VIANELLO, Raimondo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 99 (2020)

VIANELLO, Raimondo

Fabio Melelli

VIANELLO, Raimondo. – Nacque a Roma il 7 maggio 1922, figlio di Guido, ammiraglio veneziano, e di Virginia Accorretti, marchesa maceratese.

Trascorse l’adolescenza a Pola, a seguito del padre, che era stato trasferito in quanto incaricato del comando della locale Accademia navale, e restò con la famiglia in Dalmazia fino allo scoppio della seconda guerra mondiale. Studente in giurisprudenza (conseguì anche la laurea), aderì alla Repubblica sociale italiana in qualità di sottoufficiale dei bersaglieri. Al termine del conflitto venne fatto prigioniero degli Alleati e confinato nel campo di concentramento di Coltano. Una volta liberato, e tornato alla vita civile, si dedicò alla pratica sportiva, tanto in veste di calciatore quanto in quella di dirigente del Centro nazionale sportivo Fiamma, associazione vicina al Movimento sociale italiano (MSI).

Abbandonato il proposito di diventare avvocato, su intercessione dell’amico di famiglia Guglielmo Barnabò si era unito al nutrito cast della rivista Cantachiaro n. 2 di Pietro Garinei e Sandro Giovannini, che aveva esordito nell’estate del 1944 con la regia di Oreste Biancoli, cui fecero seguito numerose altre esperienze sulle tavole del teatro ‘leggero’. Contemporaneamente, anche il cinema si accorse di lui: fu Mario Mattoli, talent scout del grande schermo per eccellenza, a dargli le prime occasioni per disegnare quel personaggio di giovane biondo e distinto, con l’aria aristocratica e il viso atteggiato a una smorfia di compiacenza che lo rese rapidamente popolare in film come Partenza ore 7 (1946), I due orfanelli (1947), Fifa e arena (1948), Totò sceicco (1950). Agli inizi brillante e arguto caratterista, Vianello ottenne il primo grande successo grazie alla neonata televisione e al programma Un due tre (iniziato nel 1954 e sospeso improvvisamente nel 1959, in seguito a una censurata parodia che ebbe come oggetto l’allora presidente della Repubblica Giovanni Gronchi), scritto da Giulio Scarnicci e Renzo Tarabusi. Al suo fianco Ugo Tognazzi, con il quale costituì una coppia comica tanto affiatata da essere riproposta con continuità anche al cinema in film di svelta produzione, ma di sicuro gradimento, come Marinai, donne e guai (1958), Noi siamo due evasi (1959), I magnifici tre (1961) di Giorgio Simonelli, A noi piace freddo...! (1960) e Psycosissimo (1961) di Steno (Stefano Vanzina). La recitazione distaccata di Vianello s’integrò alla perfezione con quella più sanguigna di Tognazzi, garantendo alla coppia anni di grande felicità artistica, fino a quando Tognazzi non optò per la carriera solista (iniziata dopo il clamoroso esito del Federale, 1961, di Luciano Salce, film nel quale avrebbe dovuto essere presente anche Vianello).

Nel 1962 Vianello sposò Alessandrina – detta Sandra – Mondaini (nata a Milano il 1° settembre 1931, morta a Milano il 21 settembre 2010), che divenne con il tempo sua partner privilegiata sia nel grande sia nel piccolo schermo.

Rotto il sodalizio con Tognazzi, Vianello si dedicò a un cinema di consumo, realizzato da ottimi professionisti, replicando la consueta maschera caratterizzata da un umorismo sarcastico e surreale, e da uno stile recitativo freddo ed elegante, fortemente autoironico e notevolmente british. Sono gli anni di film come Gli imbroglioni (1963) di Lucio Fulci, divertente pellicola a episodi in cui Vianello è il dirigente della squadra di calcio del Bologna con tanto di accento felsineo, e dei primi tentativi di western all’italiana, declinati in chiave comica, come Due contro tutti (1962) di Antonio Momplet e Alberto De Martino, Gli eroi del West (1964) e I gemelli del Texas (1964) di Steno in cui fece coppia fissa con Walter Chiari. Tornò anche a lavorare al fianco di Totò in Sua eccellenza si fermò a mangiare (1961) di Mario Mattoli, nel ruolo di un vanesio politico mussoliniano, e Totò diabolicus (1962) sempre di Steno, in cui è il marito fedifrago della contessa Laudomia – un Antonio De Curtis en travesti – senz’altro uno dei migliori titoli di una filmografia, quella di Vianello, tanto ricca in termini quantitativi quanto poco rilevante dal punto di vista qualitativo.

