CARDONA, Raimondo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 19 (1976)

CARDONA (Chardona), Raimondo

Horst Enzensberger

Nulla di preciso si sa sulla data e sul luogo di nascita del C., e incerta appare anche la sua collocazione all'interno della famiglia dei visconti di Cardona, alla quale comunque egli dovette appartenere come induce a ritenere l'appellativo di "consanguineus" del re d'Aragona con cui è ricordato dalle fonti.

Il Sobrequés i Vidal lo considera del ramo Torá della famiglia e figlio di Ramón Amat. Lo stesso autore, comunque, non nasconde le difficoltà di tracciare una precisa genealogia della famiglia. D'altro canto appare dubbia l'identificazione operata dal Sobrequés i Vidal tra il C. e il figlio di Ramón Amat in quanto quest'ultimo, secondo lo storico catalano che si basa sullo Zurita, ebbe un solo figlio maschio di nome Guglielmo; altre fonti, invece, assegnano al C. un figlio di nome Pietro. Inoltre il figlio di Ramón Amat risulta essere governatore della Sardegna dopo il 29 ott. 1329 e fino al 1335, ma le notizie in nostro possesso sul C. sembrano escludere una sua presenza nell'isola almeno per il 1329 e l'anno successivo. La questione resta aperta, anche perché le scarse notizie sul governatore della Sardegna non offrono al riguardo alcun elemento utile. Sembra potersi dire con sicurezza soltanto che il C. non è da identificare con Raimondo Folco, capo della famiglia Cardona all'inizio del sec. XIV; si può supporre che sia nato intorno al 1280, dato che nel 1325 cadde prigioniero con lui il figlio Pietro che aveva preso parte alla stessa campagna: se il figlio era già abile alle armi, si può supporre che il C. fosse in età di circa quarant'anni.

Che il nobilis vir e miles Raimundo Cardona, inviato il 19 dic. 1316 da Giacomo II in Curia insieme col vescovo di Córdoba per trattare della guerra contro i musulmani in Spagna, fosse la stessa persona che ritroveremo più tardi al comando di truppe è possibile, ma alquanto improbabile. Questi, infatti, ancora alla fine del 1320 combatteva contro i Saraceni, quando il C. avrebbe dovuto trovarsi al servizio degli Angioini. Nel maggio 1321 il C. entrò ad Asti per sostituire, in qualità di regius vicarius comitatus Pedemontis et partium Lombardie et capitanus generalis, Filippo di Valois che si era dovuto ritirare alla fine del 1320. Nulla di preciso si sa sui motivi che indussero il C. a scegliere il campo angioino. Pur essendo il rappresentante del re Roberto di Napoli, il C. appariva agli occhi dei cronisti lombardi soprattutto come rappresentante del papa, i cui interessi erano curati dal cardinal legato Bertrando del Poggetto, col quale il C. collaborò strettamente. Il C. riuscì a bloccare l'avanzata dei Visconti, in Piemonte e a sollecitare l'intervento dei sostenitori del partito guelfo. Tuttavia la condanna come eretici di Matteo Visconti e dei suoi partigiani (insieme col siniscalco di re Roberto, Bernardo da Monteserino, il C. aveva offerto a Matteo un salvacondotto per recarsi a Bergoglio dagli inquisitori, ma questi non aveva accettato l'invito) non ebbe l'effetto di indebolire in maniera decisiva la forza dei Visconti. Il 6 luglio 1322 il C. con i suoi 1400 cavalieri subì una sconfitta presso Bassignana, a nord di Alessandria, da Marco Visconti, che insieme col genovese Gerardo Spinola poté schierare 1600 cavalieri e un corrispondente numero di fanti. Il C. fu costretto a ritirarsi nella piazzaforte di Bassignana, dove, sebbene assediato, poté resistere. In una relazione al papa il C. presentò tuttavia gli avvenimenti come un successo. Successi colse in effetti solo alla fine del 1322 con la presa di Piacenza (9 ottobre) e la cattura della moglie di Galeazzo, Beatrice d'Este. Il 24 febbr. 1323 cadde Tortona, il 2 aprile Alessandria, e il C. si unì per ordine del sovrano alle truppe guidate dal legato dopo l'incerto esito della battaglia di Trecello. A metà giugno il C. avanzò su Milano, sotto le cui mura le truppe fiorentine il 24 giugno organizzarono il palio. Il 28 luglio però il C. tolse l'inutile assedio e si ritirò a Monza, nel tentativo soprattutto di sfuggire ai pericoli di un'epidemia.

