PORTOGALLO

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1981)

PORTOGALLO (XXVIII, p. 32; App. I, p. 247; II, 11, p. 597; III, 11, p. 470)

Carmelo Formica
Aldo Albonico
Giuseppe Carlo Rossi
Eugenia Schneider Equini
José Augusto França

Il P., dopo aver perduto nel 1961 il territorio di Goa e dipendenze, annesso all'India, nel corso degli anni 1974-75 ha visto sfaldarsi il suo impero africano, poiché le province d'Oltremare dell'Angola, del Mozambico, della Guinea, di Capo Verde, di São Tomé e Principe e di Cabinda si sono costituite a stati indipendenti. Anche per Macao è prevista l'autodeterminazione, mentre Timor è statata annessa dall'Indonesia nel giugno 1976.

Il P. è uno dei più arretrati paesi europei. Ciò è confermato, tra l'altro, dal suo calo demografico, che tra il 1960 e il 1973 è stato di circa 320.000 abitanti. Rispetto al 1964, anno in cui la popolazione fu valutata pari a 9.260.000 unità, le perdite ammonterebbero addirittura a 700.000 persone, a causa di forti correnti emigratorie, per lo più clandestine. L'emigrazione si genera soprattutto dalle province di Tras-os-Montes e dell'Alentejo e si dirige per la maggior parte in Francia. Notevoli appaiono anche gli spostamenti dall'interno verso la costa: i distretti di Lisbona (dove l'area metropolitana della capitale ha superato il milione di ab.), Porto, Setúbal e Aveiro sono i soli a registrare un certo incremento di popolazione (v. tab.). Il ritorno di molti portoghesi dalle colonie ha fatto registrare negli ultimi tempi un incremento della popolazione che, nel 1975, era stimata in 9.448.800 abitanti.

Economia. - I piani sessennali avviati fin dal 1953 non hanno conseguito i risultati previsti e sono rimasti in buona parte inattuati, perché il P. ha dovuto impegnarsi in notevoli spese per la difesa e il mantenimento dei territori coloniali. Il settore meno curato è stato quello agricolo, che tuttavia mostra un certo processo di ristrutturazione. Infatti dal 1960 al 1973 gli addetti all'agricoltura sono scesi dal 45% al 35% della popolazione attiva, mentre la superficie coltivata è aumentata di circa il 3%.

L'utilizzazione del suolo presenta la seguente situazione: il 40,9% della superficie territoriale è occupato dal seminativo e dalle colture arborescenti, il 6% da prati e pascoli permanenti, il 40,9% da foreste e boschi, il 12,2% è diviso tra incolto e improduttivo.

Rispetto al 1960 le principali variazioni riguardano l'area destinata ai cereali, che - a eccezione del riso in leggero aumento - accusano una contrazione del 30-45%, pur conservando pressoché immutata la produzione: il frumento (567.000 ha e 6.800.000 q nel 1976) continua a tenere il primo posto, seguito dal mais, dalla segala, dall'avena e dall'orzo, che insieme occupano 800.000-900.000 ha all'anno, metà dei quali spettano al solo mais. In netto progresso, al contrario, appaiono le colture ortive (pomodori: 6.300.000 q nel 1976) e quelle fruttifere, che nel 1976 hanno dato una produzione di circa 7 milioni di q (1.580.000 mele, 1.540.000 agrumi). Rispetto al 1960 anche la vite (370.000 ha; 12.500.000 hl di vino prodotto) rivela un certo dinamismo, avendo guadagnato circa 35.000 ha, mentre stazionaria resta la posizione degli ulivi (450.000 q di olio).

Alcuni mutamenti si sono poi avuti a proposito dell'utilizzazione del bosco (134.000 t di sughero, 7.900.000 m3 di legname), all'allevamento del bestiame (1.000.000 di bovini, 1.683.000 suini, 3.800.000 ovini; 650.000 caprini, 16.200.000 volatili) e nella pesca (340.000 t di pesce sbarcato di cui circa un quarto sardine).

Le risorse del sottosuolo, pur presenti in discrete quantità, sono scarsamente sfruttate; anzi la loro estrazione, salvo che per il tungsteno (1774 t nel 1976), accenna a una certa flessione (piriti di ferro-cuprifere 235.900 t, stagno 252 t, manganese 100 t, minerali di ferro 26.000 t di Fe contenuto, diatomite 2090 t, carbon fossile 192.000 t) o comunque si mantiene su livelli molto modesti (amianto 127 t, zolfo 235.000 t, oro 339 kg, piombo 500 t di Pb contenuto, zinco 700 t).

Notevoli progressi, invece, si registrano nel settore energetico: dopo il 1960 sono entrati in funzione alcuni impianti idroelettrici (Miranda, Bemposta, Tavora, Drives, Buga Cheira, Carrapatelo) che hanno consentito di raddoppiare la potenza installata (3.150.000 kW nel 1975) e di triplicare la produzione di elettricità (10.728 milioni di kWh). Ciò ha favorito lo sviluppo industriale.

