PREISTORIA

Enciclopedia Italiana - II Appendice (1949)

PREISTORIA (XXVIII, p. 185)

Alberto Carlo BLANC

La documentazione preistorica si è venuta precisando ed arricchendo considerevolmente negli ultimi decennî, in virtù del numero sempre crescente degli studiosi di questa disciplina e dell'affinamento della tecnica di scavo e del metodo ecologico e geocronologico. D'altra parte, la sempre migliore conoscenza delle culture "primitive" viventi, dovuta ai progressi dell'etnologia, è venuta fornendo al metodo comparativo etno-paletnologico elementi probanti per l'interpretazione di numerosi reperti preistorici il cui significato era, in passato, problematico.

Quali sono i limiti superiore ed inferiore della preistoria? Alla difficoltà di ogni netta separazione tra "preistoria" e "storia", cioè di porre una definizione esatta del limite cronologico superiore della preistoria, fa riscontro un'altra difficoltà non meno ardua: quella di definire obiettivamente l'inizio della preistoria umana, ossia la transizione dal mondo subumano a quello umano. Tale difficoltà esiste sia nel campo paleantropologico, cioè nel considerare il divenire della morfologia somatica, sia, ma in forma meno grave e del resto ormai in larga parte già superata, nel campo paletnologico o culturale.

Il problema dei "primi uomini" - Alla domanda: dove, quando, e sotto qual forma è nato l'uomo? può oggi rispondersi, se ci si pone dal punto di vista strettamente somatico-morfologico, esaminando, alla luce delle moderne conquiste della genetica, dove e quando compaiono, nella loro manifestazione più antica, i singoli caratteri umani nei reperti fossili dei primati terziarî e quaternarî. Sappiamo infatti, dai progressi delle ricerche sulla microevoluzione, che ogni modificazione stabile del genotipo (o patrimonio genetico ereditario), riflettentesi in modificazioni stabili del fenotipo (o patrimonio morfologico), si produce mediante variazioni brusche (mutazioni), che costituiscono, per così dire, la materia prima del divenire delle forme viventi. Alcuni caratteri umanoidi ed umani sono insorti per mutazione, sporadicamente, prima negli Antropodi paleoequatoriali dell'Eurasia e dell'Africa nel Terziario medio e superiore (Driopiteci, Australopiteci), poi, più abbondanti, nei Protoantropi del Pleistocene inferiore (Pitecantropo, Sinantropo, Africantropo, Eoantropo). Per le recenti scoperte v. paleoantropologia, in questa App.

In questo lento sviluppo dell'umanità delle origini, dalla prima, sporadica comparsa dei caratteri umanoidi ed umani, attraverso al loro graduale smistamento e alla loro segregazione dai caratteri pitecoidi, fino alla compiuta integrazione dell'uomo nella sua forma attuale, sviluppo compiutosi nel corso di diecine di migliaia di generazioni, su vastissime regioni geografiche, qualsiasi partizione sistematica appare arbitraria, se ci si limita al punto di vista somatico morfologico. Altrettanto ingiustificato sarebbe il negare la persistenza di caratteri pitecoidi nei Protoantropi e fino nell'uomo di Neandertal (a cui la qualifica di uomo è tuttavia indiscutibilmente attribuibile), quanto il negare la comparsa di caratteri umanoidi nei Driopiteci, e di caratteri umani nei Pitecantropi (la cui qualifica di uomini viene ancora da alcuni posta in dubbio). Ciò determina l'impossibilità di introdurre, da questo punto di vista, una partizione sistematica obiettiva per definire l'inizio della "preistoria" umana, difficoltà che può superarsi soltanto ricorrendo al criterio paletnologico o culturale.

Il problema degli "eoliti" e le più antiche industrie paleolitiche. - Se si prescinde dai rari giacimenti del Paleolitico inferiore in cui si trovano associati resti scheletrici di Protoantropi con relitti di focolari, residui di pasti ed industria litica (come, ad es., a Chow-Kow-tien presso Pechino), le più antiche manifestazioni di attività culturale si limitano a pietre scheggiate che più frequentemente si rinvengono sparse sul terreno, o in giacimenti di ghiaie fluviali, od in seno a dune fossili, od in soliflussi; l'esame della loro morfologia è il solo criterio che consenta di definire se esse siano state prodotte dall'opera intenzionale di un essere ragionante, o da cause naturali accidentali.

