Progettazione

Enciclopedia Italiana - VI Appendice (2000)

Progettazione

Livio Sacchi e Roberto de Rubertis

Parte introduttiva

di Livio Sacchi

Si intende per progettazione l'ideazione di qualcosa e lo studio delle effettive possibilità e modalità di realizzazione di essa, la preparazione di un proposito, di un piano, di un progetto. Quest'ultimo, in particolare, oltre a essere esso stesso ideazione, proposito, piano, è costituito dall'insieme degli elaborati tecnici relativi all'opera da realizzare: un processo creativo di elaborazione che ne precede l'esecuzione. Di p. - e di progetto - si parla dunque prevalentemente con significati tecnici. La p. ha così il fine di tradurre problemi, esigenze e aspirazioni in documenti diversi - quali disegni, modelli e testi - sulla cui base sia possibile realizzare un manufatto nei suoi aspetti architettonici, strutturali, impiantistici ecc., ma anche più genericamente costruttivi oltre che gestionali; essa non è infatti necessariamente rivolta a un'opera architettonica o d'ingegneria civile (per es. un edificio nuovo o, preesistente, come avviene nel caso di un progetto di restauro), ma a un qualsiasi manufatto: alla grande scala (per es. un'intera città o una parte di essa, oppure un territorio); alla piccola scala (un prodotto artigianale o industriale); o ancora a un'opera d'ingegneria industriale, un apparato meccanico, elettronico, chimico e così via.

Il processo progettuale si articola in una serie di punti, più o meno collegati tra loro, che vanno dalla definizione degli obiettivi alla raccolta dei dati, dall'analisi dei problemi alla loro soluzione. Esso tiene conto dei vincoli fisici, intellettuali, estetici ed emotivi posti dai committenti; ma anche di influenze naturali, culturali e tecnologiche, di requisiti strutturali, funzionali ed economici. In tal senso la p. è sempre, anche, un procedimento conoscitivo e critico sull'esistente, in vista della sua parziale o totale modificazione. La sua importanza, storicamente rilevante, è oggi, peraltro, crescente: il perfezionarsi dei livelli di specializzazione, le sempre maggiori complessità socioeconomiche, l'esigenza di ottimizzare il rapporto fra costi e benefici impongono infatti livelli progettuali gradualmente più sofisticati.

Nel campo della progettazione civile sono previsti tre livelli di approfondimento: preliminare, definitivo ed esecutivo. Il progetto preliminare consiste in una relazione, che indica le motivazioni della scelta e la sua fattibilità tecnica, amministrativa ed economica, con particolare riferimento agli aspetti ambientali e al rapporto fra costi e benefici, e in una serie di elaborati grafici, che ne individuano le caratteristiche tipologiche, funzionali e tecnologiche. Il progetto definitivo contiene invece tutto quanto è necessario al compimento dell'opera e all'ottenimento delle autorizzazioni prescritte: relazioni sui criteri utilizzati, sulle caratteristiche dei materiali impiegati, sull'inserimento dell'opera nel territorio e sul suo impatto ambientale; grafici opportunamente redatti in scala; indagini preliminari di ordine geognostico, idrologico, sismico, agronomico, biologico, chimico; calcoli preliminari delle strutture e degli impianti; computi. Il progetto esecutivo, infine, contiene i dettagli costruttivi, i calcoli esecutivi delle strutture e degli impianti, il capitolato speciale d'appalto (che fissa le modalità di realizzazione e i rapporti tra committente e costruttore), il computo metrico-estimativo (dal quale si desume il costo previsto dell'opera), l'elenco dei prezzi unitari, i piani di gestione e manutenzione.

Peraltro, di p. si parla anche in termini pedagogici, per lo più in riferimento alle teorizzazioni di J. Dewey e di W.H. Kilpatrick; di progettualità, ovvero della tendenza o propensione alla p., all'ideazione, alla programmazione ecc., si parla infine in termini propriamente psicologici. In termini filosofici generali, la p. è essenzialmente tesa verso un'anticipazione delle possibilità: una qualsiasi attività di previsione, predizione, pianificazione, ordinamento, predeterminazione. In questo senso la p. - non necessariamente riferita a un dato o a un evento materiale - diviene modo d'essere proprio della condizione umana e precede, o dovrebbe precedere, ogni azione, sia individuale sia collettiva: è stato M. Heidegger, in Sein und Zeit, a introdurne la nozione, ricordando la 'costituzione ontologico-esistenziale' del progetto. Progettando la sua esistenza, l'uomo ne realizza l'effettiva possibilità, il suo poter essere. Significative anche le intersezioni fra la p. e l'elaborazione filosofica contemporanea. Negli ultimi decenni del 20° secolo, la messa in discussione dello stesso progetto moderno ha visto contrapporsi da una parte coloro che, illuministicamente e pragmaticamente, guardano a esso come a qualcosa di sostanzialmente incompiuto, ma non per questo incapace di giungere prima o poi a compimento (J. Habermas); dall'altra l'articolata area della riflessione critica postmoderna, tesa, in modi diversi, alla sua definitiva archiviazione. All'interno di quest'ultima sono riconoscibili almeno due prospettive generali. La prima, che si rifà alla lezione di H.G. Gadamer e del 'pensiero debole' italiano, pur abbandonando la fede nei grandi sistemi unitari, non ha dismesso gli abiti razionali per le proprie, sia pur parziali, spiegazioni. Ciò ha prodotto una radicale revisione delle stesse logiche progettuali, non più totalizzanti come quelle configurate, nella prima metà del Novecento, dalla cultura architettonica e soprattutto urbanistica della modernità. All'interno di esse, per es., il rapporto fra urbanistica e architettura o fra piano e progetto, aboliti almeno in linea di principio i disegni egemonici propri della p. modernista, è stato reimpostato in maniera simile a quello fra generale e particolare nell'esperienza del circolo ermeneutico. Non più quindi gerarchica subordinazione della p. architettonica ai piani particolareggiati e di questi ultimi ai piani regolatori fino a risalire ai piani territoriali, ma piuttosto continua, circolare interazione fra le diverse scale dell'intervento. La seconda prospettiva guarda invece a J. Derrida e a un approccio che, ambiguamente riferendosi alla metafisica heideggeriana, è teso alla decostruzione dell'intero pensiero occidentale, all'interno di un anti-modernismo che risale sino a G. Bataille attraverso la mediazione di M. Foucault.

