Puglia

Enciclopedia Italiana - VII Appendice (2007)

Puglia

Piergiorgio Landini e Francesca Socrate

Geografia umana ed economica

di Piergiorgio Landini

Regione dell'Italia Meridionale, all'estremità sud-orientale della penisola. Nel 2004 vi è stata istituita la nuova provincia di Barletta-Andria-Trani (1543 km2 con 387.997 ab. al 2005), comprendente i sette comuni più settentrionali della provincia di Bari (oltre ai capoluoghi: Bisceglie, Canosa di Puglia, Minervino Murge, Spinazzola) e i tre più meridionali di quella di Foggia (Margherita di Savoia, San Ferdinando di Puglia, Trinitapoli).

La popolazione, al censimento del 2001, risultava pari a 4.020.707 ab., aumentata del 3,9% rispetto al 1981, ma in lieve decremento (−0,3%) nell'ultimo decennio intercensuale (era di 4.031.885 ab. nel 1991). Il movimento demografico si è ulteriormente 'raffreddato' (nel 2003: tasso di natalità, 9,9‰; tasso di mortalità, 8,3‰), pur risultando il saldo naturale ancora discretamente positivo e secondo, in Italia, solo a quello della Campania, insieme alla quale la P. detiene il più basso indice di invecchiamento strutturale. Per la sua posizione geografica, la regione è divenuta meta di immigrazione clandestina dalla opposta sponda balcanica, in particolare dall'Albania; nonostante ciò, al censimento del 2001 la popolazione straniera 'ufficiale' superava di poco le 30.000 unità, destinate a crescere per le successive regolarizzazioni; gran parte di essa, poi, si è ridistribuita in altre regioni italiane o Paesi europei. Non sono del tutto cessati, per contro, i flussi di emigrazione verso le regioni italiane del Nord e del Centro (15.000 unità, in media, nei primi anni Duemila: v. anche oltre). Al 2005 la popolazione era stimata in 4.071.518 ab., pertanto risultava sostanzialmente stazionaria.

I divari territoriali nell'andamento demografico vedono la netta prevalenza della provincia di Bari, che, nella circoscrizione antecedente alla creazione della sesta provincia, aveva sfiorato 1.600.000 ab. nel 2001, con un incremento del 6,5% rispetto al 1981 e unica a mantenere un sensibile tasso di crescita (+1,9%) nel decennio 1991-2001, quando tutte le altre accusavano decrementi compresi fra lo 0,8% di Foggia e il 2,2% di Brindisi. Allo stesso modo, più della metà dei 258 comuni pugliesi ha registrato un calo di popolazione nel periodo intercensuale 1991-2001: vi sono compresi tutti i capoluoghi provinciali, che hanno perduto complessivamente circa 80.000 residenti. La perdita più forte in termini assoluti (−30.000 unità) si è avuta a Taranto: aggiunta a quella già verificatasi nel decennio 1981-1991 (−12.000 unità), essa indica una fase di vera e propria 'disurbanizzazione' legata essenzialmente alla crisi del polo siderurgico (v. oltre). La stessa Bari mostra una tendenza negativa di lungo periodo (−55.000 residenti nel ventennio 1981-2001), pur se, in questo caso, si deve parlare piuttosto di 'suburbanizzazione': gli alti costi abitativi e la scadente qualità della vita nella città centrale, contrapposti al miglioramento del livello infrastrutturale nella corona urbana, spiegano il decentramento della funzione residenziale nonché delle attività manifatturiere e dei servizi di rango medio-basso nei comuni della cintura urbana; mentre le funzioni di rango metropolitano, che Bari è andata rafforzando, ne accentuano la forza di attrazione nel quadro complessivo della gerarchia regionale. In termini relativi, il calo demografico più elevato (−17%) è di Lecce, che, dagli oltre 100.000 ab. residenti nel 1991, scende molto al di sotto delle 90.000 unità già raggiunte nel 1981; in compenso, crescono il comune industriale di Surbo e, al contempo, tutti quelli della cintura, configurando anche in questo caso una fase, più recente, di suburbanizzazione.

