FELICI, Riccardo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 46 (1996)

FELICI, Riccardo

Roberto Maiocchi

Nacque a Parma l'11 giugno 1819. Le sue origini sono oscure: nell'ambiente dei suoi amici e degli allievi più intimi circolava la voce che fosse figlio illegittimo, abbandonato dopo la nascita, di un nobile parmense, da cui avrebbe ereditato prestanza fisica, intelligenza e "crin fulvo". Certo la sua gioventù non fu facile e il F. poté studiare solo a prezzo di gravi sacrifici personali.

Nel 1839 andò a Pisa con l'intenzione di prepararsi alla Ecole polytechnique di Parigi. A Pisa, per iniziativa del granduca Leopoldo II, si stava formando il primo nucleo della prima scuola italiana di fisica nell'Ottocento, con L. Pacinotti, O. F. Mossotti e C. Matteucci. Soprattutto per influenza di quest'ultimo il F. abbandonò il suo primitivo progetto e si dedicò alla fisica, cominciando quasi immediatamente ad aiutare il Matteucci nel lavoro di laboratorio. Dal Matteucci fu nominato aiuto alla cattedra di fisica nel 1846, quando già da due anni aveva cominciato a pubblicare qualche breve nota.

Durante la prima guerra d'indipendenza il F. con il grado di tenente fece parte del battaglione di universitari pisani che, col Mossotti in qualità di maggiore e il Matteucci in quella di commissario civile, si batté valorosamente a Curtatone.

Nel 1849, il F. ritornò all'insegnamento, sostituendo stabilmente, sino ad ottenere la cattedra, sempre a Pisa, nel 1859, il Matteucci, sempre più impegnato nell'attività politica.

La sua ricerca si indirizzò verso lo studio delle proprietà delle correnti elettriche (Sulla propagazione della corrente elettrica nell'interno di una sfera, in Annali di scienze matematiche e fisiche, I [1850], pp. 312-318). Risale al 1851 l'avvio del più rilevante programma di ricerca del F., che sviluppò ininterrottamente sino al 1859, incentrato sulla teoria dell'induzione elettrodinamica (Saggio di una spiegazione dei fenomeni dell'induzione elettrodinamica, ibid., II[1851], pp. 65-80; Saggio di un'applicazione del calcolo alle correnti indotte dal magnetismo in movimento, ibid., IV[1853], pp. 173-1831 Sulla teoria matematica delle correnti indotte in un corpo di forma qualunque, ibid., V[1854], pp. 35-47; Sulla teoria matematica della induzione elettrodinamica, in Annali delle università toscane, III[1854], 2, pp. 1-30, 99-136; IV [1854], 2, pp. 5-24; Ricerche sulle leggi generali della induzione elettrodinamica, in Il Nuovo Cimento, I[1855], pp. 325-334; Sur les courants induits par la rotation d'un conducteur autour d'un aimant, in Annales de chimie et de physique, s. 3, XLIV [1855], pp. 343-346; Sulla legge di Lenz, e sopra alcune recenti esperienze del prof. Matteucci sull'induzione elettrodinamica, in Il Nuovo Cimento, III[1856], pp. 198-208; Mémoire sur la loi de Lenz, in Annales de chimie et de physique, LI [1857], pp. 378-82; Sulla spiegazione del diamagnetismo, partendo dalla teoria dell'induzione elettrodinamica, in Il Nuovo Cimento, IX[1859], pp. 16-39; Esperienze che dimostrano che quando un corpo ruota sotto la influenza di una calamita, la forza che, in virtù delle correnti indotte, si sviluppa fra la calamita e il corpo indotto, è repulsiva od attrattiva a seconda della direzione del moto rotatorio, ma che la intensità della forza repulsiva, nel primo caso, è maggiore della attrattiva che ha luogo nel secondo, ibid., X[1859], pp. 5-12).

