Repertorio delle culture dell'Europa preistorica. Mesolitico

Il Mondo dell'Archeologia (2004)

Repertorio delle culture dell'Europa preistorica. Mesolitico

Manuel Santonja Gomez
Carlo Tozzi
Alberto Broglio
Stefan K. Kozlowski
Luca Bachechi
Šime Batovic
Antonio Guerreschi

Asturiano

di Manuel Santonja Gomez

Facies epipaleolitica caratteristica delle Asturie e dell’area occidentale di Santander, sul litorale cantabrico spagnolo, così denominata dal conte D.R. de Vega del Sella in seguito agli scavi condotti in diverse grotte asturiane fra il 1914 e il 1923. Si conoscono circa un centinaio di giacimenti dislocati sistematicamente nella fascia litoranea, la maggior parte dei quali al di sotto dei 100 m s.l.m. e a 1 o 2 km dalle attuali spiagge, in zone coperte dalla vegetazione. Solo eccezionalmente alcuni siti si localizzano lontano dalla costa, in qualche valle, o sono ubicati sulla montagna prospiciente la costa, raggiungendo anche i 500 m s.l.m. Si tratta in generale di stazioni a cielo aperto vicine a piccoli ripari, qualche volta all’esterno di grotte.

Quasi tutti i giacimenti presentano grandi depositi ricchi di molluschi, crostacei ed echinodermi, soprattutto patelle e chiocciole. Fra la fauna continentale il cervo è la specie più rappresentata; capriolo, cinghiale, camoscio e capra selvatica compaiono con una certa frequenza e solo a volte sono segnalati i bovini o il cavallo. Nell’industria litica predominano i macrostrumenti in quarzite e i picchi, accanto a manufatti ritoccati (grattatoi, denticolati) e scarsi strumenti di tipo Paleolitico superiore. Le datazioni assolute calibrate situano l’A. fra il 9000 e il 4500 a.C., sebbene vi siano siti senza gli elementi asturiani più caratteristici che raggiungono il III millennio.

Bibliografia

G.A. Clark, El Asturiense cantábrico, Madrid 1976.

M.R. González Morales, El Asturiense y otras culturas locales. La exploración de las áreas litorales de la región cantábrica en los tiempos epipaleolíticos, Santander 1982.

Aziliano

di Carlo Tozzi

Cultura mesolitica diffusa in Europa occidentale, fino al Belgio e all’Inghilterra, e definita da E. Piette, in seguito agli scavi del 1887 nella grotta del Mas d’Azil nella Francia meridionale, per indicare il complesso culturale (strati F e G) che colmava lo iato tra Maddaleniano finale e Neolitico.

Tale cultura è caratterizzata da ciottoli dipinti con motivi geometrici e ossa con incisioni geometriche, da arponi piatti a base forata in corno di cervo, da un’industria litica di tradizione maddaleniana, a cui si aggiungono tipi nuovi: grattatoi corti e circolari su scheggia, piccole punte a dorso ricurvo, armature geometriche. I caratteri dell’A. non furono però definiti con precisione e ciò ha fatto riconoscere industrie aziliane dai Pirenei alla Svizzera, senza che tra esse vi fossero chiari legami filetici, mentre sarebbe preferibile riservare questo termine all’A. tipico del Sud-Ovest francese. Secondo Janusz K. e Stefan K. Kozłowski (1979) il processo formativo dell’A. è parte di un fenomeno più ampio, connesso con la diffusione della foresta verso Nord a partire dall’interstadio di Alleröd. Questi cambiamenti ambientali determinarono la trasformazione dei gruppi tardomaddaleniani, specializzati nella caccia alla renna, nei gruppi aziliani, specializzati nella caccia agli animali di foresta. In base alla cronologia 14C e ai dati sedimentologici e palinologici, l’A. si sviluppa tra il 10.000 e l’8000 a.C., epoca corrispondente alle fasi climatiche di Alleröd e del Dryas III, con possibili prolungamenti fino agli inizi del Preboreale, durante il quale si registra l’evoluzione verso il Sauveterriano.

Bibliografia

J.K. Kozłowski - S.K. Kozłowski, Upper Palaeolithic and Mesolithic in Europe, Warszawa 1979.

Castelnoviano

di Alberto Broglio

Termine introdotto da M. Escalon de Fonton nel 1956 per indicare un complesso mesolitico proprio delle regioni costiere del Sud-Est della Francia.