Relativamente alla fenomenologia dell'arte, la p. è prefigurazione di un processo formativo e delle sue fasi operative e si avvale di mezzi grafici o plastici, con finalità più o meno specificamente estetiche: si tratta dunque di un metodo consapevolmente articolato al fine di produrre manufatti di valore artistico. La p. va pertanto intesa come intenzionalità organizzata secondo precisi criteri metodologici, che si concreta in documenti, per lo più grafici o plastici, che utilizzano appieno i mezzi dell'operazione artistica: ciò dimostra che essa va considerata come una fase autentica dell'operare artistico. "In linea teorica la progettazione è una progressiva visualizzazione dell'idea formale, cioè un progressivo trasporto di essa da uno spazio ipotetico e puramente mentale a uno spazio determinato e concreto. […] In rapporto all'ideazione, la progettazione può avere la funzione di visualizzare, in modo più o meno immediato e più o meno schematico, l'idea formale o di fermare l'idea stessa in un appunto mnemonico; può servire all'artista stesso per l'ulteriore elaborazione, ideativa o esecutiva dell'opera, o a maestranze incaricate di tradurre in atto l'idea dell'artista o perfino per esprimere dei principi teorici di metodo; può riferirsi all'insieme o ai particolari, può avere un valore artistico autonomo o costituire solo uno sviluppo secondario, e con funzione pratica o strumentale, dell'idea formale" (Argan 1983). Sul valore propriamente creativo e artistico assunto dalla p., la critica d'arte si è tuttavia a lungo interrogata, muovendosi tra due diversi poli. Il primo conferisce alla p. e alla sua manifestazione concreta, cioè al progetto, il valore di 'pura architettura', di 'immateriale suggestione spaziale' in cui è possibile leggere tutt'intera la personalità del suo autore. In tal senso il ruolo del progettista (architetto, ingegnere, designer o altre figure professionali) si compie con il compimento della sua attività progettuale, indipendentemente dall'effettiva realizzazione dell'opera e dal suo desiderio di vederla realizzata. La p. è in questo caso vista come fatto spirituale esteticamente compiuto (Grassi 1947). Il secondo conferisce invece alla p. valore di mezzo, destinato a scontrarsi in maniera più o meno dialettica con la realtà (materica, tecnologica, esecutiva, normativa, economica, ecc.) dell'opera. In tal caso il progetto prevede comunque l'attiva e creativa presenza del progettista nella fase della sua realizzazione: "In architettura, come in poesia, non si danno distinte fasi creative, non vi è aristotelica cesura tra forma e materia, pensiero ed atto, autore ed esecutore: se il distacco si verifica, l'architettura è compromessa o perduta" (Zevi 1960). Nel caso specifico della p. architettonica, è comunque evidente che l'iter progettuale si evolve dalla conoscenza del contesto sino all'intuizione formale, per poi definirsi e fissarsi nel progetto esecutivo: è frutto di un operare continuo, in un alternarsi di fasi diverse, di progressi e regressi, fino ad arrivare alla sua definitiva formulazione. La continuità di tale processo non viene meno, in alcuni casi, neppure durante la realizzazione dell'opera, allorché si verificano ripensamenti o si apportano ulteriori precisazioni.

Senza entrare nel merito di tali aporie e delle possibili mediazioni fra esse, è forse più utile indagare le relazioni fra p. e architettura in altri termini. Se si considera il rapporto che intercorre fra il disegno (visto come esperienza ideativa) e la p., stretto al punto che in talune lingue i due significati si sovrappongono in un unico termine (per es. nell'inglese design), è possibile richiamare quanto vale per il primo nei confronti dell'oggetto da rappresentare (per es., dell'architettura). La p., seppur non necessariamente, è principalmente costituita da grafici e coincide dunque in larga misura con il processo della loro elaborazione; un'attività che rimanda ad altro, designa altre cose ed è in funzione dei vari interpreti: il committente, i tecnici, le maestranze. Se, a questo punto, l'architettura viene vista non soltanto come sistema di manufatti in grado di assolvere determinate funzioni, ma anche come sistema di comunicazione, ovvero come linguaggio, la p. a essa relativa può utilmente essere considerata un protolinguaggio o un metalinguaggio rispetto al linguaggio principale, con funzione propriamente strumentale ed eteronoma. In tal caso, la nozione di metalinguaggio va ricondotta alla codificazione esplicitamente proposta da Ch. Morris. Della p. è insomma possibile parlare in termini assolutamente analoghi a quanto s'è fatto per il disegno. La sua mediazione rispetto all'architettura le fa in conclusione assumere un ruolo per certi aspetti analogo a quello svolto dai tipi-ideali weberiani rispetto alla complessità del reale: la rende cioè strumento essenziale per la stessa conoscenza dell'architettura.

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Progettazione assistita dal computer

di Roberto de Rubertis

Si definisce così qualsiasi atto di previsione dell'opera umana nel quale ci si avvalga di aiuti informatici, con riferimento sia alla strumentazione sia ai metodi impiegati. In particolare la definizione è attribuita a quelle opere che comportano produzione o trasformazione di manufatti e di ambienti, o programmazione di processi volti a tal fine. L'aiuto informatico mira a rendere l'operare più veloce e preciso, ovvero più documentato e aggiornato, ovvero ancora più efficace nel raggiungere gli obiettivi prefissati, anche attraverso tecniche innovative di indagine, elaborazione e illustrazione.

L'espressione usata nella lingua italiana deriva dall'inglese Computer aided design (CAD), dove la parola design ha il significato complesso che aveva in origine anche in italiano la parola 'disegno', vale a dire 'proposito', 'intenzione', 'programma', 'progetto', ma, al tempo stesso, 'elaborato grafico' che ne espone i contenuti. Quando ci si riferisce con particolare evidenza alla sovrapposizione del campo decisionale a quello rappresentativo, nella lingua inglese si usa l'espressione Computer aided design and drafting (CADD), mentre quando il riferimento è volto in modo specifico alla progettazione architettonica l'espressione è Computer aided architectural design (CAAD). La progettazione assistita dal computer comprende anche pratiche più specifiche, caratterizzate da campi applicativi o da processi operativi particolari, quali la produzione di manufatti, Computer aided manufacturing (CAM), o l'elaborazione più propriamente grafica dei disegni, Computer graphics.

