PROSTATA

Enciclopedia Italiana (1935)

PROSTATA (dal gr. προστάτης)

Primo DORELLO
Nicola PENDE
Ermanno MINGAZZINI

La prostata è un organo ghiandolomuscolare, che circonda la parte iniziale dell'uretra maschile, uretra prostatica: è situata nella cavità pelvica, sotto la vescica, avanti al retto, sopra il muscolo elevatore dell'ano, alquanto all'indietro della sinfisi pubica ed è accolta in uno spazio speciale, detto loggia prostatica: la sua forma e grandezza ricordano quella di una castagna. Volendole attribuire una forma geometrica si può considerare come un cono leggermente appiattito dall'innanzi all'indietro con la base rivolta verso l'alto, l'apice rivolto verso il basso e l'innanzi. Mentre nel bambino è assai piccola, dopo l'ingresso nella pubertà cresce rapidamente e conserva il suo volume fino all'età di 45 anni, oltre i quali tende a diminuire e va incontro a un processo di atrofia, che procede di pari passo col diminuire dell'attività sessuale: l'atrofia interessa essenzialmente la parte ghiandolare, ma in alcuni casi è accompagnata da un processo patologico di degenerazione fibroadenomatosa, per il quale aumentando notevolmente la parte connettivale, si ha un notevole ingrossamento e induramento della prostata: l'alterazione va sotto il nome di ipertrofia prostatica e produce gravi disturbi nella minzione. La sua faccia posteriore, essendo assai vicina al retto, dal quale è separata per l'aponeurosi prostatoperitoneale, può essere benissimo palpata con un dito introdotto nella cavità rettale.

La base della prostata, che è aderente alla vescica urinaria, presenta una sporgenza trasversale, detta lobo medio, e dietro questa due sporgenze laterali, dette lobi laterali; in corrispondenza del solco, che separa il lobo medio dai laterali e che alcuni chiamano ilo, entrano nella prostata il deferente e la vescicola seminale del corrispondente lato, che confluendo formano il canale eiaculatore. La prostata è attraversata verticalmente dall'uretra, la quale penetra nella ghiandola per la sua faccia superiore o base a breve distanza dal margine anteriore e ne esce per l'apice. Nel primo tratto del suo percorso intraprostatico l'uretra è circondata da un anello muscolare, il cosiddetto sfintere liscio dell'uretra; alla sua uscita l'uretra è circondata dallo sfintere striato, che si estende alquanto sulla faccia anteriore della prostata. In quella parte della prostata, la quale sta in rapporto con la parete posteriore dell'uretra, vi, è una piccola cavità, che sbocca nel lume uretrale in corrispondenza del colliculus seminalis e che fu chiamata otricolo prostatico (utriculus prostaticus); fu scoperto da G. B. Morgagni; ha una lunghezza di 10-12 mm.; se è più sviluppato col suo fondo può affiorare nella superficie del lobo medio. L'otricolo prostatico è tappezzato da un epitelio cubico polistratificato e riceve lo sbocco di piccole ghiandole della prostata; fu considerato come un residuo della parte terminale dei canali di Müller e da Weber chiamato impropriamente utero maschile: è più giusto considerarlo come una formazione omologa alla vagina.

Struttura. - La prostata è una ghiandola acinosa composta, immersa in uno stroma abbondante formato da tessuto connettivo con molte fibre elastiche e da tessuto muscolare liscio; vi si trovano anche fibre muscolari striate, le quali possono dare origine a tumori detti rabdomiomi.

Nelle sezioni si presenta di colore grigio-cenere nel cadavere, rosso-bruno nel vivo e mostra una distribuzione abbastanza uniforme dei suoi costituenti: tuttavia per il modo col quale si sviluppa e per considerazioni patologiche viene divisa in cinque lobi, uno anteriore, uno medio, uno posteriore e due laterali.

a) Stroma. - Lo stroma risulta di una colonna, la quale parte da quella porzione della prostata, che sta a contatto con la parte più bassa della parete posteriore dell'uretra prostatica: da questa colonna partono sepimenti, i quali, dirigendosi verso la periferia dell'organo, si dividono e si suddividono, finché finiscono per perdere la loro individualità. Alla superficie della prostata si trova una sottile lamina muscoloelastica, ma non una vera capsula, come prima si ammetteva.

