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Enciclopedia Italiana - V Appendice (1994)

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Gianna Volpi
Ester Capuzzo

(XXVIII, p. 481; App. I, p. 954; III, II, p. 524; IV, III, p. 112)

La p. è una tecnica di comunicazione intenzionale, persuasoria, di massa, finalizzata − attraverso una serie di strumenti e strategie − alla commercializzazione di prodotti e servizi; può anche essere veicolo di comunicazioni d'interesse sociale o mirare a ottenere l'adesione a un sistema ideologico (propaganda politica e religiosa).

Le prime comunicazioni commerciali si ebbero con gli spettacoli di piazza e i venditori ambulanti che offrivano svaghi e mercanzie decantandone verbalmente le qualità. Compito affidato anticamente anche ad altri strumenti come le scritte delle botteghe, i primi manifesti pubblicitari e, con la scoperta dell'elettricità, alle insegne luminose dei pubblici esercizi. I Catalogi librorum cinquecenteschi già comprendevano le informazioni dei librai italiani, ma è il giornale letterario Journal des Savants, fondato a Parigi nel 1665 da M. Hedouville (Dionisio De Sallo) − con il suo catalogo sui principali libri stampati in Europa, in cui s'illustravano i contenuti e l'utilità delle pubblicazioni −a contenere per primo una vera e propria comunicazione pubblicitaria. Nel Settecento nacquero i primi giornali di concezione moderna (il quotidiano Daily Courant, 1702) e dalla seconda metà dell'Ottocento − con l'invenzione della rotativa, del telegrafo e del telefono, con i giornali popolari (Petit Journal, 1869; Petit Parisien, 1876, che aveva la tiratura domenicale più alta del mondo) e quindi con il progresso industriale e tecnologico, successivo alla prima guerra mondiale − si affermò e sviluppò il sistema della p. a mezzo stampa. Negli anni Venti, il termine comunemente usato per indicare la p. era il francesismo réclame (insieme a ''gridatori'', ''gridare un prodotto'' o ''prodotto gridato'', espressioni che si rifacevano agli ''uomini-sandwich'' inglesi impiegati per la p. ambulante). Il termine ''pubblicità'' divenne prevalente soltanto dopo la seconda guerra mondiale.

La p. come insieme di competenze appare già nelle prime inserzioni commerciali delle pubblicazioni della seconda metà dell'Ottocento. È in queste redazioni che nasce il primo agente pubblicitario: originariamente un redattore a cui veniva affidato il compito di aggiustare o inventare il testo di un'inserzione economica per conto dell'editore e degli utenti, produttori di beni. L'esigenza di rendere la comunicazione più efficace, aggiungendovi slogan, foto o disegni, e di studiare gli spazi, i costi e le uscite, richiese poi una serie di specializzazioni che portarono il settore p. fuori dal giornale. Nel Novecento, il crescente interesse delle parti (editore, cliente, ''creativo''), lo sviluppo della produzione industriale di massa dopo il secondo dopoguerra, e l'avvento della televisione (anni Cinquanta), indussero i pubblicitari e gli utenti a studiare nuove strategie di comunicazione che richiesero un sempre maggiore approfondimento di tecniche, strumenti e specializzazioni, creando quello che oggi è il complesso mondo della p. moderna. In esso, più che in ogni altro mestiere o argomento, i termini usati comunemente in tutto il mondo sono anglosassoni.

Il primo passo del ''fare p.'' a un bene di consumo e alla marca di produzione, è stabilire il piano di marketing (v. in questa Appendice), che consiste nello studio del loro ''posizionamento'' (brand position e brand image), cioè nell'analisi delle caratteristiche del prodotto e della marca in modo da individuare una fascia di probabili consumatori (group target), decidere la strategia creativa (copy strategy) −da cui dipende la possibilità d'imporre il prodotto su vasta scala −, i criteri di distribuzione (trade) e i canali pubblicitari: stampa, radio, tv (media), affissioni e altre attività di sostegno, come la promozione, la sponsorizzazione, il direct marketing, i rapporti con la stampa specializzata (ufficio stampa); tutto questo costituisce una ''campagna pubblicitaria'' della quale si dovranno stimare anche l'entità dei costi di produzione e i livelli di profitto.

La promozione è una forma di p. rivolta sia alla distribuzione (trade promotion) che al consumatore (consumer promotion), al fine d'incentivare l'accesso di una marca o di un prodotto nei canali distributivi, con sconti sull'acquisto, omaggi, confezioni di prova, condizioni speciali per il consumatore al dettaglio (raccolta di buoni acquisto con premio finale, concorsi spesso abbinati a trasmissioni televisive, offerta di due prodotti al costo di uno, sconti, omaggi abbinati alla confezione, ecc.). La ''sponsorizzazione'' è una forma di comunicazione pubblicitaria che promuove la conoscenza di una marca o l'acquisto di un prodotto attraverso eventi o manifestazioni (mostre, restauri, spettacoli teatrali, musicali, televisivi e, soprattutto, sportivi) che godono a loro volta di una grande affluenza di pubblico e dell'attenzione dei media; la sponsorizzazione avviene con un contributo economico da parte dello sponsor, per la realizzazione totale o parziale dell'evento, oppure con l'offerta di servizi (per es. coperture assicurative in caso di mostre), in cambio di un ''ritorno d'immagine'' presso il pubblico, sulla stampa e in televisione; le parti che stipulano un contratto di sponsorizzazione prevedono la pubblicizzazione della marca in vari modi (interventi televisivi con spazi riservati all'utente e alla presentazione del prodotto da promuovere; pagine pubblicitarie o inserzioni su programmi, dépliants, manifesti, locandine, striscioni, ecc.). Il direct marketing consiste nella vendita e distribuzione del prodotto al consumatore, tramite contatto diretto, o per via postale, o a mezzo fax, videotex, o con la distribuzione di cataloghi, dépliants, coupons, ecc. L'ufficio stampa esplica attività di comunicazione diretta o mediata, per conto di imprese e aziende, manifestazioni (cinema, teatro, musica, sport, convegni, iniziative culturali), personaggi, enti pubblici e privati, allo scopo di promuovere l'attività o l'immagine del cliente, attraverso articoli, recensioni, interviste, servizi radiotelevisivi realizzati da giornalisti specializzati nel settore in cui rientra il carattere della comunicazione; l'ufficio stampa provvede a elaborare e distribuire materiali informativi e fotografici, a giornalisti e redazioni, secondo la strategia definita con l'utente. Una strategia di marketing, nel determinare il suo piano di azione, tiene conto anche di alcuni elementi informativi di competenza specialistica, come il rilevamento di opportunità d'investimento, l'individuazione di spazi lasciati aperti dalla concorrenza e delle esigenze e preferenze del consumatore (orientamenti di mercato), ecc. Le scienze sociali (antropologia culturale, sociologia, psicologia sociale) sono altre discipline che, studiando le culture alla base dei comportamenti dei gruppi, le leggi, le strutture e i mutamenti che influiscono sulla loro dinamica, permettono d'individuare i potenziali fruitori della comunicazione pubblicitaria, influenzando i modi e il linguaggio della p. con il contributo di altre scienze della comunicazione (semiotica, retorica, cibernetica, ecc.). Nell'agenzia, la parte operativa viene svolta dall'account, addetto ai clienti, al coordinamento della ricerca, al controllo dei vari reparti e responsabile dello sviluppo della strategia di comunicazione e degli investimenti del budget. Il settore dei creativi si occupa della realizzazione artistica del messaggio pubblicitario. Ne fanno parte, con un ruolo determinante, i copywriters, autori delle forme e dei contenuti della p. (idee, testi, story boards degli spot, ecc.), gli ideatori dello styling (costumi, arredamento, oggetti di scena per fotografie e filmati) e gli art-directors, che coordinano il lavoro di grafici, illustratori e fotografi per i lay-outs (bozzetti definitivi per la stampa) e quello dei realizzatori di filmati. La campagna è quindi pianificata, per quanto riguarda i canali da raggiungere, dal settore media planning e, per l'acquisto degli spazi, dal media buying.

