Psicoanalisi

Universo del Corpo (2000)

Psicoanalisi

Red

Il termine psicoanalisi (dal tedesco Psychoanalyse) indica la disciplina fondata da S. Freud e da lui stesso così denominata nel 1896. Essa ha per oggetto lo studio e il trattamento terapeutico di disturbi di tipo psicologico nel quadro di una teoria dinamica della psiche, il cui concetto centrale è quello di inconscio. Nella pratica dei suoi numerosi seguaci, e al di là dalle specifiche differenze tra i molteplici indirizzi nei quali la disciplina si è venuta articolando, la psicoanalisi può essere oggi sommariamente descritta come un metodo di cura (detto anche, semplicemente, analisi) della sofferenza psichica fondato sulla relazione che si stabilisce, entro un contesto predeterminato di regole, tra il paziente e il terapeuta, che non è necessariamente un medico ma deve essere comunque fornito di un'apposita formazione. Il paziente, attraverso l'analisi (condotta con il metodo delle libere associazioni) delle sue esperienze remote e attuali, dei suoi sogni nonché dei sentimenti attivati dalla stessa situazione terapeutica, giunge a riconoscere i nodi conflittuali inconsci che si trovano all'origine del suo disagio.

I principi fondamentali

Volta originariamente alla diagnosi e alla cura dei sintomi isterici e nevrotici, intesi come manifestazioni di conflitti psichici inconsci, la psicoanalisi si è sviluppata in seguito in una teoria psicologica generale fondata sull'ipotesi di un'attività psichica inconscia, indipendente dai processi volitivi coscienti e tendente alla soddisfazione di esigenze istintuali dette pulsioni. Secondo la definizione datane da S. Freud, la psicoanalisi è: 1) un procedimento per l'indagine di processi psichici altrimenti inaccessibili; 2) un metodo terapeutico per il trattamento dei disturbi nevrotici; 3) una gamma di conoscenze psicologiche ottenute nel modo indicato ai punti precedenti e convergenti in una nuova disciplina scientifica. Metodo d'indagine, metodo terapeutico e teoria psicologica a un tempo, la psicoanalisi si fonda su un insieme di nozioni e di assunti teorici che le conferiscono tratti completamente diversi e autonomi tanto rispetto alla psichiatria e alla psicologia sperimentale quanto rispetto agli altri orientamenti psicologici del Novecento. Tali nozioni e assunti ne avrebbero fatto, già nella tarda sistematizzazione freudiana, una vera e propria concezione del mondo, ritenuta in grado di illuminare la situazione umana sia all'interno del nucleo familiare e dei sistemi educativi, sia nel più ampio contesto socioculturale. La psicoanalisi prende l'avvio dall'interesse di Freud per gli studi e gli esperimenti di J.-M. Charcot sui fenomeni ipnotici e per l'ipotesi da questo avanzata che l'ipnosi potesse costituire un metodo terapeutico per i casi di isteria.

In seguito, in collaborazione con J. Breuer, Freud stesso si dedicò agli esperimenti ipnotici come trattamento terapeutico per l'isteria, avanzando l'ipotesi che i sintomi isterici (convulsioni, paralisi, difetti percettivi) avessero un significato e notando che essi cessavano non appena il paziente in stato ipnotico rievocava fatti psichici traumatici dimenticati che apparivano avere un nesso causale con i sintomi, sicché l'indagine diretta a scoprire tale nesso faceva tutt'uno con il trattamento. Questo procedimento (il metodo catartico) fu successivamente abbandonato da Freud, che, conclusa la collaborazione con Breuer, sostituì all'ipnosi il metodo da lui denominato delle libere associazioni: tale metodo consiste nell'indurre il paziente a dire tutto ciò che pensa, indipendentemente da connessioni logiche e causali, al fine di consentirgli di vincere le resistenze e portare così alla luce i fatti traumatici ritenuti cause dei sintomi isterici. Tale tecnica, che avrebbe subito in seguito una complessa evoluzione, presupponeva comunque già i due più importanti concetti su cui si fonderà la psicoanalisi: quello di inconscio, inteso come la sfera psichica in cui risiedono sia le esperienze non più disponibili per l'attività mnemonica sia gli istinti primordiali, e quello di rimozione.

Riflettendo sul fatto che le esperienze dimenticate, le quali probabilmente erano da identificarsi con le cause remote dei sintomi isterici, presentavano un carattere penoso, doloroso, vergognoso (in quanto perlopiù legate alla sfera della sessualità e dell'aggressione, che il soggetto al quale è stata impartita un'accurata educazione non può o non vuole ammettere come rientranti nelle sue attitudini), Freud pervenne all'ipotesi che esse fossero in qualche modo inconsciamente censurate; quest'opera di censura dei fatti traumatici prende il nome di rimozione. Il processo per cui un contenuto psichico viene mantenuto estraneo alla coscienza tramite la rimozione è di tipo diverso dal fenomeno della repressione di istinti avvertiti e coscientemente ricusati dall'Io: esso presuppone un conflitto inconscio e viene mantenuto mediante un continuo dispendio di energia psichica. La rimozione del ricordo del trauma in una zona inconscia della psiche è alla base dei sintomi isterici; il sintomo è infatti una sorta di simbolo mnestico del trauma: è il testimone attraverso cui l'avvenimento traumatico è in qualche modo commemorato. Manifestazione di un processo conflittuale che ha luogo nell'inconscio, forma di compromesso tra le rappresentazioni rimosse e le difese con cui l'Io si oppone al loro ricordo, il sintomo è pertanto un sostituto di ciò che è stato rimosso dalla coscienza. Così, scaricandosi nell'innervazione somatica e motoria e convertendosi nel sintomo, ciò che è stato rimosso ritorna in una forma irriconoscibile al soggetto.

Sulle tracce dell'analisi del sintomo isterico, la psicoanalisi raggiunge il suo stadio maturo allorché affianca all'eziologia di questo l'interpretazione dei sogni, da cui scaturiranno quelle categorie esplicative dei fenomeni nevrotici in genere che la condurranno infine a caratterizzarsi come una teoria generale della psiche. Contrariamente alle concezioni scientifiche prefreudiane, che vedevano nei sogni soltanto degli effetti di eccitamenti fortuiti e disordinati del sistema nervoso centrale, la psicoanalisi li considera fenomeni psichici dotati di significato, i quali presentano caratteristiche tali da illuminare il complesso dei fattori conflittuali che presiedono all'insorgere delle nevrosi, in particolare di quelle che Freud chiamò psiconevrosi (per es., l'isteria, le fobie e le ossessioni), che esprimerebbero simbolicamente conflitti psichici a carattere sessuale di origine infantile, distinguendole dalle nevrosi attuali, i cui sintomi deriverebbero invece da cause somatiche conseguenti a un mancato soddisfacimento delle esigenze sessuali della vita presente del soggetto (v. anche sogno).

La comprensione del significato del sogno esige un delicato lavoro d'interpretazione, poiché gli impulsi, i ricordi e i conflitti che in esso si manifestano vengono in qualche modo mascherati da una censura onirica; è al contenuto latente del sogno, celato sotto quello manifesto, che intende pervenire l'interpretazione psicoanalitica. Il sogno è infatti regolato da un suo peculiare linguaggio fatto di deformazioni, condensazioni (mediante cui elementi disparati sono fusi in un'unica immagine) e spostamenti (tramite cui caratteristiche tipiche di cose e persone appaiono trasferite su altre), che tendono a celare quello che esso effettivamente è: cioè l'appagamento di un desiderio rimosso. Analogamente al sintomo isterico, il sogno rinvia a un processo conflittuale inconscio e rappresenta una formazione di compromesso tra i desideri e gli impulsi rimossi nell'inconscio (desideri e impulsi che sono in gran parte di origine infantile) e le difese censorie e repressive dell'Io. Altri elementi che completano la descrizione dei conflitti psichici tra il rimosso e ciò che tende al suo ritorno sono gli atti mancati (lapsus, dimenticanze, sbadataggini) e i motti di spirito, che rivelano anch'essi quel carattere di compromesso e di appagamento del desiderio tipico del sintomo e del sogno. In quanto teoria generale della psiche, la psicoanalisi poggia su alcune nozioni fondamentali (inconscio, rimozione, conflitto, pulsione) articolate nella sistemazione a cui Freud ha dato il nome di metapsicologia, secondo i tre punti di vista dinamico, topico (poi confluito in quello strutturale) ed economico.

Il punto di vista secondo cui i fenomeni psichici sono considerati come risultanti da un conflitto di forze contrastanti è quello dinamico: il conflitto nevrotico, che contrappone desiderio e difesa e si compone in un compromesso, presuppone la rimozione, consistente nell'espellere e nel tenere lontano qualcosa dalla coscienza. In tale prospettiva, la rimozione è il principale meccanismo di difesa, in quanto processo che istituisce l'inconscio come campo separato dal resto dell'apparato psichico, inconscio che esercita in permanenza una forza che spinge al ritorno del rimosso. Dal punto di vista topico, l'inconscio è il luogo nel quale risiedono le forze istintuali e i desideri più arcaici, quelli che risalgono alla storia infantile di ciascun individuo. Secondo la metafora spaziale così istituita, all'inconscio vanno affiancati il preconscio (il luogo dei contenuti psichici, come i ricordi, non attualmente presenti ma in grado di essere portati alla coscienza o, anche, di essere rimossi nell'inconscio) e la coscienza (il luogo della percezione esterna come dell'interna). Al confine fra i tre sistemi così definiti intervengono censure che impediscono o discriminano il passaggio dall'uno all'altro.