La siderurgia e la metallurgia, assenti fino al 1957, ora contano alcuni impianti costieri a Leixões, Seixal e Villacova, che nel 1975 hanno fornito 336.000 t di ghisa e ferroleghe, 386.000 t di acciaio, 2700 t di rame, oltre ad alcune centinaia di t di stagno, piombo e alluminio; fortemente potenziata è stata anche la produzione di cemento (3.708.000 t nel 1976). Le attività manifatturiere registrano lo sviluppo maggiore nel campo tessile, che ha guadagnato oltre 12.000 addetti, e alla tradizionale produzione di filati e tessuti di cotone e lana ha aggiunto quella di fibre artificiali (Sobrado, Porto, Portalegre); nuove iniziative, dovute per lo più a capitali stranieri, sono state realizzate anche in altri rami (montaggio di autoveicoli, gomma), talvolta nelle aree interne del paese, cioè al di fuori delle tradizionali localizzazioni costiere.

Nell'economia portoghese, inoltre, va acquistando crescente rilievo il turismo, che fino al 1964 rappresentava una voce trascurabile. Nel 1973 il P. è stato visitato da 4.100.000 turisti, che vi hanno speso oltre 9 miliardi di escudos. Nonostante ciò, però, la bilancia dei pagamenti è in forte passivo: nel periodo 1971-74 il valore delle esportazioni (vino, olio, sughero, tessili, sardine) è equivalso alla metà di quello delle esportazioni. Fornitori e clienti più attivi del P. sono diventati, insieme con il Regno Unito, che da tempo detiene il primato degli scambi, gli Stati Uniti, la Rep. Fed. di Germania e la Francia.

Bibl.: L. Feliziani, Industrializzazione e squilibri regionali in Portogallo, in Not. Geog. Econ., Roma 1973, n. 1-2, pp. 3-20; The statesman's year-book 1973-74, a cura di J. Paxton, Londra 1975.

Storia. - Con il fallimento della cospirazione di Beja del 1° gennaio 1962 e la repressione delle agitazioni studentesche di quella primavera, si chiuse la fase più acuta della crisi che aveva investito il governo portoghese, sia sul piano interno - parziali successi dell'opposizione con le azioni del gen. Delgado, del cap. Galvão e con i ripetuti complotti militari - che su quello estero con la perdita dei possedimenti in India e l'inizio della lotta per l'indipendenza in Angola. Da quell'anno l'opposizione non costituì più una seria minaccia, anche se una parte di essa si radicalizzò, ritirandosi nella clandestinità e ricorrendo ad azioni armate di sabotaggio. La questione coloniale sarebbe divenuta invece sempre più grave con l'estendersi della guerriglia alla Guinea-Bissau nel 1963 e al Mozambico l'anno successivo. Salazar aveva teso fino ad allora a modernizzare il meno possibile le province d'oltremare, allo scopo di sottrarre alla popolazione di colore l'occasione di esigere dei mutamenti; ma una volta iniziatasi la resistenza armata fu modificata tale strategia e fu promossa un'accentuata politica d'investimenti, sia statali che stranieri, in Africa e nella stessa metropoli, creando l'area dell'escudo, stimolando l'emigrazione verso l'oltremare e migliorando in parte le condizioni delle popolazioni indigene.

Tale politica, stimolata dal ministro A. Moreira, ottenne alcuni risultati, riuscendo quasi a triplicare la popolazione bianca dell'Africa portoghese e a porre le basi dell'impetuoso futuro sviluppo dell'Angola. Ma la guerra coloniale finì per assorbire annualmente più del 40% del bilancio del P., costretto a stanziare in Africa un esercito di 180.000 uomini con almeno due anni di ferma oltremare; e finì per determinare una congiuntura inflazionistica, implicando una sempre maggiore dipendenza dai gruppi finanziari internazionali e dalle altre potenze. Condannato dall'ONU, dai paesi non allineati e da quelli socialisti, venuto meno parzialmente il sostegno della Chiesa cattolica, il P. si avvicinò a quelle nazioni occidentali che sollevavano minori obiezioni alla sua politica africana: in cambio di aiuti furono concesse basi militari a SUA, Francia e Rep. Fed. di Germania; nel 1967 fu istituito a Lisbona il Comando NATO IBERLANT; si mantennero stretti legami con Spagna, Brasile, Repubblica Sudafricana e Rhodesia. Alla fine del 1966 il governo perse, a seguito della pressione della Cina popolare, il controllo effettivo del territorio di Macao, mantenendovi soltanto una sovranità nominale. All'interno i fattori di maggior preoccupazione rimanevano l'inflazione e il deficit della bilancia dei pagamenti, mentre la massiccia emigrazione - spesso determinata dalla volontà di sottrarsi alla coscrizione militare - cominciò, alla fine degli anni Sessanta, a influire negativamente sulle possibilità di sviluppo dell'economia nazionale. Il processo di parziale dinamizzazione si rifletteva comunque nella crescente urbanizzazione e nell'aumento percentuale dell'industria; la tradizionale politica di lavori pubblici si estrinsecò in opere spettacolari come il ponte sul Duero a Oporto (1963) e quello sul Tago a Lisbona (1966).