Caratteristica del C. è la produzione di lame e lamelle di forma regolare, cioè con margini paralleli, sezione trapezoidale o triangolare, utilizzate quali supporti per la fabbricazione di strumenti (grattatoi, bulini) e di armature trapezoidali, o utilizzate in quanto tali, dando luogo a ritocchi (o pseudoritocchi) marginali, a incavi, a denticolati. La tecnica del microbulino è ampiamente utilizzata nella produzione delle armature trapezoidali, spesso ottenute mediante troncature concave.

Secondo la concezione originaria di M. Escalon de Fonton, il C. avrebbe origine nel Preboreale e si svilupperebbe per tutto il Mesolitico, fino alla neolitizzazione. In realtà, nel giacimento eponimo di Châteauneuf-les-Martigues (Bouches-du-Rhône) e alla Baume de Montclus (Gard) il C. appare verso la fine del Boreale, cioè attorno a 6500 anni a.C., e non vi è alcuna evidenza cronostratigrafica di una sua formazione più antica. S.K. Kozłowski (1973) per il Sud della Francia e A. Broglio (1976) per l’Italia settentrionale hanno dimostrato come in realtà l’area di diffusione del C. sia molto più ampia.

In effetti le caratteristiche del C. si ritrovano nelle industrie della fase recente del Mesolitico di una vasta area, che abbraccia le regioni della Francia meridionale e dell’Italia settentrionale, estendendosi probabilmente anche a regioni finitime. La diffusione della tecnica di produzione di lame di forma regolare, destinate sia alla confezione di armature trapezoidali non simmetriche o simmetriche a troncature concave, sia a essere utilizzate come tali o come supporto di strumenti come i grattatoi, non è esclusiva del C., ma si ritrova verso la fine del Boreale anche in altri complessi mesolitici d’Europa. S.K. Kozłowski (1976) ha chiamato “componente K” questo fenomeno, che si presenta come una fondamentale innovazione nella tecnologia litica, sottolineandone la diffusione nell’area tardenoisiana (o di Montbani) del Nord della Francia e della Svizzera e in forma alquanto più attenuata nell’area delle culture di Boberg, De Leien - Wartena e Oldesloe dell’Europa centro-settentrionale. Secondo un’ipotesi più recente, la “componente K” precorrerebbe il processo di neolitizzazione, al quale sarebbe legata.

Bibliografia

M. Escalon de Fonton, Préhistoire de la Basse Provence. Etat d’avancement des recherches en 1951, in Préhistoire, 12 (1956), pp. 1-154.

S.K. Kozłowski, Les courants interculturels dans le Mésolithique de l’Europe occidentale, ibid., pp. 135-60.

F. Bisi et al., Les bases mésolithiques du Néolithique ancien au Sud des Alpes, in J.K. Kozłowski - S.K. Kozłowski (edd.), Chipped Stone Industries of the Early Farming Cultures in Europe, in AInterr, 1987, pp. 381-422.

Complesso nord-orientale

di Stefan K. Kozłowski

Complesso delle culture mesolitiche della foresta (area settentrionale) del Bassopiano europeo orientale e di parte della Siberia. Si sviluppò dall’VIII al V-IV millennio a.C. e diede origine a differenti culture ceramiche paraneolitiche (riferibili a gruppi di cacciatori-pescatori) dell’Europa orientale.

Non abbiamo evidenze della sua origine: potrebbe derivare da un Paleolitico tardo locale non ancora noto (ad es., tipo Zolotoruchie) o essere il risultato dello sviluppo siberiano. Il suo studio è molto incompleto: l’assenza di evidenze archeologiche note su grandi aree del territorio e la scarsità di siti datati rendono incerta la suddivisione tassonomica proposta. Attualmente nel C.N.-O. sono riconosciuti i seguenti territori (corrispondenti a relative culture o industrie): Niemen in Lituania e nella Bielorussia settentrionale, Kudlaevka in Bielorussia e Ucraina settentrionale, Kunda in Estonia con una ricchissima industria litica, Latvia e la Carelia meridionale, Veretye nella Russia nord-occidentale, Butovo nel bacino del Volga superiore, Kama - Vyčegda nel Nord-Est, Jangel´ka negli Urali meridionali.

