RADIO

Enciclopedia Italiana - IX Appendice (2015)

RADIO.

Giorgio Zanchini
Rodolfo Sacchettini

– La radio nella rivoluzione digitale. Lo specifico radiofonico. Innovazioni tecnologiche e ascolto. Dopo l’FM: l’ascolto via web e le web radio. Assetti economici e giuridici. La radio nel mondo. Bibliografia. Radiodramma. Bibliografia.

La radio nella rivoluzione digitale di Giorgio Zanchini. – L’universo dei media sta conoscendo, sin dall’inizio del 21° sec., una profonda trasformazione, determinata in larga parte dal dispiegamento del digitale e dall’affermarsi del cosiddetto ecosistema comunicativo Internet. Si tratta di un processo decollato a partire dagli anni Novanta, ma che negli ultimi anni, grazie a innovazioni tecnologiche che si sono susseguite a un ritmo molto rapido, vive un’accelerazione che muta di continuo il paesaggio mediale.

La r. è pienamente parte di questa trasformazione, è anzi uno dei mezzi di comunicazione che più è stato capace di adattarsi al cambiamento e divenire multimediale. L’incontro con la rete sta producendo un’ibridazione fruttuosa, che inietta nel medium r. opportunità e qualche rischio.

Non è una novità per la radiofonia. La storia dei media insegna che molto spesso un medium nuovo non cancella il vecchio, e che sono probabili forme di convivenza, filiazioni, convergenze. È accaduto alla r. con l’avvento della televisione, ed è così anche con l’avvento, dirompente, della rete.

Tutti i media stanno vivendo una mutazione nelle modalità di produzione e di fruizione, e nei contenuti. È cambiato molto anche il modo di produrre e ricevere informazioni: oggi c’è la possibilità di essere informati in modi differenti, da fonti differenti, usando media differenti. All’interno di questo campo in mutazione il broadcasting conosce dei cambiamenti specifici. Anzitutto il definitivo superamento della cosiddetta età della scarsità, ovvero quella fase caratterizzata da un’offerta limitata di canali e prodotti destinati a un pubblico di massa. La recente accelerazione dell’evoluzione tecnologica, dovuta al passaggio dall’era analogica a quella digitale, ha avuto pochi eguali nella storia. L’applicazione della matematica binaria e l’introduzione dei microprocessori a tutti i fenomeni governati da funzioni logiche hanno consentito di superare i limiti fisici dei materiali. Nel mondo digitale, infatti, ogni funzione viene virtualizzata e risolta a livello logico all’interno delle CPU (Central Processing Unite) dei sistemi operativi, permettendo di gestire quantità e varietà teoricamente illimitate di dati, criteri, algoritmi applicabili a un’infinità di applicazioni tra cui il campo multimediale.

Dal lato della sorgente e della fedele registrazione, riproduzione e conservazione del segnale audio e video, l’avvento dei sistemi di codifica e decodifica digitale come il PCM (Pulse-Code Modulation, lineare), il capostipite usato per i CD, o lo MPEG (Moving Picture Experts Group, compresso) usato per il video, ha reso possibile il passo fondamentale: gestire tutto sotto forma di file di dati. Parallelamente l’introduzione di tecnologie avanzate nelle reti ha permesso di incrementare la velocità/quantità delle comunicazioni, mentre protocolli di compressione e gestione sempre più efficienti hanno reso possibile un enorme aumento della densità delle informazioni trasmesse. Tutto questo sta generando un nuovo universo multimediale, che ha sepolto l’assetto novecentesco, conducendoci appunto nella cosiddetta età dell’abbondanza mediale. In realtà la r. aveva conosciuto lo scoglio della scarsità in forme comunque attenuate rispetto alla televisione, per ragioni di frequenze più abbondanti e meno costose, di minori barriere all’ingresso e di precedente affrancamento dall’offerta dei soli servizi pubblici monopolistici. Un quadro che aveva determinato un’offerta meno indifferenziata e massificata della televisione. Oggi comunque quella pur parziale scarsità grazie a Internet può considerarsi superata.