L'attività delle opposizioni proseguì all'estero, specie attraverso i tentativi del gen. Delgado, ma nell'aprile 1965 questi fu trovato assassinato in territorio spagnolo nei pressi della frontiera. La repressione non esitò a ricorrere a misure come il confino, ormai in disuso da decenni, applicandolo nel 1968 sotto forma di domicilio coatto nell'isola di São Tomé al socialista M. Soares. Non volendo incorrere nella ripetizione dell'esperienza del 1959, il governo modificò la legge per l'elezione del presidente della Repubblica, delegandola non più direttamente alla popolazione, bensì a un collegio apposito: nel 1965 fu riconfermato nella carica per altri sette anni l'ammiraglio A. Tomás; alle elezioni politiche di novembre l'opposizione si limitò a invitare all'astensione e a denunciare la guerra in Africa. Il 1° giugno 1967 entrò in vigore un nuovo codice civile, più liberale del precedente; nello stesso anno fu lanciato il terzo piano di sviluppo per gli anni 1968-73. Il 16 settembre 1968 Salazar fu colpito da un'emorragia cerebrale che lo rese inabile alle funzioni di governo; il 27 settembre venne designato il successore nella persona di M. J. das Neves Alves Caetano, antico collaboratore di Salazar ma da anni dimissionario da ogni carica pubblica, che tentò di presentarsi come esponente di un disegno di razionalizzazione e liberalizzazione. Seguirono alcuni mutamenti: la denominazione del partito unico fu cambiata da União Nacional in Acção Nacional Popular, e quella della polizia politica, da PIDE in DGS (Direcção Geral de Segurança); fu ridotto il numero dei ministeri e furono sostituiti vari ministri; furono attenuati la censura e il controllo sulle associazioni sindacali e professionali; fu introdotta una riforma universitaria e concesso il rimpatrio agli esiliati. Ma presto tali misure si rivelarono come azioni di facciata o comunque insoddisfacenti.

Il rinnovamento rimaneva infatti poco credibile a causa della permanente inefficienza burocratica e della scarsa rispondenza degl'imprenditori economici agli appelli di razionalizzazione: i progetti di nazionalizzazione dell'energia elettrica e di riforma sanitaria incontrarono durissime resistenze; la gara d'appalto per la costruzione della rete autostradale sfociò in un grosso scandalo, mentre pochi gruppi semimonopolistici continuavano a dominare il mercato, schierandosi a volte apertamente contro lo stesso Caetano. Alle elezioni del 1969 le opposizioni ebbero maggiori possibilità che negli anni precedenti, ma, non essendo prevista dalla legge la rappresentanza delle minoranze e verificandosi per di più intimidazioni, la lista governativa ottenne come al solito la totalità dei seggi; all'interno del nuovo Parlamento si differenziò tuttavia un'ala "liberale", due esponenti della quale giunsero a dimettersi per protesta all'inizio del 1973. La morte di Salazar, avvenuta il 27 luglio 1970, acutizzò i contrasti in seno al regime, essendo Caetano osteggiato da una fazione ancor più conservatrice. La periodica revisione costituzionale fu nel 1970 più ampia che in passato, concedendo fra l'altro una maggiore autonomia e la denominazione di "stato" a ciascuno dei territori africani; rese possibile l'equiparazione giuridica fra Portoghesi e Brasiliani; autorizzò il governo a prendere misure antisovversive informandone il Parlamento. Nel luglio 1972 fu rieletto presidente per la terza volta A. Tomás; seguirono nuovi rimpasti ministeriali, il lancio del quarto piano di sviluppo e un accordo con la CEE per una reciproca riduzione delle tariffe doganali, in vigore dal 1° genn. 1973.

Le elezioni del 1973 videro un riavvicinamento di socialisti e comunisti; ma poco prima del voto le opposizioni decisero di ritirarsi. Alla fine dell'anno fallì una cospirazione per spostare ulteriormente a destra il governo. Il perpetuarsi della guerra coloniale decise Caetano a operare una ristrutturazione dei vertici delle forze armate - già tentata invano nel 1969-70 - e specialmente a facilitare la promozione degli ufficiali di complemento: tale misura fece precipitare il malessere degli ambienti militari, la cui latente opposizione, già manifestatasi con la creazione del "movimento dei capitani" e con la pubblicazione di un'opera del vice-capo di stato maggiore generale A. de Spínola sul futuro del P., si manifestò con un tentativo di colpo di stato il 16 marzo 1974. Il suo fallimento non fu che la premessa del vittorioso e quasi incruento putsch del 25 aprile, che portò all'esilio di Caetano e di Tomás, all'abolizione del partito unico, della PIDE-DGS e di tutta l'organizzazione del regime. L'insediamento (15 maggio) alla presidenza della Repubblica del gen. Spínola, e di A. da Palma Carlos a capo di un governo di personalità indipendenti e di rappresentanti dei partiti immediatamente ricostituitisi, fu di breve durata: il 15 luglio si formò un nuovo governo presieduto dal colonnello V. Gonçalves; Spínola fu sostituito il 30 settembre dal gen. Costa Gomes e, dopo un ambiguo tentativo di putsch l'11 marzo 1975, costretto all'esilio. I contatti con i movimenti di liberazione africani portarono al riconoscimento dell'indipendenza di quei territori e alla fissazione delle date in cui entro l'anno l'Angola e il Mozambico sarebbero diventati stati indipendenti. Più di centomila tra renitenti alla leva e disertori usufruirono dell'amnistia, mentre le stime fecero ascendere le perdite portoghesi nelle guerre coloniali dell'ultimo quindicennio a 10.000 morti oltre ai feriti e agl'invalidi permanenti. La radicalizzazione a sinistra di parte del paese e dei quadri delle forze armate - probabilmente influenzati dal contatto con la guerra rivoluzionaria - fece intensificare il processo di nazionalizzazione dell'economia, interessando banche, assicurazioni, industria pesante, ecc. Il 25 aprile 1975 le elezioni per l'Assemblea costituente diedero al Partito socialista (PSP) di M. Soares il 37,8% dei voti; ai socialdemocratici (PPD) di Sá-Carneiro il 26,3%; ai comunisti di A. Cunhal il 12,5% (la democrazia cristiana era stata esclusa dalla competizione insieme con alcuni raggruppamenti di estrema sinistra). Si vide subito che il potere della Costituente sarebbe stato molto limitato dalla volontà delle forze armate, ormai istituzionalizzatesi in un Movimento (MFA), di mantenere sotto tutela la nuova democrazia. Le spinte rivoluzionarie si accentuarono ad opera del Partito comunista, delle formazioni alla sua sinistra e dei militari più radicali. Venne promossa una campagna populista tesa a rivendicare il legame esistente tra il popolo e le forze armate; fu decretata l'unicità sindacale e accentuato il controllo sui mezzi d'informazione, mentre si succedevano occupazioni di fabbriche e collettivizzazioni nelle campagne. Le restrizioni poste all'attività degli altri partiti e in parte della Chiesa crearono nel Nord del paese un clima da guerra civile; in molti ambienti occidentali nacque il timore che il P. avrebbe finito per separarsi dalla NATO; si accentuò il boicottaggio dei gruppi economici portoghesi ed esteri verso il nuovo corso; diminuirono le tradizionali rimesse degli emigrati e iniziò il massiccio ritorno dei coloni dall'Africa. Nel luglio 1975 i socialisti e i socialdemocratici si ritirarono dal governo di V. Gonçalves. A seguito di gravi contrasti nel MFA, il 29 agosto divenne primo ministro il più moderato viceammiraglio P. de Azevedo. Sconfitta a livello dei vertici, la tendenza rivoluzionaria si espresse in ammutinamenti militari e in agitazioni di piazza. Il governo, dopo essere stato sequestrato per 36 ore dagli scioperanti, in novembre sospese la propria attività e si appellò al Consiglio della rivoluzione affinché venissero ristabiliti l'ordine e la legalità. Dopo un putsch ad opera di unità di estrema sinistra (25 novembre 1975), seguì un'epurazione nelle forze armate e una relativa stabilizzazione.

