INGHILTERRA, REGNO DI

Federiciana (2005)

Inghilterra, regno di

DDavid Abulafia

La storia del Regno d'Inghilterra durante l'epoca normanna e angioina condivide con quella del Regno di Sicilia molto più che l'origine dinastica (anche se, effettivamente, i normanni e gli angioini di Sicilia discendevano da antenati diversi da quelli dei normanni e degli angioini d'Inghilterra). I due Regni sono infatti paragonabili anche per i loro sistemi di governo: una politica fiscale attiva, che riuscì, almeno nel XII sec., a fornire la base finanziaria per progetti di espansione; lo sviluppo di una rete amministrativa e giudiziaria ben più articolata di quella della Francia o della Germania; ma anche alcune incomprensioni nei rapporti fra i sovrani e i nobili e fra i sovrani e la Chiesa che ostacolarono la pacificazione di ambedue i Regni. Detto ciò, vale comunque la pena di analizzare i rapporti fra Inghilterra, Sicilia e Germania nella tarda epoca normanna e sotto Federico II per la rilevanza che questi stati ebbero nella politica internazionale dell'imperatore svevo.

Veniamo quindi alle vicende del Regno d'Inghilterra fra normanni e angioini.

La conquista normanna dell'Inghilterra (1066), alla quale, secondo il proemio del Carmen de Hastingae Proelio, avrebbero partecipato anche alcuni cavalieri normanni provenienti dalla Puglia, a differenza della conquista normanna dell'Italia meridionale fu concepita come la rivendicazione dei diritti di Guglielmo il Bastardo, duca di Normandia, alla successione al trono inglese in qualità di erede designato di Edoardo il Confessore. Il risultato fu la creazione di un 'Impero normanno' (per usare l'espressione di John Le Patourel, The Norman Empire, Oxford 1976), nel quale il nuovo re Guglielmo I d'Inghilterra e i suoi successori videro l'Inghilterra come fonte di ricchezza e di un titolo reale, mentre i territori francesi ‒ la Normandia in primo luogo, con l'aggiunta dopo il 1154 di Angiò e Maine, e anche dell'Aquitania ‒ divennero la base per una politica abile e ambiziosa di espansione. Per molti versi, la storia inglese del XII sec. ebbe come protagonista la Francia, oltre che le Isole Britanniche (anche se da Guglielmo I a Giovanni Plantageneto l'acquisizione di maggior potere in Scozia, Galles e Irlanda fu un obiettivo costante degli inglesi). Come vassalli dei re di Francia nei loro possedimenti oltremanica, i re inglesi, fino alla successione di Giovanni Plantageneto nel 1199, furono senz'altro più potenti dei Capetingi (come dimostrarono le guerre intraprese contro Filippo II Augusto re di Francia, che coinvolsero anche il giovane Federico II). La breve separazione della Normandia dal Regno inglese sotto Guglielmo II (1087-1100), e successivamente sotto il fratello crociato Roberto, fu abolita con la successione del terzo figlio di Guglielmo I, Enrico I. Quest'ultimo dette vita a un Regno centralizzato, controllato da un sistema incentrato sull'amministrazione della giustizia. La distinzione dei compiti tra il re e la Chiesa sotto Guglielmo II (in particolare fra quest'ultimo e l'arcivescovo di Canterbury, Anselmo) fu risolta in maniera analoga alle contraddizioni sorte in Germania tra l'imperatore e la Chiesa. Il re mantenne un forte controllo sulle elezioni ecclesiastiche, anche se, almeno ufficialmente, i vescovi e gli altri prelati risultavano eletti 'liberamente' dal capitolo. Solo con il duro scontro fra Enrico II e Tommaso Becket (che figura tra i mosaici del duomo di Monreale) si arrivò alla disintegrazione del tacito accordo fra 'stato' e 'Chiesa'. Anche se conobbe una breve rinascita dopo l'uccisione di Becket nel 1170, quest'accordo fu accantonato definitivamente sotto Giovanni, a questo punto con la complicità dello stesso papa Innocenzo III. Dotata di forti tradizioni locali e di estese proprietà terriere come risultato della politica di Guglielmo I, che aveva cercato alleati nella Chiesa normanna, la Chiesa inglese rimase comunque un elemento determinante nella complessa politica inglese del XII e del XIII secolo.

