PULSAR

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1981)

PULSAR

Livio Gratton

. Neologismo scientifico (dall'ingl. pulsating radio source) che designa una classe particolare di radiosorgenti scoperte nel 1967 da un gruppo di radioastronomi inglesi, A. Hewish, J. D. H. Bell, S. Y. Pilkington, P. F. Scott, R. A. Collins. La caratteristica principale delle p. è l'emissione di brevi impulsi di radiazione a intervalli di tempo che si mantengono quasi rigorosamente costanti; i periodi vanno da 1/30 di secondo fino ad alcuni secondi.

Quasi subito dopo la scoperta delle p., T. Gold e F. Pacini suggerirono che il meccanismo dell'emissione periodica delle p. fosse la rotazzione di un corpo estremamente denso (stella di neutroni) dotato di un campo magnetico di grande intensità; tale ipotesi riprendeva un'idea proposta dallo stesso Pacini, prima che si scoprissero le p., per spiegare la sorgente di energia della Crab Nebula (nebulosa "Granchio"), una nube di gas e plasma altamente energetico generata dall'esplosione di una supernova avvenuta l'anno 1054 d. C. nella costellazione del Toro. La successiva scoperta di una p. nel centro di tale nebulosa è generalmente considerata come la conferma definitiva dell'ipotesi di Gold e di Pacini. La p. NP 0532 che è al centro della nebulosa Granchio, ha il periodo più corto finora conosciuto, 0,033 sec, ed è l'unica p. identificata con un oggetto ottico; una stella di magnitudine 18 circa, la cui luce pulsa con lo stesso periodo di 0,033 sec; essa è anche una sorgente di raggi X pulsante sempre con lo stesso periodo. Le p. conosciute alla fine del 1978 erano più di cento.

1. Proprietà generali delle pulsar. - Com'è stato accennato, l'emissione delle p. è concentrata in brevi impulsi, la cui durata è 1/10 ÷ 1/100 del periodo; l'intensità degl'impulsi è molto variabile, in contrasto con la grande regolarità del periodo. Gl'impulsi ottici e di raggi X di NP 0532 mostrano invece una grandissima regolarità e si ripetono in modo identico a ogni ciclo. Il periodo non è rigorosamente costante, ma in tutti i casi osservati esso si va allungando lentamente e progressivamente con il tempo. Siccome le onde elettromagnetiche di lunghezza diversa si propagano nel mezzo interstellare con velocità leggermente differente, osservando componenti a frequenze diverse degl'impulsi, si nota un ritardo che dipende dalla distanza della p. e dalla densità elettronica del mezzo. In tal modo si può valutare la distanza delle p.; le distanze così determinate vanno da qualche centinaio di parsec per le più vicine a qualche migliaio per le più lontane.

Nota la distanza, si può determinare la potenza emessa nei singoli impulsi come pure quella media sopra un ciclo. Questa è molto elevata: da 1021 a 1024 W in media sopra un ciclo; ma nel caso di NP 0532, la potenza emessa sotto forma di radiazione ottica e raggi X è assai maggiore: 1027 e 1030 W, rispettivamente. Per confronto si deve ricordare che la potenza emessa dal Sole su tutto lo spettro elettromagnetico è di 2 • 1026 W. D'altra parte, la brevità degl'impulsi mostra che la regione interessata nell'emissione dev'essere molto piccola: minore del prodotto della durata di un impulso per la velocità della luce. Le dimensioni così valutate sono dell'ordine di alcuni chilometri o, al più, di un centinaio di chilometri.