La mutazione non riguarda tuttavia la sola trasmissione, ma anche il modo di fruire i prodotti radiotelevisivi. Da anni è ormai in corso una progressiva socializzazione negli usi e nei consumi dei media: l’espressione che descrive il fenomeno è media partecipativi. Grazie ai cosiddetti nuovi media – in particolare social network, blog, mail e SMS – e a dispositivi sempre più diffusi – smartphone e tablet – il fruitore, anche dei media tradizionali, diventa parte più attiva

del processo di costruzione delle comunicazioni e dell’informazione, diventa generatore di contenuti, compartecipe degli scambi. Il che significa che esiste una ramificazione quasi infinita della comunicazione stessa. La condivisione è l’essenza stessa dei media digitali: sta diventando una delle cifre della società contemporanea, sta incidendo sulla struttura delle comunità e delle appartenenze e anche rafforzando un aspetto più controverso, ovvero la tendenza, spesso illusoria, di essere soggetti attivi di qualsiasi processo comunicativo, di riuscire a personalizzare i flussi dell’informazione. Gli esiti di queste convergenze e interconnessioni sono per il broadcasting di grande rilievo.

Lo specifico radiofonico. – All’interno di questo sviluppo del broadcasting, la r. sta sperimentando evoluzioni specifiche. L’ibridazione con il web e il rapporto con i nuovi media hanno anzitutto indebolito la funzione di orologio sociale della r., la corrispondenza tra l’offerta e i ritmi di vita degli ascoltatori, l’idea di un palinsesto pensato sulle abitudini dei riceventi. Grazie al web si è infatti rotto il secolare meccanismo dell’ascolto in simultaneità. Attraverso il podcast e lo streaming (streamed catch-up radio) è oggi possibile per il fruitore selezionare e riascoltare ciò che desidera quando vuole, dove vuole, senza limiti, su un’ampia varietà di dispositivi, in particolare smartphone, tablet, computer e r.digitali. È il crescente fenomeno dell’ascolto on-demand, la tendenza a un uso sempre più personalizzato della radio.

L’ibridazione ha conseguenze importanti anche sui contenuti del prodotto. Social network, twitter, SMS, mail e app come Istagram rendono molto più interattivo il rapporto tra chi fa la r., tra il produttore, o il conduttore, e chi ne fruisce, avvicinando la r. di oggi a certe utopie degli intellettuali tedeschi degli anni Trenta. Attraverso i nuovi media il rapporto è meno unilaterale, gli ascoltatori non solo hanno molti più strumenti per intervenire, partecipare, ma possono proseguire le loro conversazioni su altre piattaforme, e i produttori tengono sempre più conto di quello che si sviluppa fuori delle redazioni. Il fruitore come potenziale e spesso reale generatore di contenuti, il fruitore-produttore, attore di un processo decisorio più condiviso, di una r. divenuta piattaforma cross-mediale.

Negli ultimi decenni è cresciuto il numero di trasmissioni in diretta, anche per via dei costi minori rispetto a trasmissioni più articolate e montate, e le dirette trovano nella nuova interattività un elemento distintivo. La r. talk, i r. show sono oggi prodotti in cui il dialogo tra conduttori e ascoltatori è intenso e variegato. Il che ha conseguenze anche sul linguaggio, perché questa sorta di conversazione ininterrotta consolida l’informalità e privilegia il parlato rispetto a una lingua formale, scritta, quella che aveva caratterizzato la r. per decenni.

Altre modifiche significative riguardano i temi, gli argomenti di cui si occupano i programmi radiofonici. I numeri dei podcast premiano i prodotti di lunga durata, quelli cioè meno legati alla stretta attualità e che si prestano a un ascolto non necessariamente vicino alla messa in onda. Molte r. hanno perciò rafforzato la loro offerta culturale, altre sono tornate a investire sulla serialità dei radiodrammi, o sugli audiodocumentari, le r. pubbliche stanno puntando sull’uso dei loro archivi, sia per la musica sia per le trasmissioni di parola. Un dato considerevole è che alcuni dei programmi più scaricati degli ultimi anni sono presenti solo sul sito delle r. e non vanno in onda nel palinsesto ordinario. Si sta poi assistendo a una proliferazione di r. settoriali, specializzate nei generi e nei periodi musicali più diversi, così come è cresciuto il numero delle r. di parola identitarie. Gli studiosi parlano di tendenza alla monotematizzazione e alla segmentazione, con quei rischi di omofilia presenti oggi più in generale nel campo mediatico.

