LENTINI, Rainaldo da

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 64 (2005)

LENTINI, Rainaldo (Reginaldo) da

Salvatore Fodale

Non ne conosciamo la data di nascita, da porre presumibilmente a Lentini, nel Siracusano, agli inizi del secondo quarto del XIII secolo; non sono noti i nomi dei genitori. Fratello dell'arcivescovo di Cosenza Tommaso (Tommaso Agni), nonché di Alaimo (Alaimo da Lentini), Giovanni e Santoro, entrò anch'egli, come Tommaso, nell'Ordine dei domenicani. Il 20 giugno 1267 lo troviamo accanto al legato apostolico di Clemente IV, Radulfo Grosparmi, cardinale vescovo di Albano, dal quale gli fu affidata la predicazione della crociata nel Regno di Sicilia, insieme con il confratello Deodato da Capua. Il 2 agosto il cardinale ricevette dal pontefice il potere di concedere al L. un episcopato vacante, nell'ambito della sua legazione, e di provvedere personalmente alla sua consacrazione episcopale.

Il L. compare per la prima volta come vescovo di Marsico (diocesi suffraganea di Salerno) in un documento del 15 luglio 1269 col quale il cognato Bernardino di Caltagirone, a compenso dell'impegno militare profuso durante la guerra contro le forze ghibelline, ottenne una vigna in territorio di Messina, ma molto probabilmente il L. aveva ricevuto l'episcopato subito dopo avere ottenuto il provvedimento pontificio. Il 22 settembre successivo il re Carlo I d'Angiò ordinò al fratello del L., Tommaso, che gli facesse restituire un traditore filosvevo che il L. aveva sottratto dalle mani degli officiali del re, probabilmente per proteggerlo, giacché il sovrano ne garantiva la vita e l'incolumità fisica.

L'8 giugno 1272 era ancora vescovo di Marsico e si trovava a Roma al seguito del fratello che, divenuto patriarca di Gerusalemme, preparava la partenza per la Terrasanta. A Roma con altri prelati ed ecclesiastici e con il pittore Cimabue era presente, nella chiesa di S. Andrea delle Fratte, al passaggio dalla regola di S. Damiano a quella agostiniana delle monache che in quella chiesa si erano rifugiate, esuli dall'Oriente.

Dopo la morte dell'arcivescovo di Messina Bartolomeo Pignatelli, avvenuta nel 1272, riuscì a farsi eleggere dal capitolo della cattedrale come suo successore al governo di quella diocesi, della quale in precedenza pare fosse stato amministratore il fratello Tommaso, allora vescovo di Betlemme, prima di succedere allo stesso Pignatelli come arcivescovo di Cosenza. Il L. fu trasferito a Messina da Gregorio X il 5 dic. 1274. Ottenne subito dal papa, il 13 dicembre, che scrivesse da Lione a Carlo d'Angiò per chiedergli di provvedere per la restituzione alla Chiesa messinese di importanti beni, sottratti durante la vacanza di quella sede episcopale.

Si trattava di un grande giardino, situato lungo le mura della città, del quale il re si era appropriato, tramite il suo vicario, annettendolo al Regio Demanio e del casale di Feroleto in Calabria, occupato dal nobile Gualtiero de Appardo. Il 26 dicembre il L. fece pertanto chiedere a Messina dal suo procuratore, il canonico Angelo de Paliano, l'autenticazione della documentazione che doveva servire a dimostrare i diritti episcopali sul giardino: un atto del 20 ag. 1267, relativo all'inchiesta che era stata fatta a Messina dai giudici Aldoino de Pagano e Giacomo de Bufalo, per un ordine di Carlo I del 27 nov. 1266, con le testimonianze allora raccolte sulla proprietà e il possesso del magnum iardinum. Fece inoltre autenticare, il 6 giugno 1277, una copia delle concessioni fatte alla Chiesa messinese nel 1212 da Federico II.