L’industria scheggiata è ovunque basata essenzialmente su nuclei conici o subconici, con un singolo piano di percussione e cuneiformi, che erano sfruttati con la tecnica a pressione per ricavarne lame e lamelle molto regolari, molto spesso spezzate o sezionate. Queste lame e lamelle erano utilizzate come coltelli e pugnali non ritoccati (Veretye), ma anche come inserti, ritoccati e non ritoccati, di punte e pugnali scanalati (Oleńij Ostrov), come supporto per grattatoi allungati o per bulini.

Si potrebbe sottolineare una grande omogeneità tipologica e tecnica di tutto il C.N.-O., ma la parte occidentale e centrale del suo territorio (alto e medio Volga) presenta anche punte con codolo (armature di freccia penducolate o a foglia di salice), che probabilmente non derivano dallo Swideriano, come suggerito da alcuni ricercatori russi. La ricca e varia industria su osso e corno è caratterizzata soprattutto da punte biconiche (tipo Shirgirskoe), da diverse punte scanalate e da arponi-punte dentate con denti di piccole (tipo Kunda) e grandi dimensioni. Vi sono inoltre picconi, scalpelli, pugnali (anche con elementi di selce inseriti), punteruoli, ecc. Il repertorio è completato da manufatti in legno eccezionali, tra i quali: sci e ciotole (Vis), punte di freccia e arponi (Veretye), pagaie (Zamostyez). Niûnee Veretye ha restituito capanne di legno rettangolari, mentre Zvejnicki, Popovo e Oleïij Ostrov hanno rivelato la presenza di necropoli. L’area baltica produsse alcune statuette di alce in corno di cervo e alcuni oggetti di ornamento, conosciuti anche nella regione del Volga superiore.

Bibliografia

J.K. Kozłowski, Cultural Differentiation of Europe from 10th to 5th Millennium B.C., Warsaw 1975.

G. Matyushin, The Mesolithic and Neolithic in the Southern Urals and Central Asia, in M. Zvelebil (ed.) Hunters in Transition, Cambridge 1986, pp. 133-50.

Ertebølle

di Luca Bachechi

Cultura del Mesolitico finale scandinavo che trae il nome dalla omonima località dello Jutland settentrionale (Danimarca) scavata alla fine del XIX secolo.

La cultura di E. è suddivisa in tre fasi: la più antica (4500-4000 a.C.) risulta caratterizzata da numerose asce nucleiformi e piccole punte litiche; quella intermedia (4000-3600 a.C.) è distinta dalla presenza di asce su scheggia (tranchet), martelli litici, punte di freccia a tranchant trasversale, raschiatoi concavi su lama e dalla comparsa di ceramica molto rozza a pareti spesse, verso la fine della fase; la più recente (3600-3100 a.C.) appare contrassegnata da grandi quantità di asce nucleiformi e su scheggia, punte di freccia a tranchant trasversale di forma allungata e dalla comparsa di piccole lucerne fittili e di vasi realizzati con la tecnica del cercine, con fondo conico e decorazione sull’orlo. In tutte e tre le fasi si registra una ricca produzione di strumenti di legno, osso e corno (arponi, manici di asce).

Lo studio dei siti E. ha messo in luce diverse tipologie abitative legate al tipo di economia praticata: a insediamenti costieri permanenti nei quali si rinvengono resti di faune marine anche di grandi dimensioni (delfini, foche, balene), con frequenti accumuli di gusci di molluschi (chiocciolai o kjökkenmödings), si aggiungono piccoli insediamenti costieri stagionali dediti all’attività di pesca o di caccia mirata a specie migratorie; sono inoltre documentati insediamenti interni, nei quali sono state rinvenute grandi quantità di carcasse intere di animali da pelliccia e accampamenti lacustri. Le dimensioni di alcuni di questi villaggi sono notevoli: il sito di Ringkloster, nello Jutland, interessava complessivamente una superficie di circa 15.000 m2 e i resti di abitazioni, estremamente numerosi, testimoniano una grande densità abitativa.

Attualmente sono note tre necropoli della cultura di E.: Vedbæk-Bøgebakken (Zealand, Danimarca), datata al 4100 a.C., con le sepolture di 22 individui; Skateholm I e II (Svezia meridionale), datate al 4300 a.C. circa, comprendenti rispettivamente 53 e 15 sepolture. Le modalità di sepoltura sono diverse: mentre nelle due necropoli di Skateholm i corpi erano deposti in posizione rannicchiata, a Vedbæck prevale la posizione supina; sempre in quest’ultima località sono documentate due incinerazioni e tracce di pratiche antropofagiche. L’uso di ocra e la presenza di offerte funerarie sono attestate in tutte e tre le necropoli. A Skateholm I sono state rinvenute anche sette sepolture di cane.

