PROTOVILLANOVIANO

Enciclopedia dell' Arte Antica (1996)

PROTOVILLANOVIANO

F. di Gennaro

Termine introdotto nel 1937 da G. Patroni, con cui si sono indicate le manifestazioni dell'Età del Bronzo Finale dell'Italia (con esclusione di alcune aree alpine) e di limitati ambiti siciliani. Dal 1980 circa si può ritenere pienamente accettata la proposta di M. Pallottino (1962), di riservare il termine di P. a aspetti culturali e stilistici, utilizzando per i riferimenti cronologici la sequenza di periodi Antico, Medio, Recente e Finale dell'Età del Bronzo. Il termine viene di fatto ancora usato in senso alternativo e sinonimo rispetto alla definizione di Età del Bronzo Finale, in particolare con riferimento agli aspetti tipologici e stilistici dei materiali archeologici.

Tra i caratteri generali distintivi, si ricordano: il rito funerario incineratorio che mostra un'avanzata trasformazione del culto dalla precedente forma rivolta a divinità ctonie (sepolture e offerte in grotte) alla venerazione di entità celesti (rappresentazioni del disco solare e di divinità ornitomorfe, talvolta in composizione combinata su ceramica, bronzi e anche lamine d'oro), le forme e la decorazione dei bronzi e specialmente l'ornamentazione della ceramica (fasci di solcature, cuppelle, impressioni lineari a «cordicella», costolature oblique demarcanti gli spigoli orizzontali); la decorazione della ceramica mostra affinità settentrionali (Lusazia, Canegrate) e del resto il fenomeno p. mostra qualche affinità con la civiltà transalpina dell'Età dei Campi d'Urne.

Tuttavia anche l'acquisizione progressiva di numerosi nuovi dati archeologici e l'analisi degli stessi hanno indicato l'opportunità del superamento del concetto di P. come fenomeno culturale unitario esteso a tutto il territorio italiano, che ormai appare semplicistico pur avendo significato un importante punto di arrivo della ricerca alla fine degli anni '60. Pertanto non esistono motivi validi per preferire il termine alla definizione che fa riferimento alla cronologia relativa: quella cioè di un «Bronzo Finale» che lascia aperte le possibilità di definire nel suo ambito articolazioni cronologiche e territoriali.

Le testimonianze del Bronzo Finale, in un'epoca in cui ancora non era denominato P., vennero alla luce nella regione medio-tirrenica nel secolo scorso attraverso scoperte fortuite e scavi di appassionati, dapprima nei Colli Albani (Visconti) e poi intorno alle Allumiere della Tolfa (Klitsche de la Grange). Si trattava dei sepolcreti a incinerazione detti anche «di transizione tra Bronzo e Ferro», successivamente denominati protovillanoviani. Dai primi decenni di questo secolo si è trascinata fino ai giorni nostri anche la diversa posizione interpretativa secondo cui nel corso della prima Età del Ferro si sarebbero sviluppati, ai margini delle aree di maggiore sviluppo dell'aspetto detto Villanoviano, dei gruppi periferici, impoveriti e retrogradi che conservavano tradizioni della civiltà del Bronzo; a essi sarebbero da attribuire in parte gli aspetti che qui consideriamo del Bronzo Finale e che risulterebbero pertanto contemporanei alle prime fasi del formidabile sviluppo dei grandi centri protourbani subcostieri dell'Etruria quali Vulci, Tarquinia e Cerveteri; questa teoria viene di quando in quando riproposta, in particolare negli ambienti culturali meno legati agli ambiti operativi degli specialisti.

A partire dal Pigorini numerosi studiosi attribuirono le manifestazioni di tipo p. a movimenti di gruppi provenienti dal Settentrione, riconoscendo spesso un particolare ruolo nella formazione di quelle alla civiltà delle terre-mare. Un contributo decisivo della civiltà terramaricola (v.) alla formazione del P. era ammesso anche da alcuni degli studiosi che, a partire dal Brizio e dal Patroni, hanno privilegiato l'ipotesi di uno sviluppo autonomo delle civiltà italiane del Tardo Bronzo.

