Resistenza

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Biologia e medicina

R. agli antibiotici

In batteriologia, è la capacità di alcune specie o ceppi di batteri di non risentire l’azione batteriostatica o battericida di determinati antibiotici. Questa r. può essere propria di alcune specie (r. batterica naturale, come quella dei batteri tubercolari nei confronti della penicillina) o di determinati ceppi di batteri appartenenti a specie normalmente sensibili. La r. è dovuta a mutazioni, che permettono ai batteri di codificare enzimi che distruggono l’antibiotico o di realizzare altri meccanismi difensivi legati alla permeabilità della membrana cellulare. La r. si trasmette come carattere ereditario e i ceppi batterici resistenti si possono selezionare coltivando i batteri in terreni contenenti antibiotici.

fig.

La r. ai farmaci è una caratteristica genetica relativamente stabile e il processo infettivo avviene mediante contatto tra le cellule (v. fig.). Il vettore che porta la r. è un plasmide, chiamato plasmide R (R significa appunto r.), che viene rapidamente trasferito nel corso della coniugazione (➔) in modo molto simile alla particella F di Escherichia coli. I plasmidi R sono costituiti da DNA circolare a doppia elica. Essi presentano: a) geni che consentono la loro autonoma replicazione; b) una regione chiamata RTF, che contiene i geni per le funzioni di trasferimento della r. in cellule riceventi appropriate; c) geni che conferiscono alla cellula in cui si trovano la r. a uno o più antibiotici. Questi ultimi, raggruppati in tratti di DNA chiamati trasposoni, hanno la capacità di spostarsi da un plasmide all’altro o da un plasmide al cromosoma batterico (➔ elemento). Le modalità di azione di vari geni per la r. sono conosciute; alcuni codificano enzimi che alterano o distruggono l’antibiotico, altri alterano la risposta cellulare.

R. ai farmaci antitumorali

Se si trattano le cellule con farmaci la cui azione è diretta contro un singolo enzima essenziale, si provoca la morte di quasi tutte le cellule, tranne di alcune cellule mutanti resistenti al farmaco impiegato, che riescono a crescere. Il metotressato, per es., inibisce una tappa della via biosintetica dei nucleotidi pirimidinici. Quando cellule in coltura vengono esposte a basse concentrazioni di questo inibitore, compaiono cellule resistenti; aumentando gradatamente la concentrazione, le cellule diventano resistenti a concentrazioni sempre maggiori della sostanza. Si è osservato che le cellule resistenti producono in grande quantità la diidrofolico-reduttasi, enzima inibito dal metotressato. In questo caso, la produzione in eccesso di diidrofolico-reduttasi è resa possibile da un fenomeno di amplificazione genica, cioè di duplicazione selettiva del gene codificante.

R. agli insetticidi

Come per i batteri, anche in altri organismi si può riscontrare l’insorgere di fenomeni di resistenza; particolarmente noto il caso delle mosche e di altri insetti che, normalmente sensibili a determinati insetticidi (DDT), possono diventare resistenti (mutazione genica): questa r. è caratteristica in un primo momento di pochi individui, la cui discendenza riesce però a svilupparsi enormemente in quanto ha maggiore idoneità biologica (fitness) nell’ambiente in cui gli insetticidi sono usati su larga scala.

Negli animali superiori (e in particolare nell’uomo) sono evidenziabili altri fenomeni di r. nei confronti di sostanze chimiche, microrganismi ecc., indicati con termini diversi a seconda del meccanismo (➔ assuefazione; immunità).

R. globulare

In ematologia, è la r. dei globuli rossi all’azione emolitica delle soluzioni nettamente ipotoniche rispetto alla pressione osmotica del plasma. In questo caso il liquido tende a penetrare nelle emazie fino a quando la pressione osmotica all’interno di queste non diventa uguale a quella del liquido: le emazie aumentano perciò di volume finché lo permette l’elasticità delle membrane cellulari e, se la differenza della pressione osmotica è troppo grande, si rompono (emolisi). La r. globulare è perciò direttamente proporzionale all’elasticità della membrana cellulare, che può variare per motivi patologici (ittero, anemia) o fisiologici: è tanto maggiore quanto più giovane è l’emazia, per cui in un campione di sangue non tutte le emazie hanno la medesima r. globulare.