Gli storici continuano ancora a discutere sul problema della sopravvivenza delle istituzioni anglosassoni nell'Inghilterra normanna e angioina. Le fonti mostrano comunque una popolazione anglosassone assoggettata a una dominazione normanna che oltrepassava i confini dell'Italia meridionale, dove si andava formando una élite composta da elementi sia lombardi che normanni. Anche se Enrico I si unì in matrimonio con una principessa anglosassone, le differenze culturali, politiche e linguistiche tra i normanni e la popolazione indigena furono superate solo gradualmente. Per i signori normanni, l'Inghilterra rimase una terra ricca di frumento, lana e metalli. Dal canto loro i sovrani furono in grado di creare reti di controllo doganale per approfittare del crescente commercio inglese con le Fiandre (che necessitavano di lana per le proprie industrie tessili), con la Norvegia (in cerca di grano), e così via. Le entrate del Regno rimasero comunque esigue se paragonate a quelle del Regno di Sicilia. L'opinione che la città di Palermo da sola potesse fornire l'equivalente quantità di grano prodotto da tutta l'Inghilterra è certamente esagerata, ma il livello di sviluppo commerciale, e in particolare la mancanza di grandi città come Londra, sottolinea la netta distinzione fra Inghilterra e Sicilia a quell'epoca.

I governi forti di Enrico I, fino al 1135, e di Enrico II, fino al 1189, suscitarono reazioni e contestazioni. Gli anni fra il 1135 e il 1154, un periodo che è passato sotto il nome di 'anarchia', videro la rivalità fra due potenti personalità che reclamavano la corona inglese: il nobile francese Stefano, conte di Blois, e Matilde, vedova dell'imperatore tedesco Enrico V e figlia di Enrico I. Il conflitto fu risolto solo nel 1154 dal riconoscimento di Enrico, figlio del secondo marito di Matilde, Goffredo Plantageneto conte d'Angiò, alla successione di re Stefano. Come al tempo della minorità di Federico II in Sicilia, anche durante il regno di Stefano si assiste alla costruzione di castelli da parte dei baroni e alla disintegrazione del potere regio, anche se alcuni storici moderni vorrebbero vedere nell'anarchia solo un indebolimento, e non il collasso, del potere del sovrano. La legislazione di re Enrico II (1154-1189) contro quel tipo di castelli e altre misure atte a consolidare il suo potere furono compromesse, tra l'altro, dalla rivalità tra i suoi ambiziosi figli: il primogenito Enrico, a cui il padre aveva affidato la corona già nel 1173, Goffredo, Riccardo Cuor di Leone (con la sua residenza in Aquitania) e Giovanni Senzaterra. La lunga assenza di Riccardo (re dal 1187 al 1199) dall'Inghilterra durante la prima crociata, e poi per le guerre francesi contro Filippo II Augusto, rese necessaria la creazione di una reggenza che non fu certo una novità in Inghilterra, vista la locale tradizione di re lontani per lunghi periodi dall'isola. Questo fu comunque il primo passo verso la di-sintegrazione del potere regio. Riccardo Cuor di Leone, eroe cavalleresco, ha avuto anche lui nella storiografia recente i suoi difensori, che insistono sulla capacità dei suoi luogotenenti di governare l'Inghilterra in pace. Tuttavia nella leggenda tardomedievale di Robin Hood l'epoca di Riccardo fu descritta come un periodo di conflitti fra il principe Giovanni, dispotico e corrotto, e la popolazione civile oppressa da imposte e altri obblighi feudali.

Il governo angioino basato sul rapporto di 'Ira et Malevolentieri' del re contro i suoi nemici politici (secondo lo storico inglese John Jolliffe) fu oggetto di una dura reazione sotto Giovanni Senzaterra, che aveva perduto la fiducia dei baroni dopo atti come l'uccisione del suo rivale Arturo, duca di Bretagna. Il re fu accusato di tirannide contro la Chiesa perché non volle accettare Stephen Langton come arcivescovo di Canterbury (con il risultato di subire una scomunica papale contro l'Inghilterra), per poi umiliare il suo Regno, in occasione dell'accordo con Innocenzo III, diventando vassallo del papa in seguito alla visita del legato Pandolfo nel 1213. La violenza dimostrata dal re contro le vedove dei baroni e altri nemici, la ricerca ostinata di entrate fiscali erano già state accompagnate nel 1204 dalla perdita della Normandia. Tutto ciò portò come conseguenza che i grandi baroni dovettero scegliere fra mantenere la loro lealtà al re d'Inghilterra, Giovanni Senzaterra, o schierarsi con il re di Francia, Filippo II Augusto, conquistatore della ricca provincia normanna. Gli inglesi non persero i loro territori nella Francia occidentale, ma la Guascogna era lontana e la loro capacità di influenzare gli affari francesi fu quindi limitata. La sconfitta dell'alleato di Giovanni, Ottone IV il Guelfo, nella battaglia di Bouvines (v.) nel 1214 confermò agli occhi dei baroni che la politica di Giovanni aveva condotto l'Inghilterra verso una serie di disastri. Un gruppo di baroni, alcuni dei quali provenienti dall'Inghilterra settentrionale (una regione con le proprie tradizioni di autonomia), si schierò contro il re e nel 1215 impose al sovrano la celebre Magna Charta, che lasciava ai singoli signori locali una certa autonomia nell'amministrazione della giustizia e nella partecipazione alle questioni di stato. Così il testo della Magna Charta divenne un terreno di scontro per i successori di Giovanni: 'la conferma della carta' fu molto dibattuta durante il regno di Giovanni e del figlio Enrico III, che succedette al padre nel 1216, durante un'invasione francese condotta da Luigi, figlio di Filippo Augusto. In un certo senso tutti questi eventi furono il risultato dell'alleanza fra Ottone IV e Giovanni Senzaterra, ma non dobbiamo sottovalutare l'importanza degli altri fattori esterni che spinsero gran parte dei baroni contro il re.

