PROSTAGLANDINE

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1994)

PROSTAGLANDINE

Paolo Schlechter

(App. IV, III, p. 75)

Le p. (P o PG) costituiscono un gruppo di sostanze che si caratterizza per un'azione regolatrice su alcune funzioni metaboliche cellulari correlate all'attività dell'adenilciclasi (v. oltre). La struttura molecolare delle p. deriva da quella dell'acido prostanoico, per l'inserimento di qualche doppio legame e di gruppi ossidrilici o chetonici. Nella denominazione delle singole p. il numero (2) indica i doppi legami presenti e il suffisso α o β la posizione sterica dei costituenti. In questa rassegna vengono prese in considerazione le p. importanti dal punto di vista biologico e precisamente: la PGE2, la PGI2, la PGD2, la PGF2a e il Trombossano (TxA2). La molecola capostipite è rappresentata dall'acido arachidonico, un acido polinsaturo a 20 atomi di C presente nei fosfolipidi di membrana, che viene liberato in seguito a svariati stimoli agenti sulla membrana cellulare.

A seconda dei sistemi enzimatici interessati al suo metabolismo l'acido arachidonico può dare origine al sistema dell'acido prostanoico, per intervento del sistema enzimatico della ciclossigenasi, oppure al gruppo dei leucotrieni (LT), per intervento del sistema enzimatico della lipossigenasi. In vitro è stata dimostrata anche l'esistenza di una terza via metabolica caratterizzata dall'iniziale ossidazione dell'acido arachidonico in posizione ω grazie all'intervento del citocromo P-450 (fig. 1). La via prosegue verso altri prodotti successivamente ossigenati, talvolta suscettibili di venir trasformati in p. in diversi tessuti: questa seconda fase è affidata al sistema enzimatico dell'epossigenasi ma la sua ben accertata presenza in vitro non è stata ancora documentata in vivo, a eccezione forse delle cellule della branca ascendente dell'ansa di Henle. Tutti questi prodotti prendono il nome di eicosanoidi.

Produzione. - Si articola in tre tappe, così riassumibili:

a) la prima tappa consiste nella liberazione di acido arachidonico dai fosfolipidi di membrana e si verifica in conseguenza di uno stimolo sulla membrana cellulare. Gli stimoli possono esser collegati a interventi ormonali (per es., ormone antidiuretico della postipofisi), o comunque umorali (angiotensina II, bradichinina), oppure provocati da sostanze dotate di attività proteolitica (per es., trombina, componenti del collageno). A loro volta diversi possono essere i fosfolipidi chiamati in causa come donatori di acido arachidonico; risultano più spesso coinvolti i glicerofosfolipidi (fosfatidilcolina e fosfatidiletanolamina), che vengono scissi da un enzima denominato fosfolipasi A2. Più raramente anche gli inositolfosfolipidi possono esser considerati come donatori grazie all'azione di un enzima simile alla fosfolipasi A2, la fosfolipasi C. La molecola dell'acido arachidonico va quindi incontro a successive modificazioni catalizzate da specifici enzimi;

b) la seconda tappa è rappresentata da una doppia ossigenazione dell'acido arachidonico con formazione di un endoperossido ciclico denominato PGG2 a opera dell'enzima ciclossigenasi; si tratta di un enzima a struttura dimera, composto da due identiche subunità localizzate sulle membrane del reticolo endoplasmico. Esso è dotato anche di un'attività idroperossidasica, che trasforma il PGG2 in PGH2, tanto da venir chiamato anche PGG/H-sintetasi; ambedue le attività richiedono la presenza di una molecola di Eme per ogni subunità.

Appare estremamente significativo il fatto che solamente la prima reazione (acido arachidonico→PGG2) risenta dell'azione inibitoria dell'aspirina e di altri antiinfiammatori non steroidei. Il blocco da aspirina è irreversibile a causa dell'acetilazione in posizione orto- di un residuo serinico situato a 70 aminoacidi di distanza dal C terminale della molecola; altri antiinfiammatori non steroidei invece (ibuprofen, sulindac) bloccano la ciclossigenasi per un'inibizione competitiva a livello del legame dell'enzima con l'acido arachidonico.

c) la terza tappa è caratterizzata dalla sintesi dei prostanoidi biologicamente attivi e cioè delle p. e del TxA2 a opera di specifici enzimi; due di questi, e precisamente la PGI2−sintetasi e la TxA2−sintetasi, sono emoproteine legate alla membrana il cui gruppo cromoforo è costituito dal citocromo P-450 (fig. 2).