La velocità e la potenza di calcolo del computer offrono oggi al progettista ben più di quell'assistenza etimologicamente promessa dal CAD; rendono infatti possibile la gestione e la risoluzione di problemi diversamente improponibili, la messa a punto di procedure operative di elevatissima complessità e la disponibilità di archivi pressoché illimitati, ma tuttavia raggiungibili con immediatezza. Inoltre, la tecnologia informatica interviene nel lavoro del progettista fin dall'origine, anche senza il suo deliberato consenso, essendo implicitamente presente nell'offerta di dati utili, nella tecnologia d'impiego dei materiali, nelle varie forme di automatizzazione del ciclo produttivo, nei diversi sistemi di reti telematiche usate e nelle procedure di riproduzione e di trasmissione degli elaborati.

Nei primi decenni di affermazione dell'informatica sorsero numerose questioni sull'opportunità e sull'utilità di far ricorso al computer nella progettazione, con conseguenti polemiche sulla temuta omogeneizzazione dei prodotti o sulla caduta di creatività del pensiero, ovvero, d'altra parte, sul grande salto qualitativo che si sarebbe conseguito nel concepire e nel produrre beni per una società migliore. La rapidissima diffusione di ogni forma di elaborazione automatica di dati e di processi in numerosi settori dell'attività umana ha vanificato di fatto gran parte di quelle questioni. L'assistenza del computer si è affermata infatti in ogni campo con progressiva sistematicità, come esito del progredire delle conoscenze, dell'avanzamento delle tecniche, della crescita delle esigenze e soprattutto dell'intensificarsi delle comunicazioni, producendo la moltiplicazione reciproca degli effetti.

Tutti i procedimenti di costruzione delle immagini che sono alla base del disegno assistito poggiano i propri presupposti sui fondamenti proiettivi della rappresentazione, in quanto hanno per fine il trasferimento di informazioni da oggetti dello spazio tridimensionale alla superficie del piano operativo, schermo o disegno che sia. La comunicazione tra il computer e l'operatore si effettua infatti con modalità che ricalcano la consuetudine, teoricamente e fisiologicamente motivata, di raffigurare mediante segni bidimensionali tanto figure realmente piane quanto volumi e forme dello spazio. Anzi, la ricchezza figurativa consentita dal nuovo strumento ha confermato, al di là di ogni dubbio, l'insostituibilità e, al tempo stesso, il fondamento ottico-geometrico delle tradizionali forme di rappresentazione proiettiva (proiezioni centrali e parallele), che hanno trovato così una nuova verifica della loro validità oggettiva e non solo convenzionale. Affidato dunque alla geometria proiettiva il compito di costruire immagini piane di ogni oggetto raffigurabile, il problema del disegno automatico resta quello di tradurre figure di tipo analogico, realizzate quindi con segni a variazione continua, in figure di tipo digitale, quindi discretizzate in una serie di punti distinti.

Dalla rappresentazione analogica a quella digitale

Tutti i procedimenti di rappresentazione impiegati dal computer sono basati sulla suddivisione del piano figurativo in una serie di punti disposti su righe e colonne parallele, tanto più fitte quanto più la tecnologia adottata consente di approssimare l'immagine originale. Esistono due tecniche diverse: una detta raster scan, o rastrello di scansione, l'altra detta vettoriale. Nel procedimento a scansione ogni punto diventa il segno elementare, o pixel (picture element) la cui presenza o assenza va a formare le linee e le campiture dell'immagine. Nel procedimento vettoriale a ogni coppia di punti è associato un vettore (segmento orientato) usato per il tracciamento dell'immagine attraverso linee spezzate.

La differenza sostanziale tra i due sistemi è che il primo (a scansione) consente la costruzione di un'immagine che è presente nella memoria del computer solo come mosaico complessivo di punti (bit map) non più identificabili come segni singoli dotati di senso; il secondo (vettoriale) consente che ogni vettore sia marcato come entità separata dotata di senso autonomo e quindi riconoscibile e raggiungibile separatamente mediante procedimenti matematici. Per la logica della macchina un triangolo e un quadrato rappresentati a scansione sono solo insiemi di punti diversamente distribuiti su una superficie; le stesse figure rappresentate vettorialmente sono invece riconoscibili come poligoni distinti, misurati e collocati opportunamente sul piano figurativo. Esistono programmi in grado di costruire il sistema di vettori che traduce in mappa vettoriale un qualsiasi mosaico di punti. Il criterio su cui si basano è quello di 'riconoscere' un gruppo di pixel allineati come facenti parte di un segmento di retta e di associare loro la corrispondente equazione matematica. La limitazione di questi programmi sta nell'impossibilità di costruire convincenti trasposizioni delle superfici chiaroscurate e di ogni figura non composta con chiarezza da linee segmentabili. La trasposizione opposta, vale a dire quella di un disegno vettoriale in mosaico di punti, è ottenibile automaticamente con uno scanner. I testi alfanumerici sono registrabili con entrambe le procedure; idonei programmi di lettura convertono poi l'insieme di punti o di vettori nel corrispondente carattere.

Software

Com'è noto, per hardware si intende, nel linguaggio informatico, l'insieme delle apparecchiature elettroniche, dei circuiti, dei meccanismi e di quanto esiste di 'fisico' nei computer; per software si intende invece l'energia elettromagnetica indirizzabile nei loro circuiti, vale a dire l'insieme modificabile delle istruzioni, dei dati, e delle procedure attraverso cui l'hardware viene programmato per eseguire i compiti richiesti. Ma, a dispetto di questa distinzione apparentemente netta, i due campi hanno frange di sovrapposizione non indifferenti e nella descrizione si scivola dall'uno all'altro quasi inavvertitamente. Nella realizzazione dei processori l'attività costruttiva e quella programmatoria sono notevolmente sovrapposte: così come vi è un settore del software più interessato all'interconnessione logica dei circuiti, e quindi al loro montaggio meccanico, allo stesso modo vi è un settore dell'hardware maggiormente interessato ai criteri di programmazione del sistema e quindi alle modalità di governo del suo funzionamento. Ai progettisti interessa solo l'utilizzo di programmi predisposti, eventualmente tra loro integrati, o al massimo possono interessare questioni connesse con la scrittura di programmi originali, mai l'architettura interna dei circuiti che ne consente il funzionamento, né le tecniche di trasmissione delle istruzioni alla macchina: è questo il motivo per cui, nella progettazione assistita, ci si limita ad affrontare problemi di software in senso stretto.