La nuova Costituzione, in vigore dal 25 aprile 1976, si caratterizza per una serie di enunciazioni progressiste (pluralismo democratico decentralizzato; graduale socializzazione dei mezzi di produzione in vista di una società senza classi; politica estera solidale con la lotta antimperialista e anticolonialista), oltre che per la presenza del Consiglio della rivoluzione militare come organo dello stato dotato di facoltà di veto e in possesso di poteri legislativi; il Parlamento unicamerale viene eletto ogni quattro anni, con sistema proporzionale, e il presidente della Repubblica ogni cinque anni, a suffragio universale. Le elezioni per il primo Parlamento, tenutesi il 25 aprile, hanno confermato la maggioranza relativa dei socialisti; al terzo posto, dopo socialisti e socialdemocratici e prima dei comunisti, è passato il Centro Democrático Social, partito di centrodestra. Alle elezioni presidenziali del giugno si è affermato il generale A. Santos Ramalho Eanes, che ha incaricato del governo il capo del partito di maggioranza relativa, il socialista M. Soares. Le elezioni amministrative del dicembre 1976 confermavano il quadro politico esistente, e incoraggiavano il tentativo delle forze della sinistra moderata di normalizzare il paese dopo la confusa radicalizzazione del 1975. La ripresa della produzione, il riassetto delle campagne e l'inserimento degli emigrati tornati dall'Africa e dall'Europa erano problemi più urgenti, mentre il deficit delle finanze veniva integrato da prestiti SUA, CEE e di vari organismi internazionali. Il ministero monocolore socialista minoritario, reggentesi sull'astensione degli altri partiti, è stato in carica fino al dicembre 1977, quando si è aperta una crisi provocata dal PPD; il successivo bicolore (socialisti e cattolici), guidato dallo stesso Soares, ha ceduto nel luglio 1978 di fronte a un rinnovato attacco da destra. Il presidente Eanes si è fatto promotore di soluzioni apartitiche, affidando il governo prima all'ingegnere A. Nobre da Costa, rovesciato dal voto di sfiducia dell'Assemblea, e poi a C. A. Mota Pinto, un ex socialdemocratico che è stato invece accettato dal Parlamento (25 ottobre 1978), sino alla crisi della primavera 1979 che ha costretto Mota Pinto alle dimissioni (7 giugno). Dopo un breve governo di M. de Lourdes Pintassilgo, nell'autunno Eanes ha sciolto il Parlamento e indetto nuove elezioni, che sono state vinte dall'Alleanza democratica di centro-destra, capeggiata da F. Sá-Carneiro, il quale ha formato (3 genn. 1980) un nuovo governo.

Bibl.: M. Soares, Le Portugal baillonné, Parigi 1972 (trad. it., Milano 1974); A. H. de Oliveira Marques, História de Portugal, voll. II, Lisbona 1973; M. Caetano, Depoimento, Rio de Janeiro 1974; A. Albonico, Breve storia del Portogallo contemporaneo (1890-1976), Napoli 1977.

Letteratura. - La letteratura portoghese del Novecento è andata evolvendosi all'insegna della convivenza di due elementi contrastanti e allo stesso tempo complementari: la spinta ad allargare gli orizzonti al di là delle frontiere nazionali e l'attaccamento alle caratteristiche sentite come peculiari alla tradizione locale. In questa sorta di "oscillazione a pendolo" è prevalso ora l'uno ora l'altro dei due fattori indicati: al tentativo di "universalizzarsi" con l'esperienza simbolista di E. de Castro (1869-1944) - che a tale esperienza poetica dà il nome di "nefelibatismo" -, di A. Nobre (1866-1900) e di C. Pessanha (1867-1926), fa seguito il richiamo ai valori indicati come tradizionali con l'esperienza letteraria del "saudosismo" di cui è fondatore e maggiore interprete Teixeira de Pascoaes; al "saudosismo" fa poi seguito il modernismo.