Va fatto ancora presente che la sintesi dei singoli prostanoidi dal PGH2 si realizza in modo quasi esclusivamente specifico nelle diverse cellule produttrici: nelle piastrine, per es., si forma quasi solo TxA2; nelle cellule dei tubuli collettori renali e nei macrofagi la produzione è incentrata sulla PGE2; nell'endometrio sulla PGF2a; l'endotelio vasale produce si può dire esclusivamente PGI2. Ciò dipende dalla presenza nei diversi tipi cellulari da un lato di un solo meccanismo responsabile delle prime due tappe e dall'altro di molteplici meccanismi, sempre enzimatici, che presiedono alla terza tappa, ognuno dei quali specifico o quasi per determinate cellule.

Sedi di produzione e attività biologiche. -Quanto è stato riferito sulla capacità che ogni tipo cellulare in grado di sintetizzare p. ne produca quasi esclusivamente un determinato tipo (v. sopra) e sull'estemporaneità della sintesi di queste sostanze, caratterizzate inoltre da una brevissima emivita, l'osservazione che la loro eventuale concentrazione plasmatica è inferiore a quella capace di evocare delle risposte tessutali, e infine l'assenza di un organo endocrino centrale sono tutti fattori che rendono conto del fatto che i prostanoidi debbano venir considerati come degli ormoni locali destinati a un'azione regolatrice all'interno delle cellule produttrici e, quando prodotti in eccesso, a livello di cellule circostanti la loro sede di produzione mediante l'aggancio ai recettori di queste ultime. Si può parlare in tali casi di paracrinia. È molto verosimile, se non certo, che le p. riversate nell'ambiente extracellulare esercitino un'ulteriore attività sulle stesse cellule che le hanno prodotte. Le p. possono infatti arrivare al loro bersaglio, l'adenilciclasi, tanto all'interno delle cellule che le producono quanto venendo secrete e poi rientrando nella cellula stessa per aggancio allo specifico recettore. Lo testimoniano direttamente la dimostrazione che le piastrine aggregantisi per effetto del TxA2 producono altro TxA2 che amplifica il fenomeno dell'aggregazione, e indirettamente la presenza di complessi recettoriali sulle membrane delle cellule produttrici. Si può parlare in tali casi di autocrinia (fig. 3).

Va precisato che la brevissima emivita delle p. trova la sua ragione anzitutto nella labilità di alcune molecole (per es. il TxA2 idrolizza spontaneamente trasformandosi in TxB2, biologicamente inattivo; l'emivita del TxA2 è di circa 30 secondi), ma in particolare nel fatto che sintesi e catabolismo di queste sostanze si realizzano in sede intracellulare, prima della loro eventuale fuoriuscita nei liquidi biologici. In circolo, l'inattivazione delle p. avviene in grandissima prevalenza a livello del polmone, ove sono maggiormente presenti gli enzimi deputati al loro catabolismo ossidativo, ma in parte anche a livello del microcircolo terminale (PGI2), del rene, della placenta.

Nel seguito verranno prese in considerazione le attività biologiche delle p. e, ovviamente, la loro sede di produzione. Va fatto ancora una volta presente che i dati in nostro possesso sono stati ottenuti in condizioni non fisiologiche, vale a dire in seguito alla somministrazione dall'esterno, in vivo o in vitro, delle p. in esame oppure in seguito al loro dosaggio in tessuti e/o organi alterati. La trasposizione dei risultati alle condizioni normali può esser accettata per numerosi motivi di ordine biochimico sui quali è inutile soffermarsi perché troppo specialistici ma anche e soprattutto in base alle osservazioni fatte nelle più diverse situazioni mediante gli inibitori della ciclossigenasi e il loro effetto sulle alterazioni prese in esame.

TxA2. − È dotato di un'azione simile al PGH2, con il quale condivide il medesimo recettore. Si tratta anzitutto di un'azione aggregante sulle piastrine e in via secondaria di un'azione contratturante sulle muscolature lisce vascolari e bronchiali.

Quest'ultima azione è in dipendenza da un aumento del Ca++ nel citosol, a sua volta correlato a un'attivazione del ciclo dei fosfoinositidi; come avviene sempre in questi casi il Ca++ proviene in un primo tempo dai depositi intracellulari (R.E. in particolare, mitocondri), in un secondo tempo dall'esterno. È verosimile che in condizioni fisiologiche il TxA2 intervenga essenzialmente nell'aggregazione piastrinica lasciando a un complesso di altri fattori il compito di regolare il tono delle muscolature lisce; tra questi fattori dovrebbero esser presi in considerazione particolarmente i leucotrieni.

