GORJUX, Raffaele

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 58 (2002)

GORJUX, Raffaele

Alessandra Cimmino

Nacque a Lucera, l'8 genn. 1885, da Jules e Filomena De Amicis.

Il padre, originario di Aix-les-Bains, era un ufficiale savoiardo che, dopo la cessione della regione alla Francia, aveva scelto di rimanere nell'esercito italiano; aveva poi sposato un'italiana di Avezzano e, conclusa la carriera come colonnello a Bari, si era definitivamente stabilito in quella città.

Il G., conclusi gli studi liceali, aveva deciso di dedicarsi al giornalismo, iniziando a collaborare sin dal 1903 al quotidiano barese Corriere delle Puglie.

All'epoca questo era già considerato il più importante foglio di area pugliese, il solo in grado di contrastare i più noti quotidiani napoletani, anche in Basilicata e Calabria; l'indirizzo politico era liberal-conservatore, ed era fondamentalmente legato agli interessi dei grandi proprietari agrari ma non sordo alle esigenze di un ceto professionale e commerciale che, in loco, era particolarmente vivace e attivo. Il suo direttore e fondatore, Martino Cassano, sottolineandone il carattere specificatamente cittadino e regionale, sia sul piano della politica sia su quello della cronaca, era riuscito a dargli dignità professionale di giornale di opinione che mirava a rappresentare e organizzare gli interessi e le necessità della società civile di quell'area geografica. A questo scopo aveva individuato alcune problematiche fondamentali da rendere presenti al governo centrale (quali la costruzione dell'acquedotto pugliese e di un nuovo porto a Bari, l'istituzione di un'università cittadina, il miglioramento della rete stradale e dei trasporti) e all'amministrazione locale (fra l'altro il piano regolatore per lo sviluppo della Bari moderna, la costruzione di un nuovo teatro, l'estensione della luce elettrica), il tutto senza trascurare la cronaca spicciola, sia del capoluogo sia dei piccoli e grandi centri della regione, nei quali aveva istituito una rete di corrispondenti.

Intorno al Corriere si era di fatto raccolto, e qualche volta vi aveva imparato il mestiere, un gruppo di intellettuali pugliesi, giovani e meno giovani, fra cui insieme con A. Perotti, L. Azzarita, S. Panunzio, M. Viterbo, era anche il G., la cui firma, nel 1908, figurava oramai con una certa regolarità. La crisi economico-commerciale che colpì il paese nel 1907-08 fu forse all'origine di un soggiorno biennale del G. in America, inizialmente a Boston e New York, dove tenne corrispondenze per alcuni fogli italiani, fra cui La Sera, quindi anche a Città del Messico, dove partecipò alla fondazione di un Giornale degli Italiani, sul quale, però, non si hanno notizie precise. Nel 1910 era, comunque, rientrato a Bari, dove collaborava con altri giornali italiani - fra cui Il Giornale d'Italia -, e aveva ripreso il suo posto come redattore stabile del Corriere, svolgendovi funzioni di segretario di redazione, oltre che di critico musicale e teatrale.

Nel 1911 il G. aveva sposato Wanda Bruschi (Bari, 16 nov. 1889 - 29 giugno 1976) di origine toscana, laureata al Magistero di Roma e insegnante, collaboratrice di vari giornali femminili sotto diversi pseudonimi (Medusa, Madame Récamier), che gli fu al fianco nell'evolversi delle successive attività in un ruolo non secondario.

Nel 1915, trovandosi nella necessità di occuparsi in prima persona della pubblicità del suo giornale, Cassano, che aveva grande stima del G. e ne apprezzava le capacità organizzative e tecnico-amministrative oltre a quelle più specificatamente giornalistiche, gli affidò l'intera gestione di questo decisivo settore strategico. Intanto all'interno del Corriere, legati agli importanti eventi nazionali, cominciavano a manifestarsi i primi dissapori relativamente all'indirizzo politico, che avrebbero, infine, portato a profonde modifiche e a un cambio di proprietà.