Com'è stato detto, NP 0532 si trova nel centro della Crab Nebula, che è un resto di supernova; anche un'altra p., PSR 0833, si trova entro un resto di supernova nella costellazione Vela. Queste due sono le due p. con i periodi più brevi conosciuti, quello di PSR 0833 essendo di 0,089 sec; sono anche le uniche p. finora scoperte entro resti di supernova. Ciononostante si ritiene che tutte le p. siano state generate a seguito di un'esplosione di supernova; la ragione del fatto che solo due di esse - quelle di periodo più corto - si trovino effettivamente nel resto di un'esplosione si attribuisce alla brevità della vita media sia delle p., sia delle nebulose prodotte dall'esplosione. La vita media di una p. può essere calcolata in base all'aumento progressivo del periodo; essa risulta di circa 1000 anni per NP 0532 e può arrivare a qualche decina di milioni di anni per le p. di periodo più lungo. D'altra parte la nube di gas che si forma per l'esplosione di una supernova si dissolve rapidamente nello spazio: perciò tra le p. più lente, che vivono più a lungo, soltanto una ogni 100 al più potrebbe avere ancora intorno a sé una nube, residuo dell'esplosione. Si conoscono 5 o 6 resti di supernova, le cui esplosioni sono avvenute in tempi recenti; oltre alla Crab, la cui esplosione è stata registrata negli annali cinesi del 1054 d. C., sono noti i resti delle supernovae di Tycho (1572) e di Keplero (1604) e la radiosorgente Cas A, che è stata generata da un'esplosione avvenuta nella prima metà del sec. 18°, la quale peraltro non è stata osservata né in Europa né altrove. Un altro possibile resto di un'esplosione piuttosto recente (1006 d.C.), registrata negli annali cinesi, è una radiosorgente nella costellazione Lupus. Tuttavia a nessuna di queste esplosioni è associata una p., mentre l'esplosione da cui si è formata la p. PSR 0833 in Vela dev'essere avvenuta in un'epoca considerevolmente più remota. Ciò probabilmente significa che non tutte le esplosioni di supernovae, ma solo quelle che soddisfano certe condizioni, che ancora non si conoscono, possono generare una p. osservabile.

2. Meccanismo di radiazione. - La formazione di una stella di neutroni come risultato dell'esplosione di una supernova sarà descritta più avanti; per ora ciò che interessa è che il prodotto dell'esplosione è un corpo estremamente denso, che ruota su sé stesso con un periodo uguale a quello delle pulsazioni osservate. La grande densità si deduce dal periodo: se il corpo fosse meno denso, esso sarebbe immediatamente distrutto dalla forza centrifuga; con un periodo P dell'ordine di 1 sec, la densità limite è molto maggiore di quella di qualunque sostanza conosciuta; per P = 0,033 sec la densità è uguale a quella di un nucleo atomico, come se la p. fosse un unico nucleo gigantesco.

Se un corpo che ruota così rapidamente possiede anche un campo magnetico, esso diviene una macchina elettrica capace di accelerare particelle cariche, per effetto del campo elettrico che si forma alla superficie di un conduttore che ruota su sé stesso trascinando nella rotazione un campo magnetico; un apparecchio di questo genere in esperienze di laboratorio viene chiamato un "induttore unipolare". Come si dirà, in base alla teoria della formazione di una stella di neutroni a seguito del collasso di una stella ordinaria, si deve presumere che alla superficie di una p. il campo magnetico è di 1012 oersted o anche più; la forza che si esercita su di un elettrone per effetto della rapida rotazione di un campo magnetico così intenso è per molti ordini di grandezza superiore alla gravità. La rotazione, unita all'esistenza di un campo magnetico, è perciò un eccellente meccanismo per estrarre elettroni dalla stella, enormemente accelerandoli.

La regione circostante alla p., sede di campi magnetici così intensi ("magnetosfera"), si presenta divisa in maniera naturale in due parti. Nella parte più interna, il campo magnetico ruota con la stessa velocità angolare della p. ("magnetosfera co-rotante"); in essa le linee di forza si chiudono, cioè escono da un punto della superficie e rientrano in un punto più o meno simmetrico rispetto all'equatore (magnetico). Le cariche elettriche si muovono lungo le linee di forza e rimangono sempre attaccate alla stella. Questa corotazione del campo non può naturalmente estendersi fino all'infinito, perché a una certa distanza dall'asse di rotazione la velocità diventerebbe superiore a quella della luce. Perciò la regione esterna a un cilindro, alla cui superficie la velocità di corotazione è uguale alla velocità della luce ("magnetosfera aperta"), ha un regime diverso; le linee di forza magnetiche non si chiudono e le cariche che seguono queste linee vengono proiettate nello spazio con un'enorme velocità. Questa regione è sede di onde elettromagnetiche con frequenza uguale a quella della rotazione della p. e di ampiezza estremamente grande; i campi che così si producono possono accelerare cariche elettriche fino a velocità dell'ordine della velocità della luce in un tempo assai breve. Gli elettroni che si muovono con velocità così elevate in un campo magnetico devono a loro volta emettere onde elettromagnetiche per "radiazione di sincrotrone", la cui frequenza dipende dall'energia a cui sono stati accelerati e dall'intensità del campo.