b) Parte ghiandolare. - Gli acini possono raggiungere il diametro di un quinto di millimetro, sono bernoccoluti e risultano di un epitelio e di un involucro muscoloelastico; l'epitelio mono- o bistratificato presenta notevoli cambiamenti nella forma, nella grandezza e nell'aspetto delle sue cellule a seconda dello stato di attività secretoria. L'involucro muscoloelastico con la contrazione delle sue fibre determina l'espulsione del secreto. I tubi escretori sono cilindrici, rivestiti da un epitelio cubico e da una tonaca muscolare con fibre longitudinali e circolari; questi tubi sboccano nella porzione prostatica dell'uretra e in grande maggioranza nel fondo dei due solchi, i quali delimitano il collicolo seminale.

La prostata segrega un liquido bianco, lattescente, filante, che viene emesso durante l'orgasmo sessuale e si mescola allo sperma, esercitando un'azione specifica sui nemaspermi. Nell'età matura in alcuni acini della ghiandola prostatica si formano delle concrezioni giallastre, solubili in acido acetico, le quali possono essere espulse durante l'eiaculazione insieme con il liquido prostatico; di regola non raggiungono un grande volume, né producono disturbi. La prostata è nutrita da arteriole provenienti dall'arteria vescicolodeferenziale, dall'emorroidaria media e dalla pudenda. Le sue vene sboccano nei plessi prostatici laterali, che si scaricano principalmente nelle vene vescicolodeferenziali.

Sviluppo. - La prostata comincia a svilupparsi verso la dodicesima settimana: a spese della parete del seno urogenitale in vicinanza dell'impianto dei canali di Müller: si formano dapprima quattro bottoni pieni e poi un quinto destinati a dare origine ciascuno a un lobo prostatico: questi bottoni si allungano formando cordoni, che si ramificano e si canalizzano e vengono cementati insieme da tessuto connettivo e muscolare liscio. Alla nascita la prostata ha il volume di una nocciola e la parte ghiandolare ne forma appena la quinta parte. Verso i 17 anni la parte ghiandolare raggiunge il completo sviluppo e forma la terza parte di tutto l'organo.

Fisiopatologia. - Quest'organo ghiandolare annesso alle vie di escrezione del secreto genitale maschile (liquido spermatico) ha certamente una funzione importante, ma ancora poco precisata, in rapporto con la costituzione fisico-chimica normale e con la vitalità degli elementi di tale secreto. Inoltre l'organo è intimamente correlato nel suo trofismo col grado di attività dei testicoli e anche di altre ghiandole endocrine. Su questi due punti della fisiologia prostatica dobbiamo brevemente riassumere le moderne conoscenze. Intanto dobbiamo ricordare come gli epitelî delle numerose ghiandole tubulo-alveolari della prostata sembrano capaci di secernere due forme di prodotti, un prodotto liquido e un prodotto granulare, il quale si condensa in granuli visibili anche macroscopicamente in forma di piccoli concrementi, i cosiddetti granuli o concrementi prostatici. Tali granuli sembrano in parte di natura lipoidea (lipoidi birifrangenti), e derivati dal nucleo delle cellule granulari. Tale fatto colloca la ghiandola prostatica verosimilmente tra gli organi in intimo rapporto col ricambio dei lipoidi. Ricorderemo che simili concrementi si trovano anche nelle vescicole seminali e nelle ghiandole uretrali, organi con cui la prostata deve avere stretti rapporti funzionali. Venendo ora ai rapporti del secreto prostatico con la funzione endocrina ed esocrina del testicolo, un fatto sicuro è la dipendenza dello sviluppo e della nutrizione della prostata dalla secrezione interna del testicolo, dipendenza analoga a quella del trofismo dell'utero dal secreto interno ovarico. Ricorderemo a questo proposito che si è considerata da alcuni la prostata come un utero mascolino rudimentale. La castrazione prima della pubertà difatti impedisce l'ulteriore sviluppo prostatico; se la prostata è già sviluppata, essa si atrofizza dopo la castrazione: le iniezioni di estratto testicolare hanno un'azione specifca nell'accelerare lo sviluppo della prostata infantile, o nell'impedire l'atrofia prostatica da castrazione. Recentemente H. Rohleder ha proposto l'opoterapia testicolare o l'innesto di testicolo nella cura delle atrofie e anche delle ipertrofie prostatiche patologiche. D'altra parte le ricerche di varî autori su vecchi prostatici, dimostrerebbero un'azione utile della prostata, per via della secrezione interna attribuita anche a tale organo, sul trofismo del tessuto seminifero del testicolo; si pensa che la prostata elabori un ormone, che durante l'eccitamento genitale farebbe distaccare dalla linea seminale gli spermatozoi maturi, congestionando la polpa testicolare mediante ormoni vasodilatatori. Alcuni autori hanno pure trovato che l'estratto prostatico ha un'azione vasodilatatrice sul pene, altri che ha un'azione vasodilatatrice sul cervello, altri che ha un'azione ipotensiva e cardiomoderatrice. Recentemente Riccitelli e Costanzi hanno osservato con gli estratti prostatici azione ipotensiva, azione acceleratrice sulla metamorfosi dei girini di rana, azione inibente sulla peristalsi intestinale. Con tali azioni si potrebbe mettere in rapporto la sindrome, ora neurasteniforme, ora ipertensiva, che si osserva in taluni casi, dopo la prostatectomia nell'uomo, o in soggetti prostatici, con alterazioni della funzionalità dell'organo. Ma tale rapporto non è sicuramente dimostrato. Così sono ancora incerti nel loro meccanismo di produzione, i rapporti dell'ipertrofia e delle neoformazioni della prostata con alterazioni funzionali così del testicolo, come di altre ghiandole endocrine coordinate col testicolo (surreni, ipofisi).

