PULPITO

Enciclopedia dell' Arte Medievale (1998)

PULPITO

D.F. Glass

Il termine p., derivato dal lat. pulpitum, designa una piattaforma sopraelevata, utilizzata nelle chiese per leggere il vangelo, l'epistola e altre letture, per i canti liturgici e per la predicazione.Il p. appare documentato per la prima volta in un contesto cristiano negli editti del concilio di Laodicea, tenutosi nel 371 (Leclercq, 1907). Oltre a pulpitum, per definire la medesima struttura vengono generalmente utilizzati anche i termini suggestum, tribunal, analogium e ambo; ambo e pulpitum ricorrono in particolare nei testi liturgici, che non forniscono tuttavia alcuna distinzione funzionale tra i termini. Nell'uso comune il termine ambone (v.; da ambo) indica generalmente una struttura con due scale di uguali dimensioni, l'una per ascendere e l'altra per discendere, mentre il pulpitum, generalmente quadrato o rettangolare, presenta soltanto una scala. In epoca altomedievale nelle chiese italiane si trova più spesso un ambone che non un p., struttura più comunemente diffusa nel Medioevo maturo. Nelle chiese del Lazio e della Campania, in particolare, i p. e gli amboni compaiono sovente collocati ai lati della schola cantorum.Nel corso dei primi secoli del Medioevo il termine ambo godette a Roma di maggior favore rispetto a pulpitum, che non figura nel Lib. Pont. né nell'Ordo I - scritti nella città durante gli ultimi anni del sec. 7° - ma che ricorre nel racconto di Leone Marsicano (Chronica monasterii Casinensis; MGH. SS, XXXIV, 1980, p. 404) sulla ricostruzione della chiesa abbaziale di Montecassino a opera dell'abate Desiderio (1066-1071): il p. vi viene comunque descritto come ligneo, munito di sei gradini e utilizzato sia per la lettura sia per il canto. Non si sono conservati né a Roma né in generale nel Lazio p. lignei, sebbene la città subisse l'influsso di Montecassino per molti aspetti, sia della riforma gregoriana sia dell'arte. La maggior parte dei p. a Roma e nel Lazio, così come i pavimenti tessellati e altri elementi dell'arredo liturgico, sono firmati da una serie di famiglie romane che lavoravano il marmo, genericamente chiamate dei Cosmati (v.), oppure sono loro attribuiti. L'unico ambone perfettamente intatto firmato è quello di S. Maria di Castello a Tarquinia (prov. Viterbo), opera di Giovanni di Guittone, membro della famiglia di Ranuccio (o Rainerio), datato al 1209. A Roma, soltanto nella chiesa superiore di S. Clemente - basilica orientata a O, risalente al primo quarto del sec. 12° - si conserva intatta la recinzione della navata maggiore: un ambone è situato a metà del lato meridionale della schola cantorum, mentre di fronte, sul lato settentrionale, si trova un p. con due lettorini, uno più largo a E e uno più piccolo e alto a O. La coeva chiesa romana di S. Maria in Cosmedin - che presenta un normale orientamento - conserva all'interno della schola cantorum, ricostruita durante il sec. 19°, due pulpiti. Nonostante le due chiese abbiano un diverso orientamento, l'ambone risulta collocato sul lato sud, mentre il p. è sul lato nord: non sussiste in realtà alcuna anomalia per quanto concerne le posizioni, perché l'epistola veniva letta sul lato meridionale del presbiterio e il vangelo su quello settentrionale (Jungmann, 1948); in chiese che disponevano sia di un p. sia di un ambone sembrerebbe che la lettura dell'epistola avvenisse su quest'ultimo e quella del vangelo sul primo. Gli unici testi liturgici che menzionino due p. nelle chiese romane sono però quelli scritti dai maestri del cerimoniale pontificio; quando è presente un unico p. oppure un unico ambone, tuttavia, gli Ordines permettono di ipotizzare che il vangelo venisse letto su un gradino più alto rispetto a quello utilizzato per la lettura dell'epistola (Ordo V; Andrieu, 1931-1961). A Roma nel sec. 15° i p. cominciarono a essere sostituiti da un lettorino portatile presso l'altare.Come nel Lazio, in Campania molte chiese hanno o avevano due p. e, nonostante i rotuli degli Exultet dell'Italia meridionale ne conservino l'illustrazione, nessuna coincide nell'aspetto con gli esempi esistenti. A causa di interventi di smantellamento o di