Punti caldi

Enciclopedia della Scienza e della Tecnica (2008)

punti caldi

Carlo Doglioni
Fabrizio Innocenti

Aree della superficie terrestre dove vi è una sovraproduzione magmatica, per lo più di composizione basaltica. Queste zone possono essere localizzate sia all’interno sia ai margini delle placche. Hanno volumi di magmi eruttati che variano da poche decine di km3, fino a svariati milioni di km3. Talora danno origine a grandi espandimenti basaltici, detti anche Large igneous provinces, o LIP che hanno volumi generalmente maggiori di 0,1 Mkm3 (Deccan, Paraná, Siberia occidentale, traps in aree continentali, o l’Ontong-Java, Kerguelen, plateaux in zone oceaniche). In alcuni casi le effusioni magmatiche generano delle tracce con età progressivamente più giovane, come l’esempio emblematico della catena delle isole Hawaii che rappresentano la punta estrema di una catena sottomarina che parte dal nord-ovest Pacifico con età comprese tra oltre 70 milioni di anni fino a 47 (Emperor), e poi cambiando direzione continua fino all’attuale fronte del Mauna Loa. Le isole Hawaii, come anche altre catene lineari del Pacifico, di età progressivamente più vecchia e in grandissima parte sottomarine (Samoa, Louisville, Marquesas), sono localizzate all’interno della placca, e si ­sono formate indipendentemente dall’attività dei margini. Per questa ragione sono state utilizzate come importanti indicatori cinematici delle placche perché interpretate come sorgenti mantelliche localizzate al di sotto del piano di scollamento astenosferico su cui la litosfera si muove. Questi punti caldi (o hotspots) hanno permesso la creazione di un sistema di riferimento cui ancorare il movimento delle placche (hotspot reference frame). Vi sono anche altre catene lineari che però si sono formate in prossimità di margini di placca come, per es., quelle generate dalla progressione del magmatismo delle isole di Tristan da Cuna e Ascencion in prossimità della dorsale medio atlantica. L’origine dei punti caldi è tuttora dibattuta. Un meccanismo proposto è che siano manifestazioni magmatiche di fusi collegati a colonne di materiale relativamente leggero che si origina probabilmente alla base del mantello, per il raffreddamento del nucleo terrestre, a 2900 km di profondità. Un modello alternativo prevede, invece, un’origine dal mantello astenosferico, legata a diverse possibili cause, quali la presenza di fluidi nel mantello che abbassano la temperatura di fusione e che, quindi, favoriscono la sovraproduzione magmatica, oppure il calore di frizione generato dalla scollamento tra litosfera e astenosfera. Altri meccanismi possono essere imputati a processi di rifting nella litosfera, che generano una risalita e dunque una depressurizzazione del mantello.

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