Il web si è in complesso rivelato un ecosistema che ha fornito linfa alla radio. Sarebbe tuttavia errato negare che il web stesso è potenzialmente anche fonte di indebolimento. Due delle funzioni che hanno reso forte il medium r. nel corso del Novecento – la r. come fonte di scoperte ed esplorazioni musicali, e la r. come strumento identitario, partecipativo, relazionale – sono adesso svolte con grande efficacia da altri strumenti. La r. non è più il canale prevalente per le scoperte musicali, per lo scambio o semplicemente per l’ascolto di musica – le generazioni giovanili usano YouTube, Itube, Deezer, Pandora o Spotify – e si è indebolita la funzione connettiva, la ‘propria’ r., l’ininterrotta conversazione identitaria, la r. come luogo di una possibile sincronia emozionale. Anche questa funzione è svolta oggi, in modo crescente, dai social network. Sono fragilità che si riflettono in un dato: in Occidente la r. tiene in termini di ascoltatori complessivi, ma fatica a intercettare il pubblico più giovane, la fascia 18-24 anni, che tende a non mutare le abitudini mediali una volta cresciuta e quindi ad ascoltare poco la radio. Negli Stati Uniti l’ascolto della r. al mattino della fascia 12-24 anni è in sensibile calo, e in Europa si registra un calo generale dell’ascolto giovanile delle r. pubbliche, in particolare in Svezia, il Paese dove è nato il servizio di streaming musicale Spotify.

Un bilancio più generale non potrebbe tuttavia negare che la r., così come capitato nel corso del 20° sec. di fronte ad altre innovazioni tecnologiche, abbia mostrato forti capacità di resilienza. Certi elementi strutturali (l’immediatezza, la leggerezza tecnologica, l’uso in mobilità, gli spazi per la riflessione pacata e per le conversazioni collettive, il veicolo musicale, costi decisamente inferiori alla TV e maggiore libertà rispetto alla tirannia dell’audience e della pubblicità) continuano a permetterle di rispondere a esigenze sociali connettive, identitarie, partecipative, di conoscenza. L’interattività è anzi un elemento che consolida queste funzioni, così come i dispositivi mobili non fanno che rafforzare il suo possibile uso interstiziale, segmentato, multitasking.

Innovazioni tecnologiche e ascolto. – Digitale e Internet hanno contribuito inoltre ad arricchire le piattaforme attraverso le quali si può oggi ascoltare la radio. Tecnicamente gli strumenti attraverso i quali è possibile l’ascolto sarebbero diciotto, indichiamo qui i principali: FM, onde medie, onde lunghe, onde corte, digitale, televisione digitale, tutti i tipi di telefoni mobili, satellite, web, social network. Una varietà di piattaforme che sta determinando modificazioni sensibili nel modo in cui le persone ascoltano la radio.

Secondo ricerche britanniche del 2014, il 6,4% dell’ascolto totale della r. nel Regno Unito, in termini di ore, avviene on-line o attraverso app. L’ascolto on-demand, non in simultanea, è attorno al 2,8%, ma sono percentuali destinate a crescere. Negli Stati Uniti i numeri sono sensibilmente più alti, in particolare l’ascolto della radio attraverso digital devices. In Italia si registrano dati più bassi di quelli anglosassoni, ma la linea di tendenza è la stessa.