Questa tripartizione dell'apparato psichico sarebbe stata poi integrata, se non proprio soppiantata, nell'elaborazione freudiana, dal punto di vista strutturale (noto anche come seconda topica), con cui si distingue tra Es, Io e Super-Io. Il termine tedesco Es, pronome della terza persona singolare neutra, introdotto originariamente da G. Groddeck, rinvia a un luogo inconscio fonte impersonale di istinti, le pulsioni, collocate a metà strada tra il biologico e lo psicologico. All'Es, dominato dal principio del piacere, in base al quale tende esclusivamente alla soddisfazione delle pulsioni indipendentemente dai limiti imposti dalla morale e dalle convenzioni sociali, si contrappongono le altre due strutture, l'Io e il Super-Io, che hanno anch'esse dimensioni inconsce, ma sono fondamentalmente la sede della coscienza. L'Io, al cui consolidarsi contribuisce un principio di realtà, è la struttura che si trova alla base del pensiero logico-razionale ma, soprattutto, è l'insieme dei tratti della personalità costituitisi come difese dagli impulsi istintuali in vista di un adattamento, attraverso la parziale repressione della sfera pulsionale, alle esigenze della realtà e della società. Il Super-Io è quella parte dell'apparato psichico in cui risiedono sia i valori morali sia le censure dell'Io. Funzionalmente esso rappresenta la coscienza morale, dalla quale provengono le difese dell'Io e che si trova dinamicamente in conflitto con le esigenze pulsionali.

Geneticamente il Super-Io sorge per un processo di differenziazione dell'Io ed è l'erede della più tipica situazione psichica infantile, consistente nella rivalità verso il padre che il bambino avverte per l'amore esclusivo che rivolge alla madre (complesso di Edipo); il superamento di tale situazione (intorno ai 5 anni nel maschio) si verifica con la rinuncia ai desideri incestuosi e l'interiorizzazione del divieto, a cui si associa l'identificazione di una parte inconscia dell'Io con la figura autoritaria del padre, identificazione che riguarda anche tratti di altre persone provviste di autorità e che è all'origine della coscienza morale e della tendenza a perseguirne i dettami. Il terzo punto di vista, quello economico, si basa sull'ipotesi dell'esistenza di certe energie psichiche, quali la libido (l'energia propria delle pulsioni sessuali; v. libido), l'aggressività, gli istinti di conservazione dell'Io, e, almeno in una prima fase della psicoanalisi, su nozioni derivanti da una concezione meccanicistica della biologia, tipicamente ottocentesca: l'apparato psichico è concepito come un dispositivo che tende a scaricare le tensioni determinate dall'energia insita nelle pulsioni (soprattutto sessuali) per mantenerle al livello più basso (principio di costanza); data la difficoltà di conseguire il soddisfacimento delle esigenze pulsionali (ossia di scaricare le tensioni accumulate), l'apparato psichico è costretto a impiegare quantità di energie in grado sia di ridurre le tensioni sia di mantenerle in uno stato di rimozione, senza peraltro poterle sopprimere.

Da questo punto di vista l'Es è il serbatoio di ogni energia e le pulsioni che da esso provengono sono prevalentemente, anche se non unicamente, di carattere sessuale. Che l'energia psichica della pulsione sessuale, la libido, venga a rappresentare il prototipo di ogni pulsione dipende soprattutto dal ruolo centrale che, in termini dinamici, le pulsioni sessuali dell'Es assumono nei conflitti con le istanze dell'Io e del Super-Io da cui derivano i sintomi nevrotici. Lo stesso Freud, d'altra parte, ha implicitamente invitato a vedere nella psicoanalisi una forma di pansessualismo allorché, estendendo in una prospettiva genetica lo studio dei fattori che presiedono all'insorgere delle nevrosi, ha delineato le fasi di una vita sessuale infantile (orale, anale, fallica), scandite come fasi dello sviluppo individuale e rimosse nell'inconscio. Secondo questa impostazione, l'arresto (fissazione) o la deviazione (regressione) delle pulsioni a certe fasi immature della loro evoluzione, indicanti un mancato adattamento alla realtà in seguito a traumi psichici subiti nella prima infanzia o a causa di un'educazione eccessivamente repressiva, possono provocare l'insorgere di sintomi nevrotici qualora intervengano i meccanismi della rimozione, di vere e proprie perversioni sessuali qualora l'Io riesca a opporsi a quei meccanismi; un ruolo centrale nell'eziologia delle nevrosi viene ad assumere inoltre un non superamento dello stadio edipico e, in genere, l'insieme dei rapporti con le figure parentali. Accanto a questi fenomeni, poi, può manifestarsi quello della sublimazione, allorché le pulsioni sessuali (o, anche, quelle aggressive) vengono indirizzate o spostate verso altri obiettivi come la ricerca scientifica e la creazione artistica, nelle quali si appaga la libido desessualizzata. Ma la teoria psicoanalitica riconosce in realtà anche altri tipi di pulsioni, come quelle di autoconservazione, poi unificate con quelle sessuali sotto la denominazione di pulsioni di vita (o Eros) e contrapposte alle pulsioni di morte (o Thanatos), nelle quali Freud vede la tendenza stessa del vivente a ritornare a una stabilità inorganica: è per indicare questa tendenza che Freud introduce il concetto di coazione a ripetere, con cui s'intende l'impulso a ripristinare uno stato antecedente. Con quest'ultimo dualismo, che introduce elementi fortemente speculativi, si compie il passaggio della psicoanalisi da teoria della psiche a vera e propria concezione del mondo, in cui prevale l'orientamento ermeneutico (già ampiamente presente nell'interpretazione dei sogni) su quello causale, più strettamente legato all'esperienza clinica e all'indagine dei fenomeni psichici in genere. La diade amore e morte (Eros-Thanatos) sta alla base dei tentativi degli stadi più maturi della psicoanalisi di pervenire a una visione unitaria della situazione umana all'interno non solo dei contesti familiari ed educativi, ma della stessa civiltà, che trarrebbe origine dal divieto ancestrale dell'incesto per poi evolvere come risultato di un compromesso fra Eros, l'insieme delle pulsioni che mirano alla propria soddisfazione in base al principio del piacere, Thanatos, quello delle pulsioni aggressive e autodistruttive, e i mezzi con cui la società oppone loro resistenza. A ciò si aggiungano i tentativi di interpretazione della cultura (arte, religione, etica), di cui lo studio freudiano sulle opere di Leonardo, considerate come un sintomo di inibizioni e di componenti omosessuali, ma anche di sublimazione della libido nella curiosità, rappresenta forse l'esempio più significativo.

Il metodo terapeutico

La tecnica delle libere associazioni configura la strategia terapeutica come mezzo volto alla verbalizzazione del rimosso. Questa presuppone che il paziente dica tutto quel che gli viene in mente, rinunciando a ogni atteggiamento critico che lo porterebbe a tacere qualcosa perché avvertita come penosa, inaccettabile o insignificante. Fondamentale, nella terapia, appare il transfert, cioè il trasferimento o spostamento alla persona stessa dell'analista di atteggiamenti, sentimenti, tendenze e comportamenti che un tempo il soggetto ha avuto nei confronti di persone importanti della sua infanzia, generalmente i genitori. L'analista diventa così sempre più per il paziente la personificazione inconsapevole delle figure parentali amate o temute, dalla relazione con le quali derivano i sintomi e i comportamenti nevrotici. Questi passano quindi, attraverso il transfert, da un grado di massima rimozione a un certo tipo di esteriorizzazione, l'acting-out, che comporta anche manifestazioni di aggressività che oppongono ostacoli alla terapia. Ciò permette all'analista di rendersi conto della struttura della nevrosi, ma consente anche al paziente di rendersi conto, mediante l'aiuto dell'interpretazione terapeutica, delle proprie pulsioni censurate e soprattutto delle difese da lui inconsciamente poste in essere. La caratteristica più tipica del lavoro dell'analista è quella dell'interpretazione, che egli è in grado di fornire ricostruendo le esperienze passate del paziente: per es., l'attrazione sessuale che un paziente ha verso le donne anziane può essere interpretata come la ripetizione di una situazione edipica che egli ha vissuto in passato con la madre. L'interpretazione riguarda naturalmente anche i sogni, che vengono decifrati onde far riaffiorare i contenuti psichici rimossi del paziente. Nella misura in cui quest'ultimo è in grado di superare le resistenze all'analisi, di accettare e integrare in sé le interpretazioni terapeutiche e di fare affiorare reminiscenze coperte dalle amnesie e dagli acting-out, si organizza in lui il superamento della nevrosi.

Gli sviluppi della disciplina

Nata con Freud e organizzatasi in istituzioni già quando Freud stesso era ancora in vita (è da ricordare la nascita delle società psicoanalitiche di Berlino, Vienna, Budapest e della Società internazionale di psicoanalisi, tutte sorte tra il 1908 e il 1920), la psicoanalisi si sviluppò ben presto articolandosi in ricerche volte all'approfondimento e alla diffusione delle teorie freudiane. Fin dai primi tempi si distinsero K. Abraham e S. Ferenczi. A. Freud diede uno tra i più significativi contributi al campo di ricerca del padre, scrivendo un importante studio sulle difese dell'Io. Relativamente ai problemi dell'Io, una nozione non sufficientemente elaborata da Freud, si svilupparono due scuole di psicoanalisi, l'una facente capo all'austriaco P. Federn, l'altra a H. Hartmann. La prima non ebbe un grande sviluppo, e lo stesso Federn finì per allontanarsi dalle concezioni freudiane; il suo allievo più importante fu il triestino E. Weiss che emigrò negli Stati Uniti quando in Italia cominciarono le persecuzioni antisemitiche da parte del governo fascista. L'altra scuola operò negli Stati Uniti, ed ebbe tra i suoi maggiori rappresentanti, oltre Hartmann, E. Kris e R. Loewenstein, D. Rapaport. Caratteristica principale delle teorie di Hartmann è la tesi che l'Io non sia soltanto un mediatore di conflitti, ma anche una realtà autonoma rispetto alle spinte motivazionali delle pulsioni dell'Es, svolgendo un ruolo importante nell'adattamento e nella soluzione dei problemi dell'individuo.

Un terzo indirizzo è stato inaugurato, a partire dagli anni Quaranta del 20° secolo, da E. Erikson, che ha insistito in particolare sullo sviluppo graduale dell'Io nel suo rapporto con la società, mettendone in evidenza le varie fasi che attraversa in tutto il ciclo vitale dell'individuo. Le vicende della psicoanalisi dovevano comunque caratterizzarsi anche per una varietà di indirizzi in aperto conflitto con le teorie di Freud. Tra questi vanno ricordati soprattutto quelli di autori che operarono delle vere e proprie scissioni all'interno dell'originaria scuola freudiana. Con l'avvento del nazismo il centro di creatività della psicoanalisi si spostò dall'Austria, dall'Ungheria e dalla Germania alla Gran Bretagna e agli Stati Uniti, dove sorsero importanti scuole che, senza giungere a una totale dissidenza con le dottrine freudiane originarie, le hanno tuttavia corrette, sviluppate ed estese in modo originale. In Italia la psicoanalisi fu introdotta da Weiss, M. Levi-Bianchini, E. Servadio, C. Musatti, che furono tra i fondatori, nel 1932, della Società psicoanalitica italiana, anno in cui cominciarono anche le pubblicazioni della Rivista Italiana di Psicoanalisi. L'una e l'altra trovarono ben presto l'opposizione del governo fascista. La società venne rifondata nell'immediato dopoguerra (1946), mentre il suo organo ufficiale, con il nome di Rivista di Psicoanalisi, ricominciò a essere pubblicato dal 1955.

A partire dagli anni Cinquanta e Sessanta la psicoanalisi italiana ha conosciuto nuovi impulsi e grande diffusione, soprattutto per opera di Musatti e, successivamente, di altri psicoanalisti, i quali hanno subito anche le influenze dei vari orientamenti che hanno caratterizzato la psicoanalisi sul piano internazionale.

a) Gli scissionisti. Già nel 1910 A. Adler elaborava una teoria della nevrosi che divergeva da quella freudiana. Nella 'psicologia individuale' di Adler la nozione fondamentale non è quella di libido, ma quella del 'sentimento d'inferiorità', che provocherebbe una condizione nevrotica negli individui non in grado di superarlo. L'inferiorità può essere determinata da un difetto fisico od organico, ma anche da condizioni psicologiche: il bambino, soprattutto se non è sufficientemente amato, si sente inferiore, indifeso e alla mercé degli adulti. Fin dai primi anni, quindi, egli sviluppa una strategia consistente in atteggiamenti che gli consentono di compensare questo sentimento d'inferiorità. Tali atteggiamenti costituiscono il suo 'stile di vita'. Così, dal momento che Adler vede in tutte le manifestazioni della vita una tensione e un orientamento verso uno scopo, nella sua prospettiva sono valorizzati gli aspetti teleologici rispetto a quelli deterministici privilegiati da Freud. Gli scopi principali sono la conquista di un ruolo di rilievo nella società, l'aumento dell'autostima e il sentimento di superiorità. E nel costante perseguimento di tali scopi (per es. la ricerca del potere), che spesso vanno soggetti a frustrazione, Adler vede soprattutto delle manifestazioni nevrotiche. A C.G. Jung si deve la revisione della psicoanalisi freudiana di maggior fortuna. Come Adler, anche Jung riteneva che Freud avesse conferito eccessiva importanza al sesso e alla sessualità infantile; per contro, meno influenzato di Freud dall'indirizzo positivistico-scientifico del 19° secolo, Jung accentuò gli aspetti spirituali dell'essere umano. Pur utilizzando molti concetti freudiani, come quelli di libido, inconscio, interpretazione dei sogni, egli diede loro significati e accentuazioni diverse. Il concetto fondamentale della teoria junghiana (che lo stesso Jung chiamò 'psicologia analitica') è quello di inconscio collettivo. Mentre Freud parlava quasi esclusivamente di un inconscio personale, consistente perlopiù di esperienze rimosse della prima infanzia, Jung riteneva insufficiente una tale interpretazione ontogenetica dell'inconscio. Il suo approccio all'inconscio è piuttosto di tipo filogenetico, ammettendo l'esistenza, oltre che di un inconscio personale, anche di un inconscio collettivo, consistente di immagini primordiali, quali miti e credenze religiose, comuni alla cultura a cui l'individuo appartiene, e i cui livelli più profondi formano l'inconscio universale, comune a tutta l'umanità.

Le immagini primordiali dell'inconscio collettivo sono degli archetipi, ovverossia delle forme che si ritrovano nelle culture più disparate. La psicoterapia di Jung, che utilizza le libere associazioni come quella freudiana, mira a mettere il paziente in contatto con l'inconscio collettivo. Le teorie junghiane, per il loro insistere sulle forze primitive e più profonde a fondamento dell'agire umano, presentano aspetti filosofici e metafisici che hanno esercitato grande influenza sull'estetica, sulla filosofia, nonché sulla cultura in genere. A O. Rank si deve fondamentalmente la teoria secondo cui la nevrosi ha origine non dalla situazione edipica, ma dal trauma della nascita. Ogni tipo di separazione (per es., lo svezzamento, la separazione dalla persona amata) riprodurrebbe uno stato di angoscia da mettere in relazione al trauma della nascita. Successivamente Rank elaborò una teoria della 'volontà', secondo la quale il soggetto nevrotico è colui che non riesce ad accettare le norme culturali e sociali, ma nemmeno riesce ad affermare la propria personalità come l'artista. W. Reich è stato invece il primo autore a cercare un'integrazione tra marxismo e psicoanalisi. Egli avanzò l'ipotesi che le nevrosi siano connesse al carattere del soggetto, e l'analisi caratteriale è alla base della sua psicoterapia, che tende a modificare il carattere del soggetto in modo da liberarlo dalle inibizioni sessuali. Tali inibizioni sarebbero dovute alla repressione sessuale che caratterizza le società contemporanee, e la necessità di liberare l'energia 'orgonica' è a fondamento del progetto Reich di una 'rivoluzione sessuale' da affiancare a quella politica.

b) La scuola britannica. Le due scuole britanniche più importanti sono quella di M. Klein e quella di D. Fairbairn. Accostatasi alla psicoanalisi attraverso i discepoli di Freud, Ferenczi e Abraham, Klein riconobbe sempre il suo debito verso Freud, ma sviluppò ben presto, a partire dagli anni Trenta del 20° secolo, teorie e tecniche proprie. La sua attenzione è stata dedicata soprattutto allo sviluppo dell'Io nella prima epoca della vita: di qui la sua tecnica di dare dei giocattoli ai bambini e interpretare i loro giochi come se fossero libere associazioni. Il suo contributo principale consiste nell'ipotesi che l'Io non sorge come un'unità già integrata, ma si sviluppa attraverso una complessa attività intrapsichica; durante i primi mesi il bambino non fa distinzione fra sé stesso e il mondo e divide gli oggetti in due categorie, quelli buoni, che gli procurano piacere, e quelli cattivi, che gli procurano dolore. Il primo e più importante oggetto del bambino è il seno della madre, fonte di piacere (quando elargisce il nutrimento) o di dolore (quando lo nega). È l'interiorizzazione di questi aspetti materni, la difesa da essi e la loro progressiva integrazione che porta infine alla costituzione del Sé. Le ricerche di Klein sono alla base dell'altra scuola di psicoanalisi sorta in Gran Bretagna, facente capo a Fairbairn, il quale elaborò soprattutto il concetto di relazione oggettuale, mediante cui s'intende il rapporto che il soggetto, sin dai primi mesi di vita, intrattiene con il mondo che lo circonda. Lo sviluppo della personalità individuale avviene attraverso i rapporti oggettuali interpersonali; buone relazioni oggettuali promuovono uno sviluppo positivo dell'Io, mentre un non corretto rapporto con l'oggetto condurrebbe a fenomeni patologici. La nozione di relazione oggettuale è anche a fondamento delle teorie di D.W. Winnicott, l'altro importante rappresentante della scuola britannica. A W.R. Bion, anch'egli influenzato dalle teorie di Klein e i cui studi si collocano tra gli anni Cinquanta e Settanta, si devono soprattutto ricerche sulla nascita e la formazione dei processi di pensiero in connessione con gli oggetti con cui il bambino è in rapporto. Bion ha fornito inoltre originali contributi sul piano più strettamente clinico e terapeutico. Sotto l'influenza di Fairbairn, H. Guntrip ha poi cercato di formulare una teoria completa delle relazioni oggettuali che abbandona del tutto i presupposti biologistici della psicoanalisi freudiana.

c) Le scuole neofreudiane statunitensi. Durante e dopo la Seconda guerra mondiale si sono sviluppate negli Stati Uniti diverse scuole di psicoanalisi, generalmente chiamate neofreudiane. Benché i seguaci di queste scuole non considerino le loro teorie prive di rapporti con la psicoanalisi freudiana, come facevano i primi scissionisti, essi tuttavia minimizzano o rifiutano una parte delle teorie freudiane, rivolgendo la loro attenzione ad aspetti della psiche umana che ritengono siano stati sottovalutati o trascurati da Freud. In particolare, ciò che queste scuole rifiutano è la teoria della libido, mentre insistono sulla rilevanza dei fattori socioculturali sulla psiche individuale, da cui il nome 'culturalisti' con il quale sono a volte indicati i loro rappresentanti. H.S. Sullivan, E. Fromm e K. Horney sono tra i principali esponenti di quest'orientamento. A Horney si deve soprattutto la teorizzazione della relatività culturale del concetto di nevrosi; importanti sono anche le sue riflessioni sulla psicologia femminile, alquanto distanti da Freud e non prive di influssi sul movimento femminista. Fondatore della Scuola di psichiatria di Washington, Sullivan ha sottolineato soprattutto l'importanza delle relazioni interpersonali, a cominciare da quelle con la madre, nella costituzione di un corretto equilibrio psichico. Un rapporto soddisfacente con la propria madre è per Sullivan il presupposto di una vita in cui ci si possa realizzare, mentre un rapporto alterato nell'infanzia e nell'adolescenza può compromettere lo sviluppo psichico, determinando stati patologici. Tra i fondatori, insieme a Sullivan, del William Alanson White Institute di New York, Fromm ha rivolto una maggiore attenzione al contesto sociale rispetto a Sullivan. Mentre questi si è interessato soprattutto dei rapporti tra l'individuo e le persone che entrano in stretto contatto con lui, specialmente i membri della sua famiglia, Fromm si è occupato dei rapporti tra l'individuo e la società in genere. Sotto le suggestioni sia della psicoanalisi freudiana sia del marxismo (collaborò anche con M. Horkheimer e Th.W. Adorno), Fromm ha sottolineato in particolare l'influenza del contesto sociale e culturale sulla psiche individuale, indicando nella moderna società industriale la causa ultima della nevrosi e proponendo il recupero di una dimensione umanitaria, fondata sull'amore di sé e del prossimo, in grado di superare le alterazioni delle motivazioni e del carattere indotte da quella società.

d) Ulteriori sviluppi. Nell'ambito delle vicende a cui è andata soggetta la psicoanalisi, va fatto cenno alle teorie psicofilosofiche di J. Lacan, alla logica dell'inconscio di I. Matte Blanco e alle tendenze più recenti. Teorie discusse e per molti versi irrisolte, quelle di Lacan intendono configurarsi innanzitutto come un 'ritorno a Freud' da contrapporre alle deviazioni rappresentate, secondo lui, soprattutto dagli sviluppi statunitensi. In questa prospettiva, Lacan ha elaborato in particolare il concetto di simbolo, avanzando una teoria in cui, sulla base delle suggestioni dello strutturalismo di F. de Saussure, mette in evidenza l'organizzazione linguistica e semantica dell'inconscio secondo criteri suoi propri. Le suggestioni della logica matematica anziché della linguistica sono alla base degli studi di Matte Blanco. Tra i maggiori psicoanalisti dell'America Latina, dove la psicoanalisi ha trovato un fertile terreno di diffusione, Matte Blanco ha operato in Cile (dove nacque), in Gran Bretagna, negli Stati Uniti e, da ultimo, in Italia. In una prospettiva del tutto originale, ha dedicato la propria attenzione all'inconscio, individuando nella psiche la compresenza sia della logica classica sia di una logica specifica, propria dell'inconscio, che sfugge ai principi di quella classica, fondata com'è sulla violazione sistematica della transitività e sull'estensione della proprietà simmetrica a ogni relazione. H. Kohut, viennese emigrato presto negli Stati Uniti, occupa nello sviluppo successivo della psicoanalisi un posto di tutto rilievo, con la sua 'psicologia del Sé'. Pur essendo una dimensione intrapsichica, il Sé di Kohut si alimenta e si arricchisce nel rapporto con gli altri, a cominciare da quello con la madre; l'attenzione viene spostata dal tradizionale complesso edipico e focalizzata sul disturbo narcisistico della personalità, alla cui comprensione Kohut ha portato un contributo fondamentale (v. narcisismo; sé).

Alla fine del 20° secolo la psicoanalisi è stata ulteriormente caratterizzata da una disseminazione di interessi che ne rendono sempre più difficile l'inquadramento in quello che, ai tempi dell'ultimo Freud, veniva denominato movimento psicoanalitico. L'espressione 'psicoanalisi postfreudiana', con cui talvolta si indica la psicoanalisi più recente, ben sintetizza la sua distanza dalle teorie freudiane originarie, ma anche l'ideale continuità con il suo fondatore. Innovazioni concettuali, terapeutiche e sperimentali, spesso divergenti tra loro, hanno sempre più dominato la scena psicoanalitica internazionale. Lo spostamento d'interesse dalle pulsioni agli oggetti, lo studio delle fasi pre-edipiche, la riconsiderazione linguistica dell'inconscio, l'integrazione con prospettive interpersonali, la rinnovata attenzione al rapporto tra processi psicologici e processi biologici: sono queste le principali linee di ricerca che, a partire dall'enorme lavoro compiuto negli anni Quaranta e Cinquanta, impegnano attualmente la psicoanalisi. Avvicinatasi di volta in volta al marxismo, alla fenomenologia, alla linguistica, alla sociologia, alla psicobiologia, recentemente la psicoanalisi si è incontrata anche con l'ermeneutica, in particolare nella corrente che si è raccolta intorno a R. Schafer e D. Spence. Da tale incontro prendono l'avvio nuove teorie, orientate in una direzione relativistica e antipositivistica, che non consentirebbero più alla psicoanalisi di considerarsi come metodo d'indagine volto al conseguimento di proposizioni transculturali sulla natura umana, ma, più modestamente, come portavoce di formulazioni locali di atteggiamenti che riflettono l'andamento di una cultura.

