RESPONSABILITÀ

Enciclopedia Italiana - II Appendice (1949)

RESPONSABILITÀ (XXIX, p. 123)

Massimo Severo GIANNINI
Roberto AGO
Ugo NATOLI

Responsabilità politica. - Essendo ogni responsabilità definita dal contenuto della sanzione che colpisce l'autore cui si imputa il fatto lesivo, si chiama responsabilità politica quella che ha sanzione di contenuto politico: si ritiene che essa colpisca l'errore d'indirizzo politico. La sanzione politica fondamentale consiste nefla perdita del potere politico; vi sono poi sanzioni minori, dette censorie, che hanno vario nome (censura, rimprovero, deplorazione), e varia forma (voto di censura parlamentare, interpellanza al ministro). Nell'ordinamento statale e dei pubblici poteri le sanzioni censorie hanno scarso rilievo giuridico; hanno notevole importanza invece in alcuni ordinamenti interni (partiti politici, gruppi parlamentari, associazioni sindacali, ecc.). Negli stati a partito unico, le sanzioni politiche di partito si compongono con quelle dell'ordinamento statale.

La perdita del potere politico si produce in modi diversi, a seconda del titolare dell'ufficio e dei procedimenti di accertamento di responsabilità. Quest'ultimo: 1) può essere attribuito ai cittadini o agli associati riuniti in corpo elettorale, e allora si estrinseca indirettamente, nella non rielezione (deputati, componenti di consigli comunali, di associazioni sindacali, ecc.). In alcuni paesi (S. U., Svizzera) questa forma di responsabilità politica popolare ha assunto figure molto spinte, quali il recall, la protesta diretta (v. rappresentanza politica, in questa App.); 2) può spettare ad un'assemblea, o ad un organo individuale, equiordinato o sopraordinato, e si estrinseca nella revoca o dimissione; è il caso dei componenti del governo di fronte al Parlamento, della Giunta comunale di fronte al Consiglio comunale, dal capo del governo di fronte al capo dello stato, ecc. Questa seconda forma ha innumerevoli varianti, come ben si comprende: vi rientra anche la responsabilità dei funzionarî politici o fiduciarî, quali i prefetti, i rappresentanti diplomatici, i presidenti di alcuni grandi enti parastatali, i direttori generali; ma per essi la responsabilità politica tende a confondersi con quella amministrativa.

Responsabilità costituzionale.

Non costituisce un genere a sé di responsabilità, così come la responsabilità politica, civile, ecc., ma è il sistema di responsabilità proprio degli organi costituzionali, che comprende responsabilità politiche e di altro genere insieme. Fino a qualche decennio fa, in dottrina, non essendo stato chiarito il concetto di responsabilità politica, si credeva che gli unici organi responsabili costituzionalmente fossero i ministri. La responsabilità costituzionale è l'aspetto inverso del controllo costituzionale. Gli organi costituzionali, nello stato moderno (costituzionale), presentano tutti e due i caratteri: l'equiordinazione, o parità, e la partecipazione (in modo diretto o indiretto) all'indirizzo politico. Di conseguema, essi non possono essere controllati che da altri organi costituzionali, verso i quali, inversamente, sono responsabili. Nelle forme meno evolute di stato costituzionale vi sono uno o più organi irresponsabili (Corona, assemblee legislative o altri organi collegiali vitalizî e indissolubili): oggi si sono affermate due tendenze costituzionali: di dare dignità di organo costituzionale al popolo, riconoscendolo come unico organo costituzionale irresponsabile, e di rendere quanto più possibile reciproci i controlli costituzionali.

Il sistema delle responsabilità costituisce quanto di più tipico e proprio possiede una costituzione; a rigore non esistono perciò sistemi simili, ma solo sistemi approssimativamente analoghi, ispirati ad alcuni archetipi o figurini costituzionali (che oggi si ritiene siano gli S. U., l'Inghilterra, la Svizzera, l'URSS).