I numeri del podcast sono mutevoli, BBC (British Broadcasting Company) Radio ne conta in media più di 20 milioni al mese, RadioRAI attorno ai sette, Radio France circa dieci. È difficile prevedere se il podcast sarà una tecnologia che si rafforzerà o invece è destinata alla marginalizzazione. Diversi analisti ritengono che sia una tecnologia di passaggio e che in futuro, con la diffusione della banda larga e di devices sempre più efficienti, crescerà molto l’ascolto via streaming, e in effetti i dati della BBC ci dicono che le richieste via iplayer per i programmi sono in media per l’80% simulcast e per il 20% on-demand. Alcune ricerche americane, tuttavia, danno risultati più incerti. Nel 2014 i download sono risultati in costante crescita, negli Stati Uniti ogni giorno vengono ascoltate 21 milioni di ore di podcast, e ciò impone una riflessione: chi ascolta podcast ogni giorno tende a usarlo come principale modo di ascolto, e il numero è in aumento. Secondo diversi studiosi anglosassoni la r. avrà sempre uno zoccolo duro di ascolto live and local, ma la previsione più ragionevole sembra quella di una multipiattaforma fatta di live, simulcast e on-demand.

Le percentuali di ascolto in macchina sono mutevoli, ma restano alte: nel Regno Unito circa il 20%, negli Stati Uniti attorno al 50%, in Italia attorno al 60%. Nei menu degli apparecchi di nuova generazione, tuttavia, la r. è spesso la quarta opzione, e Google ha annunciato il varo di una self driving car. Il che potrebbe significare la possibilità di svolgere altre funzioni diverse dalla guida mentre si è in macchina e una conseguente diminuzione del consumo di radio.

Dopo l’FM: l’ascolto via web e le web radio. – Qualche anno fa il destino della r. dal punto di vista della trasmissione sembrava chiaro. Dall’FM (Frequency Modulation) si sarebbe passati al digitale, in anticipo rispetto alla televisione. È dagli anni Ottanta che si discute di DAB (Digital Audio Broadcasting), e tuttavia il progresso è stato molto più accidentato di quello televisivo. Incertezze sugli standard, sviluppo non coordinato a livello sovranazionale, scarsa consapevolezza tra i consumatori, sperimentazioni poco convinte, un’industria tentennante, debole motivazione dei fabbricanti di apparecchi, una filiera di mercato poco coinvolta. Il risultato è stato un progresso lento e incerto. La r. digitale si sta diffondendo, ma c’è tuttora un problema di standard condivisi e in parte già obsoleti al momento della presentazione, di costi eccessivi per le r. comunitarie e locali, di abbandono delle poco remunerative aree rurali. Alcuni Paesi puntano sul DAB, altri sul DAB+ (che ha aggiornato il programma DAB a partire dal 2007), o sul DMB (Digital Multimedia Broadcasting), altri ancora sul DRM (Digital Radio Mondiale). Alcune case di produzione stanno lanciando sul mercato smartphone con all’interno il DAB+. Solo Norvegia, Danimarca e Regno Unito hanno previsto per legge lo switch-off dall’analogico al digitale, ma condizionato alla diffusione e alla copertura. Il Nord Europa è più avanti, con aree in cui più del 50% della popolazione ascolta la r. in digitale, ma l’FM continua comunque a essere il più diffuso strumento di ascolto in tutti i Paesi, tranne un paio di eccezioni. Non aiuta, poi, il salto tecnologico imposto da Internet. La rete, la digitalizzazione e gli sviluppi del mercato hanno reso possibile la nascita e l’ingresso di migliaia di web r., ma anche le r. tradizionali sono tutte ascoltabili via web e in modo sempre più facile e mobile, grazie ad app e dispositivi.

Mentre l’Europa oscilla nell’incertezza, negli Stati Uniti si vanno percorrendo altre strade: il sistema IBOC (In Band On-Channel), che mescola efficacemente componenti di modulazione analogica convenzionale e componenti digitali. È stato coniato il brand HD Radio, nel 2014 erano in funzione più di 10 milioni di apparecchi con questo sistema. Si è poi affermata la piattaforma satellitare Sirius XM, che offre ai suoi circa 25 milioni di abbonati un’ampia offerta radiofonica a pagamento.

