POSOLOGIA

Enciclopedia Italiana (1935)

POSOLOGIA

Alberico Benedicenti

. Con questo nome (dal gr. πόσος "quanto" e λόγος "studio") s'indica quella parte della farmacologia che studia e determina la dose dei medicamenti; dose che, come già la definì Saladino d'Ascoli, medico del sec. XV, è la quantità limitata di un determinato rimedio atto a produrre un'azione medicamentosa sufficiente, non troppo debole, né superflua. Questo vale per quanto riguarda la terapia, perché se la quantità di farmaco o veleno introdotto nell'organismo è troppo piccola, noi parliamo di una dose inattiva, non manifestando essa alcun effetto; mentre, se la dose è attiva, allora possiamo considerare, non solo la sua azione terapeutica, ma anche quella tossica o mortale. Riguardo alla dose terapeutica, possiamo stabilire una dose minima, al disotto della quale l'azione terapeutica non si verifica, e una dose massima che non deve essere dal medico superata per non incorrere nel pericolo di avvelenamento; riguardo alle dosi tossiche e mortali si stabilisce in genere la quantità minima di farmaco o di veleno necessarî a produrre l'intossicazione o la morte. Nella terapia, poi, teniamo conto della quantità di farmaco che si può somministrare all'infermo volta per volta, ossia pro dose, e della quantità totale che si può somministrare nelle 24 ore, ossia pro die.

La condizione principale che contribuisce a far variare la quantità di farmaco necessaria a ottenere un effetto voluto è data dal peso corporeo. Quanto più il peso del corpo è grande, tanto più, a parità di condizioni, dev'essere elevata la dose. In farmacologia si prende come unità di misura del peso del corpo il chilogrammo e si stabilisce la dose pro chilo che si deve usare per produrre, per esempio, la morte in animali di specie diverse. Solo in tal modo sono possibili dei raffronti.

Il medico arabo al-Kindī voleva adattare alla determinazione delle dosi le regole musicali; T. Balthasar (Diatribe de dosibus medicamentorum, Lipsia 1719) le equazioni matematiche, ma già Gentile da Foligno (m. 1348), scriveva che difficile è fissare a priori la dose di un farmaco dovendo di volta in volta il medico prudente saggiare la resistenza del paziente.

La dose di solito è indicata per un individuo adulto, ma nei bambini sia per il loro piccolo peso corporeo, sia per l'età la dose deve essere molto minore. Molti vecchi autori e più recentemente I. W. Troitzki hanno dato tabelle e formule che servono a stabilire la dose in relazione all'età.

I bambini sono molto sensibili agli oppiacei, i vecchi ai purganti drastici e agli emetici. Alla donna si deve somministrare minore quantità di farmaco che all'uomo (4/5 in genere), inoltre la gravidanza, il puerperio la rendono molto sensibile all'azione di taluni farmaci come i catartici, i diuretici, ecc. L'abitudine a certi medicamenti rende meno sensibili all'azione di questi; talune malattie danno una maggiore resistenza per certi farmaci: così è per la digitale e il tartaro emetico nella polmonite. Altri individui, invece, presentano una sensibilità eccessiva o idiosincrasia per taluni farmaci (es. cocaina), che non possono allora esser somministrati se non a piccolissime dosi. La diversa via d'introduzione dei farmaci nell'organismo influenza, per la diversa rapidità di assorbimento, la dose da prescrivere: la dose per bocca è maggiore della dose per via ipodermica, questa, alla sua volta, è maggiore di quella che si somministrerà per via endovenosa. La velocità con la quale un'iniezione vien fatta può pure influire sull'effetto del medicamento. Spesso le dosi corrispondono non a peso, ma a misure di volume abituali. In media 20 gocce di soluzione acquosa equivalgono a 1 grammo; di soluzione alcoolica, invece, occorrono 25 gocce; un bicchiere corrisponde a 200 gr. di acqua; una tazza da caffè a 100, un cucchiaio da tavola a 15 gr. e un cucchiaino da caffè da 3 a 5 gr.

Riportiamo alla pagina seguente le dosi massime prescritte dalla Farmacopea ufficiale italiana (5ª ed. 1929).