Botanica

Proprietà di una pianta di non essere danneggiata gravemente da parassiti o da azioni sfavorevoli dell’ambiente fisico. La r. ai parassiti può essere: a) meccanica, esplicata dalla presenza, preesistente o formatasi sotto l’azione del parassita, di tessuti suberificati o lignificati, di ispessimenti cellulosici o chitinici, di rivestimenti cerosi o di pelosità; l’autoamputazione, cioè l’essiccamento e il conseguente distacco dell’organo o della parte infetta, può rientrare in questo tipo di r.; anche la perforazione delle foglie in corrispondenza dell’area necrotica determinata da un fungo parassita si può considerare come esempio di autoamputazione; b) biochimica, esplicata da modificazioni del metabolismo della pianta colpita che, senza compromettere la sua funzionalità, creano condizioni di vita difficili al parassita (per es., formazione di sostanze tossiche o repellenti); c) funzionale, che si ha quando la pianta si avvale dei normali meccanismi fisiologici per ostacolare o impedire l’attacco dell’ospite (per es., chiusura degli stomi); d) indotta, o agronomica, che si ottiene mediante la selezione, l’innesto o l’ibridazione di varietà colturali o manipolandone il DNA mediante l’inserzione di geni esogeni oppure ancora mediante l’inoculazione di ceppi attenuati di un agente patogeno.

Le forme di r. delle piante a condizioni ambientali sfavorevoli, come siccità, freddo, calura, gelo, prendono il nome di adattamenti.

Diritto

Diritto costituzionale

Diritto di r.

Da un punto di vista teorico, il problema del diritto di r., ovvero del diritto di opporsi a un potere ritenuto ingiusto, si lega alla tematica del fondamento dell’obbligazione politica. La tematica della r. alla tirannide o, comunque, a un ordine illegittimo nel nome di una legge superiore alla legge positiva è già presente nel mondo greco-romano (basti pensare, in questo senso, all’Antigone di Sofocle) e viene fatto proprio dai primi scrittori cristiani (in particolare, Paolo di Tarso). Nel medioevo, la problematica del diritto di r. trova poi un nuovo impulso nella lotta per le investiture e nella filosofia di Tommaso d’Aquino. Con l’età moderna, il diritto di r. si lega quindi alla tutela della libertà di religione e alla lotta contro le tendenze assolutistiche. Esso viene invocato, in particolare, dai c.d. monarcomachi, cioè da tutti quei giuristi, filosofi e teologi, sia protestanti (Hotman, de Bèze) che cattolici (de Mariana, Suarez), che arrivano a sostenere la possibilità di spodestare (e, addirittura, nelle loro formulazioni più radicali, di uccidere) il Monarca che, violando il pactum subiectionis, si fosse comportato da tiranno. Teorici del diritto di r. sono anche Althusius e Locke (che parla esplicitamente di un «appello al cielo»).

Con l’avvento del costituzionalismo moderno, da un lato, tale diritto viene previsto esplicitamente in una serie di documenti costituzionali, espressivi delle prevalenti tendenze giusnaturalistiche (Bill of Rights inglese 1689; art. 2 Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino francese 1789), ma, dall’altro, la sua stessa configurabilità viene sempre più contestata, se non addirittura negata dai grandi teorici dello Stato di diritto. In effetti, la presenza di meccanismi giuridici e politici (separazione dei poteri, garanzia dei diritti, principio di legalità, riconoscimento delle minoranze ecc.) volti a prevenire possibili abusi da parte del potere politico porta numerosi pensatori, a partire da Kant, a negare la configurabilità di un autonomo diritto di r. o, comunque, a ridurlo ad una sorta di diritto-dovere di conservazione della Costituzione o dei principi politici propri dello Stato liberale.