Emerge, nel Gargano, lo sviluppo di San Giovanni Rotondo, grazie alla centralità religiosa (300.000 pellegrini all'anno) e, di riflesso, economica derivante dalla figura carismatica di San Pio da Pietrelcina: l'ospedale realizzato con i lasciti dei fedeli, ai primi posti nel Mezzogiorno per capacità ricettiva e attrezzature, ha fatto di questa piccola città (oltre 25.000 ab.) un polo sanitario di assoluta eccellenza. Area di particolare criticità, nella stessa provincia di Foggia, è viceversa il Subappennino Dauno, che vede la propria compagine demografica ridotta, nel 2001, a meno di 67.000 ab., con una densità di neppure 35 ab./km2, e dispersa in ben 29 piccoli comuni, i quali stentano ormai a fornire i servizi più elementari; alcuni di essi, tuttavia, sono entrati in un progetto per la produzione di energia eolica.

La P. evidenzia, in generale, una notevole sensibilità per il ruolo strategico dell'ambiente: una legge regionale del 1997 ha definito i principi per la valorizzazione del patrimonio naturalistico. Sul territorio pugliese esistono 23 aree protette di livello nazionale, 34 di livello regionale e 16 zone di protezione speciale. In particolare, nel 1991 è stato istituito il Parco nazionale del Gargano (121.000 ha su 18 comuni), perimetrato nel 1995, mentre nel 2003 è stato istituito il Parco nazionale dell'Alta Murgia (67.000 ha su 13 comuni): entrambi si fondano non sul concetto di mera protezione naturalistica, bensì di recupero del tradizionale rapporto fra territorio e attività rurali.

Il classico schema fondato sulla contrapposizione tra aree rurali interne, arretrate e in via di spopolamento, e aree costiere, dinamiche sotto ogni punto di vista, è reso sempre più complesso sia dalle recenti tendenze demografiche (v. sopra) sia dall'affermarsi di sistemi locali che producono nuove centralità. Va anche detto che il 'modello pugliese' ha stentato a consolidarsi: ne è prova il divario in termini di valore aggiunto pro capite, nei confronti della media italiana (fatta uguale a 100), nettamente accentuatosi fra il 1991, quando la media regionale era salita a 74 punti, e il 2003, quando valeva 67 punti (pur in lieve ripresa, dopo avere toccato un minimo di 64 punti nel 1998), ma con due province, Foggia e Lecce, ferme a 60 punti. Alla stessa riduzione del tasso di disoccupazione (13% alla fine del 2003, il valore meno elevato dell'ultimo decennio; ma 27% nelle classi giovani) corrisponde un'occupazione stagnante, il che spiega la ripresa dei flussi di emigrazione (v. sopra).

Il settore primario - che assorbe tuttora il 12% degli occupati, con punte di oltre il 17% nelle province di Brindisi e Foggia, e partecipa per oltre il 5% alla formazione del valore aggiunto regionale - mantiene i tradizionali punti di forza nella olivicoltura e nella viticoltura, accanto alle quali emergono sempre più decisamente tanto il florovivaismo quanto l'agricoltura biologica, nonché nella pesca marittima e nell'acquacoltura, quest'ultima con il maggior numero di impianti registrati nelle altre regioni italiane.

Nel settore secondario (29% degli occupati e 21% del valore aggiunto totale), a fronte del declino accelerato di alcune grandi industrie esogene, continua a porsi una imprenditorialità locale non sempre in grado di delineare efficaci strategie di sviluppo autopropulsivo. Del primo aspetto è emblematica la vicenda di Taranto, dove il complesso siderurgico è crollato, in un ventennio, da oltre 20.000 ad appena 6000 occupati. Diverso il caso di Manfredonia: qui, per compensare la crisi dello stabilimento petrolchimico (che era stato chiuso nel 1998, con la perdita di quasi il 70% dei posti di lavoro dell'intero comprensorio), è stato attivato un 'contratto d'area', strumento di programmazione negoziata tra imprenditori e pubblica amministrazione, che riguarda un centinaio di piccole imprese locali per un'occupazione, a regime, di 3500 unità.

