PROPRETORE

Enciclopedia Italiana (1935)

PROPRETORE

Vincenzo ARANGIO-RUIZ

. Nella terminologia ufficiale della repubblica romana, è essenzialmente il pretore dell'anno precedente, lasciato o destinato al comando di un esercito o all'amministrazione di una provincia in forza di quella che si chiama prorogatio imperii (v. pretore; proconsole). Questa pratica, inaugurata a quanto pare il 241 a. C. (l'anno successivo a quello dell'istituzione della pretura peregrina), fu più o meno largamente continuata secondo le esigenze; ma il continuo aumento delle provincie di oltremare la rese vieppiù necessaria, finché una legge di Silla (81 a. C.) la elevò a principio di diritto, disponendo che i pretori in carica fossero tutti occupati negl'impieghi cittadini (giurisdizioni civili e criminali) per poi avere l'anno successivo, in qualità di propretori, l'amministrazione di provincie o i comandi militari. Peraltro il nome di pro praetore, che letteralmente vale vice-pretore, è dato anche a chi sostituisce il magistrato o promagistrato assente, in base a scelta che lo stesso rappresentante fa tra i comandanti in sottordine.

Forse appunto per la naturale destinazione a prendere il posto del comandante in caso di assenza o di morte, si dissero legati pro praetore i personaggi (di solito ex-magistrati) che il senato mandava come aiutanti ai governatori delle provincie, qualunque grado avessero questi ultimi. Nell'epoca imperiale, i proconsoli delle provincie senatorie hanno diritto a legati che anch'essi, indipendentemente dal grado raggiunto nella carriera politica, si chiamano legati pro praetore; mentre il titolo puro e semplice di propraetor indica il funzionario messo a capo di una fra le provincie riservate all'amministrazione dell'imperatore.

Bibl.: P. De Francisci, Storia del dir. rom., II, i, Roma 1929, p. 54 segg., 300 segg.; J. Marquardt, Römische Staatsverwaltung, 2ª ed., Berlino 1884, II, p. 62 segg.; H. Soldan, Quaestionum de aliquot partibus proconsulum et propraetorum... capita sex, Hannover 1831; P. Willems, Le Sénat de la République romaine, Parigi-Lovanio 1883, II, p. 521 segg.

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