Il progettista ha due strade per utilizzare il computer: scrivere i propri programmi usando gli opportuni linguaggi informatici evoluti, magari direttamente in termini di calcolo binario, oppure usare in diversa misura programmi o combinazioni di programmi già disponibili sul mercato. La stesura di programmi autonomi offre la maggiore libertà operativa, mentre l'uso di programmi commerciali consente l'ausilio dell'imponente software messo a punto negli ultimi decenni da grandi centri di produzione specializzata. Accanto ai produttori di hardware si sono infatti sviluppati centri di produzione di software che ottimizzano le capacità di calcolo delle macchine, realizzando programmi nei quali gran parte dell'attività progettuale è preordinata secondo formulari di possibili operazioni. I programmi sono registrati su disco e vengono trasferiti sulla memoria RAM del computer in modo da diventare direttamente operativi; talora utilizzano schede formate da circuiti elettronici integrati che vengono aggiunte stabilmente all'unità centrale.

Nei programmi sono preventivamente specificati, secondo codici di facile accessibilità, i dati da introdurre, le elaborazioni da effettuare e le caratteristiche degli esiti che è possibile conseguire. Si tratta di raccolte di operazioni di normale esecuzione nell'attività professionale, organizzate in modo da consentire all'operatore di svolgere con sicurezza, rapidità e precisione gran parte della progettazione. Le operazioni eseguibili sono naturalmente quelle previste dal programmatore secondo una metodologia operativa da lui ritenuta ottimale. Questo alimenta una delle più serie critiche mosse alla p. assistita. In qualche misura, infatti, tali previsioni possono essere condizionanti o esterne o contrarie agli intendimenti del progettista, la cui volontà può non trovare sufficiente campo di espressione nei formulari predisposti. I programmi più evoluti cercano, in tal senso, di essere indifferenti alle scelte di contenuto dell'attività progettuale, limitandosi ad agevolare l'esecuzione di operazioni non influenti sulla qualità dei risultati. È comunque evidente che la decisione su quale debba essere il limite d'ingerenza del programma nel progetto e sul conseguente margine di libertà concesso al progettista è controllata dal programmatore. D'altra parte le pressioni svolte dal campo professionale per orientare i criteri di funzionamento dei programmi sono accolte in ragione della quantità delle richieste, non della loro qualità. È di grande aiuto a questo fine lo stabilirsi di migliori intese tra progettisti e programmatori e soprattutto il configurarsi di nuove figure professionali intermedie, già intraviste negli anni Novanta, cui affidare la risoluzione delle descritte difficoltà comunicative.

È ragionevole prevedere che in tal senso si vedranno prossimamente considerevoli progressi nella stesura di programmi sempre più duttili, vale a dire sempre più intelligentemente disponibili a realizzare la libera intenzione del progettista; anche se è difficile immaginare che le direzioni nelle quali andare a cercare i contenuti più innovativi dell'attività progettuale, in termini di metodologia, di prassi operativa, di linguaggio e di obiettivi possano essere già puntualmente previste dalla relativa tecnologia informatica.

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Forse a causa di indesiderati indirizzamenti, o forse per le coercizioni indotte da un repertorio comunque limitato di scelte, è ancora notevole il disagio provato dai progettisti per lo sconvolgimento che il computer determina nelle consuetudini professionali del lavoro tradizionale. A fronte di operazioni generalmente intuitive e ispirate a modi soggettivi di impostare e condurre a soluzione i problemi, il computer impone un metodo di lavoro pianificato, organico e logicamente connesso, nel quale le soluzioni dei problemi rientrano in una classe di eventi previsti: un metodo che è tanto più efficace quanto più è vicino al modello operativo ipotizzato dal programmatore. Se utilizzato conformemente a tale modello, il computer svolge una preziosa e ormai insostituibile opera di semplificazione delle procedure, di accelerazione dei tempi e di sicurezza nel raggiungimento degli obiettivi, inconfrontabile con tecniche tradizionali di gestione del lavoro. Più ci si allontana dal campo dei modi progettuali previsti, più l'utilità dell'assistenza informatica viene meno, per diventare, al limite, anche negativa.

In generale ciò che i programmi promettono, e mantengono, è una serie ampia, ma ben delimitata, di servizi: miglioramento nell'organizzazione delle fasi di lavoro, razionalizzazione delle procedure e delle scelte, organica gestione razionale dei processi, semplificazione delle operazioni di calcolo, di conteggio e di compilazione, automatizzazione dei riscontri e delle verifiche, gestione di elaborati scritti e grafici, accesso all'informazione, rapidità di stesura, correzione ed editing dei progetti. Per contro non promettono, o non dovrebbero promettere, ogni forma di valutazione qualitativa, di innovazione metodologica, linguistica o procedurale, e ogni tipo di ricerca in ambito sperimentale. È perciò presumibile che, anche in futuro, dai programmi ci si debba attendere più l'ottimizzazione di soluzioni conosciute che l'invenzione di nuove soluzioni. Progettare comporta infatti molto spesso l'impiego di facoltà superiori del pensiero, nelle quali svolgono un ruolo fondamentale l'intuizione e l'induzione e dove le soluzioni vengono spesso raggiunte con processi basati su giudizi sintetici ed estetici estranei alla logica dei circuiti informatici.

Comunque, a un numero elevatissimo di esigenze professionali corrispondono ormai programmi applicativi abbastanza specifici, anche se talora si tratta di adattamenti di procedure operative nate per scopi diversi. La grande varietà di esigenze e di risposte in termini di programmi commerciali, nonché la tendenza di ciascun programma a risolvere anche problemi accessori rispetto alla propria funzione essenziale, rende difficile la loro descrizione tassonomica; in ordine più agli argomenti trattati che ai fini dichiarati è possibile proporre, nel campo applicativo progettuale, la seguente suddivisione in programmi per la costruzione delle forme, programmi per il rendering e l'animazione e programmi per l'elaborazione dell'immagine.

Programmi per la costruzione delle forme. - Si tratta dei programmi più specificamente orientati al CAD. Il loro obiettivo è di costruire virtualmente nella memoria della macchina forme corrispondenti agli elementi che si intende progettare. Le forme, che sono realizzabili per immissione diretta dei dati o istruendo la macchina a crearle secondo procedure stabilite, costituiscono le sembianze del modello che si va costruendo e vengono fissate, sotto forma di codice binario, nella memoria RAM. Sullo schermo appare una loro proiezione grafica, scelta di volta in volta in quanto più idonea a evidenziare le caratteristiche metriche (ma non solo) del modello. La differenza tra la forma (che può essere a due o tre dimensioni) e la sua rappresentazione (sempre bidimensionale) è origine di un'importante (ma ambigua) distinzione tra due diversi tipi di programmi.