Ora il modo di scheggiare la pietra era, ai primordî, estremamente semplice e guidato da un ragionamento rudimentale. È sorta perciò la difficoltà nel distinguere le pietre intenzionalmente scheggiate dall'uomo all'inizio della sua attività culturale, da quelle scheggiate da cause naturali. Le cause naturali di carattere termico (azione del gelo, dell'insolazione, del fuoco) determinano anch'esse delle scheggiature,. ma ben riconoscibili e diverse dalle scheggiature meccaniche; più arduo è invece il riconoscere le scheggiature meccaniche dovute a cause naturali (azioni geodinamiche varie, quali l'urto o la pressione subìti in seno ai terreni durante la produzione di movimenti tettonici, o frane, o soliflussi, o dovuti al moto ondoso sulle scogliere, ecc.), da quelle prodotte intenzionalmente dall'uomo. Così fin dal secolo scorso varî ricercatori segnalarono la presenza di pietre scheggiate, di supposta origine umana, in giacimenti terziarî, ad es., quelle scoperte nei livelli miocenici di Thenay (Francia) e le altre rinvenute nei livelli eocenici di Belle-Assise presso Clermont (Francia), di cui H. Breuil ha di poi dimostrato l'origine naturale, dovuta ad azioni geodinamiche svoltesi in seno a quei terreni. In altri casi, come ad es., per le selci scheggiate segnalate da J. R. Moir nei livelli basali del crag rosso terziario di Ipswich e di Foxhall (Inghilterra), un gran numero di eminenti archeologi giudicò trattarsi di un'industria umana, fino a quando A. S. Barnes, mediante l'applicazione di un criterio fisico e statistico strettamente obiettivo, non ebbe dimostrato che si trattava anche in tal caso di pietre scheggiate da cause naturali. Dagli studiosi moderni viene ormai correntemente adoperato il termine classico di "eoliti", per distinguere tali pseudoindustrie litiche.

Le più antiche pietre scheggiate di origine sicuramente intenzionale sono quelle dell'Abbevilliano (= Chelleano) contenute nelle ghiaie superiori della terrazza di 45 m. della valle Somme, ad Abbeville, attribuite dal Breuil al primo periodo interglaciale, Günz-Mindel, cui la curva di Milankovitch attribuisce un'età di circa 550.000 anni, e quelle del Clactoniano, di posizione stratigrafica altrettanto antica. Di tali culture primordiali esistono esempî anche in Italia, nelle alluvioni del Tevere e nelle argille pleistoceniche di Capri (Abbevilliano-Chelleano), ed in quelle intercalate nei tufi vulcanici romani (Clactoniano). Approssimativamente coeve di queste più antiche manifestazioni culturali europee vengono considerate sia l'industria su quarzo e quarzite contenuta nei livelli a Sinantropi del giacimento di Chow-Kow-tien presso Pechino (Cina), sia l'industria clacto-abbevilliana contenuta nei livelli pre-tirreniani di Casablanca (Marocco).