risistemazione è impossibile determinare la disposizione originaria dei p. che si sono conservati: nella cattedrale di Ravello (prov. Salerno) un ambone scolpito durante l'episcopato di Costantino (1094-1150) è associato a un p. del 1272, firmato da Nicola di Bartolomeo da Foggia; nella cattedrale di Salerno sono presenti due p., il minore sostenuto da quattro colonne e il maggiore da dodici, entrambi risalenti al 1180 circa. In Campania erano estremamente diffusi i p. con la raffigurazione di Giona, soggetto la cui presenza non deve sorprendere, giacché è tipica dei manoscritti provenienti da Benevento una lettura tratta dal Libro di Giona sia nel Martedì Santo sia nel Sabato Santo; fin dalle origini del cristianesimo, inoltre, Giona costituì una delle immagini più comuni usate per indicare la Risurrezione (Mt. 12, 40). Il primo della serie dei p. con la rappresentazione di Giona, e l'unico pervenuto intatto, è quello della cattedrale di Ravello, ma immagini del profeta, provenienti in origine da p. ora smantellati, si conservano inter alia a Gaeta, murate sulle pareti interne della base del campanile, in S. Pietro a Minturno (prov. Latina), nella cattedrale di Sessa Aurunca (prov. Caserta) e in S. Giovanni del Toro a Ravello.Oltre agli amboni con Giona vi è un'altra tipologia consueta di p. campano che presenta una cassa di forma quadrata o rettangolare a cui si accede tramite una singola rampa d'accesso; tali p. mostrano in genere - ma non sempre - raffigurazioni dei profeti e delle antiche sibille. Le figure presentano rotuli che contengono testi abbreviati tratti dal sermone Contra Iudaeos, Paganos et Arrianos (Corpus Christianorum Lat., LX, 1976, pp. 225-258), attribuito in origine a s. Agostino e ritenuto attualmente del suo discepolo s. Quodvultdeus, vescovo di Cartagine (m. nel 453 ca.): la parte del sermone rilevante in questo contesto chiamava a testimoniare i profeti ebraici allo scopo di provare che le loro parole avevano preannunciato la venuta del Messia - ed effettivamente era utilizzata comunemente nella regione una lettura per il Natale contenente passi tratti da questo sermone -, come mostrano, tra gli esempi più significativi, le iscrizioni che compaiono sui p. duecenteschi della cattedrale di Sessa Aurunca e del duomo di S. Clemente a Teano (prov. Caserta).In Puglia si conserva un numero relativamente ridotto di p.: quasi tutti hanno subìto ricostruzioni e restauri e pochi di essi presentano una decorazione scolpita a carattere figurativo o narrativo. Il gruppo di p. più antico è associato alla bottega dell'arcidiacono Accetto - attivo nel secondo quarto del sec. 11°, prima quindi dell'introduzione della cultura normanna nella regione - e l'esempio meglio conservato è il p. della cattedrale di Canosa (prov. Bari): un'iscrizione sul lato sinistro indica che Accetto lo fece (o lo fece fare) per ordine del prete Guitberto. Il p. consiste di una cassa quadrata sostenuta da colonne con capitelli fogliati, pennacchi decorati da rosette e lettorino sporgente sostenuto da un'aquila. Frammenti di scultura in uno stile analogo compaiono nei p. ricomposti della cattedrale di Bari, dell'abbaziale di S. Leonardo di Siponto (prov. Foggia) e del santuario di S. Michele Arcangelo a Monte Sant'Angelo (prov. Foggia), sul Gargano. Il p. nella cattedrale di Troia (prov. Foggia) è l'unico esempio importante di p. pugliese del sec. 12°: un'iscrizione precisa che esso venne scolpito nel 1169 durante il regno di Guglielmo II, figlio di Guglielmo I (1151-1166), re di Sicilia. Il p. quadrato è sostenuto da quattro colonne con rigogliosi capitelli corinzi e fasce di incorniciatura dei quattro lati della cassa, scolpite anch'esse in una maniera splendida; l'unica decorazione a carattere figurativo sul p. di Troia - a parte l'aquila che, al di sopra di una colonna, sostiene il lettorino - è un singolare rilievo che ne costituisce il lato sinistro, raffigurante una serie di animali intrecciati dal profilo nettamente ritagliato. Data la sua particolarità, non è possibile per esso istituire confronti convincenti. Parimenti enigmatici sono il p. e l'ambone della cattedrale di Bitonto (prov. Bari): il primo è ricostruito