Al primo gruppo appartengono programmi bidimensionali che consentono la costruzione, su un piano di riferimento, di tracciati lineari in grado di rappresentare figure piane o proiezioni ortogonali di oggetti solidi. Sono in genere disponibili nel programma archivi di elementi standard in grado di rappresentare, per ogni diverso settore applicativo, le configurazioni più frequenti. Con operazioni di assemblaggio, duplicazione, deformazione metrica o modifica di detti elementi è possibile comporre disegni d'ogni tipo, eseguiti sia con tecnica raster che con tecnica vettoriale. Numerosi disegni possono essere correlati tra loro per completare la descrizione anche di oggetti tridimensionali, ma sempre tramite le loro proiezioni piane che, esse sole, sono registrate nella memoria del computer.

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Al secondo gruppo appartengono programmi tridimensionali che consentono la costruzione di modelli volumetrici memorizzati come entità situate nello spazio. La procedura può operare per sommatoria di nuclei elementari di volume (voxel), raramente usata, o per assemblaggi di linee (segmenti) nello spazio, intese come spigoli di volumi. In questo caso si parla di costruzioni a fil di ferro (wire frame), interamente trasparenti oppure perfezionate con la cancellazione delle linee che sarebbero nascoste se i corpi fossero opachi. Altre procedure prevedono la descrizione dei corpi per superfici piane di delimitazione (poligoniFile:ENCICLOPEDIA_ITALIANA_VI_APPENDICE_progettazione2.jpg), nel qual caso i volumi sono presenti nella memoria RAM come semplici involucri privi di contenuto; oppure attraverso la costruzione di volumi veri e propri, limitatamente a un certo tipo di solidi geometrici più frequentemente usati, nel qual caso nella memoria del computer le forme sono presenti nella loro intera corposità e sono possibili operazioni di intersezione volumetrica (solid modeling) che offrono la possibilità di costruire le forme scavando o aggiungendo materia, con analogia alle modalità di costruzione reale dei corpi nello spazio.

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Ciascuna procedura consente in diverso modo di individuare gruppi di segni cui corrispondono oggetti dotati di significato autonomo e di associare a ogni oggetto una serie di differenti connotazioni parametriche, con le quali completarne la descrizione al fine di consentire operazioni diverse da quelle di semplice montaggio spaziale. Agli elementi rappresentati, che già in sé contengono ogni riferimento metrico, possono infatti aggiungersi informazioni fisiche, cronologiche, estimative, computative e quant'altro possa essere utile ai fini progettuali, in modo da adattare alle più diverse esigenze la descrizione del modello costruito. Inoltre, ogni intervento eseguito sul modello stesso, di aggiunta, cancellazione, sostituzione o modifica di elementi o di parametri, comporta l'immediata comparsa della variazione su ogni rappresentazione possibile.

Programmi più evoluti permettono di riconoscere come oggetti noti alla memoria del computer insiemi di segni aventi particolari caratteristiche, anche se non esplicitamente organizzati in configurazioni previste. Il criterio adottato tende a decostruire i dati grafici presenti nell'immagine digitalizzata, isolandoli in gruppi coerenti. Particolari processi logici consentono poi di associare ad alcuni aggregati di segni configurazioni corrispondenti già memorizzate con significato acquisito. Si tratta di emulare una delle attitudini più sottili dell'apparato percettivo umano: il riconoscimento della forma, operazione nella quale sono impegnati gli studi riguardanti l'intelligenza artificiale, dal cui esito dipende gran parte dell'evoluzione dei sistemi informatici futuri.

Programmi per il rendering e l'animazione. - I programmi di costruzione della forma contengono già al loro interno soddisfacenti funzioni di resa figurativa, ma spesso, per esigenze particolari per lo più connesse con la progettazione architettonica, è necessario disporre di immagini in grado di simulare al massimo grado di verosimiglianza le apparenze percettive del modello progettato. A tal fine sono disponibili sostanzialmente due tipi di programmi: il primo per la resa delle apparenze percettive o rendering, il secondo per l'animazione.

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I programmi per il rendering mirano ad attribuire al modello qualità mimetiche tali da renderlo praticamente indistinguibile da un'immagine fotografica della realtà. L'obiettivo è raggiunto conferendo a ogni superficie visibile l'apparenza dei materiali reali, nella grana, nel colore e nelle caratteristiche ottiche delle superfici (trasparenza, riflessione, diffusione ecc.), nonché riproducendo le condizioni di illuminazione reali attraverso il calcolo delle ombre e dell'intensità di illuminazione dei corpi.

Si tratta di una tecnica che ha raggiunto risultati di straordinaria perfezione e che in delimitati campi di applicabilità risulta di grandissima efficacia - per es., è utilissima per simulare effetti di inserimento ambientale dell'architettura o per confrontare alternative progettuali valutabili soprattutto dal punto di vista figurativo, come nel caso del disegno industriale - ma che, per la sua forte persuasività, è talora impiegata fuori del suo ambito di utilizzazione. In tal caso manifesta i suoi limiti, che sono quelli di ottundere gli aspetti di provvisorietà, di perfettibilità e di sperimentalità insiti in ogni proposta progettuale, cui nuoce un eccessivo grado di completezza e che richiede spesso un atto di partecipazione attiva da parte dell'osservatore. Il rendering è infatti superfluo dove non sia richiesto l'effetto illusionistico, ed è per lo più rifiutato dai progettisti che mirano ai contenuti concettuali del proprio lavoro, preferendo forme di visualizzazione più personali, in grado di evidenziare meglio le caratteristiche distintive del progetto. In realtà accade che la forte efficacia visiva di certe tecniche di rendering, usate dai mass media ai limiti dell'iperrealismo, trovino applicazione anche in situazioni improprie, quali quella della progettazione architettonica, dove erroneamente finiscono per assumere importanza più i modi illusionistici della presentazione che il senso proprio della proposta.

I programmi per l'animazione forniscono la risposta a un'esigenza antica del disegno di p., vale a dire la possibilità di dare movimento alla figura, nel senso di rendere mobile sia l'oggetto della rappresentazione, sia l'osservatore all'interno dello spazio rappresentato, modificando continuamente la sua posizione e scoprendo quindi progressivamente nuovi punti di osservazione. La magia che già il cinema aveva conferito all'immagine fotografica, ora l'informatica conferisce all'immagine virtuale. È un passo di non poco conto, considerato con quanti espedienti grafici diversi si era tentato in passato di documentare il trasformarsi dell'immagine col movimento. In tutta una serie di ambiti applicativi - architettura innanzitutto, ma anche ambiente, demografia, meccanica, design, scienza delle costruzioni - è importante poter disporre di un mezzo in grado di rappresentare la dinamica dei processi, vale a dire poter registrare non solo una successione di situazioni attraverso immagini fisse, ma la qualità stessa del movimento, percepibile in termini di velocità.