All'interno delle piastrine il TxA2 stimola l'attività GTP-asica che porta alla formazione di una Gi−proteina; quest'ultima, a sua volta, blocca l'adenilciclasi stimolando d'altra parte la fosfolipasi C e quindi l'ingresso di Ca++. Com'è stato già in precedenza accennato le piastrine attivate iniziano a loro volta a produrre dell'altro TxA2, a livello dei microsomi, e il processo di aggregazione risulta pertanto amplificato e prolungato.

In condizioni patologiche è stata segnalata la comparsa di TxA2 soprattutto a livello renale, in casi di LES (Lupus Eritematoso Sistemico), di ostruzione ureterale (spontanea o sperimentale), di rigetto dei trapianti. Resta da accertare quanto del TxA2 presente derivi dalle cellule renali e quanto dai PMN (polimorfonucleati neutrofili) accorsi nel tessuto danneggiato.

È probabile che in condizioni di grave danno renale, e quindi di iperproduzione di TxA2, si manifesti anche l'azione contratturante di questa sostanza, in questo caso sulle cellule mesangiali; da ciò una modificazione del circolo glomerulare. L'effetto contrattile si caratterizza per la sequenza di fenomeni descritta a proposito della muscolatura liscia, con aumento cioè del Ca++ citosolico da attivazione del ciclo dei fosfoinositidi. Questo fatto non deve stupire in quanto la contrazione delle cellule mesangiali dipende dalla presenza nel loro citosol di un apparato contrattile costituito da actina e miosina.

PGI2. − La prostaciclina può venir considerata a buon diritto il classico antagonista del trombossano: essa infatti si caratterizza essenzialmente per due effetti, antiaggregante piastrinico l'uno e decontratturante delle muscolature lisce, vascolari e bronchiali, l'altro. La PGI2 viene sintetizzata negli endoteli e nelle cellule muscolari lisce, sia vascolari che non; anche alcuni tipi di cellule epiteliali (per es. della vescica di rospo, della mucosa gastrica di mammifero) sarebbero in grado di attuare questa sintesi.

Numerosi i fattori capaci di stimolare la sintesi della PGI2, fattori che si caratterizzano anche per una certa diversità di bersaglio: le cellule endoteliali, per es., vengono stimolate dalla trombina, dall'ADP, dal TxA2, dall'istamina e dalla bradichinina, le cellule muscolari lisce dal PGH2; anche il fattore attivante delle piastrine (PAF) e il fattore vascolotropo derivato dalle piastrine (PDF) esercitano un'azione di stimolo sugli endoteli.

La vita media della PGI2 è molto breve (circa 3 minuti), in parte a causa dell'idrolisi spontanea alla quale va incontro; vale la pena di sottolineare il fatto che essa non viene inattivata a livello polmonare, come invece accade per le altre p., ma viene catabolizzata preminentemente in loco.

Com'è stato accennato la PGI2 si caratterizza anzitutto per un'attività rilassante sulle muscolature lisce e la vasodilatazione che ne consegue porta a un aumento del flusso ematico locale e, in rari casi, all'ipotensione; a livello renale inoltre la PGI2 inibisce la contrazione delle cellule mesangiali favorendo il flusso ematico intraglomerulare. Per quanto riguarda l'aggregazione piastrinica la PGI2 ne impedisce non solo l'inizio ma tende addirittura a disgregare, fino ad un certo punto naturalmente, l'accumulo piastrinico già formato. Questa attività rende ampiamente conto dell'effetto antitrombotico della PGI2 e pertanto del suo intervento a favore dell'integrità vascolare, in particolare delle piccole arterie. Da questo punto di vista è significativo il suo aumento in diverse malattie caratterizzate da attivazione piastrinica, in particolare le arteriopatie periferiche e le coronaropatie. Accanto alle due azioni principali si riconosce alla PGI2 un'attività di stimolo sulle idrolasi degli esteri colesterolici, che determina un aumento della frazione HDL e rappresenta di conseguenza un ulteriore ausilio alla citata integrità vascolare. Infine la PGI2, in sinergismo con la PGE2, è dotata di un chiaro effetto protettivo sulla mucosa gastrica, sia per un blocco della secrezione acida sia per un effetto citoprotettivo sulla mucosa. Nel caso della secrezione acida il blocco si estende anche a quella provocata da istamina, che a sua volta è in grado di stimolare la produzione di PGI2 (v. sopra).