e alcuni dei pannelli scolpiti, di carattere decorativo piuttosto che narrativo, possono aver fatto parte in origine della recinzione. Il secondo, restaurato nel 1720, presenta un'iscrizione che lo indica realizzato nel 1229 da Nicolaus sacerdos, il cui nome compare anche sul lettorino sostenuto da un'aquila; nell'attuale sistemazione la scala di accesso all'ambone comprende un enigmatico rilievo che rappresenta quattro figure, da alcuni identificate con Federico II (1220-1250), la seconda moglie Iolanda di Brienne (m. nel 1228), figlia del re di Gerusalemme, e i due figli Enrico e Corrado. In definitiva non si conserva in Puglia, per i secc. 12° e 13°, un numero di p. tale da permettere una discussione circa il loro sviluppo cronologico o la loro precisa funzione liturgica.Come la Campania e il Lazio, l'Abruzzo è ricco di p., concentrati nell'area centrale della regione e straordinariamente ben documentati, poiché molti di essi risultano firmati e/o datati. I p. abruzzesi possono essere suddivisi in due gruppi principali: quelli con figure e scene a carattere narrativo e quelli decorati prevalentemente con ornamentazione floreale. Il primo gruppo si distingue sia per l'abbondanza della decorazione figurativa sia per il fatto che le iscrizioni spesso recano i nomi degli artisti e talvolta le date di realizzazione del pulpito. Gli esempi conservati di questo gruppo sono datati tra il 1150 e il 1166 e appaiono tra loro strettamente collegati dal punto di vista stilistico e iconografico. Il p. di S. Maria in Valle Porclaneta presso Rosciolo dei Marsi (prov. L'Aquila) è privo di parte del suo originario parapetto, ma conserva ancora molto del suo interesse: collocato sul lato sinistro della navata nella sua posizione originaria, nell'attuale rimontaggio vi si inizia l'ascesa tramite sei gradini paralleli all'iconostasi, privi di decorazione, a sinistra dei quali, a un angolo di 90°, una seconda scala parallela alla navata presenta, sul basso parapetto, un'iscrizione indicante che il p. fu realizzato nel 1150 da Roberto di Ruggero e Nicodemo da Guardiagrele. Il muro che racchiude la scala è inoltre decorato da due pannelli scolpiti con tre scene dalla Vita di Giona: a sinistra il profeta viene ingoiato dalla balena, a destra ne viene restituito e siede sotto una pianta di zucca. La cassa quadrata superiore del p. presenta un lettorino sporgente, ora incompleto; tra la cassa e le colonne con capitelli che la sostengono si inserisce, sul lato verso la navata, un arco trilobo, i cui pennacchi sono decorati da fitti girali abitati. La cassa e il lettorino stessi sono divisi in una serie di piccoli riquadri di soggetto figurativo quali, oltre ai simboli degli evangelisti sul lettorino (di cui si conservano alcune parti), una scena tratta dalla Vita del re e profeta Davide e, forse, la Danza di Salomè. Anche in S. Maria al Lago a Moscufo (prov. Pescara) il p., integro, si trova nella sua posizione originaria, sul lato sinistro della navata. Due iscrizioni rendono noto che esso fu realizzato da Nicodemo da Guardiagrele nel 1159, quando l'abate Rainaldo era preposto della chiesa. La scala d'accesso alla cassa, sostenuta da colonne con capitelli e pennacchi, presenta sul parapetto le stesse immagini della Vita di Giona che si trovano a Rosciolo; fra le altre scene rappresentate compaiono S. Giorgio e il drago, una figura, forse Sansone, che lotta con un leone, i simboli degli evangelisti al di sotto di uno dei lettorini, una figura che porta un calice, l'eremita S. Onofrio e la figura classica dello Spinario. Il p. della parrocchiale di S. Stefano a Cugnoli (prov. Pescara), spostato qui nel 1528 dalla chiesa di S. Pietro nella stessa località, reca un'iscrizione che attesta la sua realizzazione nel 1166, quando Rainaldo era abate. Il p., non firmato, dal punto di vista iconografico e stilistico è talmente simile a quello di Moscufo che può essere senz'altro attribuito a Nicodemo; sebbene mancante della rampa con la raffigurazione di Giona, esso presenta in comune con l'esempio di Moscufo altri motivi, quali i simboli degli evangelisti, una figura con un calice, le scene di Davide e Sansone, S. Onofrio e lo Spinario.

