Legittimità, principio di

Dizionario di Storia (2010)

legittimita, principio di


legittimità, principio di

Principio che accorda validità a un ordinamento politico quando in base ad argomenti giuridici e morali lo si ritiene degno di essere riconosciuto all’interno (dai consociati) e/o all’esterno (da ordinamenti egualmente sovrani). Il tema della l. è diventato rilevante nella teoria politica grazie all’opera di M. Weber. Quando questi afferma che lo Stato ha il monopolio della «forza legittima», intende dire che la sola concentrazione della forza non è sufficiente a garantire la continuità del dominio e che nessun ordinamento diventa legittimo per il solo fatto di essere effettivo, cioè capace di ottenere obbedienza, ma che un ordinamento è effettivo solo se può contare sulla l. del potere che lo ha costituito e continua a sostenerlo. Weber distingue tre forme fondamentali di potere: tradizionale, carismatico, razionale-legale. Ognuna di queste forme decade quando viene meno negli individui la credenza nella l. del potere al quale debbono ubbidire (nel caso del potere tradizionale, quando la tradizione si spegne; nel caso del potere carismatico, quando il carisma si affievolisce; nel caso del potere razionale-legale, quando la legge diventa una forma vuota di contenuto). Questi concetti weberiani sono entrati largamente nel pensiero politologico e nel dibattito politico: un governo è legittimo solo quando trova nei governati (o nella maggioranza di essi) un consenso tale da consentirgli di governare senza il ricorso, se non in casi marginali, alla forza.

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