Per l'assoluta singolarità dei sistemi di responsabilità, non ne è possibile che una classificazione morfologica, di scarsa significazione; i criterî classificatori escogitati in dottrina sono numerosi. Le figure principali cui dà luogo la responsabilità sono la dimissione (o revoca) del titolare dell'ufficio e la soggezione alle manifestazioni di potestà di altri organi; queste si possono estrinsecare in fatti costitutivi, quali direttive (p. es. capo del governo-ministri, nei sistemi a premier), censure (assemblee parlamentari-ministri), votazioni vincolanti a maggioranze qualificate (p. es. camera dei comuni-camera dei lords, in Inghilterra), indizione di referendum o di nuove votazioni, nomine ad corrigendum, ecc.; oppure in fatti ostativi, quali declaratorie di invalidità o inefficacia (corti costituzionali), veto preclusivi, ecc.

In Italia, con la costituzione del 1948 (v. anche italia: Ordinamento politico), il sistema di responsabilità è complesso: vi è un solo organo irresponsabile, che è il popolo; le due camere, elette dal popolo e dinanzi ad esso responsabili, possono essere sciolte anche singolarmente dal presidente della repubblica, onde sono soggette a controllo imperfetto e indiretto del governo. Il presidente della repubblica, eletto da un corpo elettorale speciale (parlamento allargato), non ha responsabilità politica, per essere ogni suo atto firmato da organi di governo (non ha più neppure il potere di sanzione delle leggi); ha però responsabilità penale per alto tradimento e attentato alla costituzione: l'accusa spetta al parlamento e il giudizio alla corte costituzionale allargata.

La corte costituzionale è nominata pro parte dal parlamento e dal presidente della repubblica (un terzo e un terzo): ha perciò responsabilità politica meramente passiva. Il governo è responsabile in modo diretto e perfetto dinanzi al parlamento: il voto di sfiducia ne provoca le dimissioni (v. anche ministro, in questa App.).

Bibl.: H. Triepel, Die Reichsaufsicht, Tubinga 1917; Anschütz, Die Reichsaufsicht, in Handbuch deut. Staatsrechts, I; G. Jellinek, Das Recht des modernen Staates, Berlino 1929; K. Schmitt, Der Hüter der Verfassung, in Arch. öff. Recht, 1929; H. H. Ganten, Die Weimarer Reichsverfassung als System demokr. Selbstkontrolle, Königsberg, 1933; A. Anderson, American Government, New York 1942; L. Rossi, La parità giuridica dei poteri costituzionali, in Riv. dr. pubbl., I, 1936, p. 57; C. Mortati, Esecutivo e legislativo nell'attuale base del diritto costituzionale ital., in Riv. dr. pubbl., I, 1940; L. Crosa, Lo Stato democratico, Torino 1946; Ministero della Costituente (commissione riorganizzazione dello stato), Relazione, I, Roma 1946; P. Virga, Il partito nell'ordinamento giuridico, Milano 1948.

Responsabilità internazionale.

Anche nell'ordinamento internazionale col termine responsabilità si indica la posizione di un soggetto che deve "rispondere" del compimento di un torto o fatto illecito, ossia di una violazione di un obbligo giuridico. E così come negli ordinamenti interni, la responsabilità internazionale si traduce nel sorgere in un altro soggetto - che in diritto internazionale è normalmente quello stesso che è stato leso dal torto in un proprio diritto soggettivo - del diritto a pretendere una riparazione da parte dell'autore dell'illecito o della facoltà di infliggere ad esso una sanzione.

Condizioni per il potere della responsabilità internazionale. - Ciò che caratterizza peraltro in primo luogo la responsabilità internazionale rispetto alle responsabilità di diritto interno è il fatto che i soggetti la cui responsabilita viene affermata non sono degl'individui, ma sotto i soggetti proprî dell'ordinamento internazionale, ossia principalmente gli stati, e, accanto agli stati, quegli altri pochi soggetti che lo stesso ordinamento conosce, come la Santa Sede, alcune unioni di stati, ecc. L'elemento oggettivo dell'illecito che è causa del sorgere della responsabilità, e cioè il comportamento contrario ad un obbligo internazionale, deve quindi poter essere riferito, imputato giuridicamente ad un soggetto che non è un ente fisico, ma un ente astratto, una persona giuridica.

