POSTULATO

Enciclopedia Italiana (1935)

POSTULATO (lat. postulatum; gr. αἴτημα)

Federigo ENRIQUES
Goffredo COPPOLA
Guido CALOGERO

Significa supposizione o domanda che si fa al principio dell'insegnamento della geometria o di altra scienza razionale, per dedurre logicamente le conseguenze che si hanno in vista.

1. Postulati e assiomi. - Aristotele distingueva già i postulati dagli assiomi (v.) secondo i Pitagorici, e la distinzione appare anche negli Elementi d'Euclide, dove gli assiomi sono designati, con termine democriteo, come "nozioni comuni". Gemino (in Proclo) spiega che fra le due specie di assunzioni sussiste la stessa differenza che fra i teoremi e i problemi o fra le identità e le equazioni, in quanto gli assiomi enunciano delle relazioni, per cui certe proprietà appaiono conseguenze di certe altre, mentre i postulati porgono alcune costruzioni elementari onde risulta l'esistenza di figure soddisfacenti a certe condizioni.

Questi sono invero gli uffici che nozioni comuni e postulati hanno rispettivamente nell'organismo di Euclide. Ma si è rilevato anche che le prime (cioè gli assiomi) sono date come proposizioni fondamentali per tutte le scienze in generale, laddove i postulati figurano come premesse di una scienza particolare, che qui è la geometria.

Infine c'è un terzo aspetto della distinzione fra assiomi e postulati, che si riallaccia ad Aristotele, e che ha assunto il maggiore rilievo nella tradizione scolastica: gli assiomi sarebbero verità evidenti di per sé, mentre i postulati dovrebbero essere riconosciuti sulla base d'intuizioni o di esperienze, ovvero ammessi provvisoriamente in vista delle conseguenze che ne dipendono; onde l'ideale (affacciato da Platone a Leibniz) d'una scienza fondata esclusivamente su definizioni e assiomi, ad esclusione d'ogni postulato (e d'ogni accenno a costruzioni pratiche). Ma contro l'idea che si diano assiomi evidenti di per sé, si è appuntata la critica logico-matematica moderna, la quale tende a sopprimere ogni differenza fra le supposizioni fondamentali assunte a costituire le premesse d'una scienza, tutte designandole come postulati.

2. Postulati e definizioni. - D'altronde i postulati assumono un significato nuovo per riguardo a questa logica, in vista della critica delle definizioni. Infatti, essendosi riconosciuto il carattere puramente relativo del "definire", ne viene che il sistema logico della scienza dovrà pur contenere alcuni concetti primitivi, non definiti, per mezzo dei quali si definiscono tutti gli altri. Pertanto l'insieme dei postulati tenendo luogo della definizione dei concetti primitivi, ne costituirà la definizione implicita (E. Laguerre), così come un sistema d'equazioni fra più incognite vale a definire implicitamente l'insieme delle soluzioni, che non siano espresse in modo esplicito.

3. L'arbitrario nella scelta dei postulati. - Ora sorge la domanda: qual è il valore e il fondamento dei postulati? I geometri anteriori alla rivoluzione critica hanno costantemente risposto: i postulati debbono essere giustificati da un'evidenza intuitiva; cioè, si accettano soltanto se conformi alla nostra visione immaginativa. In questo senso, per esempio, si giustifica che per un punto passi una sola retta parallela ad un'altra, ecc. Ma appunto le discussioni sollevate su questo postulato delle parallele (v. geometria, n. 9; parallele) hanno portato ad ammettere un criterio più libero di valutazione; il postulato diventa, a priori, un'ipotesi arbitraria, salvo a saggiarne il valore giudicando del sistema dalle conseguenze che se ne deducono, e dalla conformità di queste a intuizioni o esperienze possibili, ovvero anche semplicemente dall'importanza che esse possono presentare per lo studio di casi matematicamente interessanti. Per es., il postulato che introduce più di tre dimensioni dello spazio, si giustifica, indipendentemente dalla possibilità o meno d'uno spazio fisico pluridimensionale, dall'esistenza di enti matematici (sistemi lineari di curve, superficie, ecc.) che in senso astratto possono ritenersi come spazî a più dimensioni (v. dimensione; iperspazio).