Pur nel sostanziale parallelismo con l'analogo movimento negli altri paesi il modernismo si caratterizza in P. (dove formalmente ne sono limiti cronologici il 1915 e il 1940) per una netta differenziazione fra due momenti: il primo, nello spirito della rivista luso-brasiliana Orpheu (che si autodefinisce "somma e sintesi di tutti i movimenti letterari moderni", e della quale escono solo due numeri, appunto nel 1915); il secondo, in quello della rivista Presença (che si pubblica con interruzioni dal 1927 al 1940 e che si definisce "foglio d'arte e di critica" nella difesa della libertà dell'arte da condizionamenti extra-artistici). La prima fase, che si propone di dare "scandalo letterario" con prese di posizione polemiche e provocatorie, assume presto l'aspetto di prevalenza della creazione poetica sull'attività critica: al suo maggior rappresentante, F. Pessoa, spetta il diritto di essere annoverato fra i grandi poeti mondiali del secolo. Accanto a Pessoa, in questa prima fase della quale la punta di avanguardia effimera ma clamorosa è l'esperienza futurista (ne è banditore il poeta-pittore-prosatore J. Almada Negreiros, 1893-1970), è M. de Sá-Carneiro (1890-1916, suicida a Parigi), interprete geniale, in poesia, di un mondo angoscioso. Nella seconda fase, che si sviluppa all'insegna di Presença, prevale invece l'attività critica su quella creativa, pur essendovi fra gl'iniziatori della rivista una personalità validissima anche dal punto di vista poetico, J. Régio: accanto a lui, oltre a B. da Fonseca (1905-74) che si acquista un posto eminente nella novellistica, sono scrittori che si affermano appunto più nella critica che nella produzione letteraria propriamente detta, pure spesso notevole, tanto di poesia (A. Casais Monteiro, 1908-72) quanto di prosa (J. G. Simões, nato nel 1903). Per altri l'etichetta di Presença vale di fatto più per la coincidenza cronologica che per l'effettiva compartecipazione alla rivista, com'è il caso per esempio del poeta, narratore e critico v. Nemésio (1901-1978): per altri ancora Presença ha servito da avvio, come per M. Torga (pseud. di A. Correia da Rocha, nato nel 1907), nella cui narrativa si realizza una felice convivenza di realismo e di simbolismo.

Col concludersi formalmente del modernismo ci si avvia a un prevalere, nell'attività di creazione letteraria, della prosa narrativa sulla poesia lirica: l'anno della fine di Presença è quello della nascita ufficiale del neorealismo col primo romanzo di A. Redol; nella produzione di questo neorealismo, peraltro in un palese superamento dei presupposti programmatici di esso, s'impone F. Namora (nato nel 1919), l'approfondimento psicologico dei cui personaggi è facilitato all'autore dalla professione di medico. Ci si muove intanto con ritmo sempre più rapido sulle orme delle esperienze e degli -ismi di oltre frontiera, fra l'altro con la distaccata disamina psicologica dei racconti di J. Rodrigues Migueis (nato nel 1901), con la raffinata disinvoltura delle più modeme originalità espressive dei romanzi di D. Monteiro (nato nel 1903), con l'inserimento nella letteratura della "angoscia esistenziale" di V. Ferreira (nato nel 1916). Sono scomparsi nel frattempo i due romanzieri affermatisi anche su un piano ultranazionale già nei primi decenni del secolo; nel 1963 A. Ribeiro (App. II, 11, p. 705) e nel 1974 J. M. Ferreira de Castro (App. II, 1, p. 533); il primo aveva proseguito in una feconda narrativa dal lessico e dallo stile inconfondibili, grazie al trasferimento alla lingua scritta delle parlate di gente dell'interno montagnoso del paese e alla presentazione verista delle cose e delle persone che avrebbe influito, non meno che l'attenzione data al mondo regionalista, sulle scelte dei narratori neorealisti; il secondo era tornato al Brasile dei suoi primi grandi romanzi con l'ultimo, O instinto supremo (1968), ispirato al problema degl'indigeni del Brasile centrale.

Notevole è il contributo di scrittrici. La donna, tornata al centro della narrativa col più grande romanziere della letteratura portoghese, Eça de Queiroz, ha cessato di essere mero oggetto: i suoi problemi, ampliati e approfonditi, appaiono trattati in opere di crescente interesse. E mentre si caratterizzano per l'equilibrio fra l'analisi coraggiosa dell'animo femminile e la preservazione di un pudore di fondo J. Navarro (nata nel 1910), N. Freire (1920), N. Nunes (1921), M. J. de Carvalho (1921), ha fatto compiere un salto di qualità alla prosa narrativa A. Bessa Luís (1922), la cui opera procede in un progressivo arricchimento di temi e in una continua innovazione di struttura espositiva. Degne di menzione sono ancora F. Botelho (1926) e S. de Mello Breyner Andresen (1919) - entrambe notevoli anche nella poesia -, così come fra le autrici di racconti infantili si distingue M. R. Araújo (1921).