È evidente quindi che perché si possa affermare il sorgere di una responsabilità internazionale da illecito, occorre che siano realizzate alcune condizioni che sono particolarmente collegate al carattere specifico dell'ente cui l'illecito deve poter essere imputato. Tali condizio1ii possono riassumersi nel modo seguente:

a) Esistenza di un soggetto dotato della capacità a commettere un illecito internazionale: giuridicamente capace cioè ai fini dell'imputazione di un comportamento contrastante con un obbligo internazionale. Una responsabilità da illecito nell'ordinamento internazionale non può evidentemente sorgere che a carico di un ente che non solo abbia la personalità giuridica internazionale, ma anche che abbia, nella specifica materia nella quale si afferma che l'illecito si è prodotto, la capacità giuridica a commettere un torto. E tale capacità, in base al criterio di effettività cui normalmente si ispira l'ordinamento internazionale, sussisterà sempre che il soggetto abbia, nella materia considerata, una possibilità concreta di agire in nome proprio. Uno stato protetto che non eserciti più alcuna attività propria in materia giudiziaria, per la totale sostituzione degli organi giudiziarî del protettore ai suoi, ha un'incapacità all'illecito in quel settore.

b) Esistenza di un comportamento di un organo del soggetto capace, contrastante con un obbligo internazionale del soggetto stesso. - Uno stato, in quanto persona giuridica, può vedersi imputare un illecito, e quindi una responsabilità da parte del diritto internazionale, soltanto se un comportamento commissivo od omissivo, contrario ad un obbligo internazionale, sia stato tenuto da parte di una di quelle persone fisiche che rivestono la qualità di organi dello stato stesso. Lo stato non agisce che mediante l'attività concreta dei suoi organi; e quindi non può commettere illeciti internazionali altro che attraverso tale attività. Perché si possa affermare una responsabilità internazionale è dunque essenziale che si possa stabilire che la persona fisica che nel caso concreto ha tenuto il comportamento che si vorrebbe imputare allo stato come illecito sia veramente un organo di quello stato secondo la sua organizzazione interna, ed abbia agito in qualità di organo. Consegue che l'attività di un semplice individuo che non appaia nel caso concreto come organo dello stato, non può costituire la condizione necessaria per attribuire ad uno stato un illecito e quindi una responsabilità internazionale. La tanto discussa questione della responsabilità internazionale dello stato per fatti di individui va risolta, d'accordo con la più autorevole dottrina, nel senso che in tutti i pretesi casi di responsabilità internazionale per fatti di individui, il comportamento illecito, quello che contrasta con un vero obbligo internazionale e che è imputato allo stato, non è il comportamento dell'individuo, ma bensì quello degli organi dello stato che hanno violato l'obbligo di prevenire o di punire l'azione individuale.

c) Presenza di una colpa dell'organo che ha tenuto il comportamento incriminato. - Come ha dimostato la più recente dottrina sulla base di un esame della prassi degli stati, l'ordinamento internazionale, che ha subìto in questa materia come in molte altre l'influenza decisa dei principî romanistici, subordina l'imputazione ad un soggetto di un fatto illecito internazionale alla presenza di una colpa - intesa questa nel senso più largo, come comprensiva cioè tanto della colpa stricto sensu quanto del dolo - dell'organo che ha tenuto il comportamento lesivo del diritto soggettivo di un altro stato. Il fatto che una colpa sia sempre richiesta per poter imputare un illecito internazionale ad un soggetto non significa che siano esclusi in diritto internazionale dei casi di responsabilità oggettiva. Vi sono infatti delle ipotesi in cui, in presenza di un illecito imputato ad un determinato soggetto, l'ordinamento giuridico internazionale provoca il sorgere di una responsabilità in un soggetto diverso da quello direttamente colpevole. In queste, che si qualificano come ipotesi di responsabilità indiretta o per fatto illecito altrui - e se ne verificano particolarmente nei rapporti di dipendenza ed in quelli di occupazione bellica, quando un'attività dello stato dipendente o militarmente occupato si trova ad essere sottoposta ad un controllo da parte dello stato sovrastante od occupante - si può parlare di responsabilità oggettiva solo in quanto non si tratta, in realtà, di una responsabilità per fatto illecito, o comunque per fatto illecito proprio. Imputazione della responsabilità ed imputazione dell'illecito sono, in questi casi di responsabilità internazionale indiretta, due operazioni ben distinte, che cadono su due soggetti diversi; e se per la prima la colpa non ha nulla a che vedere, per l'imputazione dell'illecito al suo effettivo autore la colpa è invece, anche qui, una condizione necessaria.