G. Vailati spiegava la differenza fra il vecchio concetto dei postulati e il nuovo, dicendo che, secondo il vecchio, essi erano posti a dominare la teoria scientifica siccome "principî di diritto divino", consacrati da una loro speciale o pretesa semplicità o evidenza, laddove, secondo il nuovo concetto, i postulati non appariscono diversi, per nascita, dalle altre proposizioni della teoria, bensì vengono scelti come "deputati", per presunte attitudini al governo, cioè in vista dell'ordine migliore o più economico della teoria.

Questi criterî manifestano tutto il loro valore nell'esposizione delle teorie fisiche: qui una teoria nasce in generale da una teoria precedente meno perfetta, e assume come postulati le ultime conseguenze più generali di questa, che appariscano convalidate o almeno non discordi dall'esperimento.

4. Sull'indipendenza dei postulati. - I postulati d'una teoria scientificamente ordinata, qualunque sia il loro significato intuitivo e sperimentale, debbono essere compatibili e, possibilmente, indipendenti. La seconda è una condizione d'eleganza logica, che non ha affatto valore imperativo. Si sogliono distinguere una indipendenza ordinata, che è l'impossibilità di dedurre un postulato dai precedenti, presi in un certo ordine, e una indipendenza assoluta, valida per qualsiasi ordine dei postulati.

B. Levi ha rilevato che è sempre possibile passare formalmente da un sistema di postulati ordinatamente indipendenti a un sistema che goda dell'indipendenza assoluta.

Essere i postulati indipendenti non significa però che essi non possano semplificarsi: per esempio, può darsi che un certo postulato C non sia conseguenza di altri due postulati A e B, ma che C si possa decomporre in due ipotesi C′ e C″ una delle quali, per es. C″, sia conseguenza di A e B, ovvero di A, B e C′.

Così, a fondare il sistema della geometria euclidea, basta aggiungere ai primi postulati (concernenti la retta, il piano e la congruenza) l'ipotesi che la somma degli angoli del triangolo valga due retti: questo è un postulato indipendente dagli anzidetti, ma è sovrabbondante, in quanto basta postulare che la proprietà sussista per un triangolo particolare, perché si possa dedurne che essa vale anche per tutti gli altri triangoli.

In ordine all'osservazione che precede si è tratti a chiedere che i postulati da scegliere siano, quanto è possibile, semplici. Ma A. Padoa ha rilevato che non esiste un criterio logico di semplicità assoluta, a meno di assumere proposizioni della forma "l'individuo a è diverso dall'individuo b" con un numero finito delle quali è impossibile praticamente costruire una scienza.

L'indipendenza d'un sistema di postulati A, B, C si prova mostrando che l'ipotesi − C, contraria di C, è compatibile con A e B, in quanto che A, B e − C sono le premesse di un sistema (p. es., d'un sistema geometrico) logicamente possibile. È appunto in questo modo che si stabilisce l'indipendenza del postulato d'Euclide sulle parallele, dai postulati precedenti, mostrando che l'ipotesi non euclidea risponde allo studio di un sistema di enti che appartiene allo stesso spazio euclideo: se la geometria non euclidea racchiudesse una contraddizione, risulterebbe contraddittoria anche la geometria euclidea (v. geometria, n. 9; parallele).

5. Sulla compatibilità dei postulati. - La condizione della compatibilità dei postulati non si è sollevata fin tanto che questi erano scelti fra le più semplici verità intuitive, in ordine alla costruzione dell'ordinaria geometria o dell'ordinaria aritmetica, ecc. Chi oserebbe dubitare che, procedendo nelle deduzioni della geometria euclidea, si possa andare incontro a una contraddizione? Ma una volta affrancato il criterio di scelta dei postulati e dato libero giuoco alla costruzione di sistemi ipotetico-deduttivi arbitrarî, la questione della possibilità logica di tali sistemi, cioè la non contraddittorietà delle ipotesi si affacciava come problema fondamentale, del quale si doveva tosto riconoscere la difficoltà. Le principali vedute che si sono affacciate a tale proposito sono le seguenti:

a) Vi sono sistemi di enti dati al pensiero (per es., lo spazio intuitivo del geometra), che per il fatto stesso di esistere, almeno come realtà intelligibile, non possono possedere proprietà contraddittorie; e così i postulati che definiscono tali sistemi sono, a priori, compatibili. Questo è, per es., il criterio cui fa capo la dimostrazione della possibilità della geometria non euclidea, ricondotta da E. Beltrami alla geometria sopra le ordinarie superficie a curvatura costante.

b) La compatibilità d'un insieme di proprietà o d'ipotesi, definienti un sistema di concetti, appare a qualche critico come possibilità illimitata di spingere avanti il processo logico di associazioni e astrazioni a partire dagli oggetti assunti come dati, e perciò non potrebbe essere garantita secondo criterî logici, bensì soltanto in base a un'esperienza storica, se si suppongano oggetti dati in numero infinito (F. Enriques).

c) D'altra parte, alcuni critici, in ispecie della scuola matematica tedesca, chiedono che la prova della compatibilità logica d'un sistema di concetti venga fornita mediante la costruzione dei concetti stessi a partire dalla semplice possibilità del pensiero, che si metterebbe in giuoco nell'aritmetica. Ma qui interviene la difficoltà di dar valore logico esistenziale alle costruzioni che suppongono un processo infinito, quali si presentano, per es., nella teoria degl'insiemi (v. insieme). E appunto, le antinomie che s'incontrano in questo campo (v. logica matematica) determinano due atteggiamenti opposti. Il primo di questi appartiene ai cosiddetti intuizionisti o neo-nominalisti (come L. E. J. Brouwer e H. Weil), che riescono a limitare rigorosamente al finito ogni costruzione matematica. Per contro, i neo-realisti, come D. Hilbert, vogliono avvalorare il campo più largo delle matematiche, esteso anche a una metamatematica; essi ritengono che a questo campo corrisponda un sistema di enti, la cui esistenza (indipendente da costruzioni mentali) dovrebbe essere dimostrata per via logica, fornendo la prova formale della non contraddizione delle ipotesi.

Ma bisogna dire che i tentativi fatti dallo stesso Hilbert per fornire una dimostrazione logica di questo genere (sebbene ripetuti e proseguiti per oltre trent'anni) non sembrano condurre a un risultato soddisfacente.

Bibl.: G. Vailati, Scritti, Firenze 1911; F. Enriques, Per la storia della logica, Bologna s. a. (1922); id., L'evoluzione delle idee geoemetriche nel pensiero greco: punto, linea, superficie, in Questioni riguardanti le matematiche elementari, I, ivi (1924), pp. 1-40; id., Problemi della scienza, ivi 1905, cap. 3°; D. Hilbert, Grundlagen der Geometrie, 7ª ed., Lipsia 1930.

Filosofia. - In filosofia si parla in generale di postulati come di presupposizioni necessarie per la giustificazione di altre realtà o tesi, che non potrebbero comunque essere negate. Tipici, come esempio, i postulati di cui parla Kant, tanto in sede di gnoseologia quanto in sede di etica. "Postulati del pensiero empirico" sono per lui i tre seguenti: 1. possibile è tutto ciò che si accorda con le condizioni formali dell'esperienza; 2. reale è tutto ciò che è connesso con le condizioni materiali dell'esperienza; 3. necessario è tutto ciò che è connesso con la realtà secondo universali condizioni dell'esperienza. "Postulati della ragion pratica" sono invece per Kant le verità che, in sé indimostrabili, devono pure essere presupposte perché abbia senso l'irriducibile obbligazione morale che la coscienza attesta: e cioè da un lato la libertà del volere, necessaria per la stessa possibilità dell'azione morale, e dall'altro lato l'esistenza di Dio e l'immortalità dell'anima, necessarie per quella suprema conciliazione della moralità con l'eudemonia, che in questo mondo non si realizza.

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