Con il secondo dopoguerra e con il riemergere di tematiche giusnaturalistiche si assiste a una rinnovata codificazione di questo diritto in alcuni documenti costituzionali (art. 20, par. 4, Legge fondamentale Germania 1949; art. 21 Cost. Portogallo 1976), ma, anche in questo caso, prevalgono le concezioni di tipo conservativo. Va detto, però, con riferimento all’ordinamento italiano, che la proposta di inserire espressamente tale diritto nel testo costituzionale, presentata nell’Assemblea costituente da Dossetti, non venne approvata, ritenendosi, secondo l’opinione prevalente, che la r. all’oppressione o alla tirannia fosse un fatto politico fondamentale – come attesta la lotta di liberazione nazionale del biennio 1943-1945 – non traducibile, però, in termini giuridici.

Secondo Passerin d’Entrèves, le sole forme di r. legittime in una società libera e aperta sarebbero l’obbedienza passiva (il rifiuto di obbedienza a una o più norme considerate inaccettabili per ragioni di principio, al quale si accompagni l’accettazione rassegnata della sanzione), l’obiezione di coscienza e la disobbedienza civile. Sarebbero, invece, da considerare sovversive la r. passiva e la r. attiva, poiché, in questi casi, non si porrebbe più un di problema di inadempimento dell’obbligazione politica, ma ne verrebbe negata la stessa esistenza. Una peculiare interpretazione del diritto di r., infine, è quella di C. Mortati, che ne ha sottolineato lo stretto legame con la salvaguardia del principio democratico (Democrazia).

Diritto internazionale

Si definisce movimento di r. il movimento di opposizione e ribellione ai nemici che occupano il territorio nazionale, sia negli aspetti più evidenti della guerra partigiana sia in quelli clandestini, consistenti in opere di sabotaggio, occultamento di persone, non collaborazione ecc. In particolare, nell’uso internazionale si considerano membri del movimento di r. i volontari (partigiani) operanti, in territorio occupato dal nemico, contro le forze di occupazione; in base alla III Convenzione di Ginevra del 12 agosto 1949, spetta loro il trattamento di prigionieri di guerra, se sono adempiute le 4 condizioni alle quali il diritto internazionale subordina l’attribuzione della qualifica di legittimo belligerante (siano sottoposti a un comando responsabile; rechino segni di riconoscimento visibili a distanza; portino le armi apertamente; rispettino le leggi e gli usi di guerra).

Diritto e procedura penale

R. a pubblico ufficiale

Delitto commesso da chiunque usi violenza o minaccia per opporsi a un pubblico ufficiale o a un incaricato di un pubblico servizio, mentre compie un atto di ufficio o di servizio, o a coloro che, richiesti, gli prestano assistenza (art. 337 c.p.). Scopo della norma è tutelare la libertà d’azione del pubblico ufficiale da forme illecite di coazione fisica o morale finalizzate a impedirne il pieno esercizio. La condotta può essere integrata da qualsiasi attività omissiva o commissiva posta in essere anche mediante atteggiamenti che intralcino o impediscano l’atto d’ufficio. L’elemento soggettivo è il dolo specifico consistente nel fine di ostacolare l’attività pertinente al pubblico ufficio o servizio in atto. Non vale a escludere il dolo l’ignoranza della qualificazione giuridica di pubblico ufficiale che ricopre la persona offesa, quando l’agente debba necessariamente sapere che questa esercita una pubblica funzione.

Ecologia

R. ambientale

La capacità di un sistema ecologico di mantenere il suo stato nonostante le pressioni operate da perturbazioni ambientali dovute a cause sia naturali sia antropiche.

Fisica

Elettrologia

R. elettrica

Grandezza definita come il rapporto tra la differenza di potenziale costante agli estremi di un conduttore e l’intensità della corrente continua che in esso fluisce. Unità di misura della r. elettrica nel Sistema internazionale (SI) è l’ohm (simbolo Ω).