Nel secondo dopoguerra l'indagine ha investito anche gli abitati, determinando un arricchimento del quadro delle conoscenze, condizionato dal fatto che in precedenza la documentazione del P. era quasi esclusivamente basata sui sepolcreti a cremazione, di cui si ricordano i principali: Ascona nel Canton Ticino, Ca' Morta di Como, Garda, San Giorgio di Angarano presso Bassano del Grappa, Fontanella Mantovana, Fratta Polesine località Narde e Fondo Zanotto, Bismantova, Pianello di Genga, Monteleone di Spoleto, Sticciano Scalo, Poggio della Pozza presso Allumiere, Colli Albani località varie, Timmari, Torre Castelluccia di Pulsano, Milazzo.

Negli anni 1959-60 le opere di carattere generale di H. Müller Karpe e di R. Peroni (cui si devono anche importanti relazioni di scavo) hanno definitivamente impostato i dati cronologici fissando all'Età del Bronzo Finale lo sviluppo del Protovillanoviano.

Anche dopo questa fase, studiosi di nazionalità svedese hanno ritenuto le manifestazioni protovillanoviane, per le quali hanno utilizzato la denominazione di Tolfa Culture, il risultato di influssi del Villanoviano su un patrimonio tardoappenninico impoverito rispetto alle evidenze caratteristiche della «civiltà appenninica».

In epoca recente si è andata sviluppando la tendenza a sottolineare all'interno del P. la presenza di gruppi locali che sembravano preludere alla formazione delle contrapposte unità culturali, se non etniche, della prima Età del Ferro; pertanto si è affacciata un'accezione restrittiva del concetto di P. con riferimento alla sola area di successivo sviluppo del Villanoviano tipico, preferendo per gli altri gruppi le parallele denominazioni di «protogolasecchiano», «protoveneto», «protoatestino», «protosabino», «protolaziale», «protoapulo». Per il Latium vetus è invalso per un certo periodo l'uso del termine P. con riferimento alle sole fasi non avanzate del Bronzo Finale, riservando alla fase terminale la definizione di «Prima fase della cultura laziale».

L'ampia bibliografia sull'Età del Bronzo Finale, che si può considerare significativa per maturità di analisi e di critica a partire dal 1959, ha trattato le forme di insediamento, le strutture abitative, l'evoluzione del popolamento, la composizione dei ripostigli di oggetti metallici, il rituale funerario e, più in generale, le caratteristiche dei corredi, il rapporto tra abitati e necropoli, le questioni di cronologia relativa, comparata e assoluta, la possibile individuazione di diverse facies archeologiche locali e la loro denominazione in rapporto agli sviluppi successivi della prima Età del Ferro, la problematica delle attività economiche (sia di quelle legate all'organizzazione della produzione di sussistenza che della produzione artigianale e lo scambio), il rapporto con altri ambiti geografici comprendenti l'Europa transalpina, l'organizzazione sociopolitica, le entità etniche, le manifestazioni rituali e simboliche.

Per quanto riguarda la cronologia, secondo i più recenti orientamenti il passaggio dal periodo Recente al periodo Finale dell'Età del Bronzo si pone circa all'inizio del XII sec. a.C., tenendo conto delle correzioni che, a partire dalle indicazioni dendrocronologiche, hanno riportato al XXIII sec. a.C. l'inizio dell'Età del Bronzo e restituito il X sec. a.C. alla prima Età del Ferro. Vi è pertanto una sostanziale contemporaneità del Bronzo Finale italiano con il Protogeometrico greco.

La crescente disponibilità del bronzo, lo sviluppo e l'articolazione funzionale e tipologica della produzione metallurgica, continuano a determinare nel Bronzo Finale la comparsa di oggetti di larga diffusione, con ampiezza sovraregionale dei tipi. Del resto è l'analisi dei manufatti bronzei che ha permesso di riconoscere l'esistenza dei rapporti tra gruppi p. e mondo egeo anche dopo la crisi del sistema «palaziale» miceneo.

Struttura portante della sequenza cronologica del Bronzo Finale è pertanto la seriazione cronotipologica dei manufatti metallici messa a punto sulla base della classificazione tipologica, nei lavori di H. Müller Karpe, A. M. Bietti Sestieri, R. Peroni e, in particolare, attraverso lo studio dei ripostigli di oggetti metallici di G. L. Carancini; dette analisi hanno permesso di riconoscere una fase iniziale (XII a.C.), una piena e una terminale (già datata al X sec. a.C. e ora riconducibile, alla luce delle indicazioni dendrocronologiche, al XI sec. a.C.).