Programmi per l'elaborazione dell'immagine (computergrafica). - Lo schermo di un computer può anche essere utilizzato per costruire immagini intese solo come configurazioni grafiche bidimensionali, ovvero come semplici insiemi di pixel (bit map) non corrispondenti a nessun modello tridimensionale memorizzato. Per la loro costruzione e trasformazione possono essere impiegate particolari tecniche, operanti anch'esse direttamente sullo schermo, che simulano la quasi totalità dei modi con i quali un'immagine può essere realizzata, in analogia con procedimenti di disegno, pittura, collage, aerografia e altro, ma con la possibilità di utilizzare ulteriori effetti di distorsione, duplicazione, modifica cromatica, cambiamento di scala ecc.

La computergrafica moltiplica le possibilità operative dell'utente e, in modo molto semplice e intuitivo, persino senza alcuna conoscenza in campo informatico, consente la costruzione di immagini elaborabili oltre ogni limite, anche attraverso procedimenti di modificazione dinamica (morphing) che costituiscono vere e proprie animazioni realizzate su figure bidimensionali. La computergrafica, che tra l'altro è tecnica usatissima nella pubblicità, ha modo di realizzare montaggi, simulazioni e artifici anche a partire da immagini fotografiche o cinematografiche, rendendo così realizzabile ogni possibile forma di simulazione visiva, talora utile per esigenze di rappresentazione progettuale, ma più ancora se l'obiettivo è esplicitamente la creazione di un artificio. Il consistente uso di computergrafica spinta, che viene fatto dai mass media e che inizialmente destava meraviglia e attenzione, ha portato rapidamente a banalizzare il suo implicito bagaglio illusionistico.

D'altra parte, l'arricchimento delle possibilità espressive offerte dal computer al disegno ha riavvicinato i due significati di questa parola: quello di grafico, costituito da segni tracciati su una superficie, e quello di proposito, intenzione, programma, progetto. Il nuovo disegno 'infografico', affidando le intenzioni a figure più adattabili ai diversi gradi di complessità dei contenuti, realizza in sé questa sintesi e, se ben guidato, torna a essere al tempo stesso immagine e pensiero.

Il livello d'intervento

La questione principale che si presenta nella p. assistita è la direzione da attribuire alla futura ricerca nel settore. Si danno due ipotesi. In base alla prima, il computer dev'essere uno strumento docile, facilmente disponibile e ampiamente versatile per eseguire tutte le operazioni meccaniche, complesse e ripetitive che compaiono nell'attività progettuale - ma solo quelle -, in modo da consentire al progettista di dedicarsi con impegno alle operazioni che veramente gli competono: prendere decisioni e proporre soluzioni. In base alla seconda, il computer deve intervenire progressivamente nelle funzioni di più alto livello, simulando le stesse operazioni logiche della p. e prendendo decisioni responsabili, in modo da indirizzare e rendere automatica la maggior parte delle soluzioni. Al progettista resterebbero ambiti sempre più sottili ed elevati, quali quelli della politica delle scelte, dell'indirizzo delle tendenze, del controllo dei risultati. È chiaro che si tratta di due filosofie opposte, dietro le quali si muovono interessi, aspirazioni e convinzioni non solo dei progettisti, ma dell'intero ambito della produzione e della commercializzazione dei prodotti dell'informatica.

Dietro la portata riduttiva della prima ipotesi, quella dell'ingerenza frenata del computer nella p., sembra stare la preconcetta sfiducia nei progressi della ricerca nel campo della programmazione, nonché l'irrinunciabile convinzione della inimitabilità delle facoltà umane superiori, cui corrisponde necessariamente una rinuncia aprioristica a indagare gli ambiti della più stimolante evoluzione del software. Nelle accezioni più integrali questa posizione tende a disprezzare il ruolo della scienza nella gestione delle vicende umane più complesse, privilegiando l'intuizione e la sensibilità dei progettisti nell'assumere le decisioni di maggior impegno. Tra le conseguenze dell'ingerenza frenata si riscontra anche la tendenza, da parte di alcuni professionisti, ad abbassare la qualità delle scelte consapevoli al livello delle sole risposte che la macchina fornisce con sicurezza, autolimitando la p. al solo campo operativo consentito da automatismi collaudati. Ne è causa il frequente e facile entusiasmo per l'efficacia di particolari programmi di p., apparentemente versatili, ma che inducono subdolamente a escludere ogni ipotesi non contemplata nel novero di quelle possibili.

I limiti della seconda ipotesi sembrano essere invece un'eccessiva fiducia negli esperimenti che mirano ad attribuire al computer compiti di natura decisionale, dipendenti quindi da alti livelli di elaborazione del pensiero. Questo atteggiamento rivela una sorta di impazienza nel delegare alla macchina strategie che difficilmente potranno competerle, quali le scelte estetiche. In proposito si conoscono tentativi di realizzare 'grammatiche figurative', che sono poi di fatto vere e proprie grammatiche formali, per la generazione automatica di forme ispirate a modelli estetici predefiniti; dimenticando in tal modo che la volontà di conseguire una forma può essere il motore dell'attività progettuale, non solo l'esito: la forma scaturisce da scelte unicamente tecniche solo quando tale motore è assente. Nel migliore dei casi la richiesta di una più forte ingerenza del computer nei livelli alti della p. è il sintomo di un atteggiamento di sufficienza nei confronti delle sintesi complesse tra scienza e arte, che rivela l'intenzione di attribuire alle scelte razionali una sorta di dominio su quelle estetiche, quasi che ogni decisione giusta sia necessariamente conseguibile con automatismi di calcolo, e che quanto non ne scaturisce per diretta conseguenza sia sostanzialmente superfluo, soggettivo e ininfluente, come una sovrastruttura facoltativa, accettabile se comunque innocua.

Le differenze concettuali tra queste due posizioni comportano rilevanti conseguenze su un problema fondamentale della p. assistita, che oggi, come nel recente passato, viene spesso riproposto: si tratta di stabilire se il computer influisce sul processo creativo, sulla qualità delle soluzioni, sui metodi per cercarle, sull'innovatività dei contenuti, sull'attendibilità o sulla genialità delle proposte. Sono questioni molto articolate, per le quali non è possibile formulare giudizi generali, anche se l'uso che del computer viene fatto nei principali studi di p. porta a ritenere che la macchina abbia di fatto un'influenza euristica nei progetti per i quali il calcolo è determinante (meccanica, impiantistica, computistica, economia); porta anche a ritenere che possa modificare concretamente esiti e criteri progettuali quando le sue prestazioni entrano nella metodologia del lavoro, mentre sembra che non influisca, o non debba influire, se l'assistenza è richiesta solo per la fase operativa e non per quella decisionale del progetto.