Chirurgia. - Le affezioni della prostata suscettibili di una cura chirurgica sono molteplici. Ne sono naturalmente escluse le anomalie congenite, ipoplasie, le alterazioni morfologiche, eccezionali del resto. Anche i traumi, contusioni e ferite sono evenienze rare a osservarsi, sia per il modesto volume dell'organo sia per la sua posizione protetta dagl'insulti esterni. Relativamente più facili a prodursi sono le cosiddette "false strade", veri e proprî tramiti, completi o no, scavati nello spessore della ghiandola e causati da un cateterismo errato. Ma questo si verifica quasi sempre nelle prostate affette da ipertrofia o da tumore. La falsa strada si tradisce per il dolore, l'impossibilità di progressione del catetere o il senso d'imprigionamento di questo, dalla uretrorragia. La cura consiste nel riposo della parte. Le flogosi acute e soprattutto le croniche rappresentano processi morbosi importanti e frequenti a osservarsi, le ultime particolarmente difficili a guarirsi.

La prostatite acuta si presenta sotto tre forme: 1. di prostatite follicolare, ossia di tanti piccoli ascessolini microscopici; 2. di ascesso, macroscopicamente visibile; 3. di flemmone periprostatico (raro).

La prostatite acuta si presenta durante la terza settimana di una uretrite acuta (blenorragica, per lo più) con febbre e brividi, con bisogno di urinare spessissimo, malgrado che ogni minzione si compia con stento e sia seguita da emissione di scarse quantità di urina, dolore e senso di peso localizzato al retto con irradiazioni verso le cosce. Non è rara la ritenzione di urina. Da questo inizio più o meno tumultuoso, più o meno marcato, si può o guarire per regressione di tutti i sintomi, o sboccare nell'ascesso o passare nel flemmone periprostatico. L'ascesso, rivelatosi per il tipo suppurativo della febbre, può rompersi spontaneamente nell'uretra, o nel retto o esigere un'incisione. Nel flemmone tutti i sintomi anzidetti si acuiscono: la febbre è più violenta, lo stato generale più compromesso. La cura consiste nel riposo, sospensione di ogni cura locale antiblenorragica, somministrazione di urotropina, uso di semicupî caldi, clisterini laudanati. L'ascesso va aperto con un'incisione perineale: la stessa via va seguita nel flemmone periprostatico.

Nella prostatite cronica, da germi banali, le forme catarrale e ghiandolare sono le più importanti: l'ascesso cronico, la caverna prostatica e l'atrofia fibrosa sono esiti più rari.