Quanto al recupero di Feroleto, esso sembra testimoniato dalla concessione, il 17 giugno 1276, di un orto sito in quel casale. Anche un altro casale della Chiesa di Messina, quello di Brolo, fu più tardi oggetto di accertamenti, relativi non solo alla sua proprietà e al suo possesso, ma anche alla definizione dei suoi confini, come risulta dalle testimonianze che il 19 maggio 1280 il L. fece raccogliere a questi scopi a Randazzo, dove il 15 novembre dello stesso anno, secondo un'altra notizia, acquistò terre per un prezzo di 100 onze. Per altre 40 onze il 28 giugno 1281 acquistò nuove terre anche vicino al casale di Brolo, per la nomina del cui baiulo concluse un accordo il 31 agosto. Il 14 genn. 1281 aveva inoltre stipulato un contratto a Nicosia, con Pietro Radice, per la costruzione di un mulino. Da una testimonianza più tarda sappiamo che aveva posseduto il palacium del parco di Milazzo, con le terre circostanti.

Il 13 maggio 1275 il L. ottenne un provvedimento del re di Sicilia che disponeva in generale la conferma delle decime, dei redditi e di tutti i diritti spettanti alla sua Chiesa sui proventi della regia corte, a Messina, e in ogni altra parte del Regno, e il loro regolare pagamento. Altre contestazioni ebbero tuttavia luogo, se furono necessari ulteriori accertamenti, disposti a richiesta del L. il 2 nov. 1276 dal secreto Nicolò de Strada, per verificare quali diritti fossero stati goduti dalla Chiesa messinese prima del regno di Carlo d'Angiò. Una nuova inchiesta, con audizione di testimoni, si concluse con un atto pubblico redatto il 10 novembre dal giudice cittadino e cronista Bartolomeo da Neocastro.

Abbiamo inoltre notizia che il 15 maggio 1275 il L. compì la visita episcopale del monastero greco del S. Salvatore "in lingua phari" e delle sue dipendenze. Nell'ottobre dello stesso anno pronunciò una sentenza su una controversia sorta tra gli homines di Zafferia.

Difficoltà economiche, legate probabilmente anche alla mancata riscossione di alcuni redditi episcopali, indussero il L., per sovvenire alle spese della sua Chiesa, a ricorrere il 4 nov. 1275 a un prestito, che rimborsò il 29 apr. 1276 con il pagamento, a Petruccio Gilberti "de urbe veteri" di 285 onze d'oro. La restituzione di un altro prestito, contratto con mercanti di Lucca, non ebbe invece luogo alla scadenza, sicché costoro lo citarono in giudizio, provocando l'inizio, il 27 apr. 1278, di un procedimento presso la Sede apostolica, affidato dal papa Niccolò III alla decisione dell'abate di S. Stefano a Bologna, nel quale il L. nominò come suo procuratore il magister Valdino de Bettona. Un'altra notizia ci informa di un mutuo, contratto dal L. per gravi e incombenti necessità della Chiesa messinese, per un valore di 400 onze d'oro, costituito da preziose merci: panni di lana francese di colore giallo, stoffe di seta, pepe e altre spezie, e rimborsato a Giacomo Cusano due anni più tardi, il 15 luglio 1278.

La contesa con il priorato messinese dell'Ordine ospedaliero di S. Giovanni Gerosolimitano, relativa al pagamento a favore del L. della quarta canonica sui legati testamentari lasciati all'ospedale, che invece pretendeva di godere dell'esenzione per privilegio pontificio, si concluse nel 1276 con un accordo, che prevedeva soltanto il pagamento ogni anno all'arcivescovo di 40 tarì.

Il 26 luglio 1276 il L. dette avvio al processo per la deposizione della badessa del monastero benedettino di S. Maria "de Scala" a Messina.

Abbiamo notizia del fatto che, durante la sua amministrazione episcopale, privò del beneficio, costituito da due vigne con alberi da frutto e terre colte e incolte, un chierico, Tancredi, figlio di ser Giacomo de Burgo, perché non voleva né poteva risiedere nella diocesi di Messina per svolgervi, come avrebbe dovuto, il servizio ecclesiastico. Col consenso del capitolo della cattedrale conferì quel beneficio a fra Tomasello da Lentini, molto probabilmente suo parente e forse suo nipote, se figlio del fratello Giovanni. Questi infatti intervenne auctoritate et voluntate allorché Tomasello, il quale fu investito dal L. di un nuovo beneficio di importanza maggiore e maggior reddito, rinunciò alle due vigne, che il 14 giugno 1280 furono date in beneficio a Tibaldo, figlio di Ponzio Cepulla, in compenso dei servizi prestati dal padre, un familiaris dall'arcivescovo. Per un'altra vigna della Chiesa messinese in territorio di Francavilla abbiamo notizia di una transazione conclusa il 14 giugno 1281.

Per provvedere all'ampliamento del cimitero e in particolare del suo ingresso, il 21 ag. 1280 permutò con Nicolosio Bonito e con la moglie Altadonna un terreno con una costruzione diruta (un casalino) di loro proprietà, posto dinanzi alla cattedrale, con due casalini appartenenti alla Chiesa messinese.

Di un contrasto con il capitolo, e soprattutto con l'arcidiacono, testimonia la dichiarazione con la quale nel 1280 negò pubblicamente di avere mai vietato ai canonici di sedere nella Curia archidiaconatus e ne riconobbe la giurisdizione e il diritto di ogni canonico o chierico della diocesi a essere chiamato a farne parte.

Il 10 maggio 1282, quando il Comune di Messina si era ormai sottratto al governo di Carlo d'Angiò e riconosceva soltanto il dominium pontificio, il L. si preoccupò ancora di accrescere il patrimonio immobiliare della diocesi e acquistò per 10 onze un altro casalino in città.

Ottenne però soprattutto la restituzione, dal fratello Alaimo da Lentini, capitano della città, e dal Comune di Messina, non solo del grande giardino lungo le mura, ma anche del castello di Calatabiano. Presentò i due privilegi di Federico di Svevia di donazione all'arcivescovo Berardo Castacca e alla Chiesa di Messina di entrambi i beni, dei quali l'arcivescovato era stato poi spogliato dallo stesso imperatore, e la sentenza di restituzione del giardino pronunciata dal cardinale legato Radulfo Grosparmi, mentre il castello era stato restituito da re Carlo. Furono ascoltati i testimoni e ricostruite le vicende alterne del possesso del grande e importante giardino, che sarebbe stato mantenuto dall'arcivescovo Bartolomeo Pignatelli, anche dopo la privazione disposta dal vicario di Carlo d'Angiò e la perdita del castello, e durante una parte della sedevacanza, fino alla violenta spoliazione anche del giardino.

Dopo il suo ingresso a Messina, avvenuto il 2 ottobre, il nuovo re Pietro d'Aragona ordinò il 9 nov. 1282 che tutti i debitori dell'arcivescovato pagassero ai tre nuovi procuratori, nominati dal sovrano. Il L. evidentemente aveva già lasciato la diocesi e la Sicilia per riparare presso la Curia pontificia. Come estensore di indulgenze pontificie lo troviamo infatti con Martino IV a Orvieto fino al 1284, a Perugia nel 1285, quindi a Roma con Onorio IV fino alla morte, avvenuta probabilmente nel 1287. L'ultimo documento in cui compare come estensore è del 31 maggio. Il 23 apr. 1288 Niccolò IV aveva già confermato l'elezione del suo successore come arcivescovo di Messina.

Fonti e Bibl.: R. Pirri, Sicilia sacra, a cura di A. Mongitore, I, Panormi 1733, pp. 406-408; A. Potthast, Regesta pontificum Romanorum, II, Berolini 1875, n. 20102; I diplomi della cattedrale di Messina raccolti da A. Amico, a cura di R. Starrabba, I, Palermo 1888, pp. 61, 109-126, 128, 131 s.; J. Strzygowski, Cimabue und Rom, Wien 1888, pp. 158-160; G. Ferri, Le carte dell'Archivio Liberiano dal secolo X al XV, in Arch. della R. Soc. romana di storia patria, XXX (1907), p. 126; I registri della Cancelleria angioina ricostruiti da Riccardo Filangieri con la collaborazione degli archivisti napoletani, Napoli 1950-79, I, p. 304; V, p. 102; XXI, pp. 15, 41, 181; XXIII, p. 13; XXV, p. 208; XXVI, p. 56; D. Ciccarelli, Il tabulario di S. Maria di Malfinò, I, Messina 1986, p. 178; N. Kamp, Kirche und Monarchie im Staufischen Königreich Sizilien, I, 1, München 1973, pp. 464-466; I, 3, ibid. 1973, p. 1042; L. Sciascia, Lentini e i Lentini dai Normanni al Vespro, in La poesia di Giacomo da Lentini. Scienza e filosofia nel XIII secolo in Sicilia e nel Mediterraneo occidentale. Atti del Convegno…, Barcelona… 1997, a cura di R. Arqués, Palermo 2000, pp. 22, 25; Hierarchia catholica, II, pp. 328, 337.

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