Il meccanismo mediante il quale questa p. esercita tutte le attività finora descritte è uno solo e si ritrova in tutte le cellule responsive: si tratta della stimolazione dell'adenilciclasi ottenuta tramite una Gs−proteina; al conseguente aumento di AMPc va attribuita la risposta cellulare (v. oltre), naturalmente diversa a seconda del tipo di cellule. Fanno eccezione le cellule della mucosa gastrica, a livello delle quali la PGI2 eserciterebbe un'azione di inibizione sull'adenilciclasi. Questo rilievo non deve stupire in quanto è stata dimostrata in numerosi tipi cellulari l'esistenza di più di una proteina G (guanil-nucleotide-proteina); accanto a una che stimola l'adenilciclasi (Gs) è accertata la presenza di una dotata di attività inibitrice (Gi; v. oltre). Questo significa che un meccanismo comune può dare origine a manifestazioni molto differenti, in dipendenza anche dal tipo cellulare nel quale agisce.

PGE2. − È la p. da più tempo studiata. Prende origine nei microsomi, dove si trova l'enzima isomerasi che trasforma il PGH2 in PGE2. È reperibile nel tessuto renale, nella mucosa gastrica e nei macrofagi attivati, ma in quantità minori anche in molti altri tessuti. La PGE2 è dotata di numerosi effetti, tra i quali meritano una menzione quelli che affiancano l'azione della PGI2, vale a dire l'aggregazione piastrinica, che risulta inibita sia pure in misura minore, e la contrazione o il rilassamento dei muscoli lisci vascolari e bronchiali, tanto che in molti casi la PGE2 agisce da potente vasodilatatore.

Contrazione e rilassamento rappresentano due possibilità antitetiche di regolazione del tono muscolare e questa duplice capacità è correlata alla presenza all'interno delle cellule di proteine G, collegate all'adenilciclasi; una di queste proteine G, denominata Gs, stimola l'enzima e induce un'aumentata produzione di AMPc, un'altra, denominata Gi, lo inibisce, diminuendo la produzione di AMPc. L'azione sulle proteine G è pertanto in grado di dare origine a molteplici tipi di risposta cellulare, tra loro differenti, a seconda che la quantità di AMPc venga incrementata o diminuita e a seconda che l'AMPc stimoli o deprima la funzione della cellula (fig. 4).

Quanto ora riportato sta alla base dei due più noti effetti riferibili alla PGE2: quello a livello renale e quello a livello gastroenterico.

a) Nel rene la branca ascendente dell'ansa di Henle è deputata al riassorbimento del Na+ restando impermeabile all'acqua e questa azione è facilitata dall'AMPc; nel tubulo collettore invece l'AMPc facilita il riassorbimento dell'acqua e ambedue questi effetti dipendono dall'ormone antidiuretico (ADH) che stimola l'adenilciclasi. La PGE2 blocca l'adenilciclasi e pertanto da un lato riduce il riassorbimento idrico e dall'altro quello di sodio, agendo da antagonista dell'ADH e favorendo quindi la diuresi (fig. 5). In appoggio a questo effetto sta la documentata azione anticontratturante sulle cellule mesangiali del glomerulo, in analogia con quanto osservato a proposito della PGI2 e che rientra nell'azione sulle strutture contrattili.

b) A livello gastroenterico va messo anzitutto in evidenza il blocco della secrezione acida dello stomaco, che è imputabile a un effetto diretto sulle cellule oxintiche e non semplicemente all'aumento del flusso ematico gastrico da vasodilatazione, che pure si verifica. L'effetto è legato all'inibizione dell'adenilciclasi e alla conseguente diminuzione di AMPc, come nel caso del tessuto renale. Il medesimo meccanismo è responsabile dell'aumentata secrezione di muco da parte delle cellule epiteliali e questo fatto, unitamente alla riduzione dell'acidità, contribuisce alla nota azione gastroprotettiva della PGE2.

In proposito va segnalato che i ben conosciuti effetti gastrolesivi dei cosiddetti FANS (Farmaci Antiinfiammatori Non Steroidei) sono da addebitare alla carenza di PGE2 (e di PGI2) da essi provocata tramite il blocco della cicloossigenasi, blocco che d'altra parte giustifica il loro impiego in terapia. Nell'intestino sembra prevalga, almeno nei mammiferi, l'azione eccitomotoria, che appare associata a un minor passaggio nel lume di liquidi o a un loro minore assorbimento dalla parete del lume (per blocco dell'adenilciclasi?). In effetti casi di diarrea irrefrenabile, addirittura la diarrea dei vipomi, cioè dei tumori delle cellule produttrici di VIP (Vasoactive Intestinal Peptide) localizzate nell'intestino, sono stati addebitati a un'aumentata produzione di PGE2. D'altra parte nelle coliti acute, come del resto nel colera, deve esser posta attenzione al potente richiamo chemiotattico esercitato dal LT4 (i leucotrieni sono sempre presenti nei tessuti infiammati) sui PMN; queste cellule infatti sono, assieme ai macrofagi, grandi produttori di PGE2, per cui una parte di responsabilità nella genesi della diarrea va attribuita anche, e forse in maggior misura, alla PGE2 di derivazione leucocitaria più che intestinale.

