PROFESSIONE religiosa

Enciclopedia Italiana (1935)

PROFESSIONE religiosa

Agostino Tesio

È l'atto formale con cui una persona si consacra a Dio nella vita religiosa abbracciando un istituto approvato dalla Chiesa, ed emettendo i voti di povertà, castità e obbedienza. La dedizione all'istituto e l'emissione dei voti, sebbene siano separabili in sé stesse, pure per volere della Chiesa sono inseparabili, non riconoscendo essa quale religioso se non quegli la cui dedizione è congiunta con i voti. Il diritto canonico riconosce varie specie di professione: la temporanea, che dura solo un determinato tempo; la perpetua, che dura tutta la vita; la solenne, che importa una dedizione assoluta da parte del professante e l'accettazione parimenti incondizionata da parte dell'istituto, e inoltre induce talune inabilità, rendendo nulli o annullabili gli atti contrarî ai voti; la semplice, che rende illeciti, pur lasciandoli validi, gli atti contrarî ai voti, e in essa la dedizione non è immutabile, almeno nella sua accettazione da parte dell'istituto. La solenne si fa soltanto negli ordini religiosi ed è sempre perpetua; la semplice può essere temporanea o perpetua, ed è propria delle congregazioni. La perpetua deve essere preceduta dalla temporanea almeno per un triennio; questa non può essere fatta prima del 16° anno compiuto, e la perpetua prima del 21°. Per la validità di qualsiasi professione si richiedono: 1. l'età richiesta; 2. l'ammissione da parte del superiore competente; 3. aver compiuto il noviziato prescritto; 4. che sia espressa; 5. che sia libera, cioè non fatta per forza, per timore grave o per inganno. Non pochi istituti, ai tre voti sostanziali e comuni a tutti gli altri, ne aggiungono qualche altro speciale, secondo lo scopo loro proprio; così, per es., i fatebenefratelli, quello di assistere gli infermi; i gesuiti, di speciale obbedienza al papa.

Nei primi tempi della Chiesa la professione s'identificava con la presa dell'abito religioso, la quale importava professione di vita più perfetta con l'obbligo implicito di castità e di distacco dalle ricchezze. Quando s'introdusse la vita comune in cenobî, si aggiunse la promessa di ubbidienza; ma soltanto nella professione francescana per la prima volta si fa espressa menzione del voto di povertà e castità, implicito in tutte le altre. Per molti secoli si professava al primo entrare in monastero, nel vestire l'abito religioso, ovvero dopo un periodo non fisso né strettamente obbligatorio di prova. Il noviziato prima della professione divenne obbligatorio indistintamente per tutti gl'istituti dopo il concilio di Trento. Fino al sec. XVI si conosceva soltanto la professione solenne; S. Ignazio di Loyola introdusse la semplice, riconosciuta come vera professione religiosa da Paolo III, e il suo esempio trovò in seguito molti imitatori. Il rito della professione è assai vario nei diversi istituti; in generale esso è connesso con la Messa; e specialmente presso le religiose suole essere molto solenne, commovente e pieno di mistico significato.

Bibl.: Wernz-Vidal, Jus Canonicum, III: De Religiosis, Roma 1933; L. Fanfani, De jure Religiosorum, Torino e Roma 1925.

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