Sotto Enrico III, divenuto re all'età di tre anni, questa difficile eredità rese impossibile una pace duratura fra sovrano e baroni. La reggenza di Hubert de Burgh e più tardi la presenza di Simone di Montfort, conte di Leicester, aprirono nuove controversie fra i baroni più vicini alla tradizione angioina di un governo forte e gli altri che volevano neutralizzare un intervento autoritario e accentratore da parte del sovrano. A questi due schieramenti vanno aggiunti i rappresentanti dei cavalieri e delle città che ebbero un ruolo attivo nella vita politica del Regno. Si stavano compiendo i primi passi verso la formazione di una House of Commons, anche se sarebbe un grave errore interpretare questi cambiamenti come un programma parlamentare, 'costituzionale' di governo. Infatti nei rapporti internazionali si può notare un certo pragmatismo: per esempio nel trattato di Parigi (1259) Luigi IX, re di Francia, confermò i diritti di Enrico in Guascogna, ma soltanto in qualità di vassallo del re di Francia e non come principe autonomo.

Nella storia del Regno d'Inghilterra si osserva dunque una costante tensione tra i tentativi di creare un governo solido, centralizzato e potente, e le tendenze autonomistiche dei baroni. L'analogia con il Regno di Sicilia nei vari momenti della sua storia è evidente.

Passando a trattare il rapporto fra l'Inghilterra e Federico II, bisogna però partire dall'epoca della Sicilia normanna, per poi prendere in considerazione il ruolo del re Giovanni Senzaterra nelle guerre di Ottone IV e concludere con il matrimonio tra Federico II e Isabella d'Inghilterra.

La Sicilia, e in particolare la corte dei re normanni, era divenuta la terra promessa per i cortigiani inglesi in cerca di patronato: uomini di lettere come Pietro di Blois; burocrati come Tommaso Brown, che lasciò la corte normanna dopo la morte di Ruggero II per tornare in Inghilterra e servire il re come ufficiale dello Scacchiere; prelati come Richard Palmer, vescovo di Siracusa, ma soprattutto abile uomo politico. Smentita l'origine inglese dell'arcivescovo di Palermo Gualterio Offamiglio (come adattamento di 'Walter of the Mill'), Roberto di Selby fu cancelliere di Sicilia dal 1137 al 1151, per poi succedere a Guarino morto durante l'invasione tedesca in Campania. Roberto fu certo un uomo abile, un buon oratore che amava il lusso e in particolare (secondo Giovanni di Salisbury) il vino. Il rapporto con l'Inghilterra a questo punto dipendeva da singoli individui; sotto Guglielmo II si assistette però a un vero e proprio intreccio di relazioni diplomatiche che sfociarono nel 1169 nella decisione di far sposare Giovanna, figlia di Enrico II d'Inghilterra, con il giovane Guglielmo II di Sicilia. Secondo Jamison (1939) questo matrimonio faceva parte dei tentativi papali di creare un asse antisvevo durante il conflitto fra Alessandro III, le città lombarde e Federico Barbarossa. Il matrimonio ebbe luogo nel febbraio del 1177, ma Guglielmo II morì nel 1189 senza figli e così Giovanna si trovò parte in causa in una intricata vicenda politica che portò alla successione al trono di Tancredi. Giovanna partì accompagnata dal fratello Riccardo Cuor di Leone dopo aspri diverbi fra il re inglese e il re siciliano. Un problema centrale fu il rifiuto di Tancredi di restituire alla vedova di Guglielmo II la dote e i doni che il marito le aveva lasciato. Dopo la crociata Giovanna sposò Raimondo VII, conte di Tolosa. Le cronache inglesi e le fonti sulla comune eredità normanna dei due Regni documentano con nuova enfasi il rapporto tra Sicilia e Inghilterra, ma tutto ciò è da ritenersi un artificio retorico al servizio della diplomazia internazionale.

