sono tecniche frequentemente utilizzate in agricoltura. Curvare un tralcio di vite ancora attaccato alla pianta e interrarlo, farà sì che si formino le radici: in seguito alla separazione dalla pianta madre si otterrà un nuovo individuo (margotta). Nella riproduzione per talea, invece, per ottenere una nuova pianta è sufficiente interrare un ramo provvisto di nodi, separandolo dalla pianta madre.

2.

Riproduzione sessuata

La riproduzione sessuata, o gamica, prevede la formazione di gameti da parte delle gonadi ed è, generalmente, la conseguenza della fusione dello spermatozoo con la cellula uovo. Dall'uovo fecondato (zigote) si formerà un nuovo individuo frutto di nuove combinazioni geniche dovute al crossing-over e all'assortimento indipendente dei cromosomi, eventi che occorrono nel corso della gametogenesi maschile e femminile (v. gamete), nonché al mescolamento dei corredi aploidi dei genitori. Dato, quindi, che è praticamente impossibile la produzione di gameti geneticamente identici da parte di uno stesso individuo, il risultato della riproduzione sessuata è un enorme incremento della variabilità, altrimenti dovuta alla sola probabilità di insorgenza di una mutazione, come avviene nella riproduzione asessuata (per la variabilità genetica, v. gene). Generalmente per riprodursi sessualmente è necessario che s'incontrino due individui caratterizzati dalla presenza di gonadi differenti per il sesso maschile e femminile, rispettivamente il testicolo e l'ovaio (specie gonocoriche o dioiche). In alcune specie, definite monoiche, le gonadi maschili e femminili sono invece presenti in uno stesso individuo che verrà detto ermafrodita. L'ermafroditismo, come la riproduzione asessuata, si afferma allorquando risulti improbabile l'incontro di due individui di sesso diverso; è questo il caso del parassitismo in cui è sufficiente entrare in contatto con pochi agenti infestanti per contrarre la parassitosi (v. parassita). Un caso particolare di riproduzione sessuata è la partenogenesi, o sviluppo verginale, in cui si verifica lo sviluppo di un uovo non fecondato; essa può essere naturale o sperimentale. La partenogenesi naturale, comune fra Molluschi, Crostacei, Insetti e alcuni Rettili, può essere accidentale, in specie che di norma sono anfigoniche, il cui uovo cioè si sviluppa normalmente grazie allo spermatozoo, o facoltativa, in specie in cui l'uovo può svilupparsi naturalmente sia per partenogenesi sia per anfigonia. La partenogenesi viene detta ciclica quando in una determinata specie si alternano la riproduzione partenogenetica e quella anfigonica. La partenogenesi sperimentale, vale a dire indotta artificialmente in laboratorio, serve a studiare nelle specie anfigoniche il ruolo attivante dello spermatozoo, al quale il ricercatore si sostituisce con i propri metodi sperimentali. La fusione del gamete maschile con quello femminile prende il nome di fecondazione: essa può essere esterna o interna. Nella fecondazione esterna, modalità seguita da molti Invertebrati e da alcuni Vertebrati quali Pesci e Anfibi, i gameti vengono rilasciati all'esterno direttamente nell'ambiente acquatico. Essi vengono prodotti in enormi quantità, per favorire la probabilità di incontro nella massa d'acqua circostante. Nella fecondazione interna gli eventi sono meno casuali (v. fecondazione). Gli spermatozoi presenti nel liquido seminale vengono deposti nelle vie genitali femminili i cui tessuti umidi, unitamente al liquido seminale, forniscono l'ambiente acquoso necessario per il movimento degli spermatozoi stessi. Così, mentre la fecondazione esterna è presente perlopiù negli animali acquatici, quella interna si riscontra nella maggior parte degli animali terrestri. Il termine ghiandola genitale, usato per il testicolo e per l'ovaio, sta a indicare la produzione di ormoni che agiscono non solo per via endocrina (attraverso la grande circolazione), ma anche con meccanismi locali (perlopiù autocrini e paracrini), e che sono responsabili della regolazione della gametogenesi e dello sviluppo dei caratteri sessuali secondari. L'attività dell'ovaio è sempre ciclica, mentre quella del testicolo, come nel caso dell'uomo, può essere continua. Nella donna l'attività riproduttiva termina fra i 40 e i 50 anni con l'avvento della menopausa, mentre l'uomo può essere fertile fino a età molto avanzata.