L'azione modulatrice della PGE2 sull'adenilciclasi si riverbera sulla funzione di numerosi tipi cellulari e i suoi effetti si manifestano perciò a molteplici livelli.

Nel caso dell'apparato genitale femminile la PGE2 facilita anzitutto a livello del corpo luteo la sintesi di progesterone, in quanto l'azione del LH è AMPc−dipendente; in questa evenienza però la PGE2 stimola l'adenilciclasi anziché inibirla. Inoltre risulta stimolata la contrazione della muscolatura del miometrio, anche se con molto minor efficacia della PGF2a (v. oltre).

Per quanto invece riguarda l'apparato genitale maschile va sottolineata la presenza di grandi quantità di PGE2 nel seme, tanto che il termine ''prostaglandine'' prende origine proprio dalle prime osservazioni compiute da U.S. von Euler sul liquido seminale. Ma la funzione, a questo livello, della p. rimane tuttora da decifrare.

Nei riguardi dell'apparato nervoso le osservazioni finora in nostro possesso non hanno fornito sempre dei dati concordanti. Di preciso si può dire che la PGE2 facilita le trasmissioni adrenergiche a livello dei recettori presinaptici, verosimilmente tramite un'azione di stimolo sull'adenilciclasi: le attività adrenergiche sono infatti mediate dall'AMPc. A proposito di sistema nervoso centrale va ancora segnalato che la PGE2 fa parte della catena genetica del fenomeno febbrile, catena che può esser sintetizzata come segue: danno tessutale→accorrere di PMN→liberazione da parte di questi di sostanze pirogene→stimolazione, da parte dei pirogeni, dei macrofagi cerebrali→produzione da parte dei macrofagi di IL1, di TNF e di PGE2→azione sui centri termoregolatori (la regolazione termica ipotalamica si sposta su valori più alti)→febbre.

Un cenno infine sulla partecipazione della PGE2 ai fenomeni infiammatori. La presenza nei focolai flogistici di grandi quantità di PGE2 è stata da tempo segnalata, tanto che si è parlato addirittura di una ''fase prostaglandinica'' dell'infiammazione. Si tenga però presente che le grandi quantità di questa p. sono correlate alla presenza di un enorme numero di PMN ma soprattutto di macrofagi, tutte cellule note come grandi produttrici di PGE2. È certo che la presenza di quest'ultima si traduce in una cospicua vasodilatazione, tanto che a ragione si parla di un'azione proflogistica della PGE2.

PGF. − Lo studio delle attività di questa p. ha avuto un periodo di grande fulgore fino a qualche decennio fa, a causa dei suoi effetti sull'apparato genitale femminile (luteolisi e contrazioni uterine). Oggi si parla poco di PGF2a, anche nel campo ginecologico, in quanto indesiderati effetti collaterali ne accompagnano costantemente l'impiego.

La PGF2a è dotata di una forte attività contratturante su tutti i muscoli lisci, vascolari, uterini e bronchiali. Tra i primi vanno citate, sia pure a parte, le cellule mesangiali del glomerulo, tra i secondi vanno comprese le cellule del miometrio e quelle dell'endometrio.

L'azione di contrattura dipende, almeno in un primo tempo, da un aumento del Ca++ nel citosol, dovuto alla sua liberazione dalle strutture intracellulari; ciò avviene in seguito a una stimolazione del ciclo dei fosfoinositidi, mentre non risulta interessato il ciclo dell'AMPc. Va aggiunto che in certe specie animali (ratto) la PGF2a induce anche la comparsa di diarrea. Non sembra che in condizioni fisiologiche questa p. intervenga nella regolazione del circolo, generale o locale, né in quella del tono bronchiale. In situazioni patologiche è possibile che essa venga prodotta a livello bronchiale, ma in ogni caso dovrebbe trattarsi di un fenomeno collaterale, stante la presenza di ben altri fattori determinanti la broncocostrizione.

Sul piano fisiologico appare invece di grande importanza l'intervento della PGF2a nella regolazione del ciclo estrale: tramite la sua azione di blocco dell'adenilciclasi e pertanto della formazione di AMPc, essa antagonizza nel corpo luteo l'azione del LH sulla sintesi del progesterone, azione notoriamente legata all'attivazione dell'adenilciclasi. È evidente che la mancata sintesi di progesterone porta all'interruzione del ciclo ed eventualmente della gravidanza. A titolo di curiosità si segnala in proposito che la somministrazione al ratto di indometacina e la conseguente inibizione della cicloossigenasi porta all'interruzione del ciclo estrale. A livello uterino è probabile che la PGF2a intervenga nel ciclo estrale facilitando l'attività contrattile dell'utero dopo la scomparsa del progesterone (per es. nella mestruazione nei mammiferi superiori). In effetti il meccanismo della contrazione uterina è più complesso: le cellule endometriali cioè, stimolate dall'estradiolo, aumentano i loro recettori per l'ossitocina e quest'ultima è in grado di stimolare la sintesi di PGF2a.