Quando il F. iniziò il suo studio esistevano varie teorie dell'induzione elettromagnetica, quali quella di F. E. Neumann e quella di W. Weber. Partivano da svariate ipotesi sulla natura delle leggi elementari dell'induzione, dalle quali per integrazione si giungeva poi a formulare leggi relative a circuiti completi, le sole che si potevano controllare sperimentalmente. Poiché nel corso dell'integrazione le differenze tra le diverse formule elementari scomparivano, così come scomparivano gli altri termini che si poteva pensare di aggiungere arbitrariamente a queste formule, l'esperienza non poteva consentire di stabilire alcunché circa le leggi elementari dell'induzione.

Il F. riuscì a stabilire sperimentalmente la natura di queste leggi elementari. Il modello metodologico cui si ispirò esplicitamente era quello rappresentato autorevolmente da A.-M. Ampère, che si era sforzato di elaborare una neoria dei fenomeni elettrodinamici dedotta unicamente dall'esperienza". Nella convinzione che "un buon metodo sperimentale" consente di "scoprire con piena sicurezza" le leggi fondamentali della natura, portando alla identificazione di "fátti" e "teoremi", il F. operò con l'intenzione di fondare direttamente sul responso degli strumenti la validità e la forma delle leggi dell'induzione, anche se il suo sperimentalismo fu sempre accompagnato e supportato da capacità matematiche ragguardevoli.

Dopo avere studiato l'influenza esercitata sul fenomeno dell'induzione dall'intensità della corrente inducente, dalla natura e dalla grandezza dei circuiti, dalle distanze, le forme e le posizioni relative dei circuiti inducente e indotto, il F. indagò il fenomeno nelle tre circostanze in cui può avvenire, cioè per l'apertura o la chiusura del circuito inducente, per il moto relativo tra l'indotto e l'inducente e per il moto relativo delle parti di uno stesso circuito. Arrivò così alle formule relative ai tre casi diversi, dalle quali dedusse, come verifica, proprietà già note e proprietà nuove, che immediatamente controllò con successo. Le esperienze del F. stabilirono che la legge elementare ipotetica da cui era partito Neumann era effettivamente corretta per il caso di induzione prodotta dal moto relativo, mentre per induzione generata da apertura o chiusura del circuito inducente essa risulta valida solo sotto opportune condizioni.

Le leggi del F. furono successivamente assunte da H. L. von Helmholtz per una rinnovata teoria dell'induzione che rovesciava la precedente impostazione ipotetico-deduttiva, partendo da un insieme di leggi sperimentali bene stabilite, appunto quelle del F., per fonderle in una formula generale.

Terminato questo grande ciclo di ricerche, il F., che nel frattempo si era sposato nel 1854 con Elisa Frullini, dalla quale ebbe una figlia, Isabella, si dedicò in misura progressivamente crescente ad attività organizzative, assumendo per due volte la carica di rettore dell'università di Pisa, nel 1870 e nel 1882, e tenendo la direzione del NuovoCimento, la principale rivista italiana di fisica, fino al 1893, anno in cui si ritirò dall'insegnamento. Parallelamente la sua attività di ricerca andò scemando, diventando praticamente nulla dopo il 1875.

Prima di questa data il F. compì due gruppi di ricerche che, se certo non erano del livello raggiunto da quelle sull'induzione, ebbero comunque un notevole rilievo.

Il primo gruppo riguardava la determinazione del valore della velocità di propagazione dell'elettricità in un circuito. Egli ottenne un valore di 260.000 Km al secondo, molto più prossimo alla realtà di quello ottenuto da C. Wheatstone con celebri esperienze che davano un valore di 460.000 Km al secondo (Esperienze sulla velocità della elettricità e sulla durata della scintilla, in IlNuovo Cimento, XV[1862], pp. 339-365; Nuove esperienze sopra la velocità della elettricità e sulla durata della scintilla, ibid., XVII [1863], pp. 28-44; Nuova esperienza sopra la velocità e sulla durata della scintilla, in Annali delle università toscane, VIII [1866], 2, pp. 5-18).