Nel settore della creatività rientrano i grandi esponenti del mondo pubblicitario: art directors e soprattutto copywriters che hanno dato il nome alle loro famose agenzie multinazionali, come J.O. Young e R. Rubicam (Young & Rubicam), D. Ogilvy (Ogilvy & Mother), T. Bates (il cui nome, associato alla Saatchi & Saatchi, ha fatto raggiungere al gruppo, primo nel mondo per giro d'affari, un fatturato di quasi 8 miliardi di dollari nel 1986), J. Walter Thompson (con il gruppo che porta il suo nome è al quinto posto della classifica mondiale; al secondo in Italia), McCann Erickson (la multinazionale McCann Erickson Worldwide è tra le prime dieci grandi agenzie e fa parte del potente gruppo dell'Interpublic. In Italia, è prima tra le multinazionali), L. Burnett, Doyle Dale Bernbach (DDB), Roux Séguéla Cayzac & Goudard (RSCG), i cui gruppi sono presenti in tutto il mondo.

La p. moderna è nata negli Stati Uniti, paese che detiene tuttora il primato in quanto produttore del 50% della p. mondiale e che vanta i ''padri'' della professione. C.C. Hopkins (1867-1932), autore di libri su cui si sono basati molti pubblicitari della scuola americana (Scientific advertising e My life in advertising, 1927), dopo aver fatto il venditore di tappeti, monopolizzò il mercato degli aspirapolvere e in seguito scrisse i testi e creò le campagne di alcune automobili, della Palmolive e della Pepsodent, iniziando, con la sperimentazione, alcune delle strategie della p. moderna. A. Lasker (1880-1952), cronista del Galveston Morning News, a soli 20 anni divenne proprietario di un'agenzia di Chicago, la Lord & Thomas, che diresse fino al 1942, facendola diventare, alla sua epoca, la più grande del mondo; poi si dedicò alla propaganda politica curando la promozione della politica estera di F.D. Roosevelt e di H. Truman. Il lavoro di équipe fu instaurato e sostenuto da S. Resor (1879-1962), che alla base delle sue strategie poneva innanzitutto la ricerca e la collaborazione del suo team composto dai migliori copywriters del momento; a capo della J. Walter Thompson, inventò le campagne Camel e General Motors; fu il primo, negli anni Venti, ad aprire una serie di filiali fuori degli Stati Uniti e in seguito a usare come testimonials (personaggi celebri che prestano il loro volto per garantire un prodotto) le stelle di Hollywood (saponette Lux) e le signore dell'aristocrazia inglese (cosmetici Pond). Rubicam (1892-1978) fece ogni tipo di mestiere, perfino il venditore porta a porta, prima di diventare copywriter della maggiore agenzia statunitense, la N.W. Ayer, creando le campagne della Squibb e della Steinway; con Young fondò, con pochi mezzi, la Young & Rubicam, l'agenzia che inventò la p. delle caramelle Life Savers e che negli anni Ottanta gestiva quasi 4 miliardi di dollari l'anno di budget, conseguendo e mantenendo posizione primaria in tutti i paesi industrializzati. Scriveva i cartellini per un grande magazzino Burnett (1891-1971), considerato, dopo il successo della sua agenzia (famosa per la lunga campagna Marlboro), uno dei più abili pubblicitari della storia della comunicazione e il fondatore della ''scuola di Chicago'' (la cui p. s'ispirava al folklore americano); il gruppo ''Leo Burnett'' è tra i primi dieci per giro d'affari nel mondo ed è presente con agenzie associate in varie città italiane. B. Bernbach (1911-1982) scriveva discorsi per le campagne elettorali prima di diventare il direttore creativo delle agenzie Weintraub e Grey e il cofondatore della Doyle Dane & Bernbach (il DDB Group, oggi al 13° posto nella graduatoria del giro d'affari mondiale): tra le sue invenzioni, la p. della Volkswagen e dell'Avis. L'inglese Ogilvy (n. 1911), considerato "lo stregone più ricercato della pubblicità moderna" e "il pontefice della comunicazione", secondo le autorevoli riviste Time ed Expansion, ha iniziato vendendo cucine economiche. Nel 1949 ha fondato a New York la Ogilvy & Mather, con sedi in tutto il mondo, famosa per le campagne Rolls-Royce, Schweppes e Hathaway Shirts. In Italia, la Ogilvy è associata con la Livraghi.

Molti altri creativi, grazie alle loro fortunate campagne pubblicitarie, sono diventati il punto di forza delle agenzie che li hanno contesi alla concorrenza, come gli inglesi C. Field, L. Pearl, N. Berry, B. Day, l'australiano B. Owen, il brasiliano J. Fontoura, gli statunitensi J. Webb Young, J. Rosebrook, V. Flannery, G. Cecil, B. Duffy, P. Dusenberry della BBDO, gruppo che, associato con la DDB/Needham, è al secondo posto nel mondo; autore della campagna della Pepsi Cola del 1985, con M. Jackson.