Non è ben chiaro perché l'emissione di radiazione avvenga per impulsi anzi che con continuità; certamente a distanza molto grande l'emissione dev'essere continua. A distanza non molto grande, entro la magnetosfera aperta o addirittura nella magnetosfera corotante, l'emissione dovrebbe essere per qualche motivo fortemente direzionale; si produce allora il cosiddetto "effetto faro": la radiazione è costituita da un fascio che gira insieme con la stella e quando esso investe l'osservatore, questi osserva un impulso di radiazione di durata proporzionale all'apertura del fascio. Il motivo di questa direzionalità non è però conosciuto.

C'è inoltre una differenza tra l'emissione delle onde nella regione delle radiofrequenze e quella delle onde luminose e di raggi X. Nel caso X e ottico gli elettroni intervengono individualmente nell'emissione della radiazione di sincrotrone; nel caso radio, invece, le cariche emittenti sono gruppi o sciami (bunches) di elettroni che si muovono insieme, dando luogo a un processo collettivo di emissione; altrimenti sarebbe impossibile comprendere l'intensità dell'emissione nelle frequenze radio. Ciò spiega inoltre la variabilità degl'impulsi radio e la costanza di quelli ottici, perché i bunches possono essere più o meno grossi e quindi possedere cariche molto diverse (mentre le cariche individuali degli elettroni sono naturalmente tutte uguali).

Naturalmente l'energia irradiata è fornita dalla rotazione; in realtà la perdita di energia si deve soprattutto alle onde di grande ampiezza e di frequenza uguale alla frequenza di rotazione. L'energia totale così perduta si può calcolare in base al rallentamento della rotazione, cioè all'allungamento del periodo. Nel caso di NP 0532, si trova che la perdita di energia della p. è uguale all'energia emessa dalla nebulosa Crab (potenza di circa 1033 W); questa coincidenza è considerata come la prova che la fonte dell'energia emessa dalla Crab quasi 1000 anni dopo l'esplosione della supernova è continuamente fornita dalla p. centrale.

3. Esplosione di una supernova e formazione di una stella di neutroni. - Com'è noto, durante l'evoluzione normale di una stella, l'energia che essa va irradiando nello spazio è fornita dalle reazioni nucleari che si svolgono nel suo interno; queste reazioni sintetizzano a partire dall'idrogeno elementi via via più pesanti, "liberando" l'energia di legame dei nuclei atomici. In tal modo dapprima viene trasformata in elio una parte importante dell'idrogeno contenuto in una stella; questa è la fase evolutiva che dura più a lungo e corrisponde a quella che si chiama la "sequenza principale". Successivamente sono sintetizzati elementi di peso atomico maggiore, mentre la stella si trasforma in una "gigante rossa". Il processo di sintesi non può, però, andare oltre gli elementi del gruppo del ferro, perché a questi corrisponde la massima energia di legame possibile e quindi per formare nuclei più pesanti del ferro occorre fornire energia (reazioni endotermiche). In queste condizioni una stella diviene fortemente instabile, perché se si contrae liberando energia gravitazionale essa deve riscaldarsi, ma, quando si riscalda, le reazioni endotermiche sono accelerate e quindi assorbono energia ancor più rapidamente; inoltre, se la temperatura interna supera un certo limite, un'enorme quantità di energia va perduta per la produzione di neutrini (attraverso la formazione e successiva disintegrazione di coppie elettrone-positone), che sfuggono dalla stella.

Ne segue un rapidissimo collasso della stella, cioè la sua trasformazione in un corpo di altissima densità. I calcoli di S. A. Colgate e altri ricercatori mostrano che il processo di collasso dà, però, luogo a una violentissima espulsione di una parte più o meno grande della massa, mentre il resto collassa; questo evento viene chiamato l'esplosione di una supernova. Va peraltro notato che, finora, da quando nell'Universo hanno cominciato a formarsi le stelle, solo quelle che hanno una massa superiore a quella del Sole hanno avuto tempo sufficiente per attraversare tutte le fasi evolutive che precedono l'esplosione.