Circostanze che escludono l'illiceità e quindi la responsabilità internazionale. - In determinati casi tutti gli elementi necessarî per l'imputazione di un torto internazionale ad uno stato sono apparentemente presenti; e pur tuttavia la presenza nel fatto di una circostanza ulteriore impedisce che l'imputazione avvenga. Da molti autori, circostanze di questo genere vengono considerate come cause di esclusione della responsabilità, mentre, in realtà, esse sono piuttosto cause di esclusione dell'illiceità, e se, quando esse sono presenti, la responsabilità non sorge è appunto perché nel caso concreto non si è in realtà verificato un vero fatto illecito.

Tra le circostanze che escludono l'illiceità va annoverato anzitutto il consenso dello stato leso - p. es. allo stazionamento di truppe straniere sul proprio territorio - che può essere espresso o anche tacito, purché sia effettivo. In secondo luogo può essere ricordato il fatto che il comportamento lesivo di un diritto soggettivo internazionale di un altro stato costituisca, nel caso concreto, l'esercizio legittimo di una sanzione contro l'autore di un illecito preesistente. Altra ipotesi di circostanza che ha per effetto di escludere l'illiceità si può vedere nel quadro di quegli accordi o sistemi di diritto internazionale particolare, quali il patto della S. d. N., o il patto di Locarno, o il patto Kellogg, o lo statuto delle Nazioni Unite, che limitano la facoltà altrimenti illimitata degli stati di reagire con la forza contro i torti subìti - nell'esercizio di una legittima difesa per respingere un'aggressione in atto. Infine, in determinate ipotesi, e per quanto la materia sia assai controversa, si deve probabilmente ammettere anche in diritto internazionale che in certi casi estremi lo stato di necessità funzioni come causa di esclusione dell'illiceità.

Riparazione e sanzione nella responsabilità internazionale. - Come in ogni ordinamento, anche in quello internazionale la responsabilità da illecito può tradursi in una duplice possibilità: il sorgere di un obbligo giuridico da riparare a carico dell'autore del torto, ed il sorgere di una facoltà giuridica, attribuita ad un altro soggetto, di infliggere al colpevole una sanzione.

La distinzione che in diritto interno viene comunemente stabilita su questa base, tra una responsabilità civile ed una responsabilità penale, non può tuttavia essere riprodotta nell'ordinamento internazionale. Anche in quest'ultimo esistono, come effetti dell'illecito, obblighi di prestare una riparazione e facoltà di infliggere una sanzione (rappresaglia); ma il diritto internazionale tende a collegare ambedue le forme di effetto giuridico ad ogni specie di fatto illecito, anche se, come probabilmente deve ritenersi, la facoltà di infliggere una sanzione, avente carattere repressivo e di pena, sorge soltanto di fronte all'impossibilità manifesta di ottenere la dovuta riparazione a carattere compensativo.