In Francia, paese che conta il maggior numero di associazioni di pubblicitari in Europa, il creativo più famoso è J. Séguéla, che si affaccia nel mondo della p. dopo aver studiato da farmacista e aver fatto il globe trotter e il giornalista. Dopo le prime esperienze nell'agenzia Delpire e nell'Axe Publicité di P. Demnard, fondò con B. Roux l'agenzia Roux-Séguéla facendola diventare in breve, con il terzo associato J.-M. Goudard, la più importante del paese, negli anni in cui in Francia la p. era monopolio della statale Havas di J. Douce e della Publicis di Demnard (due networks di dimensione europea). Il gruppo di Séguéla è presente in Danimarca, Belgio, Austria, Germania, Svizzera, Italia, Spagna, Inghilterra e Africa. Altro personaggio di primo piano della p. francese e internazionale è B. Brochard, formatosi presso la Procter & Gamble (uno dei maggiori utenti nel mondo), prima di diventare pubblicitario presso Monfort Publicité, l'agenzia NCK, la DDB e la Havas. Presidente della Eurocom, un gruppo di comunicazione mondiale che ha il primato in Europa e in Francia, Brochard ha fondato con J. Lendrevie la ''Sup de Pub'', una scuola modello di specializzazione in p. e comunicazione d'impresa.

I creativi italiani più famosi sono A. Testa (v. in questa Appendice) e O. Toscani (n. 1942), noto soprattutto per le campagne pubblicitarie Benetton (United Colors), per cui ha scelto immagini simbolo di grande impatto a contenuto sociale, che hanno suscitato forti discussioni e polemiche di sociologi e analisti della comunicazione. Non supportato dalla struttura tipica dell'agenzia, Toscani realizza da solo la campagna che ha oltrepassato i confini nazionali facendo raggiungere al gruppo di Ponzano Veneto un fatturato di oltre 90 miliardi e aggiudicandosi nel 1991, su tremila concorrenti selezionati dai massimi rappresentanti delle agenzie pubblicitarie del mondo, l'Andy Award (tra i più ambiti riconoscimenti del settore, istituito nel 1964 e sostenuto dall'Advertising Club di New York). Sulla comunicazione pubblicitaria illustrata v. anche linguaggi visivi: Visual design, e manifesto, in questa Appendice.

Il settore pubblicitario in Italia. - Il primo annuncio pubblicitario, a mezzo stampa, in Italia risale al 1691. Si tratta di un'inserzione pubblicata sul Protogiornale Veneto Perpetuo che decanta le qualità di un'acqua di colonia (''Aqua della Regina d'Ongaria'') di cui sono indicati i prezzi nei diversi formati e il luogo di vendita, dove il "Benigno Lettore" può acquistare anche "Libri di materie curiose di Stampa" e "Giornali delle Guerre correnti che ogni settimana si vanno stampando...", previo pagamento anticipato.

Nell'Ottocento la réclame esalta, soprattutto, le proprietà di lozioni e pomate, spettacoli aerostatici, località turistiche, alberghi e stabilimenti termali, invenzioni, moda maschile e femminile, sciroppi e digestivi. Nel Novecento appaiono il ciclo, il velocipede, la bicicletta, e nascono gli slogan con le automobili Fiat "le più eleganti, le più veloci", la Coca Buton "Il liquore che fortifica", il dado per brodo Liebig "Indispensabile in ogni cucina", la lametta da barba Gillette "Rasoio di sicurezza", le macchine per scrivere Olivetti "Una promettente incognita". Al passo con i tempi, il linguaggio si adegua alla prima guerra mondiale e la ditta Gancia produce "Lo spumante delle vittorie italiane". Mussolini è testimonial per la ditta di dolciumi Perugina sul Corriere della Sera (21 novembre 1923): "Vi dico e vi autorizzo a ripeterlo, che il vostro cioccolato è veramente squisito!". Man mano che lo sviluppo industriale e scientifico produce benzina, apparecchi radio, insetticidi ("Il Flit uccide più presto"), medicine, auto, cibi in scatola, detersivi, elettrodomestici, televisori, crescono le esigenze e le strutture del mondo pubblicitario che prende a modello quello americano per organizzarsi. Nel 1957 il critico cinematografico P. Bianchi scrive lo slogan per una pasta alimentare ("Con pasta Barilla è sempre domenica"), mentre sul teleschermo in bianco e nero M. Riva monopolizza l'attenzione degli Italiani con la trasmissione Domenica è sempre domenica messa in onda dopo Carosello, popolarissimo programma contenitore di brevi filmati pubblicitari, spesso sotto forma di scenette o sketch. Alcune grandi marche devono al loro slogan buona parte di popolarità, come, solo per fare alcuni esempi, il Permaflex, "Il famoso materasso a molle", o il prodotto per pulizie Baleno, per la cui campagna sono stati adottati il fortunato slogan "Baleno e lavoro meno!" e un'indovinato jingle (motivetto musicale che accompagna la comunicazione), l'acqua Ferrarelle "Liscia? Gassata? Ferrarelle!" sull'immagine della Gioconda ritoccata per una famosa campagna del 1985, firmata Panzeri-Testa.

Se le grandi agenzie autonome in Italia sono poche, molti sono i pubblicitari a capo dei gruppi affiliati con le multinazionali (le cui agenzie si trovano principalmente a Milano, Torino e Roma) e gli autori di campagne di grande successo commerciale, come G. Sanna della Young & Rubicam (campagne Barilla, con spot televisivi firmati da F. Fellini), dieci anni di esperienze a New York, sei volte ''Clio d'Oro'' (l'Oscar della p. statunitense) e ''Leone d'Oro'' al festival del Film pubblicitario di Cannes; M. D'Adda e G.P. Vigorelli, direttori creativi della Saatchi & Saatchi/Italia; E. Pirella, che dopo anni di esperienza alla Rubicam e alla Ogilvy, nel 1981 ha fondato con M. Gottsche quella che è considerata la seconda grande agenzia italiana (Pirella Gottsche Lowe); M. Mignani (RSCG); R. Granata della TBWA; e ancora L. Biasi, O. di Camerana, A. Fronzoni e V. Rava del gruppo italiano della Leo Burnett, A.B. Wichi direttore creativo della Feel Good, un'agenzia specializzata in prodotti salutistici, A. De Martini, M. Sala dell'Agenzia Testa, F. Moretti della McCann Erickson, D. Diaz della Walter Thompson, D. Cima, E. Chiarugi, M. Sironi della Sironi GD&P, P. Barbella, ecc.

In Italia sono presenti circa 50 grandi agenzie a servizio completo, associate all'AssAP, con sedi a Milano, Torino e Roma. Alcune tra le maggiori agenzie italiane indipendenti (DMB&B, Leo Burnett, Longari & Loman BDDO, Longari & Grey) sono associate con Mediaforce, il più grande centro servizi media del paese (gestisce il 9% dell'investimento pubblicitario italiano per un totale di circa 800 miliardi di lire) con espansione anche all'estero.

A Milano, capitale italiana della p., sono attive agenzie di relazioni pubbliche legate al mondo pubblicitario, come la Rowland, network del gruppo Saatchi & Saatchi, la cui rete internazionale comprende 34 uffici nell'Europa centrale e dell'Est, con esperti di marketing internazionali, con una banca dati centralizzata a New York per informazioni specialistiche su diversi settori industriali. Media & Comunication (amministra budget di circa 550 miliardi) ha messo a punto in 24 capoluoghi di provincia italiani un sofisticato sistema informatico (Sysgeo) per visualizzare su schermo il posizionamento ottimale di diversi spazi di affissione nei vari punti strategici delle città.

Corsi di formazione professionale e di specializzazione sono organizzati per gli operatori del settore, in previsione anche dell'espansione conseguente all'integrazione dei paesi europei nel mercato comune della CEE. I principali istituti, come l'ISEM (Istituto Europeo per il Marketing), la SDA Bocconi (Scuola di Direzione Aziendale dell'università L. Bocconi), l'ISTUD (Istituto Studi Direzionali), l'IPSOA (Istituto Postuniversitario per lo Studio dell'Organizzazione Aziendale), preparano alla conoscenza di mercati, strategie, metodologie, sviluppo d'impresa all'estero, gestione di aziende e società di servizi, ecc., tutte materie che interessano pubblicitari, managers, distributori. L'acquisizione di esperienze dirette nei mercati esteri è lo scopo dei programmi Country Market dell'European Research and Marketing che organizza, al fine di specializzare gli operatori in campagne internazionali, scambi di informazioni specialistiche tra i pubblicitari europei con un intenso programma di esperienze dirette di studio e di lavoro nei diversi mercati.

Secondo un sondaggio effettuato da Carat, un grande centro francese di rilevazione dati del settore presente in 18 paesi europei, in Italia la televisione assorbe il 51% dell'intero budget pubblicitario, mentre il 40,3% è destinato alla stampa (pressappoco come avviene in Grecia e Portogallo; in Germania alla televisione è riservato il 30% e in Francia il 20%). In tutta l'Europa s'investono 29,6 miliardi di dollari (pari al 53% dell'intera spesa) per la carta stampata e 18,5 miliardi di dollari per la televisione (uguale al 33,2%). Le spese per la p. e le sponsorizzazioni in Italia, come nei maggiori paesi esteri, sono attualmente deducibili con Ilor e Irpeg a carico del reddito imponibile.

Le strategie pubblicitarie. - Dalla ricerca motivazionale, che è stata fin dall'inizio della p. una delle strategie fondamentali sulla quale impostare una campagna, attraverso mezzi tecnico-scientifici, è derivata una forma di comunicazione e persuasione definita "occulta" in un famoso studio di V. Packard (The hidden persuaders, 1957), insegnante di giornalismo all'università di New York e grande conoscitore del mondo pubblicitario. Questa tecnica fu ampiamente applicata negli anni della super-produzione industriale (dalla fine degli anni Cinquanta ai Settanta), quando il problema, più che dalla produzione, cominciò a essere costituito dalle vendite. Nel 1955, la McCann Erickson, una delle maggiori agenzie statunitensi, assunse cinque psicologi e nello stesso anno s'investirono 9 miliardi di dollari per incentivare gli acquisti. Gli studiosi più consultati furono: B. Gardner, docente di antropologia alla Howard University e fondatore di un istituto di ricerca e consulenza (Social Research), l'analista viennese E. Dichter, gli studiosi di psicologia sociale P. Martineau e J. Vicary.

La ricerca motivazionale, negli anni Ottanta, amplia il raggio esplorativo, indagando sullo stile di vita del consumatore (psicografia), sulla reattività cerebrale a immagini televisive (psicofisiologia), anche con prove della voce (a Boston l'agenzia Vopan − dall'espressione Voice Pitch Analysis - è specializzata in analisi di gradimento di un prodotto attraverso il tono delle risposte dei consumatori intervistati), sulla misurazione del significato delle parole (psicolinguistica), sull'ipnosi, ecc. Due terzi delle cento maggiori agenzie statunitensi costruiscono il successo delle loro operazioni sulla psichiatria e sulle scienze sociali: per es. L. Cheskin, un "mago del profondo", con la sua agenzia di Chicago conduce ricerche di tipo psicoanalitico per conto delle maggiori industrie statunitensi, controllando il potere simbolico delle parole per dare il nome "più vendibile" ai prodotti.

Anche alcuni tra i più importanti uomini politici del mondo affidano le loro campagne elettorali ai ''maghi'' della persuasione, applicandone le tecniche per rendere più efficaci i loro discorsi, in modo da neutralizzare i rivali e consolidare la propria immagine. Si ricorda, per es., il primo spot televisivo della campagna per la carica di governatore di New York di Dewey (1950), il lavoro dell'addetto stampa della Casa Bianca J. Hagerty per D.D. Eisenhower e di M. Chotiner per R. Nixon, sui cui metodi si basarono in seguito le scuole preparatorie alle elezioni, organizzate dai partiti, con l'ausilio dei maggiori esperti di scienze sociali, professionisti dello still life, e con il coinvolgimento di attori e cantanti, l'acquisto di spazi televisivi collocati immediatamente prima e dopo le trasmissioni più popolari, e l'acquisizione delle tecniche pubblicitarie più sofisticate. Di tali tecniche pubblicitarie hanno usufruito (secondo lo studio di R. Spero, The duping of the American voter, 1980), anche J.F. Kennedy, L.B. Johnson e J. Carter. Séguéla, uno dei più grandi esperti di comunicazione in Francia, deve la sua notorietà alla campagna presidenziale di F. Mitterrand. È da notare che le agenzie federali che controllano negli Stati Uniti la p. dei prodotti non possono intervenire sulla propaganda politica in virtù della libertà di parola garantita dal primo emendamento della costituzione americana.

Già verso la fine degli anni Cinquanta si cominciò a parlare di "comunicazione subliminale" (così battezzata dal ricercatore J. Vicary), una tecnica ''forte'' di persuasione occulta di cui Packard attribuisce l'invenzione a H.C. Baker, ex assistente universitario di neurologia sperimentale. Tale tecnica, che negli Stati Uniti è stata vietata dalla Commissione per la regolamentazione televisiva (alla quale fa capo la maggior parte delle reti televisive) e da altre istituzioni di controllo, consiste in un attacco a livello d'inconscio mediante sollecitazioni imperative fuori contesto (immagini flash o proiettate a ripetizione) e viene applicata anche nei supermercati, negli autosaloni e con ''incastri'' di parole a effetto negli annunci stampati.

Nuove e sempre più incalzanti tecniche psicofisiologiche di persuasione − adeguate agli sviluppi sociali degli anni successivi −hanno arricchito la ricerca motivazionale, portando alla creazione di uffici specializzati, come per es. quello di ''Collaudo Sensorio'', che con test computerizzati analizza le preferenze sensorie ottimali per lanciare un alimento (con definizioni come "naturale", "all'italiana", "all'antica") o come il Color Research Institute, che effettua ricerche sul condizionamento dei colori delle confezioni dei prodotti. Molte società internazionali, come la Colgate-Palmolive, la Ford e la General Food, giovandosi di professionisti del comportamento (secondo le teorie del veterano del settore, E. Demby), hanno studiato lo stile di vita di professionisti, massaie, bambini e gruppi sociali di diverso tipo, per individuarne i gusti e le tendenze, con risultati ampiamente analizzati dal Journal of Marketing Research e dalle pubblicazioni più importanti del settore (Advertising Age, Printer's Ink, Tide, Business Week).

Le normative internazionali sulla pubblicità. - La p. in Europa (come già negli Stati Uniti) è controllata innanzitutto dagli stessi operatori del settore (pubblicitari, utenti, esperti, rappresentanti dei media) e dalle associazioni che tutelano gli interessi del consumatore. Negli Stati Uniti, ove già nel 1914 era stato emanato il Federal Trade Commission Act, che designava l'ente federale come responsabile della regolamentazione della p., nel 1971 gli stessi industriali e i pubblicitari vararono il Council of Better Business Bureau, consistente in un programma di autoregolamentazione che assegnava il compito di affrontare i problemi e le divergenze in materia di p. alla NAD (National Advertising Division) e designando come sede d'appello contro le decisioni della NAD il National Advertising Review Board.

In Europa il primo documento di autodisciplina pubblicitaria ("Codice delle pratiche leali in materia di pubblicità") fu emanato dalla Camera di commercio internazionale nel 1937. In Italia, i pubblicitari crearono la prima fonte normativa specifica nel 1966 con il Codice di autodisciplina pubblicitaria (CAP), al fine di realizzare una p. onesta, veritiera e corretta. Il CAP venne aggiornato e adeguato alle variazioni del mercato nel 1971 e varato nel 1975. L'Istituto dell'autodisciplina pubblicitaria è composto da un Giurì e dal Comitato di controllo, che con esperti di diritto, di comunicazione e dei problemi degli utenti, esaminano su richiesta la p. contestata, emettendo, al termine del dibattito in udienza, un giudizio inappellabile che può anche comportare il ritiro della campagna, se giudicata in contrasto con le regole del CAP. Il Giurì interviene anche nei casi di ''p. ingannevole'', una forma di comunicazione promozionale spesso usata in televisione e nel cinema (inquadrature intenzionali di prodotti, come sigarette, automobili, testate di giornali, ecc., che costituiscono una fattispecie di messaggio pubblicitario illecito "per l'assenza di riconoscibilità in quanto tale"). Dal 1990 il sistema pubblicitario radiotelevisivo è regolamentato dalla cosiddetta ''Legge Mammì''. Nel 1991 il ''Decreto Vizzini'' ha allineato l'Italia agli altri paesi comunitari in fatto di normative riguardanti la p. del tabacco e degli alcolici, e la p. ingannevole.

L'apertura delle frontiere della CEE ha comportato, anche in campo pubblicitario, lo studio di una regolamentazione uniforme della p. con direttive e convenzioni riguardanti le attività televisive e la televisione senza frontiere, la p. ingannevole e comparativa, l'aggiudicazione di contratti di servizi pubblici, il confezionamento e l'etichettatura di prodotti alimentari, l'elaborazione di dati personali, i prodotti cosmetici, alcolici, farmaceutici, da fumo e per l'infanzia, la p. di servizi assicurativi e finanziari, ecc. Una direttiva comunitaria nella p. (314/90) riguarda anche i viaggi, le vacanze e le offerte "tutto compreso". Nel 1991 è stata costituita la European Advertising Standards Alliance con sede a Bruxelles, che riunisce gli istituti di autodisciplina di dodici paesi europei (tra cui Austria e Svizzera).

Pur aderendo a un accordo che facilita scambi e confronti, alcuni paesi europei si distinguono in materia di normativa pubblicitaria, a cominciare dalla Francia che conta sul maggior numero di associazioni del settore e riveste il ruolo di paese leader per quanto riguarda la normativa pubblicitaria − disciplinata dal Bureau de Vérification de la Publicité (BVP) − in seno alla Comunità economica europea. La Francia è fra l'altro l'unico paese della CEE ad aver adottato la legge che regola la ''p. comparativa'', previo avviso al concorrente i cui prodotti saranno oggetto di comparazione. Il Conseil supérieur de l'audiovisuel disciplina la promozione audiovisiva che determina anche i limiti di ''affollamento'' sui canali televisivi privati e vieta le interruzioni pubblicitarie nel corso della trasmissione dei film a tutte le emittenti.

La Germania, con il più grande mercato nazionale d'Europa, è anche il maggiore mercato pubblicitario del continente. Il controllo della p. è essenzialmente statale (la legge contro la ''concorrenza sleale'' è del 1909). Le emissioni televisive (cinque emittenti pubbliche, di cui due trasmettono via satellite, e cinque private di cui due trasmettono via satellite) sono controllate dallo Staatsvertrag über den Rundfunk im ereinten Deutschland. L'organismo autodisciplinare − Zentralverband der deutschen Werbewirtschaft−, comprendente 44 organizzazioni, è stato creato nel 1972 (il nome attuale è Deutscher Werberat). In Germania è vietato l'uso di testimonials per il fumo, di immagini di malati per i farmaci, e di giovani o sportivi per i prodotti alcolici.

In Inghilterra, il sistema è disciplinato da norme statuali e codici di autoregolamentazione. Il settore televisivo (la p. è ammessa soltanto sulle emittenti private) è controllato, in base a specifiche normative, dall'Indipendent Television Commission (ITC); quello radiofonico, dalla Radio Authority (RA). Il sistema autodisciplinare è operato da quattro istituti: Committee of Advertising Practice (CAP); Advertising Standards Authority (ASA); ITV Association's Copy Secretariat; Proprietary Association of Great Britain (PAGB), secondo il British Code of Advertising Practice (BCAP), creato nel 1961 e aggiornato nel 1988. Il Committee of Advertising Practice, insieme all'ASA Council, controlla, oltre alla correttezza dell'informazione pubblicitaria, secondo i criteri comuni agli altri paesi, che vengano applicati i divieti di sponsorizzazione su programmi radiotelevisivi, le regole sui prodotti farmaceutici e alimentari e i molti codes riguardanti i minori (per es. è vietata la p. religiosa in prossimità dei programmi per bambini, la p. di giocattoli riproducenti i personaggi dei serial due ore prima e dopo il programma, ecc.).

In Spagna, la p. è regolamentata dalla legge di stato. Nel settore dei media vigono le norme di autodisciplina pubblicitaria formulate dalla Camera di commercio internazionale, con modifiche che riguardano alcune autonomie regionali, come i Paesi Baschi e la Catalogna. Prima dell'ingresso nella CEE, la p. in Spagna era regolamentata dall'Estatuto de la publicidad del 1964, sostituito dalla Ley general nel 1988, particolarmente all'avanguardia in materia di p. ''sleale''. È vietato ricorrere ad attori e professionisti della salute in TV, come è vietato usare parole straniere nei messaggi pubblicitari. Le sanzioni in casi di p. ''illecita'' possono essere di competenza dei codici penale e amministrativo.

In Irlanda, la materia pubblicitaria è controllata da varie norme governative e solo recentemente dall'istituto di autodisciplina Advertising Standards Authority for Ireland, che prende in considerazione anche alcune norme non contemplate dalla legge statuale come la decenza, lo sfruttamento dei minori, la sicurezza fisica. La p. radiotelevisiva è regolamentata dal Code of Standards for Broadcast Advertising (1985) e gestita dalla Radio Telefis Eureann (RTE). Alla televisione non si può trasmettere lo stesso spot più di due volte nella stessa serata (su qualsiasi canale); la p. del fumo è permessa solo sulla stampa, sia pure con alcune regole. Le spese per la p. e le sponsorizzazioni (ammesse, ma con forti limiti) non devono superare annualmente alcuni livelli imposti.

In Danimarca, l'autorità pubblica controlla con l'istituzione dell'Ombundsmam la corretta applicazione delle leggi a tutela del consumatore. Una legge ha attribuito l'esclusiva della p. televisiva su base nazionale (con limitazioni di durata e obblighi di orario) a un solo canale (Tv2). L'organo di autodisciplina, il Reklameradet che applica le norme del Codice internazionale, aggiornandole alle variazioni del mercato, svolge compiti di consulenza per i legislatori e lo stesso Ombundsmam. La p. comparativa, con gli opportuni principi di correttezza, viene considerata vantaggiosa per il consumatore, purché si limiti a promuovere il proprio prodotto e non diffami quello della concorrenza. La p. riguardante gli alcolici è ammessa per le bevande con una percentuale di alcool inferiore al 2,8% per volume. È vietata la relativa p. sui giornali di fine settimana e domenicali, e negli altri giorni non deve occupare l'intera pagina. È anche proibita la promozione degli alcolici su indumenti e attrezzature sportive. Si possono reclamizzare i prodotti da fumo, ma in dimensioni contenute e con gli opportuni avvertimenti a salvaguardia della salute. Non si possono usare, nella p. rivolta ai minori, modelli di età inferiore ai 30 anni.

Il Portogallo solo dopo il suo ingresso nella CEE ha affrontato il problema dell'autodisciplina pubblicitaria con la fondazione dell'Instituto civil da autodisciplina da publicidade (1990) che nel 1991 ha elaborato il Codigo de conduta, basato sul Codice della Camera di commercio internazionale.

In Belgio numerose associazioni di categorie professionali, commerciali e industriali si sono riunite nel Consiglio della pubblicità, applicando le norme della Camera di commercio internazionale che il Jury d'éthique publicitaire ha il compito di far rispettare. Limitazioni di tempo e controllo dei contenuti degli spot destinati alla televisione di stato vengono applicati dalla comunità di lingua francese, mentre la comunità fiamminga, costituendo il Consiglio per la pubblicità commerciale radiotelevisiva, ha elaborato un codice che vieta la p. del tabacco e derivati, dei prodotti farmaceutici (a eccezione dei profilattici), delle automobili, delle armi vere e armi giocattolo. È vietata la sponsorizzazione per i prodotti alcolici.

In Lussemburgo è l'autorità statale a regolare la p., e il Code de déontologie publicitaire dell'autodisciplina pubblicitaria è stato sostituito in gran parte dalla direttiva CEE 552/89. È vietata la p. di derivati dal tabacco in televisione, ma sono ammesse le sponsorizzazioni tranne che per le manifestazioni sportive o manifestazioni giovanili. Non si possono usare veri professionisti, né apparecchiature e divise da medico nella p. dei prodotti alimentari.

In Olanda, il Nederlandse reclame code, al quale aderiscono le organizzazioni pubbliche e private degli utenti, consumatori, i vari mezzi di comunicazione, le agenzie, gli operatori del direct marketing, ecc., e la cui applicazione è controllata dalla Commissione e da un Collegio d'appello per la p., copre la quasi totalità dell'industria pubblicitaria olandese. Produttori e pubblicitari devono poter provare ogni affermazione contenuta nei messaggi e sono severamente perseguiti in caso di p. subliminale o ingannevole. Il codice olandese impone la trasmissione obbligatoria di almeno due slogan educativi ogni cinque comunicazioni commerciali riguardanti gli alcolici trasmesse dalle radio e televisioni. I prodotti alcolici, con le dovute cautele, possono essere pubblicizzati con il loro marchio; il vino con il solo nome del luogo di provenienza.

Anche la Grecia ha adeguato le proprie norme pubblicitarie alle direttive della CEE, adottando in versione greca il Codice della Camera di commercio internazionale, mentre la p. audiovisiva (in Grecia attualmente esercitano tre televisioni pubbliche e quattro private) è regolamentata dal 1987 dal Consiglio nazionale della radiotelevisione, secondo le direttive della Comunità europea. Due Comitati autodisciplinari (di prima e seconda istanza) controllano l'esatta applicazione del Codice che prevede dal 1978, come negli altri stati membri, il divieto di pubblicizzare il fumo in televisione e alla radio, regole restrittive per la relativa p. che appare sulla stampa, l'obbligo di dichiararne la pericolosità sulle confezioni e nelle scritte varie. È vietata anche la p. di giocattoli in televisione. Vedi tav. f.t.

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La disciplina giuridica in Italia. - Nell'ordinamento italiano l'assetto giuridico della p., mancando una normativa sistematica, da alcuni decenni è stato man mano definito da direttive e regolamenti comunitari (per es. la direttiva 450/1984 in tema di p. ingannevole e la direttiva 552/1989 concernente l'esercizio delle attività televisive), ai quali il legislatore nazionale si è impegnato ad adeguarsi.

Nella carenza di una regolamentazione organica del fenomeno pubblicitario la sua disciplina deve rintracciarsi in norme di carattere più generale dalle quali il fatto pubblicitario riceve un limite, così per es.: nella tutela di interessi particolari come il diritto al nome (art. 7 c.c.), all'immagine (art. 10 c.c. e artt. 96 e 97 sul diritto di autore), alla riservatezza, all'onore; oppure in norme non propriamente commerciali nelle quali la p. possa apparire dannosa alla morale familiare (art. 565 c.p.) o contraria alla pubblica decenza (art. 725 c.p.); o nell'ipotesi in cui l'affissione di cartelli o di manifesti pubblicitari deturpi le bellezze artistiche e quelle naturali (art. 22 della l. 1° gennaio 1939 n. 1089, e art. 14 l. 29 giugno 1939 n. 1497).

La frammentarietà fin qui rilevata concernente le norme dell'ordinamento statale sulla p. ha indotto gli imprenditori, gli operatori del settore, le agenzie pubblicitarie, le associazioni professionali a dotarsi di un codice di autodisciplina, redatto nel 1966 ma frequentemente aggiornato e mirante a realizzare una regolamentazione globale di carattere privato e volontario del fenomeno pubblicitario sulla base di regole di comportamento improntate alla lealtà e alla correttezza, al cui accertamento sono preposti appositi organi di controllo (Giurì e Comitato di controllo). Va rilevato, però, che nonostante i suoi pregi (dal punto di vista della normativa sostanziale e della connessa attività giurisdizionale) questo particolare ordinamento, fondato su un principio volontaristico, non può in alcun modo sostituirsi a quello statale.

Sotto il profilo degli interessi tutelati dalle norme di autodisciplina vanno segnalate le disposizioni relative al contenuto del messaggio pubblicitario riferentisi: agli interessi personali dell'individuo e a quelli generali della collettività, e nelle quali sia rilevabile direttamente o indirettamente l'aspetto pubblicitario; alla concorrenza tra gli imprenditori; ai diritti sui segni distintivi, alle opere sull'ingegno a scopo estetico e tecnico, nelle quali la p. abbia un carattere strettamente incidentale e strumentale.

Sempre più vasta appare la rilevanza assunta negli ultimi decenni dalla p. televisiva, che rispetto agli altri mezzi di comunicazione pubblicitaria si è imposta come lo strumento più efficace e privilegiato nella ricerca di un più stretto contatto tra imprese e consumatori. Nell'ambito di una disciplina pubblicistica a tutela dell'interesse generale della collettività va menzionata la l. 6 agosto 1990 n. 223, cosiddetta ''legge Mammì'' (quella via cavo è stata disciplinata dal D.L. 22 febbraio 1991 n. 23) sulla regolamentazione della p. televisiva e radiofonica, in applicazione della direttiva CEE 3 ottobre 1989 n. 552. Le disposizioni contenute nella l. 223/1990 (in particolare all'art. 8 dedicato alle "Disposizioni sulla pubblicità") appaiono dirette a regolamentare prevalentemente i profili ''esterni'' della comunicazione pubblicitaria, disciplinando i limiti di tempo e le modalità di collocazione dei messaggi all'interno dei programmi radiotelevisivi. Si tratta di norme miranti da un lato a realizzare "un equilibrio tra le risorse dei diversi settori dell'informazione" nell'ambito di quella finalità antioligopolistica che la legge avrebbe dovuto concretare e dall'altro a contenere le interruzioni pubblicitarie di determinate trasmissioni per salvaguardare sia il diritto morale d'autore sia l'interesse degli utenti dei media a una libera e corretta fruizione delle stesse.

Va altresí rilevato che con la citata l. 6 agosto 1990 n. 223, in ottemperanza alle direttive comunitarie in materia di radiodiffusioni, sono stati introdotti alcuni limiti d'indubbia rilevanza.

In attuazione all'art. 12 della direttiva CEE n. 552/1989 sono stati, infatti, introdotti al 1° comma i seguenti limiti: "la pubblicità radiotelevisiva non deve offendere la dignità della persona, non deve evocare discriminazioni di razza, sesso e nazionalità, non deve offendere convinzioni religiose ed ideali, non deve indurre a comportamenti pregiudizievoli per la salute, la sicurezza e l'ambiente, non deve arrecare pregiudizio morale o fisico ai minorenni...". L'elemento più innovativo di tale disposizione deriva dal fatto che per la prima volta questi limiti vengono posti unicamente al contenuto del messaggio pubblicitario, con riferimento soltanto al pericolo di lesioni di rilevanti interessi della persona che possano derivare dalla diffusione di esso, a prescindere dalla natura del prodotto o del servizio reclamizzato. L'apposizione di queste limitazioni si giustifica, anche sotto il profilo del nostro ordinamento interno, nell'esigenza di tutelare principi e interessi costituzionalmente sanciti, richiamantisi a valori umani, etici e sociali (come la dignità umana, l'uguaglianza, la libertà religiosa, la libertà di opinioni morali e politiche, la salute) o ad altri più recentemente emersi (come la tutela dell'ambiente). Altri limiti riferentisi a contenuti espressivi tali da porre in pericolo la salute o arrecare pregiudizio morale o fisico ai minori sono contenuti al comma 5 del citato art. 8, dove si ribadisce il divieto (già presente ai sensi dell'art. 31 della l. 833/1978) della p. concernente i medicinali disponibili su ricetta mentre si demanda l'attuazione dei limiti previsti dagli artt. 13 (sigarette e prodotti da fumo), 15 (bevande alcoliche) e 16 (tutela dei minori) della direttiva CEE 552/1989 a un successivo regolamento ministeriale, approvato con D.M. 30 novembre 1991 n. 425 (con esclusione della p. radiofonica).

Per quanto riguarda le modalità di diffusione del messaggio pubblicitario, l'art. 8 della l. 223/1990 ha previsto al comma 1 il divieto specifico d'inserire messaggi pubblicitari all'interno di programmi di cartoni animati (disposizione questa che si ricollega all'esigenza di esercitare una particolare protezione dei minori), mentre al comma 2 ha imposto l'obbligo della riconoscibilità della comunicazione pubblicitaria che "deve essere distinta dagli altri programmi con mezzi ottici od acustici di immediata percezione". L'imposizione di quest'obbligo, però, non appare essere esaustiva delle prescrizioni previste all'art. 10 della direttiva CEE 552/1989 che vieta anche il ricorso a tecniche subliminali e a ogni forma clandestina di pubblicità.

Va rilevato, inoltre, che il legislatore nazionale si è mosso con particolare prudenza circa la riconoscibilità dei messaggi pubblicitari per non ledere o alterare interessi economici a essi ricollegabili, come peraltro è attestato anche dalla posizione assunta in tema di definizione dei programmi sponsorizzati non sempre in linea con i dettami comunitari.

Sulla base della delega legislativa contenuta all'art. 41 della l. 428/1990 è stata data attuazione, in considerevole ritardo, alla direttiva CEE 450/1984 in tema di p. ingannevole. Il decreto legisl. 74/1992 nei suoi articoli iniziali formula le definizioni di p., di operatore pubblicitario e soprattutto di p. ingannevole (artt. 1 e 2) e indica gli elementi di valutazione per determinare l'ingannevolezza dei messaggi pubblicitari (art. 3). La disciplina sostanziale della p. ingannevole è completata dalla regolamentazione dell'uso dei termini "garanzia" e "garantito" (art. 4, 2 c), dal divieto di pubblicizzare prodotti dannosi per la salute e la sicurezza dei consumatori (art. 5) e da una disposizione a salvaguardia dei minori (art. 6).

Questo provvedimento, però, non contiene alcuna norma concernente il regolamento della p. comparativa né ha portato al riordino, peraltro necessario, delle "disposizioni relative alla pubblicità di particolari categorie di prodotti" e "di alcune categorie di prodotti o di particolari modalità di vendita o promozione, che non siano già oggetto di disciplina normativa". In questo modo è venuta meno ogni possibilità di raccordo tra la disciplina generale e le disposizioni previste per determinate categorie merceologiche in materia di etichettatura, presentazione e p. di acque minerali, prodotti alimentari, prodotti del tabacco, emanate recentemente, in attuazione di alcune direttive comunitarie, dai decreti legisl. 31 luglio 1990, 105/1992 e 109/1992.

Per quanto riguarda il controllo dei limiti e dei divieti sostanziali stabiliti dalla cosiddetta legge Mammì, l'art. 31 della l. 223/1990 ha previsto l'istituzione del Garante per la radiodiffusione e per l'editoria, al cui potere di azione, in caso d'inosservanza delle disposizioni di cui al citato art. 8, è assoggettato l'intero comparto della p. radiotelevisiva, senza alcuna distinzione tra concessionaria del servizio pubblico ed emittenti private.

Anche il decreto legisl. 74/1992 ha attribuito il controllo della p. ingannevole a un'autorità amministrativa indipendente, l'Autorità garante del mercato che, a differenza del Garante che esercita d'ufficio un potere sanzionatorio, non ha alcun potere d'iniziativa ma può soltanto provvedere, su impulso di uno dei soggetti che la stessa norma individua come legittimati (concorrenti, consumatori, associazioni e organizzazioni, ministro dell'Industria, del commercio e dell'artigianato e ogni altra pubblica amministrazione che ne abbia interesse in riferimento ai suoi compiti istituzionali, anche su denuncia del pubblico) a dare avvio al procedimento.

Occorre infine rilevare come ancora largamente insoddisfacente sia il riconoscimento dato alla posizione del consumatore − malgrado la normativa più recente, seguendo le direttive CEE e le raccomandazioni del Consiglio d'Europa, ne abbia ampliato la tutela sia nei confronti dei danni da prodotto (D.L. 24 maggio 1988 n. 224), sia per prevenire eventuali e possibili effetti nocivi (D.L. 24 maggio 1988 n. 223), sia per dare all'acquirente la possibilità di effettuare una scelta più consapevole (l. 10 aprile 1991 n. 126) − mancando una posizione di sintesi dell'utente-consumatore nella quale ricomporre i vari interessi da tutelare complessivamente.

Nella frammentarietà e nelle stratificazioni delle disposizioni vigenti in tema di p. è auspicabile da un lato l'emanazione della regolamentazione della p. comparativa e della p. sleale e dall'altra la realizzazione di una disciplina sistematica del fenomeno pubblicitario, tale da costituire un quadro di riferimento completo per tutte le fattispecie e capace di rispondere in modo differenziato alle molteplici esigenze dei diversi settori merceologici e dei media.

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Sulla disciplina della pubblicità radiofonica e televisiva v. tra gli altri: AA.VV., La pubblicità e il sistema dell'informazione, a cura di P. Barile e P. Caretti, Milano 1991; AA.VV., Il sistema radiotelevisivo pubblico e privato, a cura di E. Roppo e R. Zaccaria, ivi 1991; AA.VV., Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato (l. 6 agosto 1990, n. 223), Commentario a cura di E. Bocchini e N. Lipari, in Le Nuove Leggi Civili Commentate, 14 (1091), 4, pp. 698 ss.; L. Bini, La legge di regolamentazione del sistema radiotelevisivo, in Aggiornamenti sociali, 42 (1991), 1, pp. 15-34; R. Zaccaria, La difficile attuazione della legge n. 223 del 1990 (c.d. "Mammì"), in Quaderni costituzionali, 12 (1992), 1, pp. 65 ss.; G. Strozzi-R. Mastroianni, La disciplina comunitaria delle trasmissioni televisive e la recente legislazione italiana, in Foro italiano, 118 (1993), 4, p. iv, pp. 152-55.

Sulla pubblicità ingannevole v. G. Alpa e C. Rossello, Prime note sull'attuazione della direttiva comunitaria in materia di pubblicità ingannevole, in Diritto dell'informazione e dell'informatica, 8 (1992), pp. 259 ss.; Id., Pubblicità ingannevole (d. legisl. n. 74/1992), in Commentario breve al codice civile. Leggi complementari, a cura di G. Alpa e P. Zatti, Padova 1992, pp. 1711 ss.; A. Parigi, Il contenuto dei messaggi pubblicitari radio-televisivi tra disciplina del mezzo e regolamentazione generale della pubblicità ingannevole, in Diritto dell'informazione e dell'informatica, 9 (1993), 1, pp. 35-58.

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