Del secondo gruppo di p. in Abruzzo i tre esempi più importanti sono quelli di S. Pelino a Corfinio (prov. L'Aquila), S. Maria a Bominaco (prov. L'Aquila) e S. Clemente a Casauria (prov. Pescara). Il p. di S. Pelino è sicuramente datato al 1168-1188 da un'iscrizione che fa riferimento al vescovo Odorisio, il quale occupò la sede di Corfinio in quei venti anni. Collocato sul lato destro della navata, il p. consiste di una cassa quadrata, sostenuta da colonne con capitelli corinzi decorati da motivi floreali; sul lato meridionale verso la navatella si trova la scala d'accesso, mentre il lato settentrionale presenta una sporgenza semicircolare decorata da colonne, sulle quali poggiano archi, forse un tempo a sostegno del lettorino.L'intero p. si distingue per ciò che potrebbe essere definita una decorazione a viticci, che compare sui bordi superiori e inferiori della cassa come anche sulle fasce che ne dividono i pannelli, sui quali l'unica decorazione plastica è costituita da una singola rosetta situata al centro del campo. Il p. di Bominaco fu realizzato nel 1180 durante l'abbaziato di Giovanni, come attesta l'iscrizione su due righe. Analogamente al p. di Corfinio, esso è collocato sul lato sud della chiesa, ha forma quadrata con lettorino emergente decorato da colonne che sostengono archi sul lato nord e presenta inoltre semplici rosette sui pannelli che costituiscono il parapetto; si differenzia dal p. di Corfinio perché i rigogliosi motivi a girali sono soltanto alla base del parapetto e non tra i vari pannelli che lo costituiscono e si presentano inoltre abitati da piccoli animali. Il p. di Casauria è contemporaneo alla chiesa stessa, iniziata nel 1176. Come i p. di Bominaco e Corfinio, esso è collocato sul lato destro della navata e con essi ha in comune la forma quadrata su colonne con capitelli corinzi; restaurato e rimontato, presenta un lettorino sporgente, ora inserito sul lato orientale, mentre un lettorino con l'aquila sostiene attualmente un leggio moderno. I bordi sono simili a quelli del p. di Corfinio, ma i pannelli della cassa mostrano non soltanto grandi rosette straordinariamente tondeggianti ma anche, al di sopra delle rosette, decorazioni a girali. Si deve infine segnalare che la chiesa benedettina di S. Pietro ad Albe (prov. L'Aquila), nella zona di confine tra Abruzzo e Lazio, ospita sul lato sinistro della navata un ambone evidentemente correlato alle opere cosmatesche del Lazio, decorato con quicunx e altri motivi decorativi realizzati in un mosaico analogo nei materiali a quelli utilizzati dai Cosmati. Un'iscrizione riferisce che l'ambone fu eseguito dal romano Giovanni di Guido e dal suo collaboratore Andrea, ma non fornisce tuttavia indicazioni cronologiche, che si possono però ricavare dal confronto stilistico con l'ambone di S. Maria di Castello a Tarquinia, lasciando quindi ipotizzare la sua appartenenza all'inizio del 13° secolo.La Toscana si distingue per un gran numero di pulpiti. Il primo p. scolpito con scene a carattere narrativo è quello di Guglielmo, eseguito per la cattedrale di Pisa tra il 1159 e il 1162 ma smontato nel 1312 e inviato a Cagliari, dove fu ricomposto; nel 1670 esso venne sfortunatamente diviso in due parti, una per il vangelo, l'altra per l'epistola: i due p. sono attualmente collocati ai lati dell'ingresso sulla controfacciata della cattedrale di Cagliari, mentre i quattro leoni che sostenevano in origine la cassa sono stati posti all'ingresso del coro. Di conseguenza il monumento, che sembra segnare gli esordi della scultura romanica nella Toscana occidentale, è stato per lungo tempo virtualmente inaccessibile, raramente fotografato e noto soprattutto tramite calchi conservati a Pisa. Il p. di Cagliari è ricco dal punto di vista iconografico e rivelatore riguardo allo stile; essendo stato smembrato e poi ricomposto, non è definitivamente accertata la disposizione originaria delle scene: il p. destinato alla lettura del vangelo raffigura i Magi davanti a Erode, l'Annunciazione e la Visitazione, le Pie donne al sepolcro, l'Ultima Cena, la Strage degli innocenti, la Natività, i Soldati al sepolcro e il Tradimento di Giuda; il p. per l'epistola raffigura l'Ascensione, la Trasfigurazione, il Battesimo, l'Adorazione dei Magi, la Presentazione al Tempio e la Partenza dei Magi; manca la Crocifissione, mentre viene data enfasi ai Magi, presenti in tre scene. I riquadri focalizzano l'attenzione sui primi e sugli ultimi eventi della vita di Cristo, ma sono omesse immagini relative ai miracoli; le scene, ciascuna identificata da un'iscrizione, presentano una disposizione orizzontale, due per ogni pannello - in un formato che ricorda i sarcofagi antichi -, ciascuno dei quali costituisce una narrazione a sé che ha minima relazione con gli episodi circostanti. Il tradizionale formato dei singoli pannelli è associato spesso a un intento decorativo piuttosto stridente, forse di origine islamica, com'è evidente nello sfondo, costituito da rosette all'interno di racemi e abbellito da paste nere, per es. nell'Annunciazione, nella Natività e nei tre episodi relativi ai Magi.

