Potenza

Dizionario di filosofia (2009)

potenza


Nel pensiero greco classico, il concetto filosofico della p. (gr. δύναμις, lat. potentia) si riferisce essenzialmente alla considerazione ontologica delle cose, riguarda cioè il problema dell’oggettivo divenire del mondo. Il divenire infatti non poteva non apparire (e tale apparve all’eleatismo e alle altre scuole eleatizzanti, come la megarica) radicalmente impossibile e inconcepibile se interpretato come assoluto passaggio dal non-essere all’essere o dall’essere al non-essere oppure come passaggio dal ‘possibile’ (tale è un evento prima che accada) al ‘necessario’ (tale è l’evento dopo che è accaduto). A risolvere queste aporie è volta la dottrina aristotelica del divenire, per la quale p. (δύναμις) designa il carattere di ogni realtà in quanto capace di divenire, e cioè di rendere esplicita una forma implicita, raggiungendo con ciò un superiore grado di perfezione. P. è la materia, mentre «atto» (ἐνέργεια) è la forma che da tale p. si sviluppa (per es., il seme è la pianta in p., la pianta è il seme in atto). E poiché l’«essere in p.» resta inferiore all’«essere in atto», la realtà perfetta (Dio) è concepita come affatto scevra di p., «atto puro», cioè mera contemplazione di sé o «pensiero di pensiero». Nell’ambito di questo concetto generale, Aristotele precisa poi più specificamente le varie modalità della p., distinguendo tra p. attiva, che è capacità di determinare un mutamento in altro o in sé stesso, p. passiva, che è correlativamente la capacità di subire questo stesso tipo di mutamento, e aggiungendo poi altre due connotazioni, l’una riguardante la capacità di mutare o subire la mutazione in meglio anziché in peggio, l’altra riguardante la capacità di non subire affatto mutazioni. Le diverse accezioni, fissate da Aristotele, del concetto di p. sono praticamente rimaste invariate nel pensiero filosofico fino al 18° sec. (ne è un esempio il sistema di Wolff), anche se utilizzate in contesti spesso molto diversi da quello in cui erano state formulate. Nell’elaborazione della propria concezione antimeccanicistica della natura, Schelling si servirà invece del concetto di p. per indicare i diversi gradi attraverso i quali di articola il dinamismo della natura, ciascuno dei quali è concepito come ripetizione, a un livello più elevato, del grado inferiore.

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