Uno dei pericoli che si profila nella p. assistita è la tendenza a considerare come certi e affidabili i risultati di operazioni che coinvolgono grandi quantità di dati e che comportano processi logici molto elaborati, nella convinzione che la macchina possa valutare informazioni e procedure in modo più sicuro e più garantista dell'intuizione umana, nonostante che dati e modalità operative siano stati in ogni caso indicati dall'uomo in precedenza, forse anche con errori o con atteggiamento riduttivo. In tal caso, quello che si ritiene esito di un procedimento scientifico potrebbe essere solo effetto di un'analisi parzializzata, anche se del tutto razionale. Ne consegue che si rischia di enfatizzare ogni risultato ottenuto attraverso automatismi, nel quadro di una nuova mitologia, inneggiante a ciò che comunque è stato 'fatto dal computer'. D'altra parte, però, esistono ormai ambiti applicativi nei quali la dimensione dell'intervento progettato, la sua complessità, la quantità di implicazioni che comporta e il numero di dati che lo condizionano sono realmente tali da renderne impossibile la gestione senza l'aiuto del computer. Talora si tratta anche di processi produttivi di particolare impegno, in cui la presenza del momento decisionale nell'esecuzione ha carattere continuativo e si configura come vera e propria p. permanente. Nella realizzazione di tali grandi opere già da tempo l'informatica è indispensabile; il suo impiego non è più una scelta, ma un obbligo, anche se il contributo concreto che le si richiede riguarda più spesso il momento della gestione del progetto che quello dell'invenzione.

Il modello e le sue rappresentazioni

Gli innegabili vantaggi prestazionali prodotti dall'informatica determinano in ogni caso una chiarificazione dell'atto stesso del progettare; uno degli esiti fondamentali che ne derivano è la possibilità di delineare con evidenza la distinzione concettuale tra gli elaborati grafici di progetti e l'insieme organico di tutte le decisioni assunte. Progettare vuol dire organizzare idee, osservazioni e studi in modo da rendere eseguibile una previsione. Per far questo occorre che il progettista possa interagire con le ipotesi che va formulando, in vista del loro progressivo perfezionamento; interagire quindi con un sistema di previsioni basato su quegli aspetti della realtà che sono stati presi in esame, vale a dire quel sistema di conoscenze, interpretazioni e programmi di verifica che costituisce il modello teorico dell'operazione programmata. Secondo i metodi di p. tradizionali questo modello è supportato da rappresentazioni, generalmente grafiche, sulle quali si compiono poi concretamente le operazioni progettuali. I grafici si sovrappongono così interamente al modello che rappresentano e si identificano con esso al punto da poter dire che il disegno è il modello di un atto progettuale. E d'altra parte, sempre nella p. tradizionale, non è dato avere altra informazione su un progetto che non sia quella contenuta nelle sue rappresentazioni grafiche o nei testi che lo descrivono; così che il modello non assume caratteristiche autonome né rilevanti, ma sostanzialmente va a coincidere con gli stessi elaborati che lo rappresentano.

In realtà, il modello è cosa diversa dalle sue episodiche rappresentazioni e l'informatizzazione del processo lo chiarisce con evidenza. Nel computer il modello è infatti una sintesi di informazioni, ipotesi e strategie operative che nel suo insieme è priva di espressione e di forma e che figura solo virtualmente nei supporti della memoria magnetica. È quindi un'entità puramente astratta, come il modello presente nella mente del progettista, e ogni elaborato grafico, motivato da specifiche necessità, ne costituisce solo una parziale rappresentazione, mai esaustiva.

Se costruito con mezzi informatici il modello si appoggia generalmente a un simulacro tridimensionale della realtà osservata e con operazioni matematiche e geometriche ne approssima, quanto si vuole, la forma fisica. A questo simulacro vengono aggiunte tutte le altre notizie acquisibili, così che ogni suo punto risulterà dotato di tre coordinate spaziali, più altre coordinate legate a tutti i parametri con i quali la realtà è stata analizzata, più ancora una serie illimitata di altre notizie non parametrizzabili, quali le valutazioni qualitative, le analisi storiche, le considerazioni tecniche, le riflessioni critiche: tutti elementi di grandissima ricchezza conoscitiva. In questo modello possono confluire informazioni via via più numerose e operazioni complesse quanto si vuole (attraverso grafici provvisori, testi alfanumerici, tabulati), il cui obiettivo è solo quello di rendere possibile l'elaborazione del progetto. Il computer fornisce poi, secondo le diverse occorrenze, le immagini più adatte per ipotizzare le trasformazioni del modello necessarie alle finalità del progetto. Il modello può essere indefinitamente più complesso di ogni sua rappresentazione, per contro può sempre costruirsi una rappresentazione che, nella sua struttura figurativa, sia in grado di semplificare, e quindi di rendere manipolabile, anche il modello più complesso. Le rappresentazioni piane hanno infatti la caratteristica di poter chiarificare, attraverso le due dimensioni dell'immagine (ben acquisibili percettivamente), situazioni di alta complessità, di per sé strutturate in spazi richiedenti tre o più parametri di definizione. L'utile separazione concettuale tra modello e rappresentazioni, già ben presente anche in passato nelle riflessioni epistemologiche, è ora di comune evidenza in campo informatico e costituisce una delle più potenti conseguenze dell'introduzione del computer nella pratica progettuale.

Particolarità della progettazione assistita

Da quanto esposto conseguono le più importanti particolarità della p. assistita, e quindi anche le sue principali differenze dai procedimenti tradizionali: queste differenze devono far parte del bagaglio conoscitivo di ogni progettista perché il suo lavoro sia condotto in modo consapevole.

La perdita dell'originale. - La produzione automatica di elaborati progettuali non ammette più l'esistenza di un originale: ogni uscita a stampa, o con altro mezzo, produce un esemplare che certo non è unico, ma nemmeno può definirsi copia. La stessa possibilità di modificare o contraffare ogni grafico, e la necessità di trasmetterlo mediante strumenti immateriali come le memorie magnetiche, rende inapplicabile il concetto di 'autentico' e di conseguenza rende incontrollabile l'esercizio della proprietà intellettuale. Così, al valore del documento si sostituisce quello del suo processo generativo, e alla qualità estrinseca dell'elaborato la capacità intrinseca di produrlo.