La lirica che si suol definire per semplificazione post-modernista, tendente anche a finalità esplicitamente extra-artistiche (in primo luogo in chiave di rivendicazioni sociali) senza peraltro venir meno alle forme espressive controllate e raffinate acquisite dalle precedenti esperienze poetiche, si attua spesso all'insegna di cenacoli e di riviste. Sono i poeti del "Novo Cancioneiro" (1941-44: fra gli altri C. de Oliveira, nato nel 1921), delle tre serie dei "Cadernos de Poesia" (1940-53: fra gli altri T. Kim, 1915-67; J. de Sena, 1919-78); E. de Andrade (1923), del "Grupo Surrealista de Lisboa" (1947: fra gli altri A. Pedro, 1909-67), della "Távola Redonda" (1949: fra gli altri D. Mourão-Ferreira, 1927), di "Poesia 61" (1961: fra gli altri G. Cruz, 1941), via via fino a quelli della "poesia sperimentale" e del "concretismo". Fra i poeti che hanno fatto parte per sé stessi è S. da Gama (1924-52), che ha lasciato una lirica - dai metri tradizionali - suggestiva per un misticismo naturalistico pieno di accorati presentimenti della fine prematura.

Nello scontro fra tradizione e innovazione si è andato smaliziando tecnicamente il teatro, spesso grazie all'iniziativa di gruppi sperimentali (dal "Teatro Estudo Rua do Salitre" realizzato in Lisbona dal letterato italiano G. Saviotti - del 1891 - al "Teatro Experimental do Porto"), da una parte con aperture verso innovazioni incoraggiate da oltre frontiera, fino al teatro del surrealismo e dell'assurdo, per es. con la scanzonata presentazione delle angosce della vita di oggi nell'opera di A. Abelaira (1926), dall'altra con un ritorno a motivi locali, per es. con l'insistere sull'esistenza elementare e passionale della gente di mare nell'opera di B. Santareno (1924).

Il Novecento ha smentito la tradizionale accusa di scarsa attitudine alla critica, del modo portoghese (e spagnolo) di essere e di pensare. Lo si verifica già nei primi decenni del secolo con riviste importanti, da Nação Portuguesa, organo del movimento anche politico "Integralismo Lusitano" (ne fu principale animatore A. Sardinha, 1888-1925) a Seara Nova che si pubblica dal 1921, portata ad alto prestigio da una delle più forti personalità del pensiero portoghese, A. Sérgio (1883-1969), i cui molti Ensaios, affrontando la più svariata problematica storico-letterario-sociale, offrono per la prima volta al P. una sorta di "saggio" che non sfigura al confronto con quello dei grandi spagnoli della "generazione del '98". E ha proseguito l'attività di critico di storia e di letteratura un altro dei grandi studiosi del secolo, F. de Figueiredo (App. II, 1, p. 939; morto nel 1967), la cui personalità di scrittore si è da ultimo completata con pagine di coraggiosa indagine interiore (realizzate in condizioni drammatiche di salute analoghe a quelle di un Papini), nel ripiegamento dell'uomo su sé stesso in una patetica esigenza d'identificazione fra cultura e vita dello spirito.

Contemporaneamente si è andata ampliando, e approfondendo nel metodo, la critica più strettamente accademica, da quella in sede filosofica di L. Coimbra (1883-1936), J. de Carvalho (1892-1958), F. Vieira de Almeida (1888-1962), D. Santos (1907-1966), a quella in sede letteraria di H. Cidade (1887-1975), A. J. da Costa Pimpão (1902), J. do Prado Coelho (1920), via via fino all'alto livello di rigore filologico e linguistico di M. Rodrigues Lapa (1897), M. de Paiva Boléo (1904), L. F. Lindley Cintra (1923).

Bibl.: Collezioni di testi letterari: Colecção de Clássicos Sá da Costa, Lisbona, in corso di pubblicazione dal 1937.

Opere di sintesi: Dicionário das literaturas portuguesa, galega e brasileira, diretto da J. do Prado Coelho, Lisbona, ristampa della 2ª ed., 1973; gli ultimi capitoli di: F. de Figueiredo, História literária de Portugal (sécs. XII-XX), Coimbra 1944; G. C. Rossi, Storia della letteratura portoghese, Firenze 1953 (e l'edizione tedesca aggiornata, Geschichte der portugiesischen Literatur, Tubinga 1964); A. J. Saraiva, O. Lopes, História da literatura portuguesa, Porto s.a. [ma 1954], con ripetute riedizioni; F. Piccolo, Storia della letteratura portoghese, Milano 1961; G. C. Rossi, La letteratura italiana e le letterature di lingua portoghese, Torino 1967 (e l'edizione portoghese aggiornata, A literatura italiana e as literaturas de lingua portuguesa, Porto 1973); id., La civiltà portoghese. Profilo storico e storico-letterario, Milano 1975.

Archeologia. - Il P. non coincide perfettamente con nessuna delle province romane spagnole. Si suppone che qualche territorio del Sud-Est, sulla riva destra del fiume Guadiana (antico Anas), appartenesse alla Betica. A N di Douro si situava nel 4° secolo l'antica provincia Callaecia con capitale a Bracara Augusta, oggi in territorio portoghese. La maggior parte del paese faceva parte della Lusitania di cui la capitale Emerita Augusta (Mérida) si trova oggi in Spagna. Ben poco resta attualmente dei monumenti di età romana di Olisipo (Lisbona) e di Bracara; nel primo caso un teatro ridotto alle fondazioni e l'infrastruttura di un impianto termale. A Bracara un bacino rivestito di mosaici, appartenente forse alle terme o al peristilio di una domus signorile. Più importanti, anche alla luce dei recenti rinvenimenti, sono i resti archeologici di Conimbriga e di Aeminium.

