REFETTORIO

Enciclopedia Italiana (1935)

REFETTORIO

Giorgio Rosi

. Negli edifici destinati ad abitazione collettiva, sia essa stabile (caserme, collegi, carceri, conventi, ospizî, ecc.) o temporanea (scuole), il refettorio è il locale in cui si prendono i pasti in comune. Esso ebbe un'importanza e un posto predominanti nelle antiche costruzioni monastiche (v. monastero), delle quali, specie nelle prime comunità di tipo eremitico e in Oriente fu la parte architettonicamente più notevole. Mentre infatti nei monasteri più recenti e in tutti più o meno quelli occidentali, si ebbero varî locali destinati alla riunione o al lavoro in comune, come le sale capitolari, le biblioteche, i laboratorî, i magazzini, ecc., nei cenobî più antichi e in quelli orientali di ogni epoca il refettorio fu l'unico luogo di raccolta dei monaci e l'unico ambiente perciò di vaste dimensioni.

I refettorî dei conventi greco-ortodossi si sono mantenuti attraverso secoli fedeli a uno stesso tipo che consiste in una sala rettangolare di forma molto allungata, coperta per lo più da una vòlta a botte, talora rinforzata da piloni e arcate trasversali. In uno dei lati corti si apre una piccola abside nella quale si trova il posto dello hēgoúmenos, il superiore, all'estremità di una lunga e stretta tavola spesso di pietra, che si sviluppa lungo l'asse della sala fino all'estremo opposto. In qualche caso la tavola presenta curiose particolarità costruttive e decorative, come quella del convento della Néa Monē (sec. XI) nell'isola di Chio, che ha il piano composto da riquadri di una rozza tarsia a disegni geometrici, e nei fianchi massicci tante minuscole nicchie destinate a contenere il modesto servizio da tavola di ciascun commensale.

Un'ininterrotta decorazione pittorica riveste quasi sempre le vòlte e le pareti del refettorio in molti conventi balcanici, specialmente nelle regioni più nordiche, animando d'innumerevoli piccole scene vivaci di colore, ma quasi sempre piuttosto scadenti di disegno e di composizione, le lisce superficie scarsamente illuminate. In Occidente ben diverse furono le condizioni dell'arte monastica, che seguì quasi sempre da vicino l'evoluzione di quella secolare e si servì dei maggiori artisti di ogni periodo per abbellire gl'immensi sontuosi conventi. Basti citare a questo proposito l'opera di Michelangelo nella Certosa di Roma e, più particolarmente per l'argomento, quella di Leonardo da Vinci nel refettorio di S. Maria delle Grazie a Milano.

Anziché una sola lunga tavola al centro, come in Oriente, si preferì in Occidente disporre molte tavole separate lungo tre lati del refettorio, illuminato da finestre aperte in alto sui lati lunghi e rivestito al disotto da una serie di stalli di legno. A metà del lato intermedio si trova il posto per il superiore e, in posizione dominante, il pulpito del lettore. Grandi affreschi raffiguranti a preferenza scene di agapi tratte dalla Sacra Scrittura, ad es., l'ultima cena come nel già ricordato dipinto leonardesco o le nozze di Cana come nell'affresco di Luca Longhi nel monastero di Classe a Ravenna occuparono gli spazî più in vista delle pareti.

Senza allontanarsi nelle linee generali da questo tipo, ma variandone continuamente i partiti decorativi e architettonici, sorsero i refettorî conventuali fino al secolo XIX, quando le possibilità tecniche e le necessità economiche tolsero agli esempî più recenti la grandiosità delle immense vòlte, la ricchezza delle decorazioni, la imponenza dei vasti spazî, per giungere ai tipi odierni, privi spesso di carattere, anche se di dimensioni utili assai rilevanti, per la mancanza di sviluppo verticale, la monotonia delle pareti e delle coperture piane e nude.

Bibl.: Oltre alle opere citate nella bibl. della voce monastero, v. A. Orlandos, Βυζαντινὰ μνημεῖα τῆς Χιου, 1930; J. Ebersolt, Monuments d'architecture byzantine, Parigi 1934.

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