Durante l’ultima fase (3600-3100 a.C.) sono documentati contatti fra le comunità di E. e i gruppi di agricoltori dell’Europa centrale: infatti, oltre alla ceramica, che costituisce la più evidente testimonianza di un’influenza neolitica proveniente da sud, negli insediamenti di E. sono state rinvenute asce di anfiolite di origine danubiana e asce di corno a forma di T prodotte da popolazioni appartenenti alla corrente della Bandkeramik.

Bibliografia

S.E. Albrethsen - E. Brinch Petersen, Excavation of a Mesolithic Cemetery at Vedbaek, Denmark, in Archaeologica, 47 (1976), pp. 1-28.

P. Rowly-Conwy, Sedentary Hunters: the Ertebølle Example, in G. Bailey (ed.), Hunter-Gatherer Economy in Prehistory: a European Perspective, Cambridge 1983, pp. 111-26.

S.H. Andersen - E. Johansen, Ertebølle Revisited, in Journal of Danish Archaeology, 5 (1986), pp. 31-61.

Lepenski vir

di Šime Batović

Cultura che prende il nome dal sito omonimo sulle rive del Danubio nella gola di Djerdap (Ponte di Ferro), che è stato esplorato dal 1966 in poi per una superficie di 2500 m2. Secondo alcuni autori il sito sarebbe stato frequentato da genti mesolitiche, secondo altri da gruppi di pescatori che stavano neolitizzandosi.

Nell’ambito di questa cultura sono state riconosciute tre fasi, la più recente delle quali rientra nella cultura neolitica di Starčevo. Gli insediamenti situati sulle terrazze più basse del Danubio sono a pianta semicircolare con uno spazio centrale vuoto. Le abitazioni erano di forma trapezoidale, di pietra, con lati di 3-4 m, nel cui centro erano situati i focolari e spesso le sepolture. Queste ultime si trovavano anche sotto l’abitazione o in prossimità di essa e sono caratterizzate generalmente dall’inumazione in posizione distesa o seduta del defunto e, in rari casi, dalla cremazione; alcuni inumati venivano cosparsi con ocra e in alcune tombe era presente un corredo funebre costituito da ornamenti, strumenti e resti di fauna.

L’economia era basata sulla pesca e sulla caccia a cervi, cinghiali e buoi; il cane era addomesticato. Particolare interesse presentano gli altari e le sculture a basso rilievo su grossi ciottoli di arenaria, raffiguranti teste umane in stile astratto, geometrico e naturalistico. Il processo di neolitizzazione si rende manifesto attraverso la presenza di oggetti di pietra levigata; sembra che, fin dalla prima fase, la ceramica non fosse del tutto assente. Le datazioni con il 14C sono comprese tra il 6300 e il 5200 a.C., ma questa cultura viene comunque situata tra gli 8000 e i 5000 anni da oggi.

Bibliografia

D. Srejovič, Lepenski Vir. A New Prehistoric Culture in the Danubian Region, in Archaeologia Iugoslavica, 7 (1966), pp. 13-17.

D. Srejovič, The Mesolithic of Serbia and Montenegro, in C. Bonsall (ed.), The Mesolithic in Europe, UISPP Mesolithic Commission, Edinburgh 1985, pp. 481-91.

Maglemosiano

di Stefan K. Kozłowski

Complesso delle culture mesolitiche denominato dal termine danese magle mose (grande palude) – noto anche come Complesso mesolitico settentrionale – che occupa il bassopiano europeo occidentale (Svezia meridionale, Danimarca, Germania settentrionale, Polonia, Olanda, Inghilterra) e i banchi sabbiosi del Mare del Nord e del Baltico.