3.

Apparato sessuale nell'uomo e nella donna

L'apparato riproduttore maschile, nella specie umana, è formato dai testicoli (carattere sessuale primario), dai dotti escretori (o vie spermatiche), da un gruppo di ghiandole annesse ai dotti escretori e dal pene (v. vol. 1°, II, cap. 9: Pelvi, Organi genitali maschili). I testicoli svolgono una duplice funzione, quella citogenetica, svolta dai tubuli seminiferi, che porta alla produzione degli spermatozoi, e quella endocrina, che porta alla produzione degli ormoni sessuali da parte delle cellule di Leydig (v. testicolo). Il testicolo è diviso in lobuli, nei quali si trovano i tubuli seminiferi convoluti che, all'apice di ciascun lobulo, formano i tubuli retti. Questi si continuano nella rete testis da cui si originano i duttuli efferenti che poi si uniranno nell'epididimo. Qui gli spermatozoi acquistano capacità di muoversi e passano nel dotto deferente, che attraversa le vescicole seminali e la prostata, e diventa dotto eiaculatorio che si apre nell'uretra, ove viene versato il prodotto delle ghiandole bulbouretrali. Le vescicole seminali, la prostata e le ghiandole bulbouretrali sono le ghiandole annesse ai dotti escretori, i cui prodotti, assieme a quelli dei dotti stessi, formano il liquido, o plasma, seminifero che con gli spermatozoi costituisce lo sperma. L'uretra nasce dalla vescica, attraversa la prostata, ove riceve il dotto eiaculatorio, e si prolunga nel pene, che serve quindi sia per l'escrezione dell'urina sia per l'eiaculazione dello sperma. L'apparato riproduttore della donna è formato dalle ovaie (carattere sessuale primario), dalle tube uterine (o di Falloppio od ovidutti), dall'utero, dalla vagina e dalla vulva (v. vol. 1°, II, cap. 9: Pelvi, Organi genitali femminili). Le ovaie, organi pari a forma di mandorla, sono localizzate nella cavità addominale sospese da legamenti e sono costituite da uno stroma connettivale, nel quale si trovano i follicoli in vario stadio di sviluppo (v. ovaio). Il follicolo ovarico contiene una cellula germinale ed è costituito, a seconda dello stadio maturativo, da uno o più strati di cellule. Durante lo sviluppo del follicolo si assiste a una proliferazione delle cellule della granulosa tra le quali si forma una cavità. Intorno alle cellule della granulosa, le cellule dello stroma si differenziano in cellule della teca esterna e interna, queste ultime secernenti gli ormoni steroidei. Al momento dell'ovulazione, il follicolo scoppia lasciando uscire l'ovocita maturo, mentre le cellule della granulosa residue (cellule luteiniche) e le cellule della teca interna formano il corpo luteo e secernono rispettivamente progesterone ed estrogeni. L'ovocita espulso nell'ovulazione si dirige nella tuba uterina, organo pari che si origina dall'utero e si porta a circondare l'ovaio; a questo punto può avvenire l'eventuale fecondazione. Se non viene fecondato l'ovocita degenera, altrimenti si verifica l'impianto della blastocisti dell'embrione nell'endometrio dell'utero. La porzione inferiore dell'utero, detta cervice, sporge leggermente nella vagina (organo elastico che accoglie il pene e lo sperma) che si apre nella vulva. Questa comprende le grandi labbra e le piccole labbra che circondano l'apertura della vagina.

4.