Per tutti gli anni Sessanta fu uno degli interpreti più prolifici del nostro cinema, diretto da artigiani preparatissimi come Marino Girolami, Bruno Corbucci, Mariano Laurenti (regista di Il vostro superagente Flit, 1967, parodia dei film di spionaggio allora imperanti, tra i pochi ruoli da protagonista assoluto di Vianello), ma raramente ebbe la possibilità di uscire dal ben noto cliché e tentare ruoli diversi: forse l’unica occasione da questo punto di vista gli venne concessa da Michele Lupo che lo diresse in Sette volte sette (1968), un film nato sulla scia del successo di Sette uomini d’oro di Marco Vicario, in cui con tanto di occhiali, apparecchio acustico e inedito make-up è un esperto della falsificazione di banconote, un ruolo quasi drammatico in un contesto sostanzialmente di commedia. Fu anche al fianco dei cantanti di maggiore successo del periodo, nei cosiddetti musicarelli: con Gigliola Cinquetti comparve in Dio, come ti amo! (1965) di Miguel Iglesias, con Gianni Morandi in Mi vedrai tornare (1966) di Ettore Maria Fizzarotti, con Little Tony in Riderà (Cuore matto) (1968) di Bruno Corbucci, con Claudio Villa in Granada, addio! (1968) di Marino Girolami. In qualche occasione incrociò il cammino con Franco Franchi e Ciccio Ingrassia: tra l’altro in Il giorno più corto (1963) e I figli del leopardo (1965), parodistici pastiches diretti da Sergio Corbucci. Allo scadere del decennio, forse anche deluso dalla ripetitività dei ruoli, Vianello abbandonò definitivamente la carriera di attore cinematografico – rifiutò anni dopo un ruolo in Amici miei – anche perché nel frattempo aveva preso quota quella di intrattenitore televisivo. Al cinema continuò a dedicarsi in veste di sceneggiatore, firmando, spesso con il fidato sodale Sandro Continenza, i copioni di film comici, non privi di elementi da commedia di costume, come Il trapianto (1970), Il vichingo venuto dal Sud (1971), L’uccello migratore (1972) e Fico d’india (1980), tutti di Steno.

In televisione, padrone assoluto dei tempi comici, Vianello poté dare libero sfogo al suo estro creativo, alla sua peculiare vis comica, contraddistinta da una visione del mondo caustica e quasi cinica, da una profonda intelligenza e da un pronunciato understatement. Nella moglie Sandra Mondaini, artista completa, attrice eccellente, trovò oltretutto la ‘spalla’ ideale, a partire da trasmissioni come Il tappabuchi (1967) di Vito Molinari, Canzonissima (1969) e Sai che ti dico? (1972) di Antonello Falqui. Ma la vera ventata di novità nella televisione italiana Vianello e Mondaini la portarono nel 1974 con Tante scuse, un varietà scritto da Italo Terzoli, Enrico Vaime e lo stesso Vianello, per la regia di Romolo Siena: per la prima volta si raccontava – naturalmente ricorrendo a una studiata finzione – il dietro le quinte di uno spettacolo, svelando tutto quello che lo spettatore da casa non può vedere e che non immagina neanche. Fu una trovata formidabile, che gli permise di mettere a punto il personaggio di un uomo sostanzialmente anaffettivo, insofferente alla vita di coppia, che vorrebbe eliminare anche fisicamente la moglie, ritratta ora come ingenua ora come fastidiosamente petulante, e tutti quegli ostacoli che si frappongono a una vita tranquilla, dedicata esclusivamente a soddisfare i propri egoistici bisogni. Accanto a lui una serie di caratteri, che divennero irrinunciabili anche nei programmi successivi, come Enzo Liberti, la cui corposa figura romanesca e popolana si contrapponeva mirabilmente all’altezzosità di Vianello, Tonino Micheluzzi e Massimo Giuliani. Cifra distintiva dello spettacolo anche la sigla interpretata dai due protagonisti che, nel tempo, divenne una caratteristica dei programmi della coppia. Il successo della trasmissione venne replicato da Di nuovo tante scuse (1975-76), Noi... no! (1977-78) – con l’originale trovata di dividere il programma in due parti, una a colori, riservata ai balletti e ai numeri musicali, e una in bianco e nero, dove Vianello parodiava il teatro impegnato –, Io e la befana (1978-79), Stasera niente di nuovo (1981) – in cui a Sandra venne affiancata l’emergente e giovanissima Heather Parisi, oggetto dei maldestri tentativi di seduzione di Raimondo – tutti realizzati per la televisione pubblica.

Nel 1982, seguendo l’esempio di personaggi come Mike Bongiorno, anche Vianello lasciò la RAI per Canale 5, rete di proprietà di Silvio Berlusconi, dove debuttò con Attenti a noi due (1982-83), in cui con la moglie Sandra riproponeva gag e scene di vita di coppia che già avevano fatto il successo dei suoi programmi per la RAI. Tra il 1983 e il 1986, sempre per Canale 5, condusse, con la partecipazione di Sandra Mondaini, il quiz preserale Zig Zag, ancora affiancato da Enzo Liberti, qui nel ruolo del notaio del gioco. Nel 1988 tenne a battesimo quella che può essere definita la prima vera e propria sit-com italiana – con tanto di risate preregistrate alla maniera degli americani – Casa Vianello, andata in onda fino al 2007 su Canale 5: Vianello e Mondaini accolgono i telespettatori in casa propria – casa naturalmente ricostruita in studio – raccontando episodi di vita quotidiana spesso legati all’attualità. Dal successo di Casa Vianello nacquero i film televisivi delle serie Cascina Vianello (1996) e I misteri di Cascina Vianello (1997) e da ultimo l’episodio unico Crociera Vianello (2008), commiato artistico della celebre coppia. La passione per lo sport di Vianello – quella per il calcio la coltivò anche come calciatore di terza categoria fino in tarda età, militando nelle file della SaMo – fu sublimata dalla conduzione su Italia1 del programma Pressing (1991-99), un talk-show con ospiti in onda la domenica sera in cui con la consueta ironia interloquiva con i più celebri campioni del pallone e i giornalisti specializzati, svelenendo di fatto il clima da competizione dialettica caratterizzante trasmissioni analoghe. Nel 1998 Vianello tornò occasionalmente alla RAI per presentare il Festival di Sanremo.

Morì a Milano il 15 aprile 2010, per le conseguenze di un blocco renale (dal 1972 viveva con un rene solo).

Fonti e Bibl.: D. De Filippi, R. V. Il gran signore della risata, Roma 2010; R. Frini - F. Bravetti, Sandra Mondaini e R. V., Roma 2010.

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