I recenti scavi di Conimbriga (1964-71) hanno finalmente messo in luce il centro monumentale della città, precisandone gli orizzonti storici e stabilendo le origini augustee dell'oppidum e la ricostruzione flavia della città in occasione della sua promozione a rango di municipio. Il primo impianto urbano si articola intorno a due strade; all'età augustea appartengono il foro, posto su una collinetta di tufo, con il tempio, la basilica, il criptoportico, la curia, ecc., e un impianto termale a Sud. In età flavia le costruzioni augustee vennero abbattute; si eleva il nuovo foro inquadrato da un portico, col tempio al centro della spianata su alto podio e criptoportico. Eccezionale sviluppo ha l'impianto termale di età flavia, sempre sul decumanus maximus, al di là di un quartiere di case d'uso industriale. Di Aeminium resta parte del complesso del foro, col criptoportico a due piani.

Rovine di ricche ville sono frequenti in P., in particolare nelle pianure dell'Alentejo, divise in grossi latifondi famosi, in età romana, per l'allevamento del bestiame e la cultura dei cereali, con un momento di massima espansione nel 4° secolo (Ville di Torre de Palma, Pisoes, e Santa Vitoria do Ameixial, i cui splendidi mosaici si trovano oggi al Museo archeologico di Lisbona). La villa di Estoi, a 9 km da Faro, possiede un tempio grandioso consacrato alle divinità acquatiche nel 4° secolo e trasformato successivamente in tempio cristiano. Per quanto concerne la fine dell'occupazione romana in P., rinvenimenti di monete provano che le ville continuarono a essere occupate dai loro proprietari ancora all'inizio del 5° secolo. Vedi tav. f. t.

Bibl.: J. de Alarcao, Portugal romano, Lisbona-Cacém 1973; Autori vari, Merveilleux trésors archéologiques du Portugal, in Archeologia (Paris), Dossiers IV (1974), pp. 10 segg. (ivi bibl. precedente).

Arti figurative e Architettura. - Procederemo a un'integrazione di quanto già esposto (XXVIII, p. 57), soprattutto per la pittura, a partire dal Medioevo, e per l'architettura a partire dalla ricostruzione di Lisbona dopo il terremoto del 1755.

Pittura. - Sviluppatasi nelle chiese romaniche e gotiche, la pittura medievale portoghese, a quanto è dato vedere dalle poche vestigia giunte fino a noi, si rifaceva ai modelli toscani o a quelli della Spagna meridionale, interpretandoli con ingenua rozzezza. Alcuni affreschi superstiti (S. Francesco a Porto, Tribunale di Monsaraz) rivelano una presenza di artisti italiani che testimonia, nella fase del gotico internazionale, di scambi culturali tra P. e Italia. L'attività di Antonio Fiorentino in P. e di A. Pires d'Evora in Toscana offre l'esempio di circolazione artistica che, nel corso del 15° secolo, si polarizzerà verso altri centri d'arte conformemente alle nuove relazioni economiche e politiche che allora si venivano stabilendo. La venuta in P., nel 1428, di J. Van Eyck, incaricato di dipingere il ritratto della fidanzata del duca Filippo di Borgogna, inaugura una nuova fase culturale. A partire da questo matrimonio, infatti, con lo sviluppo dei rapporti commerciali con le Fiandre, si ebbero considerevoli importazioni di pitture fiamminghe, e mentre pittori fiamminghi venivano a operare in P., pittori portoghesi si recavano a studiare nelle botteghe dei maestri di Bruges.

Allo stesso modo, nel campo della miniatura, dopo le opere romaniche del 12° secolo (Commentario dell'Apocalisse e Libro degli Uccelli dell'abbazia benedettina di Lorvão), il gusto italianizzante, che aveva improntato di sé alcune opere (Bibbia dei Geronimiti, commissionata alla bottega degli Attavanti), entrò in concorrenza, nel corso di un 16° secolo arcaicizzante, con l'influsso fiammingo. Questo è riscontrabile nel celebre polittico detto "di S. Vincenzo fuori le mura), attribuito a N. Gonçalves, pittore di corte di Alfonso V. Si tratta di un insieme di sei tavole, quante ne sono giunte fino a noi, realizzato nel terzo quarto del 15° secolo, nel quale gl'influssi fiamminghi sono integrati in un contesto culturale personalizzato che ammette anche una certa formazione ispanica e che, in un momento di definizione moderna, per quanto empirica, della nazionalità, prende coscienza della visione umanistica del Rinascimento. Si discute ancora sul significato e sul ruolo sociale che quest'opera ha svolto, o avrebbe dovuto svolgere, nella sua epoca: documento unico, sia sul piano iconografico che su quello artistico, il polittico, di cui peraltro s'ignora la composizione originale, coglie l'essenza stessa della società in cui fu prodotto, in una vasta visione panoramica, insieme realistica e simbolica. Con questi pannelli, in cui certi aspetti arcaicizzanti della composizione sono compensati da una vigorosa originalità, l'arte portoghese ha prodotto una delle grandi opere della pittura occidentale di quel tempo. Se nella precedente tradizione pittorica - almeno in quella a noi nota - nulla lasciava prevedere una simile creazione, nemmeno essa produsse, dopo di sé, conseguenza alcuna. Opera isolata, di cui si era persa memoria e che fu riscoperta per caso solo alla fine del 19° secolo, essa non poté diventare un punto di riferimento per la posteriore pittura portoghese, dominata com'era dall'influenza fiamminga più rigida e che solo lentamente veniva assimilando le nuove tendenze provenienti da Anversa, a causa dei gusti arcaicizzanti dei committenti, i quali erano quasi esclusivamente dei conventi.

