PUBBLICO MINISTERO

Enciclopedia Italiana (1935)

PUBBLICO MINISTERO

Giovanni Cristofolini

. Le origini prossime dell'istituto vanno ricercate nella legislazione francese, dalla quale esso è passato negli ordinamenti giudiziarî degli altri stati del continente europeo, benché in molte legislazioni (per es., l'austriaca) con attribuzioni limitate al campo penale. Il pubblico ministero è il rappresentante innanzi all'autorità giudiziaria delle prerogative e dei diritti della sovranità: istituti analoghi nella funzione presenta il processo canonico (promotor iustitiae, defensor vinculi). "È il rappresentante del potere esecutivo presso l'autorità giudiziaria, ed è posto sotto la direzione del ministero della giustizia" (art. 77 testo unico sull'ordinamento giudiziario 30 dicembre 1923); esso è detto comunemente "il rappresentante della legge", con che si vuol dire l'organo dell'interesse pubblico all'attuazione della legge: le sue funzioni hanno carattere amministrativo. Uffici permanenti del pubblico ministero sono costituiti presso la corte di cassazione, le corti e le sezioni staccate di corte d'appello (procure generali del re) e presso i tribunali (procure del re); nelle preture le funzioni del pubblico ministero sono esercitate nei modi determinati dalla legge (art. 2, 80 legge ord. giud.); a ogni ufficio del pubblico ministero sono addetti un segretario ed eventualmente altri funzionarî di segreteria (articolo 3 legge ord. giud.); uffici permanenti sono pure costituiti presso il tribunale supremo di guerra e marina, presso i tribunali militari e militari marittimi (vi sono assegnati funzionarî del corpo della giustizia militare) e presso il tribunale speciale per la difesa dello stato; caratteristiche proprie ha l'ufficio presso la corte dei conti (rappresentanza processuale dello stato nelle cause che interessano l'amministrazione, conclusioni nell'interesse della legge nelle cause che interessano altre amministrazioni pubbliche; art. 1 testo unico appr. con r. decr. 12 luglio 1934, n. 1214; art. 18 r. decr. 13 agosto 1933, n. 1038).

Le attribuzioni in materia penale formano il complesso più importante delle attribuzioni del pubblico ministero, che esercita un'ingerenza continua e costante nell'amministrazione della giustizia penale. Il pubblico ministero, al quale il cod. di proc. pen. del 1930 riconosce correttamente qualità di parte (in senso meramente formale), è titolare del potere di azione penale (art. 74), eccezionalmente anche di quello di azione civile nell'interesse del danneggiato incapace (art. 105). Ha la direzione della polizia giudiziaria; procede all'istruzione sommaria per i reati di sua competenza nei casi previsti dalla legge; promuove l'istruzione formale e richiede il rinvio a giudizio; prima di ogni provvedimento del giudice dà le sue conclusioni; assiste ai dibattimenti penali - a pena di nullità (art. 83 capov. legge ord. giud.) - e vi pronuncia le requisitorie orali; può proporre impugnative ecc.; provvede all'esecuzione delle sentenze penali (art. 577 cod. proc. pen.); ha la vigilanza sugli uffici del casellario giudiziale (art. 610 cod. proc. pen.); promuove l'applicazione delle misure di sicurezza.