Nella fase iniziale perdurano fogge di asce e fibule già apparse nel Bronzo Recente e compaiono alcuni nuovi tipi di schinieri, rasoi e spilloni.

Nella fase piena fanno la loro comparsa i coltelli a lingua da presa, il lanciotto con lama a contorno romboidale, il pane a piccone, nuovi rasoi bitaglienti, la falce a lingua da presa con estremità a coda di rondine, la paletta a cannone e nuovi tipi di asce ad alette, di spilloni, di pendagli, nonché le fibule ad arco semplice con parte centrale ispessita e due ingrossamenti laterali.

Nella fase terminale compaiono le spade a lingua da presa, che preludono ai tipi italici, i coltelli a codolo, nuovi tipi di punte di lancia, nuovi rasoi bitaglienti anche in miniatura, il rasoio lunato tipo Fontanella, nuove asce ad alette prive di tallone e nuovi tipi a occhio, gli scalpelli a lama lanceolata, a codolo e a cannone, un tipo di fiocina, la paletta con manico ad anello, numerosi tipi di spilloni tra cui quelli a testa cilindrica costolata e a rotolo con gambo a sezione circolare, i braccialetti tipo Pariana-Zerba e quelli a nastro costolato con capi aperti a rotolo; particolarmente numerose le nuove fogge delle fibule specialmente ad arco semplice, ma anche ad arco di filo a serie di occhielli, con arco a tutto sesto inciso e staffa a spirale, con arco costolato e staffa semicircolare, ad arco elicoidale e staffa semiellittica, ad arco ingrossato a doppia piegatura dei due tipi con staffa simmetrica e con staffa a spirale, le fibule serpeggianti a due pezzi, quelle con molla di grandi dimensioni e staffa a spirale, quelle di filo a occhio con staffa a spirale, e quelle a tre occhielli dei due tipi con staffa simmetrica e con arco a nastro e staffa a spirale.

Le tre fasi sono state rispettivamente denominate «di Pianello» (XII sec. a.C.), «di Tolfa» (XII-XI sec. a.C.), «di Allumiere» (XI sec. a.C.). Un orizzonte evoluto della fase terminale, con stile decorativo particolarmente elaborato, si manifesta in Etruria meridionale solo in alcuni dei villaggi di precedente tradizione (p.es. Monte Rovello e Sorgenti della Nova), e in area transpadana in particolare a Frattesina, ed è già pienamente attestato nei grandi centri dell'Etruria meridionale subcostiera destinati a sviluppi protourbani.

Per quel che attiene alla definizione di facies locali, le caratteristiche archeologiche, economiche e sociali dei gruppi p. mostrano un'evidente differenziazione regionale e lo sviluppo di diversi aspetti è particolarmente evidente nella fase terminale. Nell'ambito dell'Età del Bronzo Finale la più completa definizione di ambiti locali è stata tracciata sulla base delle associazioni dei manufatti bronzei e della loro diffusione geografica, mentre tale suddivisione in facies e gruppi locali non è fino a oggi accompagnata dall'analisi sistematica della ceramica. Le facies archeologiche definite sono: facies transpadana occidentale (con i gruppi Dora-Ticino e Adda-Olona); facies transpadana centrale (con i gruppi dell'Adige, del Garda, di Fontanella, di Angarano); facies transpadana orientale. Gruppo isolato Marecchia-Chienti. Gruppo isolato Tronto-Pescara. Gruppo del Trasimeno. Facies mediotirrenica (con i gruppi di Tolfa-Allumiere, di Terni, di Roma-Colli Albani, del Fucino, e del Volturno). Facies meridionale (con i gruppi dell'Ofanto, Materano-Salentino, del Crati e di Castellace).

La delimitazione territoriale di uno dei più importanti gruppi, quello di Tolfa-Allumiere della facies mediotirrenica del Bronzo Finale, è stata invece proposta sulla base dell'insieme dei caratteri del gruppo stesso: si tratta in linea generale di un sistema di insediamento abbastanza omogeneo con fitti centri principali su altura, densamente abitati e posti a distanze regolari, connesso a un aspetto particolare della tipologia della ceramica, con ricca decorazione, soprattutto nella fase tarda detta di Allumiere.