Il metodo naturalistico od ecologico in preistoria. - Per situare nel tempo gli eventi, gli storici si valgono di date e di calendarî, ossia di caposaldi cronologici che conferiscono alla storia la sua reale prospettiva. Fino a pochi anni or sono, la preistoria difettava di mezzi analoghi. I geologi ed i paleontologi avevano bensì osservato che l'ambiente naturale aveva subìto considerevoli trasformazioni nel corso dell'era antropozoica, e numerosi tentativi erano stati compiuti per definire, valendosi della successione delle suddette trasformazioni subìte dall'ambiente naturale, una cronologia relativa, la quale consentisse di situare nel tempo i reperti preistorici. Ne è derivata la necessità di integrare lo studio puramente archeologico dei giacimenti preistorici con ricerche naturalistiche: determinazione di fauna, di flore e di minerali, studio geochimico e morfologico di sedimenti, ecc., con lo scopo di ricostruire l'ambiente naturale dell'epoca in cui il giacimento stesso si era formato, e di situare quel determinato periodo nel quadro più vasto della successione delle trasformazioni subìte dall'ambiente naturale in quella determinata regione. Questa esigenza dell'applicazione di un metodo naturalistico o ecologico alla preistoria, che aveva dato origine all'attività dell'Institut de paléontologie humaine, fondato a Parigi dal principe di Monaco, fu sentita anche in Italia, proprio mentre veniva sviluppandosi attorno a Luigi Pigorini la sua scuola paletnologica di indirizzo più strettamente archeologico. Una relazione presentata da Gian Alberto Blanc al congresso della Società italiana per il progresso delle scienze nel 1911, relazione che non venne pubblicata negli atti di quel congresso per un intervento di chi avversava questo nuovo indirizzo, fu il punto di partenza per la costituzione nel 1912, per iniziativa dello stesso G. A. Blanc e di Aldobrandino Mochi, di un Comitato per le ricerche di paleontologia umana in Italia, la cui opera venne proseguita dall'Istituto italiano di paleontologia umana, fondato a Firenze nel 1927 dal conte Davide Costantini. Questo istituto venne, nel 1936, decentrato in varie sezioni, le quali, mediante un'attiva collaborazione con le soprintendenze alle antichità e con istituti scientifici ed universitarî specializzati, assicura attualmente agli scavi preistorici nazionali l'indispensabile concorso della ricerca naturalistica. Questo indirizzo moderno della preistoria che, per gli ottimi risultati conseguiti, va assumendo ovunque sempre maggiore sviluppo, ha determinato recentemente l'istituzione presso l'Istituto di archeologia dell'università di Londra, di una cattedra di Environmental Archaeology, e l'istituzione in Italia di una cattedra di paleontologia umana nella facoltà di scienze di Pisa.

La cronologia preistorica. - 1) La geocronologia relativa.- L'ordinamento delle scoperte preistoriche in una cronologia relativa è basato su metodi naturalistici: geologici e paleontologici. Le basi di una geocronologia relativa dell'era quaternaria o antropozoica sono state fornite precipuamente dalla paleoglaciologia, e in particolare per l'Europa, dall'opera monumentale di A. Penck ed E. Brückner sul glacialismo quaternario alpino, mediante la quale è stata riconosciuta la successione di quattro grandi periodi glaciali (Günz, Mindel, Riss e Würm, dai nomi di corsi d'acqua delle Alpi Bavaresi ove sono stati distinti i relativi apparati morenici), cui si intercalano tre periodi interglaciali. In seguito, ricerche ancor più minute hanno consentito di distinguere, in ogni periodo glaciale, oscillazioni multiple, e di riconoscere nel Quaternario la successione di undici acmi glaciali intercalate da altrettanti periodi relativamente temperati di varia intensità e durata (W. Soergel).

La paleoglaciologia è direttamente applicabile alla datazione di reperti preistorici quando (e ciò avviene soltanto in regioni circoscritte alla prossimità dei limiti geografici raggiunti dalle varie espansioni glaciali) i giacimenti preistorici possono esser posti in diretta relazione stratigrafica con terreni morenici, fluvio-glaciali o affini. Tale è il caso del giacimento paleolitico di Markkleeberg, presso Lipsia, ove un'industria levalloisiana è contenuta in sabbie e ghiaie fluviali appartenenti al sistema fluvioglaciale del Riss ed è ricoperta dal loess depostosi nell'area periglaciale del Würm e da materiali morenici del Riss, rimaneggiati durante l'ultimo periodo interglaciale. Questa industria si è potuta così attribuire con certezza al penultimo periodo glaciale, il Riss.

Nelle regioni lontane dai limiti raggiunti dalle morene dei ghiacciai quaternarî, ove il metodo paleoglaciologico non è direttamente applicabile, la cronologia preistorica relativa è stata talvolta costruita mediante lo studio delle trasformazioni subìte dalla morfologia e stratigrafia delle valli fluviali durante il Quaternario. Un esempio dell'applicazione di questo metodo è fornito dalla datazione delle culture paleolitiche nella valle della Somme, iniziata da V. Commont e sviluppata magistralmente da H. Breuil, il quale ha distinto una serie eccezionalmente completa di livelli paleolitici distribuiti su quattro terrazze fluviali situate, rispettivamente, all'altezza di 45 m., 30 m., 10 m. e 5 m. sull'attuale pianura di inondazione.

Un valido mezzo per porre in relazione cronologica la successione delle culture paleolitiche e le oscillazioni climatiche quaternarie viene fornito dalla teoria dell'eustatismo glaciale, in virtù della quale si è potuto stabilire un rapporto tra il livello degli oceani e dei mari aperti e le variazioni del volume dei ghiacci esistente sui continenti, variazioni che sono determinate dalle oscillazioni del clima. Di un gran numero di giacimenti preistorici, in Italia, nell'Africa settentrionale (anche Marocco atlantico) e del Sud, ecc., situati in grotte litoranee o comunque in regioni costiere o prossime alle coste, si è potuto in tal modo stabilire l'età relativa. L'applicazione di questo metodo ha consentito, ad es., di attribuire all'ultimo periodo interglaciale il giacimento mousteriano e paleantropico di Saccopastore (Roma) ed all'ultimo periodo glaciale il giacimento, anch'esso mousteriano e paleantropico, della grotta Guattari al Monte Circeo: si è potuta cioè riconoscere per la prima volta in modo certo, non soltanto la lunga durata della cultura mousteriana, ma anche la diversa età relativa di due tipi paleantropici, morfologicamente ben distinti (A. C. Blanc).

2) La geocronologia assoluta. - Le ricerche moderne consentono ormai di valutare in unità di tempo assolute l'età dei caposaldi cronologici, la cui età relativa era stata definita con i suddetti metodi geo-paleontologici, di trasformare cioè la geocronologia relativa in geocronologia assoluta, e perciò di situare con precisione nel tempo i reperti preistorici la cui età relativa sia riconoscibile.

La dendrocronologia, che si basa sul conteggio dei cerchi annuali degli alberi, utilizza la simultaneità nelle variazioni della struttura dei cerchi annuali di tutti gli alberi di una medesima regione, dovute alle fluttuazioni climatiche ed anche a cause astronomiche, ad es., al ciclo undecennale delle macchie solari. Ponendo in relazione i cerchi annuali interni degli alberi più giovani con quelli esterni degli alberi vecchi di una medesima foresta, si sono ricostruite serie cronologiche assolute valide per gli ultimi duemila anni. L'applicazione di questo metodo all'archeologia preistorica si basa sul fatto che essa può consentire anche la datazione del legname utilizzato per la costruzione di abitazioni preistoriche.Un pueblo dell'Arizona è stato in tal modo attribuito al 1075 d. C. (A. E. Douglass).

Il metodo del conteggio delle argille stratificate dei laghi periglaciali (varves, banded clays, Bändertone) si basa sul computo degli strati alternati di sabbia e di argilla che si sono venuti depositando nei laghi periglaciali, in relazione alle alternanze stagionali annuali. Le variazioni di spessore dei singoli strati di sabbia primaverili e di argilla invernali sono determinate dalle condizioni climatiche: si sono potute così porre in relazione serie stratigrafiche di laghi diversi, formatisi presso la fronte del medesimo ghiacciaio o di ghiacciai vicini nel corso del loro arretramento, e ne è risultata la costruzione, nell'Europa Settentrionale, di una serie cronologica assoluta per gli ultimi 18.000 anni (G. de Geer).

Il medesimo metodo, applicato in America ettentrionale (E. Antevs) ha consentito di stabilire una serie cronologica assoluta di 26.000 anni, interrotta però da tre lacune che ancora non si sono potute colmare. L'applicazione di questo metodo all'archeologia preistorica si effettua precipuamente valendosi dei diagrammi pollinici ricavati mediante l'analisi dei pollini fossili contenuti in giacimenti preistorici, diagrammi nei quali si riflettono le oscillazioni climatiche prodottesi durante le recessioni glaciali, che hanno influito sullo spessore delle argille lacustri stratificate.

Il metodo dell'applicazione della curva delle variazioni della radiazione solare, si basa sull'osservazione di W. Köppen che la quantità di radiazione solare ricevuta dalla Terra nell'estate è il fattore precipuo nel determinare le variazioni delle masse dei ghiacci continentali. M. Milankovitch ha dato una descrizione matematica dell'andamento dell'insolazione terrestre risultante dal movimento di rotazione e di rivoluzione della Terra attorno al Sole ed ha rappresentato con una curva tale andamento ed i suoi effetti termici, nel passato, tenendo conto delle variazioni periodiche dell'eccentricità dell'orbita terrestre, dell'obliquità dell'eclittica e della longitudine eliocentrica del perielio. La curva di Milankovitch, che presenta significative corrispondenze con i dati indipendentemente forniti dai geomorfologi sul numero e sull'importanza relativa dei periodi glaciali e interglaciali, fornisce un "calendario astronomico" per gli ultimi 600.000 anni, al quale possono utilmente venire riferiti i caposaldi della geocronologia relativa, e quindi i reperti preistorici datati a loro mezzo. In tal modo, ad es., si è potuta attribuire un'età di almeno 130.000 anni ai Paleantropi di Saccopastore, ed un'età di circa 70.000 anni ai Paleantropi del Circeo: riconoscere cioè che un lasso di tempo altrettanto lungo corre tra quei due diversi tipi paleantropici, quanto quello che separa gli ultimi Paleantropi da noi.

Bibl.: A. C. Blanc, Sviluppo per lisi delle forme distinte, Quaderni di Sintesi, n. 2, Roma 1946; H. Breuil, La préhistoire, leçon d'ouverture de la chaire de prhistoire au Collège de France, in Revue des cours et conférences, 2ª ed., Lagny 1937; A. S. Barnes, Les outils de l'homme tertiaire en Angleterre. Étude critique, in L'Anthropologie, XLVIII, 3-4, Parigi 1938; id., The differences between natural and human flaking on prehistoric flint implements, in American Anthropologist, XLI, 1939; H. Breuil, Le vrai niveau de l'industriea bbévillienne de la orte du Bois (Abbeville), in L'Anthropologie, XLIX, 1939; W. C. Pei, Le rôle des phénomènes naturels dans l'éclatement et le façonnement des roches dures utilisées par l'homme préhistorique, in Revue de Géogr. phys. et Géol. dyn., IX, 6, Parigi 1936; id., Paleolithic industries in China, in Early Man, Filadelfia 1937; A. C. Blanc, Lo studio stratigrafico di pianure costiere, in Boll. Soc. Geol. It., LIV, 1935; id., Variazioni climatiche ed oscillazioni della linea di riva nel Mediterraneo centrale durante l'Era glaciale, in Geologie der Meere u. Binnengewässer, V, 2, Berlino 1942; id., Origine e sviluppo dei popoli cacciatori e raccoglitori, Roma 1945; E. Neuville e A. Rühlmann, La place du Paléolithique ancien dans le Quaternaire marocain, Inst. des Hautes-Études Marocaines, VIII, Casablanca 1941, F. E. Zeuner, The Chronology of Pleistocene Sea Levels, in Ann. and Mag. of Nat. Hist., 2ª s., I, Londra 1938; id., The Pleistocene Period, in Ray Soc., n. 130, Londra 1945; A. C. Blanc, La curva di Milankovitch e la sua applicazione alla datazione assoluta dei Neandertaliani d'Italia, in Atti Soc. Tosc. di Sc. Nat., Mem., XLVIII, Pisa 1939; M. Milankovitch, Astronomische Mittel zur Erforschung der urgeschichtlichen Klimate, in Handb. der Geophysik, IX, Berlino 1938; P. Woldstedt, Das Eiszeitalter, Stoccarda 1929; F. E. Zeuner, Dating the past, Londra 1946 (trad. ital. Introd. alla Geocronologia, Roma 1949).

TAG

Uomo di neandertal

Gian alberto blanc

Paleoantropologia

Collège de france

Periodi glaciali