Se, anziché da corrente continua, il conduttore è percorso da corrente alternata, la sua r. elettrica è uno degli elementi che concorrono a costituirne l’impedenza: quando questa sia espressa in forma di grandezza complessa, la r. ne è la parte reale (➔ impedenza). La r. elettrica di un generico conduttore non sempre può essere considerata come una grandezza caratteristica del conduttore, in quanto può accadere che essa dipenda dalla tensione applicata e, in particolare, assuma valore negativo: è il caso dei conduttori non lineari. Se però il conduttore è lineare, cioè la tensione è direttamente proporzionale all’intensità della corrente (come accade per conduttori metallici tenuti a temperatura costante), la r. è una costante caratteristica del conduttore medesimo, dipendente dalla sua natura e dalle sue caratteristiche geometriche: precisamente, è la costante R di proporzionalità tra tensione V e intensità di corrente i, V=iR, secondo quanto stabilisce la legge di Ohm. La r. di un conduttore omogeneo di lunghezza l e sezione trasversale costante S a una certa temperatura si può esprimere nella forma: R=ρl/S, dove ρ è la r. specifica o resistività (➔) del materiale di cui è fatto il conduttore (r. di un conduttore del materiale in questione, di lunghezza e sezione unitarie, alla temperatura considerata). La relazione precedente è spesso ricordata come 2a legge di Ohm.

La r. di un conduttore varia con la temperatura, perché con quest’ultima varia la resistività; per i conduttori metallici la r. aumenta all’aumentare della temperatura, secondo una legge che è, con buona approssimazione, lineare nel campo delle temperature ambiente; a temperatura molto bassa (qualche kelvin), però, la r. diminuisce fortemente e non linearmente al diminuire della temperatura, e per alcuni elementi e leghe metalliche si annulla completamente, dando luogo al fenomeno della superconduzione (➔).

Per quanto riguarda la r. in corrente alternata, essa aumenta all’aumentare della frequenza per effetto della disuniforme distribuzione della corrente nel conduttore (effetto pellicolare).

Nel caso che si abbiano più conduttori collegati in serie o in parallelo o in serie-parallelo tra loro, la r. complessiva, o equivalente, o totale di essi si calcola tenendo conto del fatto che la r. complessiva di più conduttori in serie è la somma delle singole r., mentre quella di più conduttori in parallelo è l’inverso della somma degli inversi delle singole r. (in quest’ultimo caso, cioè, non si sommano le r., ma i loro inversi, vale a dire le conduttanze). R. di contatto La r. tra due superfici fisse o in movimento l’una rispetto all’altra, cioè il rapporto tra la tensione esistente tra le due superfici e l’intensità della corrente. R. critica Con riferimento a un circuito (➔), la r. corrispondente allo smorzamento critico delle oscillazioni elettriche libere che possono insorgere nel circuito medesimo. Nel caso di un circuito costituito da una capacità C, un’induttanza L e una r. R in serie, la r. critica è data da:

formula

R. diretta

Per un diodo, la r. misurata facendo scorrere la corrente nel verso diretto; r. inversa è la r. misurabile quando la corrente scorre nel verso opposto. R. interna Per un generatore (o uno strumento di misurazione o un apparecchio utilizzatore) la r. del generatore (o dello strumento o dell’apparecchio), così qualificata per distinguerla dalla r. del circuito nel quale esso viene inserito (che è detta, viceversa, r. esterna); la somma della r. interna, o delle r. interne, e della r. esterna è anche chiamata r. totale del circuito. R. di terra La r. elettrica che presenta il dispersore di un impianto di terra (➔).

Meccanica

Con significato specifico, ogni forza che si opponga al movimento del corpo a cui è applicata. Si chiama r., o forza resistente, ogni forza che si opponga al moto del punto cui è applicata, che formi cioè angolo ottuso con la velocità, avendo quindi, almeno all’istante che si considera, potenza negativa. In relazione all’economia di funzionamento di una macchina, le r. si distinguono in r. utili e r. passive. Le r. utili sono le forze che devono essere vinte da opportune forze motrici, grazie all’intervento della macchina, perché si produca un determinato fenomeno. Ma il funzionamento di una macchina non è mai esente dall’intervento di r. passive (➔ moto), di r. cioè che traggono la loro origine da mutue azioni fra organi solidi della macchina (r. di attrito) o fra questi e il mezzo in cui essi si muovono (r. del mezzo) e che portano a una dissipazione di energia, con conseguente riduzione del rendimento.