Il basso corso del Tevere separa il territorio del gruppo di Tolfa-Allumiere da quello del gruppo di Roma-Colli Albani; sembra poi di potere cogliere una fascia di confine con il gruppo del Trasimeno, lungo la linea Orte-Montefiascone, a Ν della quale mancano gli abitati canonici, ovvero su vasta area difesa, con tipici materiali della fase di Allumiere; a Ν della linea Bisenzo-Sovana le conoscenze sono troppo scarse per trarre delle conclusioni. Anche oltre la valle del Fiora, sembra che la situazione sia alquanto diversa, infatti i pur numerosi abitati localizzati non sono comparabili con quelli del tutto tipici quali Sorgenti della Nova, Poggio Buco, Pitigliano e Sovana: prevalgono le presenze di scarsa consistenza, non sempre i materiali sono comparabili, e diminuisce l'incidenza dei siti morfologicamente ben caratterizzati. Tale impressione si rafforza quando si prendono in considerazione i materiali di siti toscani alquanto lontani dalla «frontiera» (Sticciano Scalo, Chiusi, Casa Carletti, vetta del Monte Cetona), che si differenziano nettamente da quelli di Tolfa-Allumiere, mostrando l'appartenenza a una diversa area culturale; i materiali p. della zona di Populonia e gli sporadici pezzi da Vetulonia mostrano nel complesso una maggiore affinità con il territorio interno e adriatico che non con l'area del gruppo di Tolfa-Allumiere.

In attesa di una definizione complessiva dei caratteri dei gruppi locali che possa confermare la validità del riconoscimento di organici aspetti archeologici in relazione alla facies metallurgica del Trasimeno, al gruppo di Terni o al gruppo del Fucino, ci si deve limitare a riconoscere la differenza globale rispetto al gruppo di Tolfa-Allumiere delle manifestazioni a esso esterne. Si può comunque riconoscere un diverso carattere dell'insediamento nell'Umbria, nelle Marche e in Abruzzo, dove gli abitati sono di dimensioni ridotte e apparentemente più diradati e l'occupazione di sommità montane, numericamente meno incidente, presenta caratteri che la differenziano nettamente dal modello dei grandi insediamenti del Tardo Bronzo mediotirrenico.

Per quanto riguarda il rito funerario, nell'area esterna al gruppo di Tolfa-Allumiere si conoscono campi d'urne senza corredo vascolare d'accompagno, come a Frattesina (dove nelle due necropoli note ancora in corso di scavo, si è ipotizzata la presenza di oltre 1.000 tombe protovillanoviane) e Pianello di Genga, dove il sepolcreto (valutabile in un numero di tombe compreso tra 1.000 e 2.000) forse non era relativo a un solo vasto abitato ma a una più ampia comunità territoriale; infatti da una parte esplorazioni condotte nella zona farebbero escludere la presenza nei dintorni di un notevole centro abitato, dall'altra si riscontra la totale mancanza di documentazione di tombe, pur in presenza di numerosi abitati, in un vasto territorio circostante.

In rapporto alle evidenze funerarie, il gruppo di Tolfa-Allumiere, che manifesta una tendenza all'articolazione e complessità delle strutture tombali e dei corredi, ha invece delle somiglianze con il Latium vetus (si veda p.es. la presenza dell'urna a capanna), rispetto al quale mostra alcune affinità anche nella scelta dei luoghi di insediamento. Altre corrispondenze, ma solo per la tipologia dei materiali, si hanno con la conca Reatina in cui, analogamente a quella del Fucino, si sviluppa un sistema di abitati perilacustri.

Nella fascia interna dell'Etruria meridionale corrispondente al territorio di Orvieto, che resta al difuori dell'area ipoteticamente circoscritta, i centri minori del Primo Ferro sono numerosi, a differenza di quanto si riscontra nell'area di Tolfa-Allumiere. Si può ritenere, a conferma della lunga durata del processo storico unitario che porterà alla nascita dei grandi centri protourbani subcostieri, che le aree le quali già nel corso del Bronzo Finale non partecipano al medesimo tipo di sviluppo siano destinate a esiti diversi nell'organizzazione del popolamento della prima Età del Ferro.