Bibl.: D. Anzilotti, Teoria generale della responsabilità dello Stato nel diritto internazionale, I, Firenze 1902; id., La responsabilité internationale des États à raison des dommages soufferts par des étrangers, in Rev. gén. de droit internat. public, 1906; Benjamin, Haftung des Staates aus dem Verschulden seiner Organe nach Völkerrecht (Heidelberg Diss.), Breslavia 1909; Goebel, The International Reponsability of States, in Am. Journ. of Int. Law, 1914; H. Buxbaum, Das völkerrechtliche Delikt, Erlangen 1915; P. Schoen, Die volkërrechtliche Haftung der Staaten aus unerlaubten Handlungen, in Zeit f. Völkerrechts, 1917; K. Strupp, Das volkërrechtliche Delikt, in Handbuch des Völkerrechts, Stoccarda 1920; A. Decencière-Ferrandière, La responsabilité internationale des États à raison des dommages subis par des étrangers, Parigi 1925; C. De Visscher, La responsabilité des États (Bibl. Visseriana, II), Leida 1924; id., Responsabilité internationale des États et protection diplomatique, in Rev. de dr. int. et Lég. comp., 1927; P. Ruegger, Die völkerrechtliche Verantwortlichkeit des Staates, Zurigo 1924; W. Burckhardt, Die völkerrechtliche Verantwortlichkeit der Staaten, Berna 1924; Strisower, Rapport sur la responsabilité internationale des États etc., in Annuaire de l'Inst. de Droit Internat., I, 1927; C. Eagleton, Responsability of States in International Law, New York 1928; Bureau of international research (Harvard University), Research in Int. Law, II, The Law of Responsability of States, Washington 1929; G. H. Hackworth, Responsability of States for damages caused in their territory, in Am. Journ. of Int. Law, 1930; E. M. Borchard, Responsability of States at the Hague Codification Conference, in Am. Journ. of Int. Law, 1930; J. Dumas, Responsabilité internationale des États à raison de crimes ou de délits commis sur leur territoire au préjudice d'étrangers, Parigi 1930; H. Kelsen, Unrecht und Unrechtsfolge im Völkerrecht, in Zeit. f. Off. Recht, 1932; R. Ago, La responsabilità indiretta nel diritto internazionale, in Arch. dir. pubbl., 1936; id., La colpa nell'illecito internazionale, in Scritti in on. di S. Romano, Padova 1939; id., Le délit international, in Rec. des Cours de la Haye, II, 1939; St. Arató, Die völkerreichtliche Haftung, Pécs 1937; Starke, Imputability in international delinquencies, in Brit. Year Book of Int. Law, 1938; R. Monaco, La responsabilità internazionale dello Stato per fatti di individui, in Riv. dir. internazionale, 1939.

Responsabilità patrimoniale.

La determinazione dei limiti generali della responsabilità patrimoniale del debitore trovava nel cod. civ. 1865 una collocazione accidentale nel titolo dedicato ai privilegi e alle ipoteche, servendo a mettere in evidenza la rilevanza di questi nell'esecuzione forzata sui beni del debitore. Stabilito infatti che "chiunque sia obbligato personalmente è tenuto ad adempiere le contratte obbligazioni con tutti i suoi beni mobili e immobili presenti e futuri" (art. 1948), e che tali beni sono la garanzia comune di tutti i creditori che vi hanno uguale diritto, quando fra essi non vi siano cause di legittima prelazione (art. 1949), in quanto tali (art. 1950), i privilegi e le ipoteche potevano essere caratterizzati come fattori di spostamento della normale uguaglianza dei creditori nel concorso esecutivo sui beni del debitore. Col nuovo codice la sedes materiae non è invero cambiata, ma si è seguito un criterio sistematico più preciso, dedicando il titolo III del libro VI anzitutto alla responsabilità patrimoniale del debitore, e poi alle "cause di prelazione e ai mezzi di conservazione delle garenzie patrimoniali". Si è posto, cioè, in evidenza prima il principio generale e poi le sue applicazioni particolari.