La struttura d'impresa avverte comunque la divaricazione fra dimensione grande, da un lato, e troppo piccola, dall'altro, con la mancanza di quella media impresa cui viene riconosciuta maggiore capacità di organizzare in filiera le altre minori. Le grandi industrie (solo per un quarto autoctone) operano per lo più nei comparti meccanico, del legno e dei materiali da costruzione; d'altro canto, il tessuto delle imprese locali - dove quelle artigiane sono pari al 23% del totale - è riuscito a consolidare solo parzialmente i 'distretti' del Nord-Barese e del Salento (calzature, abbigliamento e arredamento, con particolare rilievo per il salottificio), poco propensi, anche a causa della diffusa modalità terzista, all'innovazione tecnologica verso migliori standard qualitativi e ambientali, ormai imposti da una competizione di mercato in cui non possono più valere fattori come il basso costo del lavoro e della tutela sociale.

Il settore terziario, infine, è arrivato a occupare il 60% degli attivi, avvicinandosi al 75% del prodotto regionale. Il sistema commerciale presenta tuttora carenze nella rete distributiva; a scala internazionale, invece, la Fiera del Levante (Bari) ha conquistato uno spazio ancora più significativo tra le grandi rassegne italiane. Per quanto concerne i servizi quaternari, il sistema universitario regionale si è notevolmente diramato: agli atenei storici di Bari e Lecce si sono aggiunti un Politecnico, nella città capoluogo, e il nuovo ateneo di Foggia; inoltre, tutte le università hanno ormai corsi di laurea decentrati in altre città (Taranto, Brindisi, Manfredonia, San Severo), così da assicurare un'ampia copertura del territorio.

Notevoli progressi ha compiuto il turismo, che ha raggiunto il secondo posto nel Mezzogiorno, dopo la Campania, per numero di presenze (poco meno di 9 milioni all'anno, per il 17% di stranieri) e - dato ancora più positivo - tende alla destagionalizzazione, grazie al migliore utilizzo del patrimonio culturale e ambientale.

La dotazione di infrastrutture territoriali ed economiche mostra indici superiori alla media italiana (fatta uguale a 100) per la rete ferroviaria (110 punti, dovuti però sicuramente più all'estensione che alla qualità) e per il sistema portuale (104 punti, tuttavia in declino); decisamente inferiori per il sistema aeroportuale e le reti energetiche, ambientali, telematiche e finanziarie. In particolare, la rete idrica accusa perdite vicine al 50%, mentre si attende l'ultimazione della condotta tra il fiume Sarmento e la diga di Senise (in Basilicata), che eviterebbe di disperdere in mare circa 80 milioni di m3 di acqua all'anno.

bibliografia

Daunia. Punti di forza e di debolezza, a cura di O. Amoruso, A. Rinella, Bari 1998.

R. Grumo, L'innovazione in Puglia. Politiche regionali e comunitarie, in Atti xxviii Congresso geografico italiano, Roma 2000, 1, pp. 933-47.

A. Rinella, F. Rinella, Evoluzione della funzione commerciale e nuove gerarchie urbane nella Terra di Bari, in Atti xxviii Congresso geografico italiano, Roma 2000, 3, pp. 2526-38.

O. Amoruso, Bari: il percorso del gambero, in Mobilità, traffico urbano e qualità della vita, a cura di B. Cardinale, Milano 2004, pp. 21-32.

Economia, società e ambiente del Salento costiero, a cura di A. Trono, Lecce 2005.

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