Altri importanti p. toscani che risalgono alla seconda metà del sec. 12° presentano scene a carattere narrativo. Tra questi il p. della pieve di S. Michele in Groppoli (prov. Pistoia), del 1193, quello del duomo di Volterra (prov. Pisa) e due pannelli comprendenti quattro scene, ora montati nella cripta del duomo di Pistoia. Agli ultimi anni del sec. 12° e alla prima metà del 13° risalgono numerosi p. toscani associati a scultori di nome Guido, compresi i p. nella pieve di S. Giorgio a Brancoli (prov. Lucca), nel duomo di Barga (prov. Lucca) e in S. Bartolomeo in Pantano a Pistoia. L'ultimo menzionato, firmato da Guido Bigarelli e datato al 1250, è particolarmente significativo perché prosegue la forma del p. istituita da Guglielmo quasi un secolo prima, consistente in una cassa rettangolare, situata al di sopra di colonne sostenute da leoni, con scene a carattere narrativo disposte su due file. Da una perduta iscrizione è noto che il p. in S. Giovanni Fuorcivitas a Pistoia fu realizzato nel 1270 da un Guglielmo, assai probabilmente fra Guglielmo da Pisa; anch'esso è rettangolare e presenta rilievi disposti su due registri.Nella Toscana centrale, nell'area intorno a Firenze, la situazione appare diversa, poiché il p. manca generalmente di riquadri a carattere narrativo ed è invece normalmente intarsiato. L'esempio principale è il p. di S. Miniato al Monte a Firenze; un po' più tardi, tra il 1180 ca. e il 1210, nel p. in origine realizzato per S. Pier Scheraggio a Firenze e collocato ora nel S. Leonardo in Arcetri nella stessa città, si uniscono le due tecniche: le scene a carattere narrativo si svolgono su sfondi intarsiati.Tutti i citati p. toscani hanno forma quadrilatera. Il p. di Nicola Pisano per il battistero di Pisa, completato nel 1259, costituì un nuovo punto di partenza sul piano tipologico per la sua cassa esagonale, presentando inoltre cinque scene a carattere narrativo, ciascuna delle quali occupa per intero il riquadro nel quale è inserita: l'Annunciazione e la Natività, l'Adorazione dei Magi, la Presentazione al Tempio e, per la prima volta su un p. toscano, la Crocifissione e il Giudizio universale; il sesto lato dell'esagono è aperto per ospitare la rampa. Il rivoluzionario p. di Nicola costituisce il primo di una serie di p. scolpiti dall'artista e dalla sua scuola, poiché tra il 1265 e il 1268 Nicola realizzò, con l'aiuto di Arnolfo di Cambio e di Lapo, nonché del figlio Giovanni, un p. ottagonale per il duomo di Siena; lo stesso Giovanni eseguì tra il 1297 e il 1301 il p. per la chiesa di S. Andrea a Pistoia e tra il 1302 e il 1310 scolpì il nuovo p. per la cattedrale di Pisa in sostituzione di quello che era stato realizzato nel sec. 12° da Guglielmo.A N della Toscana sono pochi i p. conservati inalterati; molti sono incompleti e/o ricostruiti, tanto da non consentire di determinarne la disposizione originaria, né l'esatta funzione liturgica. In Emilia-Romagna si conservano alcuni p. ricostruiti nella pieve di S. Maria della Sagra a Carpi (prov. Modena), a Quarantoli, presso Mirandola (prov. Modena), e nella collegiata dell'Assunta a Castell'Arquato (prov. Piacenza). Più a N p. di particolare importanza si trovano in S. Ambrogio a Milano, nella basilica di S. Giulio a Orta San Giulio (prov. Novara) e in S. Marco a Venezia.Numerosi p. fra quelli considerati sono stati esaurientemente studiati dal punto di vista stilistico, mentre molto deve essere invece fatto per l'iconografia e per la loro relazione con i testi e l'esegesi della prassi liturgica.

Bibl.:

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