Il foglio di Cassano sul piano nazionale, pur con vari distinguo, si era sempre mantenuto su una linea conservatrice e fondamentalmente governativa: aveva appoggiato F. Crispi, aveva avuto una posizione inizialmente ondivaga infine allineata a G. Giolitti, quindi, aveva nettamente sposato la causa di A. Salandra, cui lo legava anche la "concittadinanza" pugliese. Blandamente neutralista in un primo momento, si era poi schierato per l'intervento e aveva mantenuto in ogni occasione il sostegno al paese in guerra.

I nodi interni al Corriere vennero al pettine con gli eventi fiumani e con la grave crisi economica e sociale successiva alla guerra, quando apparve chiara la frattura esistente fra i redattori nazionalisti e già fascisti, che avevano il loro leader nel capo della redazione romana Azzarita, e l'indirizzo più moderato della direzione. Alla lunga il braccio di ferro fra le due correnti si risolse a favore di Azzarita, il quale divenne direttore: il 1° maggio 1921 Cassano cedeva la proprietà dimettendosi, previo un accordo che imponeva la condirezione del G., ormai da tempo considerato il suo delfino. La convivenza fra i due si rivelò, però, impossibile, tanto più che Azzarita rese immediatamente esplicita una linea editoriale nuova, non solo e non tanto sul piano strettamente politico, ma soprattutto come strategia globale del giornale che egli voleva trasformare e imporre al livello nazionale, a scapito del carattere regionale e cittadino che gli aveva dato il successo. Già nel settembre di quello stesso 1921 il G. aveva lasciato il Corriere e veniva annunciata la nascita de La Gazzetta di Puglia, che comparve effettivamente in edicola il 22 febbr. 1922, direttore il G., gerente L. Morisco.

Con ogni probabilità le funzioni svolte dal G. come responsabile della pubblicità del vecchio Corriere gli avevano reso possibile stabilire una rete di rapporti utili a reperire i necessari finanziamenti: il nuovo giornale sarebbe stato pubblicato dalla Società anonima editrice della Gazzetta, di cui il G. era azionista; ne facevano parte i fratelli Antonio (presidente) e Nicola De Grecis, e la Società elettrica barese cui, poco più tardi, si aggiunse il Banco di Puglia, costituito in concomitanza con la nuova editrice. Il foglio esprimeva un indirizzo di evidente continuità con il precedente Corriere, e quindi in politica era salandrino e, data la complessità della situazione italiana, fondamentalmente attendista; legato alla città e alla regione secondo una linea che richiedeva allo Stato di rispettare gli impegni di sempre, in parte già assunti ma non portati a compimento: aiuti all'agricoltura, e agli agrari, ma anche velocizzazione dei lavori dell'acquedotto, il nuovo porto, l'università barese, il miglioramento delle infrastrutture nel capoluogo e nella provincia, cui si aggiungeva la richiesta dell'imposizione di grandi monopoli di Stato al fine di recuperare risorse. La linea era quella del Corriere di Cassano; lo scopo specifico cui il G. preminentemente mirò, con tutto il suo lavoro degli anni immediatamente successivi, era quello di dare alla Gazzetta un taglio più moderno, maggiore efficienza e maggior prestigio.

Intanto proseguiva lo scontro fra Gazzetta e nuovo Corriere per prevalere in ambito regionale. Dopo la marcia su Roma, il primo passo compiuto da ambedue, fu quello di ottenere il placet e una patente di ufficiosità dal nuovo governo; nonostante Azzarita fosse nazionalista e fascista della prima ora, fu il G. a raccogliere maggior credito presso i nuovi referenti politici, con ogni probabilità proprio perché il suo giornale si andava qualificando come più radicato e più influente nella società pugliese che il fascismo voleva raggiungere.