L'annullamento della scala grafica. - I rapporti di riduzione costituiscono, per la p. tradizionale, un'importante struttura metodologica per l'ordinamento gerarchico degli elementi: prima le configurazioni d'insieme, poi le parti costitutive e così via, fino al dettaglio. Al contrario, nella p. assistita ogni possibile informazione è contenuta nel modello memorizzato, privo di rapporto scalare con la realtà, ed è direttamente registrata mediante quantità numeriche prive di tolleranza grafica. La scala compare solo come problema di rappresentazione, legato alle dimensioni del disegno e quindi alla leggibilità dei particolari.

Le primitive grafiche. - Il computer offre la possibilità di usare, in luogo delle linee e dei punti comunemente usati nel disegno, configurazioni grafiche più complesse, dotate di una relativa autonomia. Può trattarsi di insiemi di segni aventi senso esclusivamente geometrico (poligoni, solidi), ovvero di biblioteche di oggetti elementari con i quali comporre forme più articolate. Agli evidenti vantaggi di speditezza offerti da sistemi di questo tipo si contrappone il sottile e spesso inconsapevole condizionamento determinato dall'uso di forme grafiche predefinite e quindi limitatrici. Il loro potere è ben maggiore di quello, in altri tempi demonizzato, del tecnigrafo, di cui si disse che ortogonalizzava ogni progetto.

L'interattività. - Il disegno è sempre stato un'operazione interattiva tra la configurazione grafica tracciata e la mente che la interpreta e la modifica. Il computer ha moltiplicato l'efficacia di questo processo oltre ogni limite: infatti l'interattività riguarda ora non solo il rapporto tra pensiero e modello, inteso nella sua interezza e complessità, ma tutti i rapporti tra le diverse fasi della p., costantemente tenuti sotto controllo dall'operatore attraverso le tecniche di verifica incrociata previste dai programmi.

La protezione. - Il progetto eseguito con l'assistenza del computer, essendo costituito da un insieme di informazioni complessivamente presenti solo nel modello memorizzato, non è in genere rappresentabile in modo esaustivo da nessun supporto cartaceo, che può presentarne di volta in volta soltanto parziali espressioni (anche se in quantità assai superiore a quanto possibile nella p. tradizionale). L'intero complesso di dati e di processi che lo caratterizza è perciò affidato solo a memorie magnetiche suscettibili di varie forme di danneggiamento: dall'occasionale e incontrollabile smagnetizzazione, all'indesiderata intromissione, attraverso reti telematiche, di osservatori abusivi, all'azione distruttiva prodotta dai virus che infestano il software. La durata stessa di conservazione delle informazioni nelle RAM non è del tutto nota, ma è sicuramente di gran lunga minore di quella dei tradizionali supporti cartacei. Una maggiore protezione da questi rischi di danneggiamento è offerta dalla possibilità di registrare dati sui più recenti dischi a memoria ottica, più duraturi, ma non immuni da altri problemi di tutela.

Il rilievo come progetto. - La possibilità di gestire un processo progettuale attraverso una banca dati, progressivamente aggiornabile, avvicina la pratica del rilievo a quella del progetto: in entrambi una quantità considerevole di informazioni va a strutturarsi in un modello situato nella memoria del computer e, mentre con le procedure tradizionali solo il rilievo si configurava come effettivo archivio informativo, custode di dati metrici, storici, fisici, qualitativi e critici, nel computer anche il progetto è organizzato intorno a un modello immateriale con moltitudini di dati direttamente indirizzabili dall'operatore. In molti casi di interventi progettuali che prevedono la modifica dell'esistente (restauri, integrazioni, recuperi) la distinzione, sotto il profilo metodologico, tra modello rilevato e modello progettuale perde addirittura di consistenza.

La specificità di preparazione. - Una condizione essenziale perché la rivoluzione informatica risulti un fenomeno costruttivo è che le conoscenze necessarie alla gestione di una p. assistita siano in buona misura acquisite personalmente dai progettisti. Se si vuole possedere la capacità di servirsi del computer senza inibizioni e nella piena consapevolezza delle sue potenzialità è indispensabile evitare intermediazioni tra l'ideazione e la realizzazione degli elaborati. Questo comporta l'acquisizione, da parte dei progettisti, almeno di quel minimo di informazioni tecniche che consentano loro di non delegare interamente a operatori specifici la gestione strumentale del lavoro.

Il computer come estensione della mente

Un incontestabile beneficio dell'uso del computer, se consapevolmente governato in ogni operazione di software, è la sua disponibilità a confermare e potenziare uno dei fondamentali requisiti dello stesso disegno, vale a dire la sua attitudine a essere una sorta di estensione del pensiero in grado di svolgere alcune operazioni con maggiore rapidità e precisione. Come il disegno, il computer interagisce con l'uomo nell'attività progettuale, attraverso un progressivo feedback che è tanto più produttivo quanto più ne è consapevole ogni procedura operativa. È detta trasparenza quell'auspicabile tecnica di programmazione che mira a rendere costantemente controllabili i processi in atto, in modo da impedire che la macchina sfugga al controllo dell'uomo, o anche, più concretamente, che produca risultati incontrollabili. Un computer ben governato dovrebbe fungere, al contrario, come periferica di un'unità centrale che non può che essere il cervello dell'uomo, al quale fornisce espansioni di memoria, processori di calcolo e tecnologie grafiche senza contendergli il primato delle decisioni.

Quanto più si perfeziona la miniaturizzazione dello hardware, fino alla produzione di avanzatissime work station addirittura portatili, e quanto più si articola la gamma delle operazioni di software individualmente accessibili, tanto più si delinea una nuova forma di autonomia del progettista, cui è offerta un'amplissima possibilità di dialogo con la macchina e, tramite la macchina, con se stesso, con altri operatori e con l'insieme delle conoscenze e dei processi utili per la progettazione. In questo quadro, come in passato il disegno ha avuto un ruolo essenziale non solo per la trasmissione del pensiero e per la gestione dei criteri progettuali, ma per la stessa produzione della cultura (fino a identificarsi, in momenti storici particolari, con alcune delle sue espressioni più significative), così deve attendersi dalla nuova e più articolata estensione della mente, determinata dalla rivoluzione informatica, che la partecipazione del computer allo sviluppo della civiltà non sia né marginale né trascurabile.

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