Comunque, tutto ciò fa prevedere che il risultato finale di questa evoluzione è un corpo di altissima densità, circondato da una massa gassosa che si va disperdendo rapidamente nello spazio. Non è possibile prevedere quale frazione della massa della stella esplosa rimane nel corpo collassato e quale va a formare la nube gassosa che si suol chiamare il "resto di supernova"; inoltre non è detto che tutte le stelle debbano subire un collasso. Invero si deve presumere che, a seconda delle circostanze, un certo numero di stelle seguano un cammino diverso formando in modo più tranquillo prima una nebulosa planetaria e poi una stella di alta, ma non altissima, densità ("nana bianca"). Comunque, nel caso del collasso-esplosione, possono esserci due possibilità: o la massa che rimane nel corpo centrale è ancora alquanto elevata, superiore a una massa critica dell'ordine di tre masse solari (il valore esatto non si conosce), oppure essa è minore di questo valore. Nel primo caso è stato dimostrato che non esiste una configurazione di equilibrio; il collasso prosegue indefinitamente e la massa del corpo si ritira all'interno di una superficie, il cui raggio ("raggio di Schwarzschild") è proporzionale alla massa stessa, scomparendo all'osservazione; l'unico segno della sua esistenza è in queste condizioni la sua azione gravitazionale sui corpi circostanti. Il nome che si dà comunemente a questo oggetto è buco nero (black hole) perché esso inghiotte tutto ciò che si avvicina, compreso la luce, senza emettere nulla. Per un osservatore lontano, il processo di formazione di un buco nero dura infinitamente a lungo, ma la "inosservabilità" dell'oggetto è praticamente completa dopo pochi secondi.

Nel caso che la massa sia inferiore alla massa critica, essa può invece trovare una configurazione di equilibrio, quando la densità raggiunge un valore dell'ordine di quella dei nuclei atomici; a questa densità i neutroni liberi, che in condizioni ordinarie possono esistere solo all'interno dei nuclei, divengono stabili, cioè non possono disintegrarsi in un protone e un elettrone. Si forma così una "stella di neutroni", la cui esistenza era stata prevista da L. D. Landau e, poi, da J. R. Oppenheimer. Se la stella iniziale possedeva una certa rotazione e un campo magnetico, la stella di neutroni che si forma deve rotare molto rapidamente - per la conservazione del momento della quantità di moto - e il campo magnetico viene enormemente amplificato per la conservazione del flusso magnetico attraverso una superficie che si contrae insieme con la stella. Per es., se la stella iniziale possedeva lo stesso momento di quantità di moto e lo stesso campo magnetico del Sole, la stella di neutroni generata dal collasso avrebbe proprietà molto simili a quelle della p. NP 0532 nella Crab. Invero, com'è stato osservato da F. Pacini, tutte le proprietà delle p. si sarebbero potute prevedere prima della loro scoperta (e in parte erano state previste), tranne la proprietà che ha consentito di scoprirle: la radioemissione pulsata.

Le complesse proprietà delle stelle di neutroni, formate da un "nucleo superfluido", circondato da un inviluppo "cristallino" (M. Ruderman) non possono essere descritte in modo elementare. Ma si può far notare che l'energia irradiata dalle p. è, in ultima analisi, l'energia gravitazionale della stella iniziale, una parte della quale è trasformata durante il collasso in energia del moto di rotazione e successivamente in energia elettromagnetica e in energia cinetica del plasma circostante.