Regolazione dell'attività testicolare

L'attività testicolare (steroidogenesi e spermatogenesi) è regolata da una complessa rete di comunicazioni cellulari a livello del sistema nervoso centrale, dell'ipofisi e dell'ambiente intragonadico ed è influenzata indirettamente anche da altri sistemi ghiandolari, quali tiroide e surrene. In senso stretto, il principale regolatore del testicolo è il GnRH (Gonadotropin-releasing hormone), un decapeptide che, anche se prodotto da neuroni ubicati in varie aree cerebrali, è generalmente considerato come un fattore ipotalamico. Dall'ipotalamo il GnRH viene rilasciato nel sistema portale a livello dell'eminenza mediana per giungere a stimolare le cellule gonadotrope della pars distalis dell'adenoipofisi, che rilasceranno le gonadotropine LH (Luteinizing hormone) e FSH (Follicle stimulating hormone). Nonostante le gonadotropine abbiano nomi derivanti dalle loro funzioni nel sistema riproduttivo femminile, la loro importanza nel modulare la funzionalità del testicolo è fondamentale come nell'ovaio. L'LH agisce tramite recettori localizzati sulle membrane delle cellule di Leydig che vengono stimolate a produrre il testosterone, uno steroide che, insieme al suo derivato diidrotestosterone, è il principale ormone androgeno. Questi ormoni, oltre a essere importanti nell'equilibrio endocrino generale e nel modulare l'ambiente intragonadico, promuovono lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari interni (vie genitali, epididimo, deferenti, prostata, vescicole seminali) ed esterni (discesa dei testicoli nello scroto, pene, distribuzione dei peli, barba), nonché lo sviluppo dello scheletro, della muscolatura e della voce. Tali ormoni, la cui secrezione decresce gradatamente con l'età, condizionano anche il comportamento. La virilità, cioè il normale comportamento sessuale e lo sviluppo dei caratteri sessuali maschili, è indipendente dalla sterilità, che consiste invece in un blocco della spermatogenesi, così che si può essere virili ma sterili. Il testosterone può anche essere trasformato da enzimi presenti nelle cellule di Leydig (aromatasi) in estradiolo, ormone steroideo appartenente alla categoria degli estrogeni. Così come gli estrogeni vengono prodotti anche nel testicolo, pure gli androgeni vengono prodotti anche nell'ovaio, per cui sembra non aver senso la divisione che ancora oggi viene fatta fra ormoni maschili, o androgeni, e femminili, o estrogeni. Gli ormoni steroidei, principalmente il testosterone e l'estradiolo, regolano per via endocrina con meccanismi di feedback il rilascio e la sintesi sia del GnRH sia delle gonadotropine ipofisarie (feedback lungo e corto). Come già accennato, queste stimolano la produzione da parte del testicolo di steroidi e di altri fattori di natura proteica (inibina, attivina ecc.), che sono in grado anche di agire sulle stesse cellule che li hanno prodotti (attività autrocrina): il testosterone, per es., è in grado di inibire la sintesi di androgeni attraverso meccanismi di tipo autocrino, agendo quindi direttamente sulle cellule di Leydig. L'importanza dell'estradiolo nella fertilità maschile è stata dimostrata in topi privi del recettore degli estrogeni che si sono rivelati sterili. L'FSH agisce sulle cellule di Sertoli, che insieme alle cellule germinali costituiscono l'epitelio seminifero, le quali nella vita fetale producono estradiolo e nell'adulto altre sostanze fra cui l'inibina, l'ABP (Androgen binding protein), sostanze tipo GnRH e fattori di crescita. Le cellule di Leydig e quelle di Sertoli comunicano fra loro e con le cellule peritubulari con meccanismi paracrini per creare l'ambiente idoneo alla progressione dei vari stadi maturativi delle cellule germinali. A tale scopo, poi, è basilare una più diretta comunicazione paracrina fra cellule di Sertoli e cellule germinali, tra le quali si sviluppano anche comunicazioni criptocrine in cui il ligando e il recettore sono costituiti da molecole di membrana. Nel testicolo risulta quindi sviluppata una intricata rete di comunicazioni cellulari. Si è visto che numerosi geni si esprimono in modo stadio-specifico nelle cellule germinali. Alcuni di questi, che sono noti come geni aploidi in quanto espressi a partire dagli spermatociti secondari, sono coinvolti nella produzione delle protamine. Altri, in particolare alcuni protoncogeni, sembra che siano coinvolti nel meccanismo di progressione dei vari stadi delle cellule germinali. Per es., i geni c-myc, c-fos, c-jun e c-kit sembrano regolare gli stadi mitotici, mentre myb potrebbe avere un ruolo nella progressione degli stadi meiotici e postmeiotici. I meccanismi locali autocrini e paracrini, inoltre, potrebbero sfociare nell'attivazione di alcuni protoncogeni.