Si ritiene che F. Henriques e Fra Carlos siano due pittori fiamminghi installatisi in P. nel 15° secolo: essi sarebbero stati il tramite principale dell'influenza delle scuole nordiche. Accanto alla corrente che da essi derivò, se ne individua un'altra, facente capo alla bottega lisbonese di J. Afonso, del quale non si è ancora giunti a delimitare il catalogo. Vanno anche considerate alcune correnti di carattere provinciale, tra cui quella che si fondò intorno a V. Fernandes, detto "Grão Vasco", attivo a Viseu, che veniva considerato un tempo come il "padre della pittura primitiva portoghese". Il Maestro di Sardoal, borgo al centro del paese, rappresenta una scuola i cui lavori mostrano anch'essi certe qualità di vigore plastico, secondo un gusto alquanto nazionale. F. Henriques era cognato di J. Afonso: la struttura familiare della bottega di quest'ultimo ci può illuminare sui rapporti tra i principali artisti della generazione successiva. G. Lopes, G. Fernandes e C. de Figueiredo erano generi o nipoti acquisiti del caposcuola: è attraverso le loro opere che si sviluppa una linea "luso-fiamminga" dagli accenti diversi e con vari gradi di originalità nazionale, all'interno di codici iconografici definiti dalle corporazioni. Con C. Lopes, figlio di G. e nipote di V. Afonso, il secolo 16° giungerà a liberarsi da ogni arcaismo.

Il manierismo che in seguito s'impose nella pittura portoghese (D. Teixeira, S. Rodrigues) non va al di là del piano morfologico e, ancora una volta, è tributario della pittura fiamminga, malgrado le teorie italianizzanti di F. de Holanda, che aveva frequentato l'entourage di Michelangelo. Va tuttavia sottolineato il valore dei ritratti del re Sebastiano, sovrano manierista per eccellenza, dipinti da C. de Morais. Sarà appunto il ritratto che manterrà a livelli dignitosi la pittura portoghese del 17° secolo, particolarmente con l'opera di D. Vieira, caratterizzata da influssi spagnoli. Per il resto, questo secolo ha prodotto, oltre alle nature morte dalla grazia ingenua di J. D'Obidos, una pittura religiosa mediocre il cui discorso ideologico non fu turbato dalla Controriforma, poiché già si accordava per tradizione a una società ortodossa.

Nella fastosa corte di Giovanni V la pittura non ebbe mai un ruolo importante, messa in secondo piano com'era dalla decorazione barocca con pannelli di azulejos e dalla talha (scultura in legno) dorata degli altari. Vieira Lusitano, formatosi a Roma, "academicus romanus", fu il solo artista di valore con A. Goncalves e P. Alexandrino, mentre P. A. Quillard, formatosi nella cerchia di Watteau, non poté mettere in luce le sue brillanti doti che per un breve momento, destinato, com'era, a morire assai giovane a Lisbona. Giovanni V preferì perciò far venire presso la sua corte incisori francesi e fiamminghi, importare da Roma i quadri per il suo palazzo-convento di Mafra, o acquistare a Parigi, tramite i Mariette, quelli per le sue collezioni, che il terremoto del 1755 avrebbe in seguito distrutto, come distrusse i soffitti dipinti con la tecnica del trompe-l'oeil dal toscano V. Baccarelli (che introdusse il genere in P. all'inizio del 18° secolo) e così pure il Teatro dell'Opera e i dipinti, che ne costituivano la decorazione, di G. C. Bibiena.

Tra la fine del Settecento e i primi anni dell'Ottocento, in P. vennero a lavorare D. Pellegrini, G. Troni, l'incisore F. Bartolozzi e il famoso J. Pillement, mentre P. Batoni vi inviò una serie di quadri per gli altari della basilica di Estrela. Fu solo allora che due notevoli artisti, tra altri di minor valore (J. C. Taborda, C. Machado), misero a frutto le esperienze romane con riferimento a Vieira Portuense e D. A. Sequeira. Essi si avvicinano molto al nascente romanticismo, Vieira assai presto, sotto l'influenza di A. Kaufmann, Sequeira più tardi, quando espose al celebre Saloon parigino del 1824 una composizione piena della sua amarezza di esule liberale, La morte di Camoës, scena di concezione prettamente romantica. Ciò non gl'impedì di tornare ai canoni accademici del Settecento italiano nella fase finale della sua vita (1825-36) trascorsa a Roma, anche se - va detto - i quadri biblici da lui realizzati in questo periodo risentono, e in maniera assai felice, d'interessanti suggestioni da Rembrandt e da Turner.

Il Romanticismo fece la sua comparsa in P. molto tardi, intorno agli anni Quaranta, nel quadro di un regime liberale che in esso s'identificava e che aveva finalmente creato nel paese un insegnamento artistico regolare. Fu allora che T. Anunciação, Cristino e L. Marques-Pereira espressero una posizione ideologica inedita con il loro interesse per la terra, la natura e i costumi portoghesi, mentre F. Metrass, giovane e infelice pittore di soggetti storici, