PROCESSO DEL LAVORO

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1981)

PROCESSO DEL LAVORO (XXVIII, p. 285)

Andrea Proto Pisani

LAVORO La l. 11 ag. 1973, n. 533 ha dettato una nuova disciplina processuale per le controversie in materia di lavoro (cioè controversie individuali di lavoro e controversie in materia di previdenza e controversie in materia di previdenza e assistenza obbligatoria) abrogando i vecchi artt. 409 segg. del codice di procedura civile del 1942, e sostituendo ad essi gli attuali artt. 409 e 447.

I motivi principali per cui il legislatore ha ritenuto opportuno - in attesa di una riforma globale del codice di procedura civile - anticipare la riforma della disciplina delle controversie in materia di lavoro, sono:

a) Innanzitutto la durata abnorme che anche il p. del l. aveva raggiunto nella generale situazione di crisi del processo di cognizione ordinario. Nel biennio 1967-68 la durata media delle controversie in materia di lavoro era stata di 824 e 634 giorni rispettivamente per i procedimenti di primo e secondo grado. Ove si consideri che le controversie di lavoro, nella loro larghissima maggioranza, hanno a oggetto situazioni sostanziali per le quali la rapidità del processo è elemento essenziale per la loro effettiva tutela, e che di fatto il lavoratore dipendente (a differenza del proprietario, dell'imprenditore, e del prestatore d'opera intellettuale) non ha a disposizione alcun procedimento sommario che lo agevoli nella formazione di un provvedimento giurisdizionale esecutivo, è facile comprendere perché l'intervento del legislatore nel settore della giustizia del lavoro fosse ormai divenuto indilazionabile.

b) In secondo luogo l'esperienza ormai più che trentennale del codice di procedura civile del 1942 aveva reso evidente come la disfunzione del processo ordinario di cognizione (e del rito speciale del l. che su di esso era modellato) derivasse sì da carenze organizzative a livello di infrastrutture giudiziarie, ma quanto meno anche da difetti tecnico-normativi intrinseci alla disciplina del testo del codice di procedura del 1942 (testo che a seguito della l. 14 luglio 1950, n. 581, aveva subito notevoli modifiche).

c) In terzo luogo le profonde conquiste legislative ottenute dalla classe operaia specie con la l. 15 luglio 1966, n. 604, relativa all'illegittimità del licenziamento in assenza di giusta causa o giustificato motivo, e con l'importantissima l. 20 maggio 1940, n. 300 (il cosiddetto statuto dei diritti dei lavoratori), relativa alla tutela della libertà e dignità dei lavoratori e della libertà e attività sindacale nei luoghi di lavoro, avevano reso ancora più evidente lo scarto esistente tra i progressi della legislazione sostanziale e la stasi della legislazione processuale (che della prima dovrebbe essere lo strumento e l'appendice necessaria).

d) In quarto luogo il rinnovamento ideologico operatosi in vasti settori - specie tra i più giovani - della magistratura ordinaria (rinnovamento che in materia di lavoro aveva avuto modo di manifestarsi specie nell'applicazione del procedimento sommario di repressione della condotta antisindacale del datore di lavoro ex art. 28 l. 20 maggio 1970, n. 300) aveva convinto le maggiori centrali sindacali a puntare sulla via del giudice ordinario (unica via costituzionalmente consentita dall'art. 102, comma 2°, costituzione, che vieta l'istituzione di giudici speciali) per realizzare la sempre più indilazionabile riforma della giustizia del lavoro.

La l. 11 ag. 1973, n. 533 ha cercato di rispondere a questa esigenza di riforma disciplinando un processo che possa svolgersi in tempi brevi e consenta pertanto di evadere quella domanda di giustizia del lavoratore dipendente che la lunghezza del previgente processo di fatto vanificava a livello di effettività della tutela.

Le caratteristiche principali del nuovo p. del l. possono così essere riassunte:

Giudice. - Giudice competente di primo grado è sempre il pretore (art. 413), cioè un giudice monocratico; in tal modo da un lato si è posta la premessa basilare per la realizzazione di un processo in cui il giudice che deve risolvere la controversia sia in rapporto immediato con la causa sin dalla sua fase preparatoria (presupposto che, invece, attualmente non sussiste per i processi ordinari di primo grado di competenza del tribunale, stante la contrapposizione fra giudice istruttore e collegio ivi operante), dall'altro lato, eliminandosi la ripartizione di competenza per valore di primo grado tra pretura e tribunale, si sono eliminate anche le molte questioni di competenza che tale ripartizione necessariamente alimentava. La legge di riforma, pur attribuendo la giurisdizione in materia di lavoro al giudice ordinario, ha avuto cura inoltre di assicurare attraverso un complesso di disposizioni (artt. 17-23) l'esigenza che i magistrati chiamati a risolvere controversie di tale natura offrano effettive garanzie di specializzazione.

Procedimento di primo grado. - La struttura del processo è estremamente lineare e dovrebbe essere idonea ad assicurare che il processo possa concludersi in poche e ravvicinate udienze. Sia l'attore che il convenuto debbono a pena di decadenza indicare sin dai loro primi scritti difensivi tutti gli elementi necessari per individuare esattamente i termini effettivi della controversia e i mezzi di prova attraverso cui intendono provare i fatti controversi (artt. 414, 416); la prima udienza di trattazione (art. 420) innanzi al giudice può di conseguenza acquistare importanza fondamentale in quanto il giudice vi arriva dopo essere stato messo in condizione di conoscere i termini effettivi della controversia, e pertanto può iniziare con le parti (la cui comparizione personale è nel nuovo processo obbligatoria) e i loro difensori quell'amichevole colloquio a seguito del quale, individuati i punti effettivamente controversi, tentare con qualche possibilità di successo la conciliazione delle parti, e altrimenti procedere anche immediatamente all'assunzione delle prove necessarie; ove non sia possibile iniziare o esaurire l'istruzione probatoria nella stessa udienza, il processo dovrà continuare nei giorni feriali immediatamente successivi; esaurita l'istruzione, il giudice invita i difensori delle parti alla discussione orale e pronuncia immediatamente sentenza con cui definisce il giudizio, dando lettura del dispositivo nella stessa udienza (artt. 420, 429). Le sentenze che pronunciano condanna a favore del lavoratore (e in genere le sentenze in materie di previdenza e assistenza obbligatoria) sono sempre provvisoriamente esecutive ope legis, e all'esecuzione si può procedere con la copia del solo dispositivo, senza dover attendere il deposito in cancelleria della sentenza completa della motivazione (artt. 431, 447).

Poteri istruttori. - Conformemente a un indirizzo legislativo che risale alla l. 15 giugno 1893, n. 295 sui probiviri industriali, al giudice sono attribuiti ampi poteri istruttori, potendo disporre d'ufficio in qualsiasi momento l'ammissione di ogni mezzo di prova, anche fuori dei limiti stabiliti dal codice civile, a eccezione del solo giuramento decisorio (art. 421). Questa deroga al principio della disponibilità delle prove (art. 115 cod. prov. civ.) trova giustificazione sia nella più intensa esigenza che in materia di lavoro il processo sia diretto tendenzialmente al perseguimento della verità e della giustizia, sia nell'opportunità di supplire attraverso questi più ampi poteri del giudice alle deficienze della difesa tecnica del lavoratore che normalmente è la parte economicamente e socialmente più debole, sia nel diverso ruolo che nelle controversie di lavoro gioca il "fatto" la cui conoscenza è spesso necessaria per consentire al giudice l'individuazione della regola di giudizio.

Partecipazione dei sindacati. - Allo scopo sia di supplire alle deficienze di conoscenze tecniche (relative alla "realtà" del mondo del lavoro) del giudice, sia d'inserire la controversia individuale nella sua normale dimensione collettiva, la legge di riforma prevede che le associazioni sindacali - su istanza di parte o del giudice - possano rendere in giudizio, tramite un loro rappresentante, informazioni e osservazioni orali o scritte (art. 425).

Giudizio di appello. - La reintroduzione di un sistema di decadenze nel corso del giudizio di primo grado, e l'immediata esecutività della relativa sentenza favorevole al lavoratore, hanno indotto il legislatore a ricondurre l'appello - che è sempre di competenza del tribunale - alla funzione di mera revisione del giudizio di primo grado, con conseguente divieto di nuove domande, nuove eccezioni, nonché di nuove prove su istanza di parte. Cardine del giudizio di appello è l'udienza di discussione (art. 437) che si svolge tutta innanzi al collegio nel suo complesso; in essa il giudice incaricato fa la relazione orale della causa, dopodiché il collegio, sentiti i difensori delle parti, normalmente pronuncia immediatamente sentenza dando lettura del dispositivo nella stessa udienza: solo nel caso in cui eccezionalmente il collegio ritenga ammettere nuovi mezzi di prova perché "indispensabili" ai fini della decisione, l'udienza potrà essere rinviata onde consentire nella nuova udienza l'assunzione delle nuove prove e l'immediata decisione.

Assistenza giudiziaria ai non abbienti. - Gli artt. 10 e 16 della l. 11 ag. 1973, n. 533 contengono importanti disposizioni relative alla gratuità del giudizio e soprattutto al patrocinio a spese dello stato a favore di coloro che possono contare su un reddito annuo non superiore a due milioni di lire, al netto di imposte e tasse. Queste disposizioni si segnalano perché costituiscono la prima forma di attuazione di assistenza giudiziaria ai non abbienti a unisono con quanto disposto dal 3° comma dell'art. 24 Cost., in attesa di una riforma generale della materia (art. 15) tuttora disciplinata in modo assolutamente inadeguato dal r.d. 30 dic. 1923, n. 3282 sul gratuito patrocinio.

La riforma del p. del l. introdotta dalla l. 11 ag. 1973, n. 533, costituisce il primo grosso intervento con cui il legislatore ha iniziato il processo riformatore del sistema di tutela giurisdizionale civile in attuazione dei profondi mutamenti operati a livello normativo dalla Costituzione repubblicana del 1948. In particolare con essa il legislatore non ha mirato a disciplinare genericamente un processo rapido (ispirato ai classici principi della concentrazione, immediatezza e oralità), ma ha mirato ad attuare sul piano tecnico processuale quell'aspirazione all'eguaglianza sostanziale affermata dall'art. 3 capoverso della Costituzione e che dev'essere realizzata anche nell'ambito del processo.

Premessa di questo nuovo tipo d'intervento è stata la consapevolezza che il p. del l. è normalmente caratterizzato dalla diseguaglianza economica delle parti, che si riflette sullo svolgimento del processo, nel senso che la parte economicamente più debole (la quale normalmente sarà il lavoratore), in quanto dotata di minori capacità di resistenza e di attesa, subisce dalla lunghezza del processo danni gravissimi, spesso irreparabili (giacché il diritto a un'esistenza libera e dignitosa non è bene riparabile per equivalente), e comunque maggiori della parte economicamente più forte (la quale normalmente sarà il datore di lavoro) che, invece, è di regola avvantaggiata dalla durata del processo. Alla presenza di una situazione di tale genere era dovere di un legislatore sensibile ai profili sostanziali dell'eguaglianza individuare gli strumenti tecnici idonei a rinnovare (anche nell'ambito del processo) gli effetti dannosi che derivano dagli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini. Questi strumenti tecnici, nella legge di riforma del p. del l., sono stati individuati: a) nell'agevolazione del lavoratore nella formazione di un titolo esecutivo di formazione giudiziale ove sussista la non contestazione del debitore: a tale scopo l'art. 423, comma 1° - utilizzando sostanzialmente la stessa tecnica messa a disposizione dei soli prestatori d'opera intellettuale dall'art. 633 nn. 2 e 3 cod. proc. civ. sul procedimento per ingiunzione - consente al giudice di disporre (su istanza di parte in ogni stato del giudizio) con ordinanza immediatamente esecutiva il pagamento delle somme non contestate; b) nella disincentivazione dell'interesse della parte economicamente più forte alla durata del processo: a tale scopo la legge di riforma da un lato ha previsto il già ricordato istituto delle ordinanze di pagamento delle somme non contestate, dall'altro lato ha disposto (art. 429, comma 3°) che il giudice, quando pronuncia sentenza di condanna al pagamento di somme di danaro per crediti di lavoro, deve condannare il datore di lavoro al pagamento non solo degl'interessi legali ma anche del maggior danno (determinato attraverso il riferimento all'indice dei prezzi calcolati dall'ISTAT per la scala mobile per i lavoratori dell'industria) subìto dal lavoratore per la diminuzione di valore del suo credito, con decorso dal giorno della maturazione del diritto: ha disposto, cioè, che i danni derivanti dalla svalutazione monetaria debbano essere sopportati dal datore di lavoro che abbia torto, e non dal lavoratore che abbia ragione, e ha così disincentivato l'interesse della parte economicamente più forte (del datore di lavoro) alla durata del processo; c) nel conferimento ope legis della provvisoria esecuzione alle sentenze di primo grado che pronunciano condanna a favore del lavoratore (art. 431); d) nella predisposizione di forme di assistenza giudiziaria ai non abbienti (vedi sopra).

Considerata in questa prospettiva, la riforma introdotta dalla l. 11 ag. 1973, n. 533 costituisce un grosso salto qualitativo rispetto alla precedente legislazione in materia di controversie di lavoro (r.d. 26 febbr. 1928, n. 471; r.d. 21 maggio 1934, n. 1073; art. 429 segg. del testo originario del codice di procedura civile del 1942). Essa s'inserisce in un processo riformatore della giustizia del lavoro, il cui primo passo è da ravvisare nella previsione del procedimento di repressione della condotta antisindacale disciplinato dall'art. 28 l. 20 maggio 1970, n. 300, e i cui necessari passi successivi dovranno essere la riconduzione del pubblico impiego nell'alveo della giurisdizione ordinaria, e la predisposizione di procedimenti sommari (cautelari o no) tipici a tutela di situazioni di vantaggio del lavoratore (quali il diritto alla conservazione del posto di lavoro contro licenziamenti o trasferimenti illegittimi, il diritto alla salute, in genere tutte le situazioni soggettive a contenuto non patrimoniale, ecc.) che, in quanto necessitano di forme urgenti di tutela che prevengano la violazione (o almeno ne impediscano l'immediata continuazione), non possono essere tutelate adeguatamente attraverso il ricorso al solo procedimento ordinario di cognizione (anche se disciplinato nella forma più snella introdotta dalla l. 11 ag. 1973, n. 533).

Bibl.: Autori vari, Le controversie in materia di lavoro, Bologna-Roma 1974; L. Montesano, F. Mazziotti, Le controversie del lavoro e della sicurezza sociale, Napoli 1974; V. Denti, G. Simoneschi, Il nuovo processo del lavoro, Milano 1974; G. C. Perone, Il nuovo processo del lavoro, Padova 1975; G. Fabbrini, Diritto processuale del lavoro, Milano 1975; Nuovo trattato di diritto del lavoro, diretto da L. Riva Sanseverino e G. Mazzoni, vol. IV, Padova 1976; A. Proto Pisani, Studi di diritto processuale del lavoro, Milano 1976.

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