Tra l'altro la maggior parte dei collaboratori "storici" e più significativi del Corriere si erano schierati con il G. e fra questi erano personalità già di un certo peso nell'ambito del movimento fascista, e destinati a crescere ancora, come Panunzio, esponente del sindacalismo rivoluzionario, professore di diritto, amico personale di I. Balbo e dello stesso B. Mussolini; A. Di Crollalanza, segretario del fascio barese, futuro podestà di Bari e ministro dei Lavori pubblici; Viterbo, presidente e anima della Camera di commercio italo-orientale, cui si dovette in gran parte - e con il significativo e fondamentale appoggio della Gazzetta - l'istituzione, nel 1930, della Fiera del Levante, poi alto gerarca e anch'egli podestà di Bari. Naturalmente, lo aveva seguito la moglie Wanda, oramai fra le firme più presenti nel giornale, convinta fascista - laddove la posizione del G. era più sfumata -, delegata dei fasci femminili baresi dalla fondazione al 1943.

Il 10 genn. 1923 Azzarita si dimise dalla direzione del Corriere che, il 21 dello stesso mese, passava nell'orbita della Gazzetta, come formalizzato da un atto del 28 marzo successivo. Quasi contemporaneamente, nell'estate di quell'anno, si completò l'affiancamento al fascismo del giornale che, nelle successive elezioni dell'aprile 1924, appoggiò il listone Fascio e aquila, il quale ottenne l'87% dei suffragi, il maggior successo del partito in tutta Italia. In questa occasione furono eletti molti dei collaboratori e amici del G., come Panunzio, Di Crollalanza, G. Postiglione, V. Bavaro. Nel frattempo il G. aveva assunto personalmente la presidenza della Società anonima editrice della Gazzetta che, nel 1924, aveva rilevato tutte le proprietà del vecchio Corriere.

Negli anni a seguire la Gazzetta subì, come tutta la stampa italiana, i contraccolpi del generale clima di restrizione delle libertà civili instauratosi dopo il delitto Matteotti. Il G. riuscì in ogni caso a portare avanti il suo personale progetto di arricchimento e ammodernamento del giornale, che il 26 febbr. 1928, mutava il nome in La Gazzetta del Mezzogiorno - a significare il raggiungimento, o la speranza, di un più vasto raggio di influenza e di più ampie prospettive -; la tipografia veniva inoltre dotata di una nuova modernissima rotativa e contemporaneamente la redazione si trasferiva nel palazzo costruito apposta per ospitarla.

La Gazzetta del Mezzogiorno era ormai costituita da una redazione centrale, da una redazione romana di sei unità, da una nutrita schiera di corrispondenti in tutti i centri pugliesi, anche i più piccoli; da un corrispondente a Parigi, e da una considerevole rete di redazioni provinciali, uffici e recapiti. Usciva tutti i giorni della settimana con tre edizioni di sei pagine e tre di otto più un supplemento: dava ampio spazio ad argomenti di politica nazionale ma soprattutto alla cronaca cittadina e regionale, e aveva anche una pagina tematica dedicata, volta a volta, allo sport, all'agricoltura, al diritto, alle "vie dell'Oriente", al mondo femminile (ed era questo il regno di Wanda, la quale toccava spesso in altre parti del quotidiano i più vari argomenti, ma cui era specificamente affidato il compito di educare e intrattenere la donna "fascista"); alla Gazzetta del Lunedì, settimanale di arte, sport, politica e varietà, si erano poi affiancate altre due iniziative, dal dicembre 1927 il settimanale umoristico il Gatto nero e, soprattutto, dal 10 luglio 1927, la Gazeta Shqipëtare, edizione speciale in lingua albanese, in un foglio, stampata a Bari e redatta fra Bari e Tirana, che ambiva a diventare strumento di una sorta di diplomazia parallela del regime in Albania, e che venne pubblicata fino all'occupazione italiana del paese nel 1939.