Per i motivi ora esposti la PGF2a è stata considerata, in un periodo di tempo non lontano, come la sostanza ideale per l'interruzione della gravidanza nella donna; ma la comparsa di effetti collaterali, in particolare circolatori e bronchiali, nelle dosi necessarie a ottenere l'effetto desiderato, ha fatto desistere dal suo impiego in clinica.

PGD2. − Le attività di questa p. sono state ultimamente meglio definite, specie in correlazione alle sue sedi di produzione. Si tratta della p. prodotta nella massima quantità dal sistema nervoso centrale e dell'unica p. prodotta dalle mastcellule ma non dai granulociti basofili, che per molti aspetti costituiscono l'equivalente circolante delle mastcellule. Nel sistema nervoso centrale la PGD2 è presente nell'ipotalamo in particolar modo, ma anche nel talamo, nel bulbo olfattorio e nell'ippocampo; in effetti l'attività isomerasica che determina il passaggio da PGH2 a PGD2 è massima nel sistema nervoso centrale e nel midollo spinale.

Si parla di un'attività neuromodulatrice della PGD2 non solo per spiegare in linea generale la sua massiccia presenza a livello nervoso ma anche per il suo dimostrato intervento nelle trasmissioni adrenergiche: essa infatti diminuisce la liberazione di noradrenalina a livello delle terminazioni presinaptiche, verosimilmente per un intervento sul sistema dell'AMPc. È dimostrato infatti che la PGD2 stimola l'adenilciclasi e d'altra parte il concetto di collegamento tra sistema dell'AMPc e azione catecolaminica è saldamente acquisito, anche a livello di trasmissioni adrenergiche.

Su di un piano più generale le attività della PGD2 coinvolgono principalmente le muscolature lisce, vascolari e bronchiali. Si tratta di attività messe in luce sia mediante la somministrazione della p. sia, e in maggior misura, in condizioni patologiche.

Di queste la più importante sul piano euristico è rappresentata dalla mastocitosi, una malattia caratterizzata dalla proliferazione incontrollata e ubiquitaria, e conseguentemente da un'infiltrazione diffusa nei tessuti, delle mastcellule; ne deriva la presenza in circolo di grandi quantità di PGD2. In questi casi sono stati descritti episodi ricorrenti di ostruzione nasale, di vasodilatazione periferica accompagnata da vampe e talvolta ipotensione, di broncocostrizione con sintomatologia asmatica.

Sul piano sperimentale è importante segnalare il drammatico aumento di PGD2 nei liquidi intestinali del ratto infettato con Salmonella minnesota; è possibile infatti che anche in certi casi di colite acuta nell'uomo vi sia un movimento di mastcellule responsabile di ipermotilità e ipersecrezione di liquidi da parte dell'intestino.

La produzione di PGD2 da parte delle mastcellule acquista particolare interesse in patologia, quando queste cellule rilasciano in grandi quantità la p. in esse contenuta a seguito di svariati stimoli, tra i quali importantissimi quelli IgE-dipendenti. La PGD2 è stata trovata infatti nel liquido di lavaggio broncoalveolare di soggetti allergici dopo inalazione dell'antigene, inoltre in frammenti di tessuto polmonare e in cellule polmonari libere in vitro di individui con shock anafilattico. Questi reperti, unitamente all'osservazione che la potenza di questa p. supera di 3,5 volte quella della PGF2a e di 30 volte quella dell'istamina, fanno pensare a un intervento di notevole spessore nella genesi dell'asma bronchiale. In queste evenienze la PGD2 viene liberata ovviamente dalle mastcellule del polmone. Da notare infine che l'azione di stimolo sull'adenilciclasi fa sì che la PGD2 impedisca l'aggregazione piastrinica, comportandosi come la prostaciclina e la PGE2. L'aggancio alle piastrine si realizza mediante propri e specifici recettori e l'attività antiaggregante è di discreta entità, minore comunque di quella delle altre due prostaglandine. Si tratta in ogni caso di un fenomeno che in vivo, soprattutto in condizioni fisiologiche, non dovrebbe rivestire importanza alcuna.