La psicoanalisi nella cultura contemporanea

La psicoanalisi ha esercitato notevoli influssi nei più vari campi della cultura, dalla filosofia alla letteratura, alla critica d'arte ecc. Spesso oggetto di discussione filosofica relativamente ad alcuni suoi importanti presupposti, essa, almeno nelle originarie elaborazioni freudiane, si è prestata fondamentalmente a due ordini di considerazioni: quello relativo all'interpretazione deterministica dell'attività psichica e del comportamento umano, e quello, più strettamente epistemologico, relativo al suo status di disciplina scientifica; invece in ambito più generalmente culturale la psicoanalisi si è caratterizzata per il suo configurarsi come concezione unitaria della condizione umana, sia sul piano individuale sia su quello sociale. Il ridimensionamento psicoanalitico delle nozioni di scopo e deliberazione consapevole a fondamento dell'agire umano ha presentato importanti ripercussioni sul piano della considerazione etica tradizionale, riproponendo in qualche modo il vecchio problema della libertà del volere, soprattutto in relazione al grado di responsabilità da attribuire all'uomo, dal momento che le cause psicologiche appaiono nella psicoanalisi inaccessibili al soggetto e fuori del suo controllo. D'altro canto, la descrizione dei conflitti postulati dalla psicoanalisi, estesi ben oltre i casi patologici, di là dal problema del determinismo, se propone alla ricerca psicologica e alla riflessione filosofica la nuova dimensione dell'inconscio, può essere tuttavia considerata come un'originale riformulazione e rielaborazione della problematica relativa al conflitto tra ragione e passioni e alla natura radicalmente divisa dell'animo umano, problematica che, a partire da Platone, attraversa pressoché tutta la storia della filosofia. Dal punto di vista epistemologico, va segnalata quella che è stata spesso considerata la carenza della psicoanalisi. Oltre alla commistione tra concetti di derivazione biologica o fisica e interpretazioni suggestive dei miti greci che la caratterizza, alla psicoanalisi è stato spesso rimproverato, nonostante l'esperienza clinica su cui intende basarsi, di essere fondata su nozioni definite solo intrateoricamente e di non essere sufficientemente controllabile dal punto di vista empirico, oltre che di essere priva di quel potere predittivo tipico delle scienze deterministicamente strutturate.

Su un piano più ampio, la psicoanalisi, che già in Freud aveva inteso configurarsi come concezione generale e metodo interpretativo dell'uomo nella sua totalità e della stessa società, ha intersecato altre discipline influenzando successivamente la filosofia (G. Bachelard, J.-P. Sartre, M. Merleau-Ponty), la sociologia (T. Parsons), la letteratura (Th. Mann, I. Svevo, R. Musil, A. Moravia), la critica d'arte (E. Kris, H. Reid) e letteraria (Ch. Mauron, F. Orlando), l'antropologia e l'etnologia (C. Lévi-Strauss). Per il suo additare le origini reali e inconsce del mondo culturale umano, celate sotto le convenzioni, i valori, i principi etici e la religione, che nella loro opera di repressione delle pulsioni provocherebbero un permanente stato di nevrosi o di disagio nell'uomo, essa è stata inoltre spesso accostata alla critica dell'ideologia di Marx; basti qui citare, a parziale esemplificazione, la connessione instaurata tra psicoanalisi e marxismo dalla Scuola di Francoforte, i cui esponenti (in particolare H. Marcuse) hanno individuato nel meccanismo psicoanalitico della repressione pulsionale, accanto a quello marxiano dello sfruttamento, uno degli aspetti caratterizzanti della società contemporanea. La psicoanalisi è stata inoltre accostata anche alla cosiddetta filosofia dello smascheramento di F. Nietzsche, che per le sue tesi radicali sulle origini spesso inconfessabili di molti valori ne è stato talora considerato un precursore. Vanno infine segnalate le influenze che la psicoanalisi ha avuto, soprattutto sulla filosofia francese degli anni Settanta (per es. su J. Derrida); in questo ambito ha svolto un ruolo centrale la mediazione di Lacan, che ne ha tentato un'integrazione con la linguistica strutturale.

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