Aspetti di complessità sul piano dell'organizzazione economica e sociale caratterizzano i gruppi p. della facies meridionale; sia nelle Puglie che in Calabria accanto a tombe a incinerazione compaiono sepolture a inumazione, anche con caratteri eccezionali (Castellace di Oppido Mamertina); in Sicilia, così come avviene nelle tombe a camera con inumazioni dell'area sud-orientale (fase di Pantalica Nord), nelle sepolture dell'area nord-orientale e delle Isole Eolie, interessata dall'aspetto detto «Ausonio II» (in cui compaiono ambedue i riti), i corredi funerarî mostrano differenti livelli di complessità; nell'Italia meridionale accanto a ceramiche di impasto con classica decorazione a solcature e cuppelle compare la produzione di ceramica «figulina» dipinta detta «protogeometrica enotrio-iapigia» e, sia pure nel quadro di un artigianato ceramico impoverito rispetto alla florida Età del Bronzo Recente, prosegue la produzione di dolî in argilla depurata destinati allo stoccaggio di beni pregiati come l'olio. La distribuzione dei ritrovamenti all'interno degli abitati attesta il concentrarsi nelle aree più direttamente controllate politicamente e meglio difese militarmente dell'insediamento, di accumulazioni di beni e di attività artigianali pregiate (Broglio di Trebisacce).

Venendo a considerare le forme di insediamento, nella regione padana, a partire dalla fine del Bronzo Recente e con una durata che interessa in parte la fase iniziale del Bronzo Finale, ha luogo una reazione destabilizzante a catena che determina il più radicale mutamento del popolamento mai registrato nell'area. La discontinuità dell'insediamento, connessa a una generalizzata interruzione dello sviluppo culturale, è determinata da un concorso di cause non precisabili nel dettaglio ma riguardanti la sfera ambientale, con incidenza del sopraggiungere di gruppi provenienti dall'esterno, come pure l'organizzazione sociale e politica. In alcune altre aree (p.es. nel Vicentino, sui Colli Berici e in particolare nel Friuli) si manifesta invece una maggiore continuità dell'occupazione. In Emilia il popolamento del Bronzo Finale appare alquanto rarefatto.

Una frattura dell'insediamento rispetto alle fasi precedenti è attestata in modo meno evidente rispetto al settore centro-orientale, anche per la minore documentazione disponibile, nel settore occidentale dell'Italia settentrionale.

Solo una parte degli abitati del Bronzo Finale dell'Italia del Nord, che sono prevalentemente di nuova fondazione, occupa siti di altura; la tipologia degli insediamenti appare varia, con prevalenza delle posizioni strategiche, anche in relazione alle nuove vie di traffico. In quest'epoca si riconoscono prove di un nuovo ciclo di stabilizzazione dell'insediamento, spesso con villaggi raggruppati in aree destinate a particolare sviluppo nella prima Età del Ferro; ancora in connessione con manifestazioni di tipo p. si delineano aspetti culturali locali (protogolasecchiano, protoveneto e aspetto di Luco nel Trentino).

Relativamente all'ampio arco cronologico che va dalla media Età del Bronzo alla prima Età del Ferro, sono state riconosciute alcune linee generali dello sviluppo dei sistemi di occupazione del territorio che accomunano diverse regioni dell'Italia centro-meridionale (regioni centrali, Puglie, Calabria). Sia pure con prevalenza numerica dei siti in luoghi aperti, fin dalle prime fasi della media Età del Bronzo risultano frequenti gli abitati su rilievi naturalmente difesi e in posizione dominante. Questo modello va generalizzandosi con il trascorrere del tempo, accentuando sempre più le sue caratteristiche, esaltando quindi in modo crescente, accanto alla posizione forte degli abitati, una scelta dei siti orientata verso il controllo del territorio circostante. Il processo, denominato della progressiva concentrazione dell'insediamento, si manifesta con una graduale selezione, sia attraverso l'abbandono degli abitati posti in luoghi meno caratterizzati nel senso indicato, sia con il perdurare dell'utilizzazione di quelli più idonei, e infine con l'impianto di stanziamenti nuovi in luoghi ove i requisiti ricercati si manifestano in forma sempre più marcata.