Assetti economici e giuridici. – Il fenomeno più evidente dell’ultimo ventennio, specie in Occidente, è la tendenza a una progressiva concentrazione degli assetti proprietari, con l’assorbimento da parte dei grandi gruppi di molta piccola emittenza. Le fonti di finanziamento oggi si basano su un sostegno interamente pubblico o su sistemi misti – sostegno pubblico, abbonamenti e raccolta pubblicitaria – o ancora su base solo commerciale, tramite ricavi pubblicitari o finanziamenti privati. Il nuovo contesto sta imponendo anche un ripensamento degli assetti giuridici che regolamentano il settore. A fronte dell’ingresso di migliaia di nuovi attori il regolatore sarà costretto ad aggiornare i criteri di ingresso. I Paesi occidentali hanno normative diverse, quasi tutti richiedono tuttora una forma di autorizzazione, in linea di massima circa la metà dei Paesi europei vuole la licenza per qualsiasi tipo di trasmissione, e l’altra metà una semplice comunicazione. In Italia è il governo ad accordare le licenze di trasmissione terrestre e via cavo, mentre è l’AGCOM (Autorità per le Garanzie nelle COMunicazioni) a concederle per i canali satellitari.

La radio nel mondo. – A seconda delle aree geografiche, le trasformazioni menzionate conoscono evoluzioni differenti e percorsi diversi. Se in Occidente la r. è pienamente parte della metamorfosi dettata dal digitale, in altre aree del mondo i modi di produzione e di fruizione restano gli stessi del Novecento, e ci sono Paesi in cui la r. ha una centralità che in Occidente si è obiettivamente perduta. In alcune aree economicamente poco sviluppate è tutt’oggi il medium più diffuso. È così nell’Africa subsahariana, nelle zone interne del Brasile, nei Paesi dell’Indocina.

Esiste una correlazione stretta tra regimi politici e modello pubblico-privato. Nei Paesi di debole libertà politica la r. è spesso centralizzata e controllata dai governi, gli esempi più evidenti sono le autocrazie asiatiche, le teocrazie mediorientali e Cuba. In Sud America e in Nord Africa si sta assistendo a un progressivo sviluppo delle r. commerciali, così come sono in crescita le r. comunitarie sia in Africa sia in Medio Oriente, mentre nell’America Meridionale la tradizione è storicamente più forte. Il web e le web r. stanno comunque ridefinendo il quadro anche fuori dall’Occidente, perché le generazioni più giovani hanno stili di vita che le avvicinano a quelle occidentali. L’incremento portato dal web rende inoltre difficile un calcolo globale del numero delle r. – si parla di circa 50.000 emittenti attive – e indebolisce la divisione classica tra pubbliche, commerciali e comunitarie. In generale, la radiofonia pubblica resiste meglio in quei Paesi dove si è investito in tecnologia e contenuti tematici, mentre è più debole laddove la liberalizzazione è stata selvaggia e gli investimenti scarsi.

Bibliografia: M. Gambaro, La radio tra multimedialità e dimensione locale, Roma 2010; P.F. Bonoît, Digital radio and market failure: a tale of two complementary platforms, «The journal of policy, regulation and strategy for telecommunications, information and media», 2012, 14, 5, pp. 3-20; E. Menduni, Il mondo della radio: dal transistor ai social network, Bologna 2012; D. Hendy, Public service broadcasting, Basingstoke 2013; La radio in Italia, a cura di T. Bonini, Roma 2013; C. Schweizer, M. Puppis, M. Künzler, S. Studer, Blast from the past? A comparative analysis of broadcast licensing in the digital era, «Journal of information policy», 2014, 4, pp. 507-28; M. Sinibaldi, Un millimetro in là. Intervista sulla cultura, a cura di G. Zanchini, Roma-Bari 2014; Radio audiences and participation in the age of network society, ed. T. Bonini, B. Monclús, New York-London 2014. Si veda inoltre James.cridland.net (25 ag. 2015).