Dopo un periodo d'inattività militare, all'inizio del 1324 i guelfi, frattanto rafforzati da Enrico di Fiandra e Simone Della Torre, avanzarono di nuovo contro i Milanesi, i quali avevano riaperto le ostilità con la presa di Cassano e Trezzo e avevano attaccato in febbraio il ponte di Vaprio. A fine febbraio, nella battaglia dell'Adda, Galeazzo e Marco Visconti sconfissero l'esercito del cardinal legato e le alleate truppe del Cardona. Lo stesso C. cadde prigioniero ma, stando al racconto di Bonincontro Morigia, Galeazzo, lo lasciò libero dopo poco tempo con l'accordo che il C., divenuto suo mediatore, avrebbe ad Avignone chiesto al papa il vicariato di Milano e Cremona per lo stesso Galeazzo.

Rientrato in Italia, il C. non tornò più al servizio di re Roberto. Nella primavera del 1325 fu assunto dal Comune di Firenze, che cercava un nuovo capitano per la guerra contro Castruccio Castracani, signore di Lucca, dopo che Bertramo Del Balzo si era dimostrato troppo inesperto. La scelta cadde sul C. nonostante che gli alterni esiti della guerra in Lombardia non lo raccomandassero particolarmente. Egli fu calorosamente accolto quando, dopo la resa di Pistoia a Castruccio, entrò a Firenze con duecentotrenta uomini. Il 13 maggio l'esercito fiorentino si mise in marcia: secondo il Villani le relative spese ascendevano a 3.000 fiorini d'oro al giorno. Il C. passò l'Arno a Cappiano e poté occupare Montefalcone. Il 3 agosto iniziò l'assedio di Altopascio, che cadde il 25 perché Castruccio non riuscì a soccorrerla in tempo. Ma successivamente il C., invece di preparare un attacco diretto a Lucca, rimase inattivo ad Altopascio, e si preoccupò soltanto di trattare del soldo coi Fiorentini: il suo esercito finì col dimezzarsi sia in seguito a malattie sia a causa di numerose diserzioni, che sembrano essere state da lui consentite ai soldati in cambio di denaro. Solo il 9 settembre il C. lasciò Altopascio e l'11 ci fu il primo scontro con Castruccio, che adottava una tattica attendista. La battaglia decisiva avvenne ad Altopascio il 23 settembre. Castruccio poteva contare anche su rinforzi lombardi al comando di Azzo Visconti. Dopo un iniziale vantaggio, l'esercito fiorentino fu preso dal panico per la fuga dei feditori e fu sconfitto perdendo anche il carroccio. Il C. e suo figlio, insieme con molti fiorentini, caddero nelle mani del vincitore, che celebrò il suo trionfo a Lucca il 10 novembre. Del destino del loro capitano generale i Fiorentini non si interessarono più. Fu quindi Giacomo II a rivolgersi con una lettera a Castruccio per chiedergli il rilascio del C. e di suo figlio (17 maggio 1326). Non ebbe successo, e solo Ludovico il Bavaro liberò il C. in occasione della presa di Lucca nel 1328 e lo assunse temporaneamente al suo servizio. Per ciò scomunicato e impossibilitato a recarsi dal papa per ragioni di salute, il C., per intercessione di Alfonso IV d'Aragona (3 apr. 1330), ottenne da Giovanni XXII l'assoluzione, della quale il 7 luglio 1330 il papa incaricò il patriarca di Alessandria Giovanni d'Aragona.

