Protuberanze solari

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(ingl. prominences) Nubi di gas che dalla cromosfera del Sole si protendono nella corona, fino ad altezze che a volte superano i 500.000 km. Possono essere osservate anche a occhio nudo, durante le eclissi totali di Sole, come strutture brillanti immerse nella corona. Le p. sono state studiate sistematicamente, in eclisse, a partire dal 1842 e, dal 1860, fotografate. Nel 1868 vennero per la prima volta osservate con tecniche spettroscopiche: fra le righe di emissione se ne scoprì subito una, alla lunghezza d’onda di 587,7 nm, che venne chiamata D3 per la sua vicinanza alle righe del sodio D1 e D2. Questa riga, che non risultava essere emessa da alcuna specie chimica allora conosciuta, fu attribuita a un nuovo elemento che venne chiamato elio (dal gr. ἥλιος «sole»). Soltanto successivamente l’elio fu individuato anche sulla Terra.

Notevole rilevanza hanno anche le osservazioni delle p. a lunghezze d’onda al di fuori del visibile, sia nella banda radio che in quella dei raggi ultravioletti e X molli. L’aspetto delle p. è diverso a seconda che vengano osservate sul disco solare oppure sul suo bordo: nel primo caso esse appaiono oscure, nel secondo brillanti. In origine, le p. di disco vennero chiamate filamenti, termine ancora usato benché da tempo sia noto che esse hanno la stessa natura delle p. di bordo: ciò è dimostrato dal fatto che un filamento diventa una p. brillante quando, nel corso della rotazione del Sole, raggiunge il bordo. Si è anche capito perché le p. di disco e quelle di bordo abbiano un aspetto tanto diverso. Le prime appaiono più oscure della sottostante fotosfera perché sono illuminate da questa soltanto dal di sotto (cioè ricevono radiazione entro un angolo solido di circa 2π steradianti), mentre irraggiano in tutte le direzioni (cioè su un angolo solido di 4π steradianti, doppio del precedente). Le seconde appaiono brillanti, rispetto alla corona nella quale sono immer­se, perché sono formate da gas assai più densi (anche se meno caldi) che, quindi, irraggiano più intensamente.

Le p. si di­stin­guono in due tipi fondamentali: le p. quiescen­ti e quelle a rapida evoluzione. Le p. quiescenti sono strutture assai stabili, la cui durata può variare da alcuni giorni a 7-8 mesi (in media, ∼3 mesi). Le loro dimensioni medie sono: lunghezza ∼200.000 km, larghezza ∼5000 km, altezza ∼50.000 km (ma alcune possono raggiungere altezze anche superiori a 500.000 km). Esse, dunque, si estendono ben dentro la corona, il cui confine con la cromosfera viene collocato intorno a 3000 km di altezza sulla fotosfera. In una p. quiescente, la densità è circa 100 volte maggiore di quella della circostante corona. La temperatura (∼10.000 K) è assai minore di quella coronale (∼2.000.000 K), ma comunque abbastanza elevata da far sì che i gas siano largamente ionizzati (cioè si trovino nello stato di plasma). Le p. a rapida evoluzione, spesso associate a brillamenti, sono strutture più piccole delle p. quiescenti e durano, in genere, soltanto qualche ora. Esse sono formate da getti di gas che si innalzano dalla cromosfera a velocità di 100 e più km/s (per confronto, nelle p. quiescenti le velocità osservate sono dell’ordine di 1 km/s). In alcune di esse, chiamate sprays, i gas superano la velocità di fuga dal Sole (670 km/s), sicché si disperdono nello spazio. D’altra parte, anche le p. quiescenti possono dare luogo a improvvise eruzioni (p. eruttive) a seguito delle quali si dissolvono. A volte il fenomeno eruttivo (indicato con la sigla SD, sudden disappearance) segna la definitiva sparizione della p.; altre volte, invece, questa poco dopo si riforma.

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