Kyoto, protocollo di

Dizionario di Economia e Finanza (2012)

Kyoto, protocollo di

Alessio D'Amato

Documento di attuazione delle direttive stabilite nella Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC, United Nations Framework Convention on Climate Change), approvato nel 1997 a Kyoto, che individua nelle emissioni in atmosfera di gas e inquinanti capaci di aumentare l’effetto serra naturale della Terra una delle principali cause dei cambiamenti climatici; per tale motivo definisce alcuni obblighi per i Paesi firmatari, con l’obiettivo di ridurre le emissioni e i loro effetti negativi. ● Il protocollo di K. prende in esame le emissioni di anidride carbonica e di altri 5 gas serra (metano, protossido di azoto, idrofluorocarburi, perfluorocarburi, esafluoruro di zolfo) e prevede per una parte dei Paesi aderenti (Paesi sviluppati e Paesi in transizione) obiettivi espliciti e vincolanti di riduzione di tali gas. Secondo il protocollo, le emissioni dei Paesi sviluppati devono essere ridotte almeno del 5% entro il periodo 2008-12 rispetto ai livelli del 1990 (http://europa.eu/legislation_summaries/ environment/tackling_climate_change/l28060_it.htm). Per la UE, il vincolo di riduzione previsto è pari all’8%. Con il successivo Burden Sharing Agreement del 1998, questo vincolo è stato suddiviso tra gli Stati membri della UE; per l’Italia l’obbligo di riduzione è del 6,5%.

Iter burocratico

Il protocollo di K. ha rappresentato uno snodo fondamentale del processo avviato dalla Conferenza sull’ambiente e sullo sviluppo delle Nazioni Unite (Rio de Janeiro, 1992) e dalla quasi contemporanea adozione della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (http://unfccc.int/kyoto_protocol/items/2830.php). Pur contribuendo notevolmente alla definizione di principi fondamentali per la lotta al cambiamento climatico, la Convenzione quadro non conteneva impegni precisi in termini di riduzione delle emissioni di gas serra. La negoziazione di accordi vincolanti e il monitoraggio dei progressi nella lotta al cambiamento climatico erano infatti demandati a incontri periodici tra le parti coinvolte (COP, Conferences of Parties). Al termine di un iter complesso, la terza di tali COP ha portato all’approvazione del protocollo di Kyoto. Anche l’entrata in vigore del documento è stata piuttosto difficile: i limiti per la sua validità richiedevano infatti l’approvazione da parte di non meno di 55 nazioni firmatarie e che le stesse nazioni fossero responsabili di almeno il 55% delle emissioni di gas serra; quest’ultima condizione è stata raggiunta solo nel novembre del 2004, quando anche la Russia ha perfezionato la propria ratifica. Ciò ha permesso la definitiva entrata in vigore del protocollo, nel febbraio 2005.

Normativa

Il protocollo permette l’utilizzo di meccanismi atti a ridurre il costo totale del raggiungimento degli obiettivi. Questi meccanismi consentono di acquisire i cosiddetti ‘crediti di riduzione delle emissioni’ (o crediti), che i singoli Paesi aderenti possono poi sfruttare (a determinate condizioni) per ottemperare ai propri obblighi di riduzione dell’inquinamento. In particolare:

• il Clean Development Mechanism (CDM) permette ai Paesi industrializzati e a economia in transizione di ottenere crediti realizzando progetti di riduzione delle emissioni di gas serra in Paesi in via di sviluppo;

• il meccanismo di Joint Implementation (JI) consente ai Paesi industrializzati e a economia in transizione di guadagnare crediti mediante l’attuazione di iniziative per la riduzione delle emissioni di gas serra in altri Stati dello stesso tipo;

• l’Emission Trading (ET) prevede lo scambio di crediti di emissione: un Paese che abbia ridotto il proprio inquinamento in misura maggiore rispetto all’obiettivo o abbia posto in essere progetti di JI o CDM, acquisisce crediti che possono essere scambiati con Stati che, al contrario, non sono in grado di rispettare il proprio obiettivo di riduzione dei gas serra.

Si riducono così i costi totali di raggiungimento degli obiettivi di K.: per es., l’ET consente a Paesi con costi di riduzione delle emissioni elevati di acquistare crediti da Paesi con costi di riduzione più bassi, promuovendo l’efficienza del sistema nel suo complesso. Il protocollo stabilisce inoltre norme molto severe in merito al controllo della riduzione delle emissioni. In particolare, ogni Stato ha l’obbligo di comunicare annualmente le proprie emissioni di gas serra, in modo che sia possibile predisporre un inventario diretto a un preciso monitoraggio dei progressi fatti. Inoltre, le transazioni basate sui meccanismi flessibili, sopra descritti, sono soggette a una costante verifica da parte del segretariato delle Nazioni Unite per il cambiamento climatico, che ha sede a Bonn. È anche importante sottolineare come il protocollo di K. e la UNFCCC contemplino norme atte ad assistere i Paesi nell’adattamento agli impatti legati al cambiamento climatico. A questo fine è stato istituito un fondo specifico, denominato Adaptation Fund. Con l’avvicinarsi della scadenza ufficiale, sembra che gran parte delle nazioni coinvolte sia sulla strada giusta per raggiungere il proprio obiettivo di riduzione delle emissioni (per es., per i Paesi dell’Unione Europea: Greenhouse gas emission trends and projections in Europe 2011, European Environment Agency, 2011). Molti nodi rimangono d’altra parte da sciogliere, non ultima la necessità di fissare mete più ambiziose e di coinvolgere maggiormente nella lotta al cambiamento climatico Paesi non aderenti (come gli Stati Uniti) o aderenti ma privi di obblighi espliciti di riduzione delle emissioni (come India e Cina).

Alessio D’Amato

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