Nel processo civile il pubblico ministero procede per via d'azione nei casi tassativamente previsti dalla legge (p. es. impugnazione di matrimonio civile o di trascrizione di matrimonio religioso; interdizione e inabilitazione; rettificazione di atti di stato civile) assumendo qualità di parte (in senso puramente formale) ed esercitandone tutti i poteri; conclude obbligatoriamente nelle cause matrimoniali (legge 28 novembre 1875, art. 1, n. 2781 che ha modificato l'art. 346 cod. proc. civ.), facoltativamente in tutte le altre; quando conclude non ha - secondo l'opinione preferibile - né la qualità né i poteri di parte ed è un semplice consulente del giudice. Obbligatorie sono le sue conclusioni anche nel processo di cassazione (art. 87 legge ord. giud.; art. 538 cod. proc. civ.); esso può presso la corte di cassazione denunziare anche le sentenze passate in giudicato "nell'interesse della legge": art. 519 cod. proc. civ. (il ricorso nell'interesse della legge fu abolito nel cod. proc. pen. del 1930). La legislazione più recente mostra una tendenza ad aumentare l'ingerenza del pubblico ministero nel processo civile (processo collettivo del lavoro: può esercitare l'azione nelle controversie collettive del lavoro, art. 68-69 r. decr., 1° luglio 1926, n. 1130; processo individuale del lavoro: può proporre le domande di annullamento e di revocazione speciale di sentenze, art. 87 r. decr. cit.) e ad allargarne i poteri anche quando è semplice concludente, facendogli così assumere posizione analoga a quella di un interveniente: così il cit. r. decr. 1° luglio 1926 per i processi collettivi del lavoro, art. 78 segg., 90; l'art. 16 della legge 10 luglio 1930, n. 995, che prescrive l'intervento del pubblico ministero nei giudizî di omologazione del concordato fallimentare, attribuendogli il potere di gravame contro le disposizioni delle sentenze relative alla concessione dei benefici di legge; la legge 10 luglio 1930, n. 1078 sui giudizî d'appello in materia di usi civici, art. 3 capov. 1°: ("il giudizio ha luogo con l'intervento del pubblico ministero il quale vi esercita tutte le facoltà che competono alle parti...").

Il pubblico ministero conclude inoltre negli affari di volontaria giurisdizione (cod. civ. articoli 200-216-223-235; cod. comm., art. 91; per il procedimento v. cod. proc. civ., art. 780 capov.) e ha attribuzioni minori (su cui v. G. Cristofolini, in Riv. dir. proc. civ., 1930, 2, 28).

Fra le altre attribuzioni di natura svariatissima si possono ricordare le principali: a) in tema di ordinamento giudiziario: esercizio dell'azione disciplinare sui giudici, vigilanza sui cancellieri e gli ufficiali giudiziarî, sul gratuito patrocinio, sul servizio carcerario, sugli uffici di conciliazione ecc.; partecipazione alle assemblee generali delle corti e dei tribunali (inaugurazione dell'anno giudiziario); b) in tema di professioni corporativamente organizzate (avvocati e procuratori, notai, giornalisti, ecc.): vigilanza sugli albi, esercizio dell'azione disciplinare a norma delle leggi speciali; c) vigilanza sul servizio dello stato civile e repressione delle infrazioni relative; d) in tema di stato delle persone: dispense da impedimenti matrimoniali (r. decr. 30 dicembre 1929, n. 2233); dispensa da pubblicazioni matrimoniali (r. decr. 14 febbraio 1869, n. 4872); autorizzazione al matrimonio in caso di diniego di consenso degli ascendenti (art. 67 cod. civ.; legge 27 maggio 1929, art. 3, n. 847); vigilanza sui consigli di famiglia degl'incapaci. I procuratori generali presso le corti d'appello avevano inoltre fino al 1932 la direzione degli uffici di culto; attribuzione che è stata poi trasferita ai prefetti.

Bibl.: Oltre ai principali trattati di diritto processuale civile e penale (cfr. F. Carnelutti, G. Chiovenda, V. Manzini, L. Mattirolo, L. Mortara), v.: P. Biondi, in Temi emil., 1929, i, p. 538; id., in Riv. dir. proc. civ., 1930, 2, p. 148; id., ibid., 1930, i, p. 297; F. Siracusa, Il pubbl. ministero, Torino 1930; G. Cristofolini, Sulla posizione e sui poteri del p.m. nel processo civile, in Riv. dir. proc. civ., 1930, 2, p. 23; N. Jaeger, Controversie individuali del lavoro, Padova 1931, nn. 45-51; V. Andrioli, Sui poteri del p.m. nel processo civile, in Foro it., 1933, i, p. 1036.

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