Aerodinamica

Un solido in moto in un fluido (➔ aerodinamica) incontra una r. dovuta al mezzo che è una forza R, parallela e opposta alla velocità relativa v del baricentro, che dipende da velocità v, densità ρ e caratteristiche geometriche del corpo secondo una formula del tipo R=ρSαf(v); in essa, la superficie di riferimento S (pari all’area investita) corrisponde per es. alla proiezione del corpo sul piano normale a v per proiettili o veicoli, o alla superficie in pianta per le ali di aeromobili o per i profili alari di palettature delle turbomacchine; α è un fattore di forma dipendente da configurazione esterna e finitura superficiale del corpo e f(v) è una funzione della velocità. Per moto laminare si assume la funzione f(v) lineare (legge di r. viscosa), mentre per moto turbolento l’esperienza conferma la validità di una funzione quadratica (legge di r. idraulica). Per velocità elevate, in regime ipersonico, la f(v) è di nuovo lineare. La r. R si pone in genere nella forma R=CrSρv2/2, in cui il coefficiente (o indice) di resistenza Cr è un coefficiente adimensionale dipendente da varie grandezze (aggregate in numeri adimensionali, come numero di Reynolds, Mach e Froude, rappresentativi dei fenomeni di volta in volta coinvolti nelle diverse applicazioni).

La r. del mezzo si suddivide in genere in r. di attrito, dovuta all’insorgere di sforzi tangenziali in presenza della viscosità, e r. di forma (o r. di pressione). La r. di attrito dipende da forma e dimensioni del corpo, da velocità e orientamento di esso rispetto al mezzo, da caratteristiche fisiche del fluido e di finitura delle superfici lambite dalla corrente; essa assume valori maggiori se il moto del fluido nello strato limite (➔ strato) è turbolento. Il moto nello strato limite è in genere laminare sulla parte di superficie investita per prima dalla corrente e diviene successivamente turbolento. Sia per le ali di aeromobili che per le palettature di turbomacchine, si preferisce impiegare profili caratterizzati da ampie zone con strato limite in regime laminare. La r. di pressione è pari alla componente della risultante delle forze di pressione, che il fluido esercita sul corpo, parallela alla velocità v (la componente normale a v rappresenta la portanza del corpo). Essa si manifesta a causa della viscosità che provoca il distacco dello strato limite dalla superficie del corpo e impedisce il recupero di pressione. In campo subsonico si manifesta inoltre la r. di incidenza (o r. indotta), dovuta alla presenza di vortici aderenti al corpo immerso nel fluido, indotti da altri corpi o da superfici di confine, oppure dal corpo stesso; in quest’ultimo caso si parla di r. autoindotta. Nel caso di profili alari, la r. autoindotta è legata a vortici (➔) di estremità (ala finita), con asse parallelo alla velocità di avanzamento e si annulla per ali ad allungamento infinito; essa è minimizzata mediante la rastremazione dell’ala. La r. di forma si suddivide in r. di scia e r. d’onda. La r. di scia è quella dovuta al distacco di strato limite e conseguente formazione di una scia vorticosa; per corpi affusolati, di ottima penetrazione nel mezzo, il distacco della scia si ha all’estremità di poppa e la r. di scia si riduce carenando la parte posteriore del corpo per limitare l’ampiezza della scia stessa. In molte applicazioni si utilizzano artifici per spostare verso valle la formazione della scia. La r. d’onda è dovuta alla formazione di onde d’urto (➔ onda) che dipende, per intensità e distribuzione, dalla forma della parte anteriore del corpo. Per solidi in moto a velocità supersonica si usano forme di elevata snellezza con bordi acuminati. Per corpi di forma complessa la r. globale si determina mediante prove in galleria usando criteri di similitudine (➔).

