POLE, Reginald de la

Enciclopedia Italiana (1935)

POLE, Reginald de la


Nacque nel marzo 1500 a Stourton Castle (Staffordshire), da sir Richard e da Margherita, figlia di Giorgio Plantageneto duca di Clarence, fratello di Riccardo III. Era dunque di alto lignaggio; e il favore di cui la madre godette alla corte di Enrico VIII, che la creò contessa di Salisbury e le affidò l'educazione della principessa Maria, doveva riverberarsi anche sul giovane Reginaldo, che fu infatti favorito dal re, sia negli anni di studio a Oxford, sia negli anni immediatamente seguenti: nel 1521 egli era inviato da Enrico VIII in Italia, dove rimaneva sino al 1527, studiando a Padova, e recandosi anche, sia pure per breve tempo, a Firenze e a Roma. Nel frattempo era investito dei primi benefizî ecclesiastici, per quanto non avesse ancora ricevuto gli ordini sacri.

Dopo due anni dal ritorno in patria, ne ripartiva nel 1529 per recarsi a studiare a Parigi, e qui, per la prima volta, egli doveva intervenire nella vita politica: nel maggio 1530, benché personalmente contrario al divorzio del re, otteneva dalla Sorbona una dichiarazione di nullità del matrimonio di Enrico VIII e di Caterina d'Aragona. Ma improvvisamente la situazione del P. diveniva critica. Pressato da Enrico VIII di pronunziarsi sulla questione del divorzio con Caterina d'Aragona, il P. era riuscito sino a quel momento a schermirsene: ora, a una nuova, decisa richiesta del re, accompagnata dall'offerta dell'arcivescovato di York, di esprimersi in merito a quel problema, dovette decidersi e difese la sua opinione, contraria ai desiderî del re, in un'opera ora perduta. Due anni più tardi, nel 1532, riprendeva la via dell'Italia: a Padova e a Venezia riprese contatto con gli amici d'un tempo, e se ne creò dei nuovi: Gaspare Contarini, il futuro cardinale, Gian Pietro Carafa, il futuro Paolo IV, Ludovico Pinell.

Gli anni di soggiorno in Italia ebbero grande influsso sulla formazione spirituale e morale del P. Qui non soltanto l'amicizia con uomini come il Bembo, il Sadoleto, il Contarini doveva nutrirlo di spirito umanistico, ma altresì avviarlo, specie per influsso del Contarini e del Carafa, e in genere del gruppo dell'Oratorio, a cui il P. s'era aggregato, verso quelle forme di umanismo cristiano, preoccupato di ridare vita al movimento religioso, che doveva più tardi caratterizzarne l'azione come cardinale. Decisivo fu soprattutto, a questo riguardo, l'influsso di Erasmo da Rotterdam, con cui il P. era entrato in relazione epistolare sin dal 1525.

Nel 1534 Enrico VIII fece nuovi tentativi per attirare a sé il P., ma egli rispose con il Pro ecclesiasticae unitatis defensione (finito nel maggio 1536), che era un'aspra critica dell'agire del re.

Era la rottura aperta con la corte inglese; e infatti il P., a cui il re aveva intimato di ritornare in patria, rifiutava di obbedire. Invece, si recava a Roma, nel novembre 1536, su invito di papa Paolo III, che lo creava cardinale il 22 dicembre e lo chiamava a far parte della commissione di nove membri, istituita per studiare la riforma della Chiesa. Il P. fu così, con il Contarini, il Sadoleto, il Carafa e l'Aleandro, uno degli estensori del rapporto, presentato nel febbraio 1537 (il Consilium delectorum cardinalium et aliorum de emendanda Ecclesia), che proponeva riforme disciplinari e morali, senza entrare però in vere e proprie questioni di dogma.

Come il Contarini e il Sadoleto, il P. era d'altronde proclive a cercare il terreno d'intesa con i riformati; era anch'egli uno dei "conciliatoristi" e dei più eminenti. La tipica formazione spirituale di questi uomini, nutriti di umanesimo erasmiano, preoccupati anzitutto dei problemi morali, e molto poco delle pure questioni dogmatiche, disposti quindi a cercare il terreno d'intesa con i riformati, tra i quali un Melantone era certo uomo a loro affine di temperamento e d'idee, veniva in luce in quello che fu il periodo dei tentativi d'accordo fra Roma e luteranesimo: fra il 1538 cioè e il 1541, sino a che il fallimento della dieta di Ratisbona non ebbe dato un definitivo colpo alle speranze d'intesa.

