Orazio Flacco, Quinto

Enciclopedia dei ragazzi (2006)

Orazio Flacco, Quinto

Francesco Ursini

La poesia della vita quotidiana

Vissuto nel 1° secolo a.C., Orazio può essere definito come il più classico dei poeti latini sia per il contenuto sia per la perfezione formale della sua poesia. Egli ha infatti cantato un atteggiamento morale e uno stile di vita ispirati alla semplicità, al distacco dalle passioni e al senso della misura in una forma a sua volta sobria, composta e regolare. Questo ha fatto di lui il modello per eccellenza del classicismo di ogni epoca

Gli Epodi

Nato a Venosa, nell’attuale Basilicata, nel 65 a.C. da una famiglia modesta, Quinto Orazio Flacco si reca per motivi di studio prima a Roma e poi, intorno ai vent’anni, ad Atene. Qui si arruola nell’armata di Bruto, che combatteva insieme a Cassio contro Ottaviano e Antonio in difesa della libertà repubblicana, e riceve addirittura il comando di una legione, ma nel 42 a.C. l’esercito repubblicano viene sconfitto a Filippi. Un anno dopo Orazio torna a Roma, dove comincia la sua carriera di poeta e viene presto ammesso nel circolo di Mecenate, potente protettore di poeti e letterati.

Queste esperienze giovanili si riflettono nella prima opera scritta da Orazio, gli Epodi (41-30 a.C.), una raccolta di 17 componimenti che alternano quasi tutti un verso più lungo e uno più breve (quest’ultimo detto appunto epodo) e che si ispirano alla poesia lirica del greco Archiloco. I temi sono i più vari: invettive contro personaggi immaginari o reali, lamento sulle guerre civili, celebrazione del vino e dell’amore. Rispetto alle opere successive, gli Epodi si caratterizzano per il tono spesso polemico e violento, estraneo alla più sobria poesia della maturità.

Le Satire

Nello stesso periodo degli Epodi Orazio scrive anche i due libri delle Satire, 18 componimenti in esametri, la forma metrica adottata per le opere a carattere discorsivo. Ispirandosi alle satire di un altro poeta latino, Lucilio, Orazio ne riprende la scelta degli argomenti, che vanno dalla critica della società contemporanea alle polemiche letterarie, dalle discussioni filosofiche all’autobiografia.

All’aggressività del modello egli sostituisce un più pacato moralismo che individua la felicità nell’indifferenza ai beni esteriori e mondani e nella moderazione, cioè nella ricerca del giusto mezzo.

Per il loro carattere moralistico e per la presenza di numerose massime filosofiche, le Satire, insieme alle Epistole, sono state l’opera di Orazio più letta e apprezzata nel Medioevo.

Le Odi e le Epistole

Verso il 33 a.C. Mecenate dona a Orazio un podere nella Sabina, grazie al quale il poeta può godere fino alla morte di tranquillità economica e di un rifugio dallo stress della vita cittadina. Negli anni seguenti (30-23 a.C.) egli lavora ai primi tre libri delle Odi, 88 componimenti nei quali prende a modello i lirici greci (soprattutto Alceo, ma anche Saffo, Anacreonte, Pindaro) per cantare, spesso in forma di meditazione filosofica, una grande varietà di temi: la brevità della vita e la necessità di godere del presente (carpe diem «cogli il giorno» prima che sia passato, secondo i precetti della filosofia dell’epicureismo), l’amore, l’amicizia, la campagna, la poesia e, insieme, la celebrazione di Roma e del regime di Ottaviano Augusto. Lo stile è allo stesso tempo semplice per la limpidezza dell’espressione ed elevato per l’elaborata costruzione delle frasi: sarà imitato da tutti quei poeti lirici – da Petrarca fino a Leopardi, a Carducci e a Pascoli – che cercheranno di riprodurre nelle loro opere la perfezione formale dei classici.

Nell’ultima parte della sua vita (23-28 a.C.) Orazio scrive il quarto libro delle Odi, contenente altri 15 componimenti, e il Carmen saeculare («carme cantato nel corso dei giochi secolari» che si celebravano, cioè, ogni cento anni), un inno agli dei commissionato da Augusto per una celebrazione religiosa ufficiale. Torna poi al genere delle Satire con i due libri di Epistole, 22 componimenti in forma di lettere poetiche. Il secondo libro comprende la grande epistola ai Pisoni, nota come Ars poetica («L’arte della poesia»): in essa Orazio espone la propria concezione della letteratura e della poesia, rielaborando in modo originale teorie di Aristotele e della sua scuola: a partire dall’Umanesimo l’opera sarà un modello per tutti i teorici moderni del classicismo.

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