Il numero degli insediamenti risulta dapprima alquanto elevato, mentre l'area abitata e quindi la consistenza demografica del gruppo insediato, sembra piuttosto limitata; nelle fasi seguenti si assiste a una progressiva diminuzione del numero degli abitati ma la dimensione delle aree di insediamento tende a crescere e di conseguenza l'abitato - preferibilmente su rilievo naturalmente difeso e in posizione dominante - si caratterizza sempre di più come centro di un comprensorio territoriale.

In generale, la linea tendenziale di sviluppo identificata, implica che gli insediamenti in posizione più debole, siano quelli che vengono abbandonati precocemente; pertanto il periodo finale dell'Età del Bronzo è quello in cui sono più nettamente prevalenti gli abitati su sommità di alture. Si può ritenere che i siti del Bronzo Finale occupanti aree non ancora pienamente rispondenti ai requisiti tipici risultino tendenzialmente più antichi all'interno del periodo e vengano presto abbandonati, confluendo la popolazione su vicine postazioni di tipo canonico ove l'insediamento preesistente si potenzia e consolida.

In Etruria meridionale (territorio del Gruppo di Tolfa-Allumiere) l'estensione media delle aree difese dei centri della fase di Allumiere supera certamente i 5 ettari. È proprio negli abitati di questa fase che si sono riscontrati alcuni tratti che potrebbero essere connessi con il manifestarsi di una complessità sociale, parallelamente intuibile nelle necropoli: preferenza per posizioni difendibili e presenza di fortificazioni (possibili indici di una situazione di competizione o conflittualità tra gruppi egemoni), suddivisioni interne dell'area abitata, presenza di aree, forse distinte, destinate ad attività artigianali (risalenti già a fasi precedenti, come a Scarceta), edifici di tipologia differenziata e in alcuni casi di dimensioni eccezionali, produzione specialistica di ornamenti.

Nel Bronzo Finale, anche nella stessa area mediotirrenica, non esistono tuttavia solo insediamenti canonici ma anche siti minori e aperti. La possibilità di riconoscere una differenziazione tra classi di siti non solo legata a dislivelli cronologici potrà realizzarsi con l'analisi dettagliata di territori limitati.

A partire da un momento che nell'Etruria meridionale subcostiera è ancora compreso nello sviluppo della fase di Allumiere, e nella successiva fase iniziale della prima Età del Ferro, il processo di concentrazione numerica degli abitati è così accelerato che l'abbandono della maggior parte degli insediamenti delle fasi precedenti e la formazione di grandi centri (dimensioni che ruotano intorno a un modulo di 150 ha) con controllo stabile di un vasto territorio sembrava avesse avuto luogo con un balzo improvviso; le ricerche condotte negli ultimi anni sui centri maggiori (esplorazioni sistematiche di Vulci e Tarquinia; scavi di Tarquinia) hanno però potuto privilegiare la lettura degli elementi di continuità storica giungendo alla verifica di un'occupazione forse graduale e certamente risalente al Bronzo Finale dei grandi pianori destinati a contenere i principali abitati urbani etruschi.

L'Etruria subcostiera sembra la protagonista iniziale del fenomeno protourbano in Italia, non solo dal punto di vista delle scelte ubicative delle sedi principali; probabilmente in quest'area, per una combinazione di fattori ambientali, sociali, economici e politici si è affermato precocemente un nuovo modello di organizzazione, il cui vigore ha avuto ripercussioni più o meno dirette su regioni vicine (Pacciarelli).

La fase di prima ampia occupazione di questi pianori può essere ritenuta di breve durata, e rivelerebbe una formazione dei caratteri villanoviani nei luoghi delle future città, raggiunti da gruppi ancora in possesso della cultura materiale protovillanoviana della fase terminale.

Si può definire «protourbano» l'evento costituito dalla nascita di grandi insediamenti, che controllano vasti territori, formatisi non per lenta aggregazione di piccoli villaggi indipendenti, ma attraverso la delimitazione programmata, già dalle primissime fasi, di un ampio perimetro unitario, naturale o meno, al cui interno si distribuisce, in modo più o meno rado, l'occupazione residenziale mentre al suo esterno si dispongono a brevi distanze i sepolcreti. Con tale termine si intendono contrapporre aree di insediamento prescelte in modo tale da prevedere il successivo sviluppo ad aree in cui all'insediamento protostorico manca una così ampia progettualità.