Termologia

La r. termica è una grandezza che si introduce nei problemi di trasmissione (➔) del calore per dar conto della più o meno grande facilità con cui tale trasmissione si attua. Precisamente, con riferimento alla relazione che esprime la trasmissione del calore in regime stazionario fra due fluidi separati da una parete piana,

formula

dove q è la quantità di calore trasmessa nell’unità di tempo, U è il coefficiente globale di trasmissione del calore, S è l’area della superficie di scambio, T1 e T2 sono le temperature dei due fluidi, R è la r. termica globale, pari alla somma della r. termica interna della parete (➔ conduzione) e delle r. adduttive integrali relative al passaggio di calore fra ciascun fluido e la parete (➔ adduzione); si ha:

formula

dove s è lo spessore della parete, k è il coefficiente di conducibilità termica interna della parete, h1S e h2S sono le adduttanze.

Psicologia

In psicanalisi, ogni forma di opposizione da parte del paziente alla libera manifestazione di sé; quindi, per estensione, r. alla psicanalisi, ogni ostacolo che il paziente mette in atto nel trattamento psicanalitico come difesa contro l’emergere di contenuti inconsci vissuti come angosciosi o inaccettabili.

Tecnica

Tecnologia dei materiali

Gli organi delle macchine, e gli elementi strutturali in genere, sono spesso sollecitati da complesse condizioni di carico (trazione, compressione, flessione, torsione, e loro combinazioni), così che in un dato punto del materiale è presente uno stato di sollecitazione che agisce in più di una direzione. Se sufficientemente elevato e comunque superiore a un certo valore critico, tale stato di sollecitazione può provocare snervamento e conseguente deformazione plastica, oppure rottura. La previsione dei limiti di sicurezza nell’impiego di un determinato materiale, assoggettato a uno stato di sollecitazione complesso, richiede l’applicazione di un criterio di resistenza. In un semplice stato di sollecitazione monoassiale il comportamento di un materiale duttile viene determinato, con buona approssimazione, mediante una prova di trazione semplice (➔ prova). La provetta sollecitata subisce dapprima una deformazione elastica e successivamente, quando la sollecitazione supera un certo livello critico, ha inizio la deformazione in campo plastico. Al termine di questa, si presenta la rottura per distacco completo delle parti. In un generico stato di tensione triassiale, il rilievo sperimentale delle condizioni sotto cui il materiale inizia a deformarsi plasticamente non è in pratica attuabile. Sorge perciò la necessità di correlare il generico stato tensionale con uno stato di tensione monoassiale equivalente, per il quale sia possibile disporre dei necessari dati sperimentali. L’individuazione di una tensione monoassiale equivalente consente, nella progettazione di organi meccanici, di determinare i carichi corrispondenti alle condizioni limite di permanenza in campo elastico e i conseguenti carichi ammissibili o di sicurezza. Nelle lavorazioni per deformazione plastica la conoscenza di una tensione monoassiale equivalente consente invece di definire le condizioni sotto cui ha inizio una deformazione plastica.

Si definisce criterio di r. la relazione cui devono soddisfare le componenti del tensore delle tensioni in un dato punto, affinché in quel punto un materiale duttile cominci ad avere un comportamento plastico, oppure un materiale fragile si fratturi. Esistono perciò diversi criteri di r., taluni applicabili a materiali duttili (criteri di snervamento) e altri a materiali fragili (criteri di frattura).

Nell’applicazione di un criterio di snervamento, la r. di un materiale è espressa mediante la tensione di snervamento σo, mentre nell’applicazione di un criterio di frattura, si fa riferimento alla tensione di rottura σu, entrambe ricavabili da una prova di trazione. In generale, un criterio di r. per un materiale omogeneo e isotropo, facendo riferimento alle tre tensioni principali, può esprimersi nella seguente forma matematica:

formula

dove il limite di r. (snervamento o frattura) è previsto che si presenti quando una specifica funzione matematica f delle tre tensioni principali normali è uguale a una tensione critica σc, assunta uguale a σo per i materiali duttili e a σu per i materiali fragili.

