Qabbalah

Dizionario di Storia (2011)

qabbalah


Complesso delle dottrine mistiche ed esoteriche ebraiche circa Dio e l’universo, che si riteneva fossero state rivelate a un numero ristretto di persone e tramandate da generazione a generazione. In tale accezione il termine è usato non prima del sec. 13°. Si possono distinguere nella q.: una letteratura mistica in senso stretto, una più propriamente iniziatica, in cui l’accento è posto sul carattere segreto ed elitario degli insegnamenti e dei riti; e, infine, una letteratura a carattere magico e occultistico. Gli stessi cabalisti hanno sentito la necessità di distinguere una q. speculativa e teoretica da una q. pratica o teurgica. Nel 15° sec. si sviluppò in ambienti solo contigui alla cultura ebraica la cosiddetta q. cristiana, sulla quale influì anche il pensiero di alcuni ebrei convertitisi al cristianesimo. Assurse a grande notorietà con Pico della Mirandola, che aveva appreso l’ebraico da Flavio Mitridate e in alcune delle sue 900 tesi volle dimostrare che nella q. era contenuta la prova della divinità di Cristo. Pico esercitò notevole influenza sull’altro grande rappresentante del movimento, Johannes Reuchlin, che espose le sue teorie in proposito nelle due opere De verbo mirifico e De arte cabalistica, e poi ancora su Egidio da Viterbo e Francesco Giorgio Veneto. Al francese Guillaume Postel (16° sec.) si devono le traduzioni dei due maggiori testi cabalistici ebraici, lo Zohar e il Sefer Yetzirah, grazie alle quali la loro conoscenza uscì dall’ambiente limitato dell’ebraismo. L’esempio di Postel fu seguito, nel Seicento, da Christian Knorr von Rosenrot (autore di una Kabbala denudata) e da Athanasius Kircher. Successivamente le dottrine della q. cristiana influenzarono in maniera notevole l’esoterismo francese, anche quello di tipo massonico.

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