4. Sorgenti X rapidamente pulsate. - Le belle osservazioni effettuate soprattutto per mezzo del satellite Uhuru, lanciato nel 1971, hanno condotto alla scoperta di alcuni oggetti celesti che possiedono la singolarità di possedere un'emissione di raggi X fortemente pulsata, la quale presenta delle analogie con la radioemissione delle p. (X-pulsar) soprattutto per la lunghezza del periodo. A differenza delle p. che sono oggetti singoli (con una sola eccezione conosciuta), le sorgenti X pulsate sono tutte componenti di sistemi binari, di cui molto spesso l'altra componente è una stella almeno apparentemente normale: per lo più una stella di alta luminosità intrinseca ed elevata temperatura. I casi più tipici sono le sorgenti Cen X-3, che è il primo oggetto di questo tipo scoperto, e Her X-1; quest'ultima, che è la sorgente meglio studiata, è formata da una stella otticamente variabile, HZ Herculis, di tipo spettrale A-F, intorno alla quale ruota con un periodo di 1,7 giorni la sorgente X, che emette una radiazione pulsata con un periodo di 1,24 sec. La sorgente X è certamente un oggetto di piccole dimensioni e a ogni rivoluzione è eclissata dalla componente ottica; le dimensioni dell'orbita, il raggio della stella principale e le masse delle componenti si possono determinare senza difficoltà in base alla variazione del periodo delle pulsazioni causata dal moto orbitale, e alle circostanze dell'eclisse. Non tutte le caratteristiche singolari di questo notevole sistema sono completamente comprese, ma esiste un generale consenso sul fatto che la sorgente X sia una stella di neutroni che ruota su sé stessa con un periodo di 1,24 sec; l'emissione X si deve a materia proveniente dall'altra componente (la stella F), che cade continuamente sulla superficie della stella di neutroni e acquista, cadendo, un'energia molto grande a causa dell'intenso campo gravitazionale. Gl'impulsi sono dovuti, come nelle p., a un effetto faro; ciò che costringe a pensare a un campo magnetico che ruota insieme con la stella di neutroni.

Nell'evoluzione che ha preceduto la fase attuale, la stella più pesante era quella che ora è la stella di neutroni; essa ha compiuto la sua evoluzione nucleare più rapidamente dell'attuale componente F. Nell'ultima parte della sua evoluzione nucleare, divenuta una stella gigante, essa ha perduto una gran parte della sua massa, che si è trasferita all'altra componente - inversamente a quanto accade ora - la quale è divenuta così la più pesante delle due; una parte della massa è stata anche perduta nello spazio sia durante la fase di gigante rossa, sia durante l'esplosione che ha dato luogo alla stella di neutroni.

Ancora più enigmatico è il sistema di Cyg X-1. In questo caso la componente otticamente visibile è una supergigante di tipo spettrale O, il che indica una massa e una temperatura molto alte, e la sorgente X è pulsata, ma il suo periodo è piuttosto irregolare. Le masse delle componenti si possono ricavare dalle variazioni periodiche della velocità della componente O; si trova così che la massa della componente X è alquanto elevata (quasi 10 masse solari), il che ha condotto molti ricercatori a supporre che questa componente sia un buco nero, essendo questa massa superiore alla massa critica. In tal caso la materia che sfugge, come nel sistema di Her X-1, dalla componente stellare non dovrebbe cadere direttamente nell'altra, ma dovrebbe formare un "disco" o "anello" più o meno permanente, che ruota rapidamente intorno al buco nero. L'emissione X si dovrebbe formare in questo anello, perché il buco nero è, naturalmente, inosservabile direttamente. Si conosce finora un solo caso di una p. che faccia parte di un sistema binario PSR 1913-16. Attribuendo le variazioni del periodo all'effetto Doppler causato dal moto orbitale, si possono calcolare gli elementi dell'orbita, tra cui il periodo orbitale (0,323 giorni), l'eccentricità dell'orbita (0,617) e la longitudine del periastro. L'interesse particolare di queste osservazioni sta nel fatto che nei due anni in cui l'oggetto è stato osaervato è stato possibile mettere in evidenza un avanzamento del periastio simile a quello previsto dalla teoria generale della relatività per il pianeta Mercurio. Nel caso della p. le osservazioni consentono una verifica delle previsioni della teoria di Einstein con un errore non superiore a una parte su 2000, precisione assai superiore a quella corrispondente alle osservazioni di Mercurio, basate su alcuni secoli.

Bibl.: La riscoperta del cielo (a cura di L. Gratton), Milano 1976; L'Universo, problemi e incognite (a cura di P. Maffei), ivi 1976; L. Gratton, Introduzione all'astrofisica (stelle e galassie), Bologna 1978; H. L. Shipman, Buche nere, quasars e l'Universo (trad. it.), ivi 1978.

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