Se quindi da una parte il fenomeno protourbano può farsi risalire all'Età del Bronzo Finale, dall'altra non sembra accettabile l'uso del termine di centro protourbano per i villaggi sparsi dell'Età del Bronzo Finale nei quali manca l'esito urbano.

Anche se non si conoscono le precise ragioni per cui tale fenomeno ebbe luogo, si deve pensare che esso abbia coinvolto, per ognuno dei distretti corrispondenti ai diversi centri protourbani dell'Etruria meridionale, un numero medio di 20-30 villaggi che erano giunti a stringere rapporti particolari; è possibile che l'evento, innescatosi prioritariamente in uno dei distretti costieri, abbia indotto anche gli occupanti dei distretti confinanti ad analogo comportamento.

Pur se l'occupazione dei pianori appare, fin dall'inizio, unitariamente organizzata, si deve ritenere che per un certo periodo (comprendente oltre alla fase terminale del Bronzo Finale anche l'orizzonte antico della fase iniziale del Primo Ferro) vi abbiano convissuto diversi nuclei, forse corrispondenti alla popolazione di villaggi o di gruppi di villaggi del periodo precedente.

Nel Latium vetus, il modello di sviluppo che porta dai villaggi dell'Età del Bronzo ai centri protourbani della prima Età del Ferro appare lievemente diverso rispetto a quello dell'Etruria; anche in quest'area per le sedi del Bronzo Finale erano preferite posizioni difese (alture o pianori) la cui estensione media si aggira intorno ai 5 ettari. La formazione di grandi centri appare in genere analoga ma cronologicamente successiva, situandosi nel pieno sviluppo della fase iniziale della prima Età del Ferro: è il caso, p.es., di Roma, dove un centro unitario di grandezza superiore ai 100 ha sembra formarsi solo con lo spostamento della necropoli all'Esquilino e la concomitante formazione di un abitato inglobante Foro, Palatino e Campidoglio. Altrove si manifesta un progressivo accrescimento, nell'ambito di un sistema collegato di pianori o su un'altura, di un'area abitata dal Bronzo Medio o Tardo fino al conseguimento dell'occupazione dell'intero sistema o dell'intera altura nel corso dell'Età del Ferro, con una gradualità apparentemente maggiore di quella documentata a Ν del Tevere. Fa eccezione l'area costiera, da un punto di vista morfologico e geografico la più simile all'Etruria meridionale; qui, oltre a registrare la presenza dei nuclei sepolcrali più cospicui, l'estensione degli abitati dell'Età del Bronzo Finale appare superiore ai 5 ettari. A Lavinium modi e tempi della formazione del centro protourbano sembrerebbero essere molto simili a quelli riscontrati in Etruria. La recente scoperta di almeno dodici tombe a incinerazione di tipo p. in corrispondenza dell'area che costituisce il centro della città in epoca arcaica e romana, proprio di fronte all'acropoli e alla sua appendice chiamata «piccola acropoli», sulle cui pendici si raccolgono materiali a partire dal Bronzo Medio, favorisce la lettura del fenomeno di formazione del centro protourbano. Le tombe si datano tra la fase piena e quella terminale del Bronzo Finale, e la più recente sembra appartenere allo stesso orizzonte cronologico delle quattro tombe più antiche della necropoli arcaica, posta al di fuori del perimetro urbano. Se ne potrebbe dedurre che già alla fine del XI sec. a.C. all'area occupata più tardi dalla città arcaica (c.a 40 ha) fosse stata riservata una destinazione diversa da quella funeraria in vista di una occupazione insediativa, anche se ancora non sono attestati, sul pianoro, materiali di abitato così antichi.