Nel frattempo il P. era stato inviato da Paolo III come legato nei Paesi Bassi per cercare di promuovere in Inghilterra la ribellione e in Scozia la guerra contro Enrico VIII. La missione falliva completamente; ma il P. continuava ad avere parte nella politica della curia romana; accompagnava Paolo III al convegno di Nizza, con Carlo V e Francesco I (1538); ancora, cercava di suscitare una lega di principi contro Enrico VIII; si recava in ambasceria presso Carlo V in Spagna, nel 1539. Come contraccambio, Enrico VIII mandava a morte i fratelli e la madre del P. Finalmente, papa Paolo III lo nominava legato del Patrimonio di S. Pietro; e il P. si stabiliva a Viterbo.

Qui il P. trovava, a partire dal 1544, Vittoria Colonna e i suoi amici: cioè nuovamente un ambiente a cui dovevano legarlo sentimenti, aspirazioni, culturali e morali, comuni. E con Vittoria Colonna il P. si legava infatti d'amicizia. Ma ora, nel nuovo clima della curia romana, un clima non più favorevole al riformismo moderato e ai desiderî di conciliazione alla Contarini, proprio l'amicizia con la poetessa, sospetta di eresia luterana, doveva contribuire a porre il P. in una luce dubbia presso i cattolici intransigenti: e corsero e si diffusero a Roma voci sul "protestantesimo" del P.

Tuttavia, quando si aprì il concilio di Trento, nel 1545, il P., sempre amico di Paolo III, fu uno dei legati pontifici. Ma la sua azione fu senza frutto: e quando si venne a discutere sul problema centrale, della giustificazione, la tesi del P., proclive ad ammettere il valore essenziale della fede, pur senza escludere totalmente il valore delle opere, non fu quella dell'assemblea, che concluse statuendo invece la necessità delle opere.

Nuove prospettive d'azione s'aprirono invece dinnanzi al P. con la morte di Enrico VIII d'Inghilterra, nel 1547, nel senso che gli si riapriva la possibilità di cercare di ristabilire il cattolicismo in patria. Ma solo dopo l'avvento al trono della regina Maria gli era concesso di vedere realizzato il suo sogno.

Tornato in Inghilterra come legato pontificio, nel novembre 1554, consacrato arcivescovo di Canterbury dopo la deposizione di T. Cremmer l'11 dicembre 1555, il P. fu il principale consigliere della regina Maria e perciò il principale responsabile dell'indirizzo ferocemente reazionario assunto da questa: indirizzo sbagliato, che, alienando alla corona e quindi alla causa del cattolicismo le simpatie della classe media, della borghesia, doveva minare alle basi il tentativo di restaurazione del cattolicismo. Comunque, l'attività del P. fu intensa: opera sua sono le deliberazioni del sinodo del novembre 1555-febbraio 1556, espresse nella Reformatio Angliae ex decretis Reginaldi Poli, fra le quali una ve n'era che avrebbe esercitato un influsso decisivo sullo stesso concilio di Trento, cioè la deliberazione che istituiva i seminarî (il concilio Tridentino seguì, in questa parte, le orme del P.).

Ma proprio nel momento in cui il P. s'era votato anima e corpo alla lotta contro la Riforma in Inghilterra, lo colpiva l'ira del papa Paolo IV. Il motivo ne fu schiettamente politico: cioè il conflitto tra Filippo II di Spagna, sposo di Maria d'Inghilterra, e l'Inghilterra stessa contro la Francia e papa Paolo IV. Il P. fu privato della sua carica di legato in Inghilterra; poi, contro di lui, riprendendosi le antiche accuse, fu iniziato, dinnanzi al tribunale dell'Inquisizione, il processo per eresia, che contemporaneamente s'era pure iniziato contro il cardinale Morone. Il P. si giustificò, protestando la sua ortodossia: ma Paolo IV non desistette, e il procedimento continuava, quando il P. venne a morte, il 18 novembre 1558.

Le lettere del P. sono state edite da G. Quirini, Epistolae Reginaldi Poli et aliorum ad ipusm, voll. 5, Brescia 1744-57

Bibl.: Oltre alle Lettere, fonti principali è la biografia del Beccadelli, che fu segretario del P. Cfr. Ph. Philips, Life of R. P., Oxford 1765; Freeman, Cardinal P., in Essays, s. 4ª, Londra 1868; M. Kerker, R. P., Friburgo 1874; A. Zimmermann, Kardinal P. Sein Leben u. seine Schriften, Ratisbona 1893; C. N. Antony, The anglical Cardinal R. P., Londra 1909; M. Halle, The life of R. P., Londra 1910; K. B. Macfarlane, Card. Pole, Londra 1924; F. A. card. Gasquet, Card. P. and his early friends, ivi 1927. E cfr. L. v. Pastor, Storia dei papi, trad. ital., V e VI, e il Compendio dei processi del Santo Uffizio di Roma da Paolo III a Paolo IV, in Arch. Soc. romana di storia patria, III.

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