Fonti e Bibl.: Notizie documentarie si conservano nell'Arch. de la Corona de Aragón, nelle serie dei registri dell'Arch. Segr. Vaticano, nell'Arch. comunale e nell'Arch. di Stato di Cagliari e nell'Arch. di Stato di Firenze. In proposito si veda: Codex diplomaticus Sardinie, I, a cura di P. Tola, in Monum. Historiae Patriae, X, Augustae Taurinorum 1861, pp. 693-699; W. Preger, Über die Anfänge des kirchenpolit. Kampfes unter Ludwig dem Bayern, in Abh. der Bayer. Akad. der Wissenschaften, XVI (1882), 2, p. 230; S. Riezler, Vatikanische Akten zur deutschen Gesch. in der Zeit Kaiser Ludwigs des Bayern, Innsbruck 1891, pp. 139, 469; Acta Aragonensia, a cura di H. Finke, Berlin-Leipzig 1908-1922, I-II, pp. 376 s., 620, 633 s.; III, pp. 443 ss., 483, 553 s.; S. Lippi, L'Archivio comun. di Cagliari, Cagliari 1897, nn. 166, 170, 172, 184, 185; M. Pinna, Ind. dei docum. cagliaritani del R. Arch. di Stato dal 1323 al 1720, Cagliari 1903, pp. 2, 22; F. C. Casula, La cancelleria di Alfonso III il Benigno re d'Aragona, Padova 1967, pp. 239, 241. Numerose le fonti letterarie, le quali però descrivono soltanto le attività nella Lombardia e nella Toscana: G. Ventura, Chronicon Astense, in L. A. Muratori, Rerum Italic. Script., XI, Mediolani 1727, coll. 257, 259-262, 264-267; G. Flamma, Manipulus florum seu Hist. Mediolonensis,ibid., coll. 727 s., 730; Iohannes de Cornazanis, Historiae Parmensis fragmenta,ibid., XII, ibid. 1728, coll. 733 ss.; B. Morigia, Chronicon Modoetiense,ibid., coll. 1116, 1140, 1144 s.; Johannes de Mussis, Chronicon Placentinum,ibid., XVI, ibid. 1730, coll. 493 s.; Annales Mediolanenses,ibid., coll. 699 s., 702 s.; Sagacius et Petrus de Gazata, Chronicon Regiense,ibid., XVIII, ibid. 1731, coll. 32 s., 35; Chronicon Parmense, in Rerum Ital. Script., 2 ediz., IX, 9, a cura di G. Bonazzi, pp. 166, 179 s.; Storie pistoresi,ibid., XI, 5, a cura di S. A. Barbi, pp. 88-96; G. Flamma, Opusculum de rebus gestis ab Azone…, ibid., XII, 4, a cura di C. Castiglioni, p. 4; Antonii Astesani De eius vita et fortunae varietate carmen,ibid., XIV, 1, a cura di A. Tallone, pp. 144 s.; Marcha di Marco Battagli da Rimini,ibid., XVI, 3, a cura di A. F. Massera, p. 25; Petri Azarii Liber gest. in Lombardia,ibid., XVI, 4, a cura di F. Cognasso, pp. 18, 20, 22-24, 29; Corpus chron. Bonon., II, ibid., XVIII, 1, a cura di A. Sorbelli, pp. 350, 352, 354 ss., 362 s., 365 s.; Cronaca fiorentina di Marchionne di Coppo Stefani,ibid., XXX, 1, a cura di N. Rodolico, pp. 141 ss.; Rainieri Sardo, Chronaca di Pisa, a cura di O. Banti, Roma 1963, in Fonti per la storia d'Italia, XCIX, pp. 78, 140; G. Villani, Cronica, a cura di F. Gherardi Dragomanni, Firenze 1845, II, pp. 323, 325, 328 s., 331, 333 s. Sul C. si veda anche: C. Cipolla, Storia delle Signorie ital. dal 1313 al 1530, Milano 1881, pp. 239, 241; A. Chroust, Beiträge zur Gesch. Ludwigs des Bayern und seiner Zeit, I, Die Romfahrt 1327 bis 1329, Gotha 1887, pp. 24, 34; H. Otto, Zur italien. Politik JohannesXXII., in Quellen und Forsch. aus ital. Arch. und Bibl., XIV (1911), pp. 157, 162, 218 s.; R. Davidsohn, Gesch. von Florenz, IV, 1, Berlin 1922, p. 225, e Anmerkungsband, p. 49; G. Manno, Storia di Sardegna, III, Cagliari 1924, pp. 461, 463 s.; G. Capponi, Storia della Repubbl. di Firenze, I, Firenze 1930, pp. 169 s.; G. Monti, La dominazione angioina in Piemonte, Torino 1930, p. 151; G. Mollat, Les papes d'Avignon, Paris 1950, pp. 161 s., 164, 169 s., 178; E. G. Léonard, Les Angevins de Naples, Paris 1954, pp. 236-239, 245; F. Cognasso, L'unificazione della Lombardia sotto Milano, in Storia diMilano, V, Milano 1955, pp. 139, 141, 144, 153, 159, 162, 164 s., 170, 174, 176-178, 187-189, 205 s.; S. Sobrequés i Vidal, Els barons de Catalunya, Barcelona 1957, pp. 116 s., 135, 270; M. Mallett, Mercenaries and their Masters. Warfare in Renaissance Italy, London 1974, p. 47.

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