Lo sforzo economico necessario al raggiungimento di un risultato che faceva della Gazzetta una delle poche imprese moderne in ambito meridionale, aveva provocato una situazione debitoria molto pesante del quotidiano nei confronti del Banco di Napoli, che aveva scontato le cambiali precedentemente emesse dal Banco di Puglia, nel frattempo fallito. Ciò aveva indebolito la posizione del G. anche sul piano politico, togliendogli autonomia, in quanto lo aveva costretto a chiedere l'appoggio delle autorità locali e in particolare della dirigenza fascista. La questione si pose in termini preoccupanti per il G. quando la Gazzetta, per altro ovviamente e completamente fascistizzata, si rivelò tuttavia elemento di turbativa nell'ambito del variegato e ancora turbolento fascismo locale.

In altri termini, il G. - secondo una linea che in tempi assai meno pericolosi aveva seguito il suo maestro Cassano - pur sempre schierato con una specifica parte politica, aveva conservato una certa libertà di movimento, spostandosi fra le varie correnti interne: nel caso specifico non si era allineato al tentativo di "normalizzazione" della locale federazione provinciale che, a questo punto, intendeva normalizzare proprio la Gazzetta, seguendo una linea utilizzata dal regime con la stampa in precedenti occasioni, cioè operando sulla proprietà.

Nel marzo 1928, probabilmente dietro spinta del segretario federale di Bari, L. D'Addabbo, la posizione creditoria del Banco di Napoli si irrigidì, innestando una reazione a catena, su cui incisero in pari misura fattori economici e politici, e che, infine, approdò a una soluzione per cui il controllo economico del giornale passava alla federazione fascista barese. Questa controllava la nuova Società anonima mediterranea, proprietaria del quotidiano, esautorando di fatto il G., cui veniva lasciata la direzione ma svuotata di qualsiasi possibilità di effettivo controllo sulla gestione del giornale. Muovendosi abilmente nell'ambito delle conoscenze e degli appoggi al livello nazionale e locale, il G. riuscì sul momento a tamponare la congiuntura sfavorevole, ottenendo la nomina ad amministratore delegato, ruolo che gli venne, però, sottratto nel 1931 togliendogli ogni libertà di movimento.

Si venne così a creare un difficile status quo: per un verso, il governo fascista portava, almeno in parte, a compimento molti dei progetti e delle opere pubbliche che erano stati per lunghi anni la bandiera prima del Corriere poi della Gazzetta - che continuava a sostenerli, magnificando i risultati raggiunti -; alcuni dei collaboratori e amici personali del G., inoltre, raggiungevano posizioni di tutto rispetto nell'ambito del regime; per un altro verso, tuttavia, il quotidiano, obbligato a ridurre le spese, controllato anche nella persona del G., costretto a seguire le direttive dei veri padroni del giornale, perdeva progressivamente d'immagine, trasformandosi di fatto in una sorta di organo regionale del partito, i cui spazi erano in massima parte dedicati alla pubblicazione delle veline romane e dei fogli d'ordine, comunicazioni, note e bollettini relativi alle varie federazioni provinciali e organizzazioni regionali fasciste: la minima deviazione da questa linea comportava, poi, richiami e censure da parte dell'Ufficio stampa del governo e della prefettura, che il G. spesso in quegli anni dovette subire.

Il G. morì improvvisamente a Bari il 6 giugno 1943.

Fonti e Bibl.: Necr. in La Gazzetta del Mezzogiorno, 7 giugno 1943; alcuni dati biografici sul G. sono dovuti alla cortesia del figlio Giuseppe; un consistente numero di saggi sulla vita del giornale e del G. sono in La Gazzetta del Mezzogiorno (La Gazzetta di Puglia-Corriere delle Puglie), 1887-1987, Bari 1987 (suppl. a La Gazzetta del Mezzogiorno); N. Mascellaro, Una finestra sulla storia: dal Corriere delle Puglie alla Gazzetta del Mezzogiorno (1887-1928), Salerno 1988, pp. 117, 137, 224 s. e passim; Id., Una finestra sulla storia (1929-1946), Salerno 1989, passim.

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