Regolazione delle funzioni cellulari. - Dopo la descrizione, sia pure sommaria, delle proprietà biologiche delle singole p. sembra opportuno rivedere brevemente il quadro dal punto di vista opposto, e precisamente da come certe funzioni cellulari vengano regolate dall'intervento delle prostaglandine. Va premesso che il meccanismo d'azione di queste sostanze si basa sulla modulazione dell'adenilciclasi (v. tab.) e quindi sull'aumento o la diminuzione, a seconda dei casi, dell'AMPc all'interno delle cellule. Questa uniformità di bersaglio è giustificata dalla configurazione molecolare, che presenta minime differenze tra le varie p.; ma è proprio alle piccole differenze di struttura che spetta in parte la diversità dell'azione, inibente o stimolante, sull'adenilciclasi, mentre l'altra parte va addebitata alle caratteristiche del complesso enzimatico (fig. 6). Si è parlato infatti dell'esistenza di diversi tipi di guanilnucleotidi, le cosiddette ''proteine G'', strettamente collegati con l'adenilciclasi e dotati di un effetto stimolante o inibente sull'enzima: a questi nucleotidi spetta il legame con le p., come del resto l'aggancio con altri recettori (per es. ormonali), e quindi l'evocazione di una risposta positiva o negativa da parte dell'enzima a seconda del nucleotide interessato.

Qui di seguito sono presi in considerazione alcuni aspetti funzionali di organo o di tessuto che mostrano di risentire l'influenza regolatrice delle p., particolarmente in condizioni fisiologiche.

a) La concentrazione dell'urina da parte del rene si realizza in due fasi: la prima, definita obbligatoria, ha luogo nel tubulo contorto di primo ordine; la seconda, definita facoltativa, ha luogo nella branca ascendente dell'ansa di Henle, nel tubulo contorto di secondo ordine e nella prima parte del tubulo collettore. In queste tre sedi si assiste al riassorbimento selettivo del Na+ (branca ascendente dell'ansa di Henle), per cui aumenta in misura cospicua la pressione osmotica dell'interstizio, e al riassorbimento dell'acqua nel tubulo. Questo secondo fenomeno viene facilitato dall'elevata pressione osmotica dell'interstizio ma soprattutto dalla permeabilizzazione all'acqua delle cellule tubulari. Il riassorbimento di sodio e acqua da parte delle cellule a ciò deputate dipende dalla presenza dell'ormone antidiuretico (ADH), la cui azione si realizza tramite il sistema proteina Gs−adenilciclasi e il conseguente aumento di AMPc. A parte interventi regolatori di ordine più generale e di provenienza da altre sedi, per es. le modificazioni del flusso ematico renale, la secrezione di aldosterone, ecc., esiste dunque già all'interno delle cellule interessate la possibilità di influenzare l'assorbimento idrico antagonizzando l'azione dell'ADH mediante un'inibizione dell'adenilciclasi. Questo compito è devoluto alla PGE2, che costituisce pertanto il primo gradino, già a livello intracellulare, della complessa scala di modulazione della concentrazione urinaria e, di riflesso, del patrimonio idrico dell'organismo.

b) A livello del microcircolo, in particolare nelle arteriole precapillari, il cospicuo rallentamento della corrente ematica collabora col fattore von Willebrand nel favorire l'adesività piastrinica. Ma i PMN presenti o un'attivazione piastrinica comunque avvenuta (per es. per una lesione anche minima della parete) liberano del TxA2 che provoca l'aggregazione delle piastrine già adese; in questo modo si arriverebbe alla formazione di un trombo piastrinico se l'endotelio non intervenisse con la produzione di PGI2 che impedisce il fenomeno dell'aggregazione. Naturalmente la pervietà dei piccoli vasi non è assicurata soltanto dal comportamento delle piastrine: anche i fattori della coagulazione tendono fisiologicamente ad attivare in minima misura la protrombina circolante; ma l'eventuale formazione di un coagulo non ha luogo sia per l'intervento degli anticoagulanti circolanti sia per quello del plasminogeno attivato a plasmina. A ogni modo l'eventuale presenza di un anche piccolo trombo piastrinico è senz'altro in grado di facilitare il formarsi di un trombo misto, piastrinico ed ematico. Questo è un altro esempio di come certe p. siano in grado di attuare, in condizioni normali, una regolazione di determinati fenomeni.