I criteri di r. più importanti sono: a) criterio della massima tensione normale, dovuto a W.J.M. Rankine: il cedimento del materiale si verifica quando in un punto qualsiasi la massima tensione principale (di trazione) supera un limite prefissato. In termini di tensioni principali esso si esprime nella forma:

formula

le tre tensioni principali sono indicate in valore assoluto, assumendo che il limite di r. alla frattura del materiale sia uguale in trazione o in compressione; b) criterio della massima tensione tangenziale, proposto da H.E. Tresca nel 1846: la deformazione plastica ha inizio quando la tensione tangenziale massima raggiunge un certo valore critico τcr; esprimendo lo stato di sollecitazione mediante le tensioni principali, la formulazione analitica di questo criterio assume la forma:

formula

per ricondurre il generico stato di tensione triassiale a uno stato di tensione monoassiale equivalente, si pone:

formula

dove σo è la tensione normale di snervamento in una sollecitazione monoassiale; c) criterio dell’energia di distorsione elastica, proposto da T.M. Huber e R. von Mises nel 1904: è un criterio di snervamento che afferma che la deformazione plastica ha inizio quando l’energia specifica di distorsione elastica supera un certo valore critico; l’energia specifica (energia per unità di volume di materiale deformato) di distorsione elastica Eed è proporzionale alla radice quadrata della tensione equivalente; assumendo che la deformazione plastica inizi quando la tensione equivalente raggiunge il valore critico σo, dato dalla tensione normale di snervamento in trazione (o compressione) semplice, il criterio può esprimersi mediante l’equazione seguente:

formula

Tecnologia chimica

La r. al trasferimento di materia fra due fasi è grandezza definita analogamente alla r. alla trasmissione del calore; l’equazione che descrive il fenomeno di trasferimento è

formula

dove N è la quantità di materia del componente trasferita nell’unità di tempo, KN è il coefficiente globale di trasferimento di materia, S è l’area della superficie di scambio, c1 e c2 sono le concentrazioni del componente nelle due fasi, R è la r. globale al trasferimento di materia, pari a 1/KNS; talvolta si pone R=1/KN risultando allora

formula

Uno strumento molto utile per il calcolo di KN e quindi di R è dato dalla teoria della penetrazione (➔).

Tecnologia ferroviaria

Nel suo moto sul binario un veicolo ferroviario incontra un complesso di r. che si sogliono esprimere, se riferite all’unità di massa (r. specifiche), in N per tonnellata (N/t), e possono essere distinte, su livelletta orizzontale, in 4 gruppi fondamentali; su livelletta in pendenza si aggiunge anche una r. proporzionale alla pendenza in percentuale.

Tra le r. proprie del veicolo, la r. ai fuselli si manifesta per effetto dell’attrito tra i fuselli e i rispettivi cuscinetti e dipende dal coefficiente di attrito, f, cioè dalla natura dei metalli a contatto tra loro, dalla viscosità del lubrificante impiegato, dalla temperatura di quest’ultimo, dalla pressione specifica esercitata sul fusello, dalla velocità e dall’angolo di portata del cuscinetto, ossia dall’angolo al centro determinato dalle estremità del cuscinetto stesso. Per veicoli con boccole a strisciamento il coefficiente di attrito varia a seconda della velocità V del veicolo.

Tra le r. eventuali, la r. per vento è dovuta sia all’azione della componente parallela alla direzione di marcia del treno, che si somma o si sottrae a quella dell’aria, sia alla componente normale che è causa di continuo ricambio dell’aria interposta tra le testate dei veicoli e provoca quindi una resistenza aggiuntiva, almeno nei treni sprovvisti di intercomunicanti; la r. in curva è dovuta sostanzialmente a due cause, e cioè alla solidarietà delle ruote con la sala, con il conseguente vincolo di una stessa velocità angolare, e al parallelismo degli assi.

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Tensione di snervamento