Deriva, almeno nella sua varietà occidentale, dall’Ahrensburgiano, attraverso industrie locali note con i nomi di Post-Ahrensburgiano (Belgio) o Bare Mose-Pinnberg (Danimarca, Germania). Cronologicamente ha inizio nella prima parte dell’VIII millennio a.C. e sopravvive localmente in alcuni ambiti (Polonia) fino al Neolitico (V millennio a.C.), prendendo così parte al processo di neolitizzazione. Il M. risulta estremamente differenziato in base ai diversi territori e la sua evoluzione non procede ovunque con la stessa velocità. Ciononostante è possibile distinguere tre stadi principali, segnati da cambiamenti tipologici e tecnologici. Il primo stadio (VIII - metà del VII millennio a.C., ma in alcuni luoghi anche più a lungo) è caratterizzato da troncature microlitiche singole o doppie su lamelle irregolari, triangoli e dorsi ottenuti da piccoli nuclei con due piani di percussione e da corti bulini e perforatori. Questo primo stadio è rappresentato dalle culture di Star Carr in Inghilterra, Duvensee in Germania e Scandinavia meridionale e Komornica in Polonia. Il secondo stadio (VII millennio a.C.) è rappresentato dalle industrie di Broxbourne e Sværdborg, rispettivamente in Inghilterra, Danimarca e Germania settentrionale; in questa fase compaiono i nuclei conici e subconici per lamelle, le punte a dorso lanceolate tra i microliti e diventano più numerose le troncature; a Sværdborg si aggiungono i triangoli scaleni allungati con base stretta.

Il cambiamento successivo inizia intorno al 6000 a.C. e consiste nella miniaturizzazione degli strumenti litici, nella proliferazione dei nuclei conici e subconici per lamelle e nella comparsa (tranne che in Inghilterra) dei trapezi. Le culture locali di questo terzo stadio sono Shippea Hill in Inghilterra, Scozia e Irlanda, Oldesloe nella Scandinavia meridionale e nella Germania settentrionale e Chojnice in Polonia.

Il M. è caratterizzato anche da grattatoi su scheggia molto corti e da asce mono- o bifacciali non levigate, che erano immanicate come vere asce (Lüceck) o picconi (Hohen Viecheln). La ricchissima industria su osso e corno è differenziata regionalmente e ovunque: parallelamente a picconi, asce, scalpelli, punteruoli-pugnali, ami e coltelli-raschiatoi su zanna di cinghiale, compaiono punte dentate (tipi di Mullerup e Kunda accanto ai tipi scanalati di Sværdborg nella Scandinavia meridionale, Pritzerbe e Dobbertin-Duvensee in Germania e a più file di denti a Star Carr), che erano utilizzate soprattutto come fiocine per la pesca. Sono presenti anche alcuni manufatti con tipiche decorazioni geometriche incise, accanto a poche raffigurazioni antropomorfe e zoomorfe (Ystad), ad alcuni pendagli ornati e a figurine animali di ambra. Gli oggetti di legno sono rari, tuttavia sono note imbarcazioni (Pesse), pagaie (Star Carr, Duvensee), punte di freccia (Hohen Viecheln), aste di freccia (Loshult) e naturalmente ciotole (Holmegaard). Si conoscono anche capanne rettangolari di legno (Ulkestrup Lyng): gli insediamenti potevano essere estesi (Bergumermeer) e più limitati, forse differenziati in funzione delle stagioni (Ulkestrup Lyng, Svaerdborg II).

Bibliografia

E. Brinch Petersen, A Survey of the Late Palaeolithic and Mesolithic in Denmark, in S.K. Kozłowski (ed.), The Mesolithic in Europe, Warszawa 1973.

P. Mellars, The Early Postglacial Settlement of Northern Europe, London 1978.

Mesolitico occidentale

di Stefan K. Kozłowski

Al M.O. appartengono le culture dell’Olocene antico e medio dell’Europa occidentale, con l’esclusione delle Isole Britanniche e di alcuni territori dell’Europa centrale (Germania meridionale, Austria, Repubblica Ceca). A sud e a occidente, intorno al 6000/5500 a.C., fu sostituito dalle industrie del Castelnoviano, mentre a nord e a oriente potrebbe avere partecipato alla neolitizzazione locale.

Al M.O. appartengono due tradizioni indipendenti: il Sauveterriano a sud e il Beuroniano (il Tardenoisiano antico degli studiosi francesi) e la cultura del Reno a nord. La prima deriva dall’Epigravettiano, mentre le altre due hanno forse origine dall’Epi-Maddaleniano. Queste culture sono tutte caratterizzate da piccoli e cortissimi grattatoi e da microliti, larghi nelle facies settentrionali, allungati e molto più piccoli in quelle meridionali. Indicatori culturali locali sono a nord le punte tardenoisiane e sul Reno le “foglie di vischio” con ritocco piatto; a sud le punte sauveterriane e i raschiatoi-denticolati. Nella seconda metà del VII millennio compaiono a nord alcuni elementi sauveterroidi (triangoli con base corta, microliti miniaturizzati e alcune punte sauveterriane) e infine, intorno al 6000 a.C., i trapezi. In tutto il territorio l’industria su osso e corno presenta forme banali (scalpelli, asce, picconi, punteruoli, coltelli-raschiatoi in zanna di cinghiale), ma anche punte fusiformi.