c) La protezione della mucosa gastrica costituisce un compito particolare per alcune p. e precisamente per la PGI2 e per la PGE2; le due p. inibiscono la secrezione acida dello stomaco, o meglio delle cellule oxintiche, e inoltre stimolano la secrezione di muco da parte delle cellule epiteliali della parete, esercitando in tal modo un'azione chiaramente citoprotettiva. Tutto questo indipendentemente dall'aumento del flusso ematico gastrico da esse provocato. L'azione delle due p. si esplica tramite un'inibizione dell'adenilciclasi, ampiamente dimostrata. La funzione di salvaguardia dell'integrità della mucosa gastrica si rivela di grande importanza in quanto in condizioni normali impedisce la comparsa di lesioni di tipo erosivo o addirittura la formazione di ulcere. Essa risulta ancor più preziosa da quando sono entrati nella pratica terapeutica i FANS. L'attività di questi farmaci si manifesta soprattutto attraverso un'inibizione della ciclossigenasi a tutti i livelli. Questo comporta una ridotta tendenza all'aggregazione piastrinica (per ridotta produzione di TxA2), una diminuzione dell'edema infiammatorio (per diminuita vasodilatazione da PGE2), ecc., ma anche una minor protezione della mucosa gastrica. Per questo motivo l'impiego in terapia dei FANS, attualmente molto diffuso, richiede un monitoraggio attento del paziente e l'impiego contemporaneo di gastroprotettori.

Vale la pena dare in questa sede una breve puntualizzazione dei rapporti fra p. e infiammazione, anche se si ha a che fare con fenomeni certamente non fisiologici. Le profonde alterazioni che caratterizzano il tessuto infiammatorio sono più che sufficienti a provocare la liberazione da parte delle cellule di molte sostanze in esse già presenti oppure sintetizzate al momento. Perciò anche le p., o per lo meno quelle più facilmente rivelabili, possono esser reperite nel focolaio flogistico. Tra esse la ''parte del leone'' spetta alla PGE2. Ma deve esser tenuto presente che questa p. viene prodotta in grandi quantità sia dai PMN che dai macrofagi, cioè dalle cellule maggiormente rappresentate e più attive nel focolaio.

La sequenza che porta alla comparsa di grandi quantità di p. nel focolaio flogistico può venir così sintetizzata (v. anche infiammazione, in questa Appendice): 1) lesione tessutale→2) liberazione di sostanze vasoattive→3) liberazione dagli endoteli di PGI2 (vasodilatatrice e antiaggregante) e di TxA2 (vasocostrittore e aggregante) e dalla mastcellule di PGD2 (vasodilatatrice)→4) richiamo di PMN dal circolo per parte di sostanze chemiotattiche (batteriche, prodotte in situ o di LT4 eventualmente sintetizzato)→5) successiva liberazione dai PMN e dai macrofagi locali attivati di PGE2 (vasodilatatrice).

Da quanto esposto è ovvio che né alle p. né più in particolare alla PGE2 può venir attributo un compito ''pilota'' nello sviluppo della flogosi; perciò parlare di ''fase prostaglandinica'' appare senz'altro errato. Si può invece sostenere che anche la PGE2, in relazione soprattutto al suo effetto vasodilatatore, contribuisce alla genesi di certi fenomeni, in associazione con numerose altre sostanze, in special modo quelle vasoattive.

In appoggio a quanto ora affermato vale la pena di ricordare che recentissime ricerche hanno messo in luce la capacità del sistema nervoso centrale di intervenire nel determinismo di alcuni aspetti della flogosi, in particolare nella genesi dell'edema. L'intervento centrale viene innescato dal MSH (Melanocyte-Stimulating Hormone), ma si è visto che anche l'aspirina e il salicilato, non l'indometacina, sono in grado di agire in modo sovrapponibile se iniettati nei ventricoli cerebrali. Questi interventi si attuano verosimilmente attraverso vie antidromiche che coinvolgono la liberazione di sostanze dotate di altre attività, per es. algogena (sostanza P). Effetti simili non sono stati osservati con la PGE2, per cui si deve concludere che l'azione antiflogistica dell'aspirina e del salicilato è il prodotto di due tipi di intervento, a livello periferico (inibizione della ciclossigenasi) e centrale, mentre quella della PGE2 è limitata al focolaio infiammatorio. È interessante in proposito il rilievo che anche i corticosteroidi esplicano un effetto antiinfiammatorio soltanto periferico, inducendo la sintesi di una proteina, la lipocortina, che inibisce l'attività delle fosfolipasi e conseguentemente la liberazione di acido arachidonico, ma senza intervenire a livello del sistema nervoso centrale come l'aspirina e il salicilato.

Per quanto riguarda i meccanismi tramite i quali si esplica l'azione a livello centrale non si hanno notizie sicure: per es. non si sa se viene in qualche modo interessata un'attività similciclossigenasica; in questo caso potrebbe sostenere un certo ruolo anche la PGD2.

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