I sintomi della forma catarrale e ghiandolare si riassumono in una minzione stentata, a volte frequente, in un fastidioso senso di peso e di ripienezza nel retto, in uno sgocciolamento a minzione terminata, in fuoriuscita di secreto prostatico durante la defecazione. Ma a questi sintomi si aggiungono quelli di una nevrastenia cerebro-spinale; eiaculazione precoce, polluzioni notturne, erezioni incomplete, mancanza di orgasmo venereo senso di debolezza alle gambe e via dicendo. L'esame obiettivo rivela una prostata di dimensioni aumentate talora inegualmente, poco dolente alla pressione. Nelle urine si trovano alcuni filamenti biancastri pesanti, spesso ostinatamente ricercati e osservati dal malato.

Questi pazienti sono in genere difficili a guarirsi perché la sindrome dura a lungo ed è spesso edificata su una base costituzionale e perché una terapia razionale è difficilmente attuabile.

La cura consiste in: massaggi prostatici (2 volte alla settimana: 12 sedute, da ripetersi dopo un riposo di un paio di mesi), in ricostituenti generali e nella psicoterapia. Bisogna convincere questi malati ad aver pazienza e fiducia nel tempo.

La tubercolosi della prostata è sempre secondaria a quella del testicolo e dell'epididimo, specialmente se grave, e quindi rappresenta un elemento prognostico importante. I suoi sintomi sono miti, e si riassumono in un senso di bruciore alla minzione, in un senso di peso nel retto. La tubercolosi prostatica beneficia della cura diretta alla lesione orchiepididimitica e guarisce insieme con questa.

Eccezionale e non ben conosciuta è la sifilide prostatica.

Non rarissimi i calcoli che possono essere esogeni ossia di provenienza diversa (reni, vescica), e anche endogeni. Quasi sempre rimangono, per la loro piccolezza, silenti. Qualche volta determinano un senso fastidiosissimo di peso al retto, difficoltà alla fuoriuscita dell'urina e dello sperma, bruciori alla minzione, ma il più delle volte si rivelano con un ascesso. La loro presenza può essere dimostrata radiologicamente, uretroscopicamente, oltre che con la palpazione rettale. Se con l'espressione della prostata e con la elettrocoagulazione non si riesce a farli cadere nel lume uretrale, occorre, quando sia indicata dai disturbi, la prostatotomia perineale.

Assai frequente e assai importante nella patologia della prostata, è quella sindrome morbosa che va sotto il nome di prostatismo.

Il primo a mettere in rapporto l'ingrossamento della prostata con alcuni sintomi urinarî dei vecchi, fu G. B. Morgagni. Da allora tale problema ha interessato e continua a interessare, senza però che della malattia si possa dare una spiegazione scientificamente esatta.

Il complesso sintomatico è legato essenzialmente a disturbi della motilità del collo vescicale causati a loro volta da un'ingrossamento della prostata. L'essenza dei disturbi non è solo meccanica, ma anche dinamica, poiché non v'è rapporto tra grandezza dell'adenoma e sintomatologia. Quest'affezione che colpisce molti uomini dai 55 ai 70 anni, passa attraverso tre periodi quasi sempre riconoscibili con facilità. Nel primo, detto di compenso o irritativo, il malato vede non solo aumentare la frequenza delle sue minzioni (pollachiuria diurna, ma specie notturna), ma è costretto ad attendere l'inizio del getto, il quale cade senza forza (disuria). Qualche volta si giunge alla ritenzione (impossibilità di urinare) completa (si deve ricorrere al cateterismo), ma passeggera. Nel secondo periodo detto di ritenzione, ai precedenti disturbi subiettivi se ne aggiunge un altro obiettivo. Se si siringa, cioè, la vescica a minzione volontaria terminata, si trova che in essa è rimasto un residuo (quantità di urina variabile dai 50 ai 500 cmc. e più). L'ammalato non è più capace di svuotare completamente la sua vescica. È facile che questo ristagno s'infetti (cistiti dei prostatici) e che possa dare origine ai calcoli: ma l'infezione può anche diffondersi ai reni (pieliti, pielonefriti), ai testicoli (epididimiti).

A mano a mano si passa nel 3° periodo, della distensione, caratterizzato dalla minzione per rigurgito. La vescica diviene un sacco inerte che lascia sfuggire, a piccole goccie, l'urina. È la falsa incontinenza. Difatti se si siringa l'ammalato non si trova vuota la vescica, come si potrebbe supporre per la perdita involontaria di urina, ma piena e distesa. A questo ristagno si aggiungono i fenomeni d'intossicazione uremica (colorito terreo della pelle, anoressia, sensorio obnubilato e via dicendo).