Radiodramma di Rodolfo Sacchettini. – Genere artistico storicamente commissionato e prodotto dalle reti nazionali, in particolare in Italia, dagli anni Novanta, da Radio 3 RAI. La dipendenza dall’ente pubblico ha cominciato a diminuire negli ultimi anni con la diffusione delle tecniche digitali di montaggio e di registrazione e l’esplosione del web. Questi due aspetti hanno permesso di individuare inedite modalità produttive e distributive, con il conseguente fiorire di sperimentazioni e di una rinnovata attenzione all’arte dell’ascolto. Sono nati, in Italia e all’estero, percorsi ibridi, nei quali il radiodramma si è confrontato con nuove forme di radio art e di documentario radiofonico. La diffusione della rete ha permesso anche lo svilupparsi di grandi archivi sonori e una maggiore facilità nell’accedere a materiali passati: rintracciare i fili di una storia è stato il primo passo per l’arricchimento di un immaginario radiofonico, fino ad adesso non privo di lacune storiografiche, dovute anche alla difficoltà di recupero delle fonti primarie.

La ricca stagione degli anni Settanta, contraddistinta da progetti prestigiosi con scrittori e attori di primo livello (come, per es., Le interviste impossibili) e da opere radiofoniche di registi specializzati (Giorgio Pressburger, Giorgio Bandini), si interruppe drasticamente con la riforma della RAI del 1975. Il decennio successivo, segnato dal trionfo dell’immagine televisiva, negò quasi completamente lo spazio al radiodramma, lasciando sopravvivere solo pochi programmi sperimentali (per es., Audiobox. Spazio multicodice di Pinotto Fava) e privilegiando lo sceneggiato.

Alla fine degli anni Novanta, grazie soprattutto a Roberta Carlotto, responsabile dello spettacolo, poi direttrice di Radio 3 RAI, tornò un vivo interesse per l’uso creativo della r., in particolare in relazione al teatro: Luca Ronconi con Teatri alla radio (dal 1997) curò la produzione di trentacinque opere di drammaturgia italiana novecentesca con registi teatrali e cinematografici; Franco Quadri (dal 2000) propose la messa in r. di dieci testi teatrali europei ancora inediti in Italia; Mario Martone (dal 2002) con Il terzo orecchio invitò alcuni tra i più importanti gruppi della scena teatrale di ricerca a comporre un radiodramma originale. Con Atto unico presente (dal 2002), a cura di Anna Antonelli e Lorenzo Pavolini, si sono poi promosse opere nuove nate dalla collaborazione tra scrittori, registi teatrali e cinematografici, musicisti.

Dopo una nuova interruzione è stato solo dal 2011 con l’iniziativa Tutto esaurito!, a cura di Antonio Audino e Laura Palmieri, che è stato rilanciato il radiodramma, con la messa in onda di opere nuove e il recupero di materiale d’archivio. Intanto, al di fuori della RAI, è stato soprattutto all’interno del Festival di Santarcangelo, a cura di Rodolfo Sacchettini, che dal 2009 al 2014 si sono sviluppati progetti radiofonici con il coinvolgimento di numerosi gruppi della ricerca teatrale (Menoventi, Fanny & Alexander, C. Morganti, Teatro Sotterraneo, C. Guidi, Muta Imago, I Sacchi di Sabbia, Zimmerfrei, Kinkaleri, tra gli altri) e si sono sperimentati, oltre alle opere da mandare in onda, formati ibridi e radiodrammi live. Dal 2011 Sergio Ferrentino con Fonderia Mercury e il progetto AutoreVole ha invitato il pubblico ad assistere, come a uno spettacolo, alla realizzazione dal vivo di radiodrammi originali composti da scrittori affermati e ascoltati in cuffia.

Bibliografia: Enciclopedia della radio, a cura di P. Ortoleva, B. Scaramucci, Milano 2003; R. Sacchettini, La radiofonica arte invisibile. Il radiodramma italiano prima della televisione, Corazzano 2011; L. Pavolini, Si sente in fondo? Avventure dell’ascolto, Roma 2013; T. Bonini, Chimica della radio, doppiozero ebook, 2014.

TAG

America meridionale

Sistemi operativi

Tablet, computer

Microprocessori

Franco quadri