Nei contesti funerarî del Bronzo Finale evoluto dei gruppi di Tolfa-Allumiere e di Roma-Colli Albani e della facies meridionale si manifesta un fenomeno di differenziazione sociale così forte da rompere il rigoroso schema della tomba composta da solo ossuario ed eventuale coperchio con singoli oggetti bronzei, che aveva regolato l'incinerazione dalla sua comparsa per tre o quattro secoli. Le strutture tombali vanno dalla semplice buca poco profonda, che ê la forma assolutamente prevalente nel territorio settentrionale e adriatico, alla buca rivestita di lastre formanti ciste circolari o cassette, al profondo pozzo scavato nella roccia che può ospitare una pesante custodia litica bivalve contenente l'ossuario; la sepoltura è spesso sormontata da un segnacolo o da un tumuletto e in alcuni casi tumuli più vasti ospitano gruppi di sepolture. I corredi delle fasi evolute possono comprendere numerosi vasi accessorî, utensili e ornamenti, mentre l'unico riferimento all'armamento sembra rappresentato da imitazioni fittili di elmi, a parte il raro caso di armi miniaturizzate. La miniaturizzazione del corredo è frequente nella fase finale, specie in associazione alle urne a capanna, con un accentuato fenomeno di continuità nella fase iniziale della prima Età del Ferro nel Lazio.

Nell'Età del Bronzo Finale è attestata una notevole incidenza dello scambio, sia del tipo «diffuso tra comunità e comunità», sia del tipo a lunga distanza con cui circolavano il metallo e determinati beni di prestigio. Tuttavia nell'Età del Bronzo Finale dell'Italia settentrionale allo sviluppo di tali forme di scambio non corrisponde una profonda modifica dell'assetto sociale.

Mentre la maggiore ricchezza di alcuni corredi nei campi d'urne settentrionali e adriatici sottolinea solo il rango sociale individuale nell'ambito di una struttura socioeconomica definibile di livello tribale, nelle necropoli dei gruppi di Tolfa-Allumiere e di Roma-Colli Albani le ricorrenti differenziazioni nella ricchezza e complessità dei corredi dimostrano il raggiungimento, almeno nella fase terminale del Bronzo Finale, di una stabile differenza tra gruppi sociali all'interno di una medesima comunità. Il corrispondente livello di organizzazione socioeconomica, proprio anche della facies meridionale, definito gentilizio-clientelare, è quello destinato a lasciare tracce in età storica. Di particolare importanza in relazione al carattere delle manifestazioni protovillanoviane è il fatto che le due diverse forme di organizzazione socioeconomica, nello stesso momento, uniscano gruppi locali distinti e dividano facies archeologiche unitarie.

A una definizione di etnicità come individuazione, da parte di un gruppo più o meno ampio, di origini e tradizioni comuni che, allo stesso tempo, servisse a distinguersi da altri gruppi, consegue come la creazione di un èthnos costituisca uno dei tratti più significativi di una società piuttosto complessa, che si riflette su vari aspetti della cultura. Una situazione di tal genere, da un punto di vista archeologico, sembra percepibile, in Italia centrale, solo con l'Età del Ferro; è però possibile ritenere che il concetto non sia nato all'improvviso, quando un certo tipo di assetto sociale appare consolidato, ma che debba avere avuto un'elaborazione, più o meno lunga, già nel corso della tarda Età del Bronzo, con importanti implicazioni in ambiti che sono documentati solo successivamente, come la lingua.

In quest'ottica va sottolineato il fatto che alcuni sistemi di villaggi p. sorti in ben definiti comparti geografici, come la Padania nord-orientale per i Veneti, la conca velina per i Sabini, o i Colli Albani per i Latini, costituiscano realtà archeologiche, riferibili a quanto riportato dalle fonti storico-letterarie. Per quanto riguarda l'Etruria, il sistema di «città-stato», sia pure collegate da una organizzazione federale, tipico di questo territorio, prevede la creazione di tradizioni diverse per ciascuna di esse; è possibile ipotizzare che i precedenti di questa situazione possano essere individuati in sistemi assai compatti, anche da un punto di vista «etnico» nel senso di una valenza socio-politica (si pensi alle «leghe» della tradizione), sorti attorno a ben definite realtà territoriali, come la valle del Fiora o il bacino del Marta e dei suoi affluenti.

Numerose evidenze sembrano convergere verso una lettura dell'Età del Bronzo Finale nell'area medio-tirrenica, soprattutto in un momento terminale del P., come periodo di intense trasformazioni, caratterizzato dalla scomparsa progressiva di solidarietà di tipo tribale in favore della creazione di un organico sistema di rapporti sociali che sembra preludere a un'organizzazione stratificata di tipo protostatale; di tale sistema la formazione di grandi centri unitarî, precocemente manifestatasi in Etruria, costituisce la realizzazione più significativa.

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