La diagnosi è affidata all'esame obiettivo (esplorazione rettale con la quale si stabilisce l'esistenza dell'adenoma con i suoi caratteri fondamentali) e le condizioni non solo di tutti gli organi del sistema urinario, ma anche di tutti gli altri, toracici e addominali. Possono, tra l'altro, complicare l'affezione, i diverticoli vescicali, gli ascessi prostatici. Particolarmente temibile è la possibile trasformazione in cancro dell'adenoma.

Non si conoscono cure mediche per l'adenoma prostatico, ma il periodo di compenso può essere protratto a lungo, con beneficio notevole del paziente con i classici consigli igienico-dietetici. Nel primo periodo, dunque, sono da evitarsi: una vita sedentaria, la stitichezza, il ritenere l'urina dopo insorto lo stimolo, i viaggi in automobile, tutto ciò, in una parola che possa determinare una congestione della prostata, e dei plessi venosi circostanti. Quando si sia stabilita una ritenzione, specie se infetta, l'operazione è assolutamente indicata. Questa consiste nell'asportazione dell'adenoma, praticabile sia per via perineale sia per via soprapubica.

L'operazione può essere eseguita in un tempo solo o in due: 1° tempo: incisione soprapubica, drenaggio della vescica; 2° tempo (a distanza di tempo variabile secondo il risultato degli esami della funzionalità renale): enucleazione della prostata. Questo frazionamento dell'operazione dettato dalla più lodevole prudenza, può essere completato dall'applicazione preventiva di una sonda a permanenza e trova una più forte indicazione nel 3° periodo nel quale i malati sono particolarmente fragili. Circondandosi di tutte le precauzioni adatte si possono raggiungere risultati sorprendenti. Chiusa la ferita soprapubica, i malati urinano spontaneamente come prima e migliorano anche nel loro stato generale, psichico, somatico.

La prostata può essere sede di cisti e di tumori sia epiteliali, sia connettivali, sia muscolari, benigni o maligni. Sono tutti rarissimi a osservarsi, a eccezione dell'epitelioma che è relativamente frequente e che può: 1) impiantarsi su di un'ipertrofia semplice, 2) rivestire una forma discreta e circoscritta, almeno inizialmente; 3) assumere l'aspetto di una carcinosi prostatica.

Bisogna pensare alla possibilità di un cancro prostatico: nelle ipertrofie dei soggetti troppo giovani o troppo vecchi, per un'evoluzione troppo rapida dell'affezione, quando l'esplorazione rettale rivela una prostata bernoccoluta, dura, dolente alla pressione; quando in una presunta ipertrofia prostatica si manifestano dolori spontanei e irradiati; quando l'ematuria sia spontanea o venga troppo facilmente provocata dal cateterismo, e in presenza di uno scarso residuo associato a un'incontinenza. La sintomatologia iniziale è purtroppo vaga o simile a quella delle semplici ipertrofie: tale difficoltà è aumentata in quei casi nei quali l'esame obiettivo non fornisce nessun dato veramente convincente. Bisogna difatti sapere come alcune forme di epitelioma prostatico decorrano silenti (subiettivamente e obiettivamente) fino alla morte del malato, e non si rivelino che con delle metastasi ossee (metastasi sistematiche). Il decorso è fatale: la cura, quando si faccia in tempo ad applicarla, consiste nell'asportazione generosa della prostata e delle formazioni anatomiche circostanti, seguite dalla ricostituzione della continuità vescicouretrale, per via perineale. Recentissimamente è stata proposta e attuata la cura endoscopica dell'ipertrofia prostatica e di altri ostacoli alla minzione (barre, contratture del collo vescicale, diaframmi). Essa si esegue sotto il controllo della vista mediante un cistoscopio al quale è stato applicata un'ansa tagliente e coagulante. I risultati sono buoni solo per le ultime affezioni, e per alcune forme d'ipertrofia prostatica (piccoli adenomi). Per i grossi adenomi questa resezione elettrotomica non garantisce né dall'emorragia, né dall'infezione.