Le norme degli articoli 1948-1950 cod. civ. 1865 sono state trasfuse negli articoli 2740, 2741, in cui, salve le modificazioni di forma, i concetti fondamentali non hanno subìto mutamenti sostanziali. Resta dunque fermo il principio che la responsabilità patrimoniale abbraccia tutti i beni presenti e futuri del debitore e che i creditori hanno uguale diritto di essere soddisfatti su tali beni, a meno che non siano assistiti da cause di prelazione. Tuttavia il primo punto ha perduto quel carattere di assolutezza che, apparentemente, aveva nel codice abrogato, venendo ridotto a pura e semplice regola, perché l'art. 2740 prevede altresì la possibilità che la legge ponga delle limitazioni alla responsabilità, circoscrivendola soltanto ad alcuni dei beni del debitore. Il caso più notevole resta sempre quello dell'erede che abbia accettato col beneficio d'inventario e che risponde per i debiti del defunto soltanto con i beni ereditarî e nei limiti di valore di questi (art. 490 e segg.). Sia in questo sia in altri casi, la limitazione di responsabilità a certi beni soltanto è collegata alla particolare destinazione degli stessi e al fatto che il debito è stato assunto per il raggiungimento dei fini inerenti a tale destinazione. Perciò l'attività che a questa si riferisce viene dalla legge circoscritta in modo da costituire una specie di zona patrimoniale separata, tale da poter importare la doppia possibilità che i creditori per causa non inerente alla destinazione dei beni siano esclusi dall'azione esecutiva su questi e che i creditori per simile causa siano invece esclusi dall'azione sugli altri beni del debitore; ovvero soltanto l'una o l'altra di tali possibilità. La prima ipotesi si ha nel beneficio d'inventario (art. 490) e nel caso previsto dagli articoli 255, 597 cod. nav., mentre qualche dubbio può sussistere per i casi relativi al patrimonio familiare (art. 170), ai beni dotali (art. 188), alla comunione dei beni fra coniugi (art. 224). La seconda ad es. nel fallimento, nella cessione dei beni ai creditori (art. 1980) e, secondo alcuni, anche in considerazione delle stesse cause di prelazione da cui il credito sia assistito e nella separazione dei beni del defunto da quella dell'erede ad istanza di creditori ereditarî e legatarî (art. 512).

Occorre aggiungere che la responsabilità patrimoniale, può essere definita come la posizione del soggetto che deve subire l'aggressione diretta del suo patrimonio onde consentire la riparazione del danno (patrimoniale) cagionato ad altri con la propria attività antigiuridica. Per questo suo aspetto di sanzione e perché, di regola, trova attuazione attraverso il processo esecutivo, essa tende oggi ad essere spostata dal campo sostanziale a quello processuale. Torna così a riaffiorare la dottrina affermante la piena autonomia della responsabilità (Haftung) dal debito (Schuld), che tuttavia trova scarso seguito tra i cultori del diritto civile, per cui la responsabilità patrimoniale appare come un necessario elemento costitutivo dell'obbligazione, anche se si ammette la possibilità del tutto eccezionale di una responsabilità senza debito (ad es. per il terzo datore di ipoteca, per il padre o il tutore per i fatti commessi dagli incapaci affidati alla loro tutela, ecc.). Un debito senza responsabilità, e quindi incoercibile, appare d'altra parte un non senso, e perciò la categoria delle obbligazioni naturali ha oggi finito con l'essere bandita dal novero dei veri e proprî rapporti obbligatorî.

Per quanto riguarda le cause della responsabilità patrimoniale, qui basta aggiungere che esse si sostanziano nel concetto di violazione dell'obbligo che incombe al soggetto in virtù di negozio giuridico ovvero a lui imposto direttamente dalla legge. In tali casi si parla di responsabilità contrattuale; quella extracontrattuale, o da illecito, s'identifica nella violazione del generico alterum non laedere.

La distinzione ha importanza agli effetti della misura della responsabilità, che nel secondo caso è maggiore, sebbene il nuovo codice tenda ad eguagliarla nei due casi, rinviando per la valutazione del danno risarcibile nel secondo ai criterî che presiedono alla stessa valutazione nel primo (art. 2056). È ancora da ricordare che poiché la responsabilità è connessa con un fatto antigiuridico, essa presuppone la colpa (v. X, p. 890; App. I, p. 445 e in questa App.) o il dolo (v. XIII, p. 104). La cosiddetta responsabilità oggettiva - che poi sarebbe una responsabilità senza debito - non pare possa ammettersi, non ostante qualche autorevole voce in contrario anche nel campo civilistico, perché in tutti i casi, come tali indicati, si può risalire alla esistenza e quindi alla violazione di un obbligo (articoli 1228, 2050, 2053). Neanche la cosiddetta responsabilità di cosa è tale, perché essa si afferma più che altro per indicare che la fonte del debito va ricercata in una particolare relazione del soggetto con una cosa.

Si avverta, in fine, che la legge considera nulle le clausole di esonero da responsabilità derivante da dolo o colpa grave o da violazione di norme di ordine pubblico.

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