Bibliografia

H. Schwabedissen, Die mittlere Steinzeit im westlichen Norddeutschland, Neumunster 1944.

S.K. Kozłowski (ed.), The Mesolithic in Europe, Warszawa 1973.

J.-G. Rozoy, Les derniers chasseurs. L’Epipaléolithique en France et en Belgique. Essai de Synthèse, in BSocAChamp, 1978 (no. spécial).

S.K. Kozłowski, Atlas of the Mesolithic in Europe, Warszawa 1980.

Tardenoisiano

di Antonio Guerreschi

La Sablonnière di Coincy l’Abbaye, nella regione del Tardenois (Aisne), è il sito nel quale venne scoperta e definita l’industria chiamata T. da E. Taté nel 1885. Inizialmente il T. fu attribuito al Neolitico; soltanto più tardi, coi lavori di F. Octobon e R. Daniel (1932) se ne riconobbe l’appartenenza all’età mesolitica.

Secondo J.-G. Rozoy (1978) nel T. si distinguono tre fasi, la seconda delle quali è rappresentata dalla facies di Coincy, caratterizzata da un procedimento di scheggiatura chiamato “stile di Coincy”, rivolto soprattutto alla produzione di lamelle piuttosto larghe, a sezione triangolare irregolare, con bordi non rettilinei. Tra gli strumenti si trovano pochi grattatoi, bulini, becchi-perforatori e coltelli a dorso; sono invece numerose le lamelle troncate e ritoccate (con ritocco parziale o con incavo). Le armature presentano un’associazione di punte-troncature, segmenti, triangoli prevalentemente scaleni, lamelle a dorso, rari trapezi ricavati da lamelle mediante due troncature rettilinee. Caratteristiche sono soprattutto le punte di forma triangolare, ottenute mediante una troncatura normale o più frequentemente obliqua associata a un dorso obliquo rispetto all’asse del supporto (“punte a base trasversale”) e tra queste la punta di Tardenois, di forma simmetrica e più slanciata delle altre. La tecnica del microbulino è ben sviluppata.

S.K. Kozłowski (1973) ritiene che l’area di diffusione del “complesso tardenoisiano” sia più ampia, che comprenda, oltre al Bacino di Parigi le regioni a nord delle Alpi (Germania meridionale, Svizzera), il Belgio e l’Olanda e che a essa vadano attribuiti anche alcuni ritrovamenti più orientali, fatti in Moravia e in Slovacchia. Lo studioso ha perciò proposto il termine di “cultura di Beuron-Coincy”, collocandola tra l’VIII e la metà del VI millennio a.C. In tal senso questa cultura rappresenta l’equivalente cronostratigrafico del Sauveterriano delle regioni meridionali.

I mesolitici del Tardenois vivevano in capanne circolari con focolare centrale circondato da pietre, cacciavano l’uro, il cinghiale, il tasso, la volpe e raccoglievano le nocciole. A costoro sono state attribuite le incisioni su pareti di arenaria prossime ai siti, con motivi lineari o a griglia; alcune di queste ultime sono state interpretate come rappresentazioni di capanne.

Bibliografia

E. Taté, Petits silex taillés trouvés près de Coincy-l’Abbaye, in L’Homme, 2 (1885), pp. 688-91.

R. Daniel, Nouvelles études sur le Tardenoisien français, in BPrHistFr, 29 (1932), pp. 420-28.

Id., ibid., 30 (1933), pp. 181-85.

Id., ibid., 31 (1934), pp. 548-69.

S.K. Kozłowski, Introduction to the History of Europe in the Early Holocene, in S.K. Kozłowski (ed.), The Mesolithic in Europe, Warsaw 1973, pp. 331-66.

J.-G. Rozoy, Les derniers chasseurs. L’Épipaléolithique en France et en Belgique. Essai de Synthèse, Charleville 1978.

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