Con il secondo gruppo di ricerche sperimentali, più notevole del precedente, il F. studiò la polafizzazione dei dielettrici, chiarendo per primo che la polarizzazione è un'azione che parte da tutti i punti della massa del dielettrico e non dalla sola superficie, che è indipendente dallo stato fisico di questa superficie, che si sviluppa e che cessa con grande rapidità ed è proporzionale all'azione inducente. Anche in questo caso, come già in quello dello studio dell'induzione, il F. ricondusse una questione che veniva trattata quasi esclusivamente da un punto di vista teorico ed ipotetico, ad un insieme di leggi empiriche (Sulle azioni elettriche dei corpi non conduttori soggetti alla influenza di un corpo elettrizzato, in Il Nuovo Cimento, s. 2, V-VI [1871], pp. 5-33, 73-93; Esperienze sul tempo impiegato da un coibente per ritornare allo stato naturale, ibid., X [1873], pp. 80-97).

Nei suoi ultimi lavori il F. ritornò a studiare alcuni aspetti della teoria dell'induzione, costruendo un notevolissimo interruttore, capace di dare interruzioni ad intervalli di un ventimillesimo di secondo, che ebbe poi larga diffusione nella strumentazione fisica (Sopraun nuovo interruttore e sul suo uso in alcune esperienze d'induzione, ibid., XII [1874], pp. 115-140).

Ebbe molti riconoscimenti per i suoi meriti scientifici: fu presidente della Società italiana di fisica e membro di svariate società scientifiche italiane e straniere, quali l'Accademia dei Lincei, l'Accademia dei XL, l'Accademia delle scienze di Torino e quella di Bologna, l'Istituto veneto, l'Istituto lombardo, la Physical Society di Londra e la Physikalisch-medicinische Gesellschaft di Würzburg.

Morì il 20 luglio 1902 a Sant'Alessio (frazione di Lucca).

Non esiste una raccolta completa degli scritti del Felici. Le sue principali memorie sull'induzione elettrodinamica sono state tradotte in tedesco e pubblicate in un volume della celebre collana Ostwald's Klassiker: R. Felici, Ueber die mathematische Theorie..., Leipzig 1899. Una bibliografia degli scritti del F., però con alcune incompletezze e imprecisioni, è contenuta in IlNuovo Cimento, s. 5, IV (1902), pp. 244-246.

Fonti e Bibl.: Necrol. in Rend. d. Acc. naz. d. Lincei, classe di scienze fisiche, mat. e nat., s. 5, XI (1902), 2, pp. 286-294; Il Nuovo Cimento, s. 5, IV (1902), pp. 233-246; F. Grassi, Ilsecolo XIX nella vita e nella cultura dei popoli. La fisica e l'elettrotecnica, Milano s. d., pp. 445 ss.; O. M. Corbino, Ilcontributo italiano ai progressi delle elettrologie nell'ultimo cinquantennio, in Atti della V Riunione d. Società ital. per il progresso delle scienze (SIPS), Roma 1912, pp. 278, 294; A. Occhialini, Notizie sull'istituto di fisica sperimentale dello Studio pisano..., Pisa 1914, pp. 12-18; A. Pochettino, R. F., in L'Elettrotecnica, XVII (1930), pp. 487 s.; G. Polvani, Fisica, in Soc. ital. per il progresso d. scienze, Un secolo di progresso scientifico italiano 1839-1939, Roma 1939, I, pp. 585, 589 s., 598; L. Puccianti, Ilcontributo della scuola di Pisa alla fisica italiana, in Atti della XXVIII riunione SIPS, Roma 1940, Relazioni, I, pp. 328-332: M. Gliozzi, Storia della fisica, in Storia delle scienze, Torino 1962, II, p. 282; R. Maiocchi, Ilruolo delle scienze nello sviluppo industriale italiano, in Storia d'Italia (Einaudi), Annali, 3, Scienza e tecnica, Torino 1980, pp. 874 s.; B. J. Reeves, Le tradizioni di ricerca della fisica italiana nel tardo diciannovesimo secolo, in La scienza accademica nell'Italia post-unitaria, a cura di V. Ancanari, Milano 1989, pp. 82 ss.; La storia delle scienze, a cura di C. Maccagni-P. Freguglia, II, La cultura filosofica e scientifica..., Busto Arsizio 1989, pp. 322 s.

© Istituto della Enciclopedia Italiana - Riproduzione riservata

CATEGORIE
TAG

Accademia delle scienze di torino

Società italiana di fisica

Accademia dei lincei

Ecole polytechnique

Metodo sperimentale