Sotto il giovane Federico II, come abbiamo visto, i rapporti politici dell'Inghilterra si concentrarono su Ottone il Guelfo, inglese da parte di madre. Ma questo non fu il solo motivo. Giovanni Senzaterra vedeva in Ottone un rivale del suo nemico Filippo II Augusto, dato che il re d'Inghilterra aveva sostenuto Ottone fino alla sua disfatta a Bouvines nel 1214, con gravi conseguenze per la sua politica interna. I rapporti tra l'Inghilterra e il Sacro Romano Impero conobbero una svolta sotto Enrico III. Questi tentò di far sposare sua sorella Isabella (v.) con Enrico VII re dei Romani, ma nel 1234 Federico stava cercando una terza moglie e fu lui, dietro suggerimento di papa Gregorio IX (in questo momento in rapporti amichevoli con l'imperatore), che decise di sposare la sorella di Enrico III.

Prima di intraprendere questo passo Federico aveva inviato come ambasciatore in Inghilterra Pier della Vigna, suo cancelliere, per presentare la sua proposta. Dopo tre giorni Enrico decise di suggellare l'alleanza e gli ambasciatori imperiali dichiararono Isabella "assai degna di nozze imperiali". Il contratto nuziale fu redatto il 22 febbraio del 1235, con una dote di 30.000 marchi, un'occasione per imporre nuove imposte che, a loro volta, diedero adito a nuove proteste politiche. Federico sposò a Worms Isabella, che ricevette la corona imperiale dall'arcivescovo di Magonza alla presenza di quattro re, undici duchi e diversi altri principi e prelati. Isabella diede alla luce una figlia, Margherita (nata nel 1237), e un figlio, Enrico (nato nel 1238), ma l'imperatrice per gran parte del tempo visse sola in Puglia. Riccardo di Cornovaglia, suo fratello, la visitò nel 1241, ma Isabella morì alla fine dello stesso anno. L'ultima volta che Isabella vide Federico lo implorò di mantenere buoni rapporti con la corte inglese.

Questo legame fu espresso anche dall'invio, da parte di Federico, di copie di alcune sue lettere alla corte di Enrico III. Importante rimane anche il suo solenne discorso dopo la cerimonia che ebbe luogo nella chiesa del S. Sepolcro a Gerusalemme nel 1229: fu un appello rivolto al mondo intero perché capisse le ragioni del suo agire e, allo stesso tempo, potesse offrire una risposta ai molteplici richiami papali contro di lui. Un altro elemento che costituì un legame con le Isole Britanniche fu la presenza alla sua corte dell'astrologo Michele Scoto (v.), di origine irlandese o scozzese. La presenza di cortigiani inglesi divenne comunque più rara dopo la caduta della dinastia normanna.

Sebbene remota rispetto alla Sicilia, l'Inghilterra fu coinvolta negli affari di Federico dopo il suo arrivo in Germania, un Regno legato all'Inghilterra da antichi rapporti politici ed economici (Colonia in particolare fu un centro di scambi commerciali fra Germania e Inghilterra). Enrico III non si mostrò contrario alle scelte politiche di Federico, ma fu sempre rispettoso delle varie sollecitazioni papali. Per questo sostenne i diversi tentativi papali di imporre imposte ecclesiastiche in Inghilterra per poter pagare le spese delle guerre contro Federico. A causa di questa situazione, fu importante per Federico mantenere durante il suo regno stretti rapporti personali con la corte di Enrico III.

fonti e bibliografia

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Sui rapporti fra la Sicilia normanna e l'Inghilterra:

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Sulla presenza di Pier della Vigna in Inghilterra:

E.H. Kantorowicz, Petrus de Vinea in England, "Mitteilungen des Österreichischen Instituts für Geschichtsforschung", 51, 1937-1938 (rist. in Id., Selected Studies, Locust Valley, N.Y. 1965).

Su Isabella moglie di Federico:

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Annales S. Justinae, ibid., XIX, a cura di Ph. Jaffé, 1866 (anche in R.I.S., VIII, 1726).

Matteo Paris, Chronica Majora, a cura di H.R. Luard, I-VIII, London 1872-1883: III-IV.

Riccardo di San Germano, Chronica, a cura di C.A. Garufi, in R.I.S.2, VII, 2, 1936-1938.

D. Abulafia, Isabella (1214-1242), in Dictionary of National Biography, in corso di stampa.

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