5.

Regolazione dell'attività ovarica

Nell'ovaio adulto il controllo della regolazione della follicologenesi e, di conseguenza, della steroidogenesi e della maturazione ovocitaria avviene non solo per via endocrina, ma anche a livello locale (intraovarico) con meccanismi autocrini e paracrini. Il GnRH ipotalamico viene inviato attraverso la circolazione portale all'adenoipofisi, ove nella pars distalis stimola il rilascio dell'LH e dell'FSH da parte delle cellule gonadotrope. Il GnRH, nella funzione riproduttiva femminile, è in grado di produrre un rilascio pulsatile di gonadotropine che viene perciò definito tonico. Con l'approssimarsi del periodo ovulatorio le pulsazioni, particolarmente quelle dell'LH, diventano sempre più frequenti e meno ampie fino a sfociare in un picco preovulatorio che ricorre al 14° giorno circa di ogni ciclo mestruale. Concordemente con la teoria nota come 'due tipi cellulari per due gonadotropine' ('two-cell, two gonadotropins'), le cellule della teca interna sono stimolate dall'LH a produrre androgeni aromatizzabili, che vengono trasportati nelle cellule della granulosa e convertiti in estrogeni da parte di aromatasi indotte dall'FSH. Dopo il picco preovulatorio dell'LH le cellule della granulosa subiscono un processo di luteinizzazione formando il corpo luteo, le cui cellule non sono in grado di proliferare, che risponde all'LH producendo il progesterone, un altro ormone steroideo. Il meccanismo di selezione del follicolo dominante, cioè quello destinato a ovulare, è ancora un mistero: certamente il follicolo dominante è quello in grado di rispondere meglio all'FSH facendo produrre alle cellule della granulosa una grande quantità di estrogeni. Studi condotti nel ratto indicano che l'estradiolo stimola, mediante un meccanismo autocrino, le aromatasi nelle cellule della granulosa anche quando i livelli di FSH si abbassano; il follicolo dominante sarebbe dunque quello che, nonostante i bassi livelli di FSH, produce elevate quantità di estradiolo subito prima del picco preovulatorio di gonadotropine. Gli altri follicoli privi di questo meccanismo non rispondono in modo adeguato ai bassi livelli di FSH e sono destinati a degenerare. Gli ormoni steroidei, come anche i fattori proteici di natura ovarica, regolano i meccanismi di comunicazione fra cellule per via endocrina e per via locale (autocrina e paracrina) ed esercitano meccanismi di feedback attraverso la grande circolazione a livello ipotalamico e ipofisario. L'estradiolo, che come detto, svolge una funzione autocrina nella selezione del follicolo dominante, esercita attraverso la grande circolazione un feedback negativo, durante i primi giorni del ciclo, sul rilascio delle gonadotropine, e positivo, nella fase preovulatoria, promuovendo il sorgere del picco di LH. L'inibina, una glicoproteina prodotta dalle cellule della granulosa che sopprime il rilascio dell'FSH, è un eterodimero costituito da due catene, una α e una βA oppure βB. Dalla combinazione di due catene β (βAβA o βAβB o βBβB) si ottengono le attivine, che sia nel maschio sia nella femmina sono in grado di stimolare il rilascio dell'FSH. Inibine, attivine e altri fattori polipeptidici, come sostanze simili al GnRH, oppioidi, IGF (Insulin like growth factor), EGF (Epidermal growth factor) ecc., agiscono come fattori autocrini e paracrini, essendo prodotti dalle cellule della granulosa e della teca e agendo sulle medesime cellule. La formazione del follicolo dominante promossa da fattori steroidei, peptidici e proteici porta all'ovulazione, che altro non è se non la rottura del follicolo che libera l'ovocita fermo alla metafase II, pronto quindi per l'incontro con lo spermatozoo nelle tube uterine. Sotto lo stimolo del picco preovulatorio delle gonadotropine (principalmente l'LH), viene liberato dalle cellule della granulosa l'attivatore del plasminogeno di tipo tessutale (tPA), un enzima proteolitico che dal plasminogeno di provenienza epatica libera la plasmina, la quale attraverso l'attivazione della collagenasi induce la rottura del follicolo. Nella fase preovulatoria caratterizzata dal picco dell'LH accade un altro evento molto importante, lo sblocco della prima meiosi che porta l'ovocita alla metafase della seconda meiosi, stadio in cui l'ovocita si arresta nuovamente fino all'eventuale fecondazione.

In quasi tutti i Mammiferi il processo meiotico della cellula uovo inizia poco dopo la nascita (o subito prima), si arresta, per un meccanismo non ben conosciuto, nello stadio di diplotene durante la profase I e riprende alla pubertà con la formazione del follicolo dominante. È noto che l'ovocita denudato dalle cellule follicolari riprende spontaneamente la meiosi, per cui deve avvenire necessariamente una comunicazione fra l'ovocita e le cellule della granulosa. Per le modificazioni della comunicazione fra cellule della granulosa e ovocita, si sono formulate due ipotesi per spiegare il meccanismo di sblocco della meiosi: la prima è che la stimolazione fornita dall'LH determini la rottura dell'apparato che mette in comunicazione le cellule del follicolo, impedendo così l'accesso nell'ovocita delle sostanze che ne determinano l'arresto in diplotene. Queste sostanze sono state identificate nell'adenosinmonofosfato ciclico (cAMP), nell'ipoxantina, nell'adenosina (A), nella guanosina (G), nel guanosinmonofosfato ciclico (cGMP) e in alcuni peptidi come la β-endorfina: tutte queste sostanze, e probabilmente altre sconosciute, vengono identificate con la sigla OMI (Oocyte maturation inhibitor). La seconda prevede che un fattore che promuove la progressione in metafase (MPF, Metaphase progression factor) giunga dalle cellule della granulosa sovrapponendosi e vincendo il confronto con l'ambiente inibitorio del follicolo. Non vi sono dati certi relativi alla rottura di giunzioni cellulari (gap junctions) comunicanti fra ovocita e cellule del cumulo nel momento in cui la meiosi riprende e la membrana nucleare dell'ovocita si dissolve, ma nel follicolo di ratto si osserva un'enorme riduzione del numero di giunzioni comunicanti fra cellule del cumulo in concomitanza con questi eventi. Questo meccanismo potrebbe essere importante nell'impedire il passaggio di sostanze che inibiscono la maturazione dell'ovocita attraverso le cellule del cumulo. Recentemente è stato visto che l'MPF, che agisce sia in mitosi sia in meiosi, è costituito dalla ciclina B e dalla sua chinasi specifica denominata p34cdc2. Nell'anfibio Xenopus laevis si è accertato che l'attivazione di un protoncogene, c-mos (da Moloney sarcoma), determina la produzione della cosiddetta proteina MOS, responsabile dell'attivazione di MPF. La funzione di MOS nei Mammiferi non è chiara, in quanto nei Bovini, Suini e Ovini funziona come in Xenopus laevis, mentre nel topo non è stata trovata una sua partecipazione all'attività MPF. Più generale, invece, sembra il suo ruolo nel concorrere a determinare il blocco della meiosi in metafase II come componente di un fattore citostatico. Mentre il complesso MOS-ciclina B-p34cdc2 durante la prima meiosi provoca il passaggio da diplotene in metafase I per poi dissolversi e quindi promuovere la progressione nelle altre fasi meiotiche, durante la seconda meiosi tale complesso si stabilizza bloccando l'ovocita in metafase II. Con la fecondazione, l'aumento di Ca++ all'interno dell'ovocita favorisce attività enzimatiche che, rimuovendo il fattore citostatico, determinano il completamento della meiosi. Come precedentemente detto, l'ovaio umano contiene circa 2 milioni di ovociti alla nascita e circa 400.000 follicoli sono presenti alla pubertà. Di questi tuttavia solo circa 400 follicoli partecipano all'ovulazione durante il periodo fertile che va dalla pubertà alla menopausa. Il destino della maggior parte dei follicoli è quindi quello di degenerare piuttosto che di giungere alla maturazione finale. Il processo degenerativo dei follicoli è noto con il termine di atresia, che dovrebbe indicare specificamente la degenerazione dei follicoli antrali; tale termine, però, viene usato in modo più generale per indicare la degenerazione che avviene nei follicoli in ogni momento della follicologenesi. Vengono distinte circa sei ondate degenerative, tre delle quali riguardano direttamente le cellule germinali e tre che vengono classificate come atresia follicolare. Le cellule germinali possono degenerare sia allo stadio di cellule primordiali, sia allo stadio di ovogoni, tanto durante l'interfase meiotica quanto durante la mitosi, sia allo stadio di ovociti, soprattutto se non ricoperti da cellule follicolari come si verifica poco dopo la nascita durante la formazione del follicolo primordiale. La degenerazione dei follicoli, l'atresia propriamente detta, avviene, almeno nel ratto, a scapito delle cellule della granulosa, mentre l'ovocita prelevato da un follicolo atresico è capace di essere fecondato e di iniziare lo sviluppo embrionale. L'atresia follicolare consiste nell'apoptosi delle cellule della granulosa: il termine apoptosi, che viene dal greco e si riferisce al cadere delle foglie da un albero o dei petali da un fiore, fa chiaramente riferimento alla morfologia tipica del nucleo di una cellula che, innescando il suo programma genetico di morte, frammenta il nucleo in tanti piccoli corpi sferici (frammenti nucleari), noti come corpi apoptotici. Le cellule apoptotiche saranno poi eliminate dai macrofagi. Come fattori atretogenici sono stati identificati gli androgeni, le sostanze simili al GnRH di natura gonadica, le attivine e, probabilmente, il peptide interleuchina-6; viceversa, l'estradiolo, le gonadotropine, alcuni fattori intragonadici, quali l'EGF e l'IGF-1 e le inibine favoriscono la crescita del follicolo. Sia i fattori endocrini sia quelli paracrini e autocrini provvedono a regolare il ciclo delle ovulazioni che nella donna avvengono circa ogni 28 giorni. Per ciclo mestruale (mestruazione) si intende tutta la sequenza di eventi che ogni mese predispone il corpo a una gravidanza: tale ciclo si verifica dalla pubertà alla menopausa, cioè quando l'ovaio intorno ai 40-50 anni termina la sua funzione. Il ciclo mestruale interessa particolarmente la mucosa uterina (endometrio) ed è sincronizzato con la maturazione del follicolo (ciclo ovarico). Per giorno 0 si indica quello in cui inizia il flusso mestruale che dura circa 5 giorni e consiste nell'espulsione dell'endometrio dalla vagina. Fino al giorno 11 il GnRH ipotalamico promuove il rilascio tonico dell'LH e dell'FSH dall'ipofisi, provocando la crescita di un certo numero di follicoli che inizieranno a secernere androgeni ed estrogeni. Durante la fase follicolare, quindi, si assiste alla proliferazione dell'endometrio stimolata dagli estrogeni. Un picco di estrogeni, provocato in massima parte dal follicolo dominante (giorno 12), innesca la fase preovulatoria propriamente detta. Gli estrogeni, infatti, aumentando la pulsatilità del GnRH e, quindi, dell'LH e diminuendone di conseguenza l'ampiezza, innescano mediante un meccanismo di feedback positivo il picco preovulatorio di LH (giorno 13); l'ovulazione avviene, dunque, al 14° giorno. Inizia quindi la fase postovulatoria nella quale il corpo luteo produce una grande quantità di progesterone e una piccola quantità di estradiolo (fase luteinica). La combinazione di progesterone ed estradiolo consente all'utero di continuare la sua preparazione a un'eventuale gravidanza, in particolare promuovendo la secrezione di sostanze nutritive da parte di piccole ghiandole formatesi nello spessore dell'endometrio (fase secretoria). Nel caso di mancata gravidanza il corpo luteo regredisce rapidamente per apoptosi (corpus albicans) e la mucosa uterina si sfalda dopo il 28° giorno (giorno 0 del ciclo).

Nel ciclo ovarico è possibile quindi distinguere quattro fasi: follicolare, preovulatoria, ovulatoria e postovulatoria o luteinica. Il ciclo uterino, sincronizzato con il ciclo ovarico, prevede, invece, la fase mestruale (in corrispondenza della fase follicolare) e la fase secretiva (in corrispondenza della fase luteinica). In caso di gravidanza, il corpo luteo continua per un certo periodo a produrre il progesterone necessario a sostenere l'endometrio grazie a una gonadotropina prodotta dal corion embrionale (Human corionic gonadotropin o hCG); dopo il terzo mese di gravidanza, il corpo luteo degenera e il progesterone viene prodotto dalla placenta. Estrogeni e progesterone prodotti dalla placenta, inoltre, sono necessari a preparare le ghiandole mammarie alla lattazione. La produzione di latte avviene grazie alla prolattina secreta dal lobo anteriore dell'ipofisi, la cui secrezione è stimolata da un complesso circuito neuroendocrino alla cui base vi è principalmente la suzione.

6.

Fecondazione

La fecondazione è la fusione del gamete maschile con quello femminile. È interessante notare che nonostante siano prodotti milioni di spermatozoi, solo uno sarà in grado di penetrare nell'ovocita. Gli spermatozoi, una volta depositati nelle vie genitali femminili, completano il loro processo maturativo iniziato nell'epididimo (capacitazione degli spermatozoi), subendo modificazioni che consentono loro di aumentare il consumo di ossigeno e migliorare la motilità: solo poche migliaia di spermatozoi potranno giungere nelle tube uterine. A contatto con le cellule del cumulo ancora legate all'ovocita (corona radiata), gli spermatozoi iniziano a prepararsi la strada grazie alla ialuronidasi, un enzima acrosomiale che digerisce la matrice cellulare. Così, uno degli spermatozoi sopravvissuti potrà legare con la testa una glicoproteina (ZP3) presente nella zona pellucida grazie a un riconoscimento specie-specifico. A questo punto avviene la reazione acrosomiale indotta, appunto, da ZP3. Questa consiste nell'esocitosi della vescicola acrosomiale sulla cui membrana, internamente, esistono molecole di ancoraggio per altre proteine (ZP2) della zona pellucida. Ciò consente allo spermatozoo di penetrare attraverso la zona pellucida e di fondere la sua membrana con la membrana dell'ovocita. Il nucleo dello spermatozoo, compresa la coda che poi degenera, entra nell'ovocita che, avendo sbloccato la meiosi, può unire il suo patrimonio cromosomico aploide (pronucleo femminile) con quello, ugualmente aploide, appena penetrato (pronucleo maschile). Dopo la fecondazione, la cellula uovo previene l'ingresso di altri spermatozoi con un immediato cambiamento del potenziale di membrana (blocco rapido della polispermia). Il blocco lento della polispermia consiste, invece, nell'emissione dei granuli corticali da parte dell'ovocellula con conseguente inattivazione di ZP3, evento innescato dall'aumento di Ca++ citosolico in seguito alla fusione delle membrane dello spermatozoo e dell'ovocita.

Nel caso la fecondazione non avvenga in modo spontaneo e non sia possibile rimuovere le cause di sterilità, si può fare ricorso a tecniche di fecondazione assistita più o meno complesse, alcune delle quali aprono notevoli problemi etici e giuridici (v. procreazione assistita).

Determinazione genetica del sesso

(Red.)

Numerosi sono i geni che concorrono alla determinazione genetica del sesso, ma sono pochi quelli localizzati e clonati e dei quali si è in parte compreso il meccanismo di azione. Le analisi più recenti hanno riguardato soprattutto il moscerino della frutta Drosophila melanogaster e l'uomo. Studi di genetica molecolare hanno dimostrato che in Drosophila il differenziamento sessuale è caratterizzato da una diversa regolazione del prodotto della trascrizione del gene sxl (sex lethal) nei due sessi. Attraverso un meccanismo non ancora del tutto conosciuto, sxl fornisce a ciascuna cellula una memoria del proprio sesso e assicura che solo le femmine producano le proteine per lo sviluppo degli organi sessuali femminili. Nella specie umana, affinché un individuo si sviluppi in un maschio o in una femmina fenotipicamente normale, durante l'ontogenesi deve verificarsi una serie di complessi eventi molecolari e morfologici, nei tempi appropriati e nella sequenza corretta. Il sesso genetico dell'embrione è comunque determinato dal suo assetto cromosomico (v. cromosoma), in primo luogo dalla presenza/assenza del cromosoma Y. Il fatto che individui che possiedono un cromosoma Y, indipendentemente dal numero di cromosomi X presenti, abbiano comunque uno sviluppo in senso maschile, dimostra che nell'uomo, come probabilmente in tutti i Mammiferi, il cromosoma Y porta i geni per la mascolinità. Poiché nei Mammiferi il differenziamento sessuale coincide con quello delle gonadi in testicoli o in ovaie, si deduce che uno o più geni del cromosoma Y siano necessari per determinare lo sviluppo della gonade embrionale indifferenziata in testicolo. La gonade maschile, a sua volta, produce il testosterone e il 'fattore antimülleriano', responsabili della regolazione del differenziamento dei genitali interni ed esterni. L'assenza del cromosoma Y permette il differenziamento della gonade embrionale in ovaio e lo sviluppo dell'individuo in senso femminile. Un gene candidato a codificare il fattore responsabile del differenziamento testicolare è il gene SRY (Sex region of Y), identificato da P. Goodfellow, nel 1990, sul braccio corto del cromosoma Y umano. Una sequenza nucleotidica omologa a SRY è stata riscontrata sul cromosoma Y di tutti i Mammiferi analizzati. SRY codifica una proteina nucleare capace di riconoscere specifiche sequenze di DNA e di legarvisi, regolando così l'attività di altri geni. Questo gene, da solo, non è in grado di assicurare un corretto differenziamento testicolare, ma funziona come un 'interruttore' genetico che inizia la serie di eventi molecolari (attivazione o repressione di un certo numero di geni) che porterà alla formazione della gonade maschile. Questa teoria è confermata dal fatto che nell'uomo sono noti casi di anomalo differenziamento sessuale di individui con cariotipo 46, XY (disgenesia gonadica XY), non correlati con mutazioni del gene SRY, e dal fatto che esistono patologie ereditarie associate a inversione del sesso causate da mutazioni autosomiche e non dei cromosomi sessuali come, per es., la sindrome di Denys-Drash (delezione parziale del cromosoma 11) o la sindrome di Smith-Leimli-Opitz (delezione parziale del braccio lungo del cromosoma 7). Inoltre, nel 1995, il gruppo di ricercatori di G. Camerino ha identificato sul braccio corto del cromosoma X un secondo gene 'critico' per il differenziamento gonadico. Esso è stato chiamato DSS (Dosage sensitive sex-reversal) perché la sua presenza in duplice copia, anziché in una copia sola (per es. per duplicazione parziale del braccio corto del cromosoma X), determina l'inversione del sesso, vale a dire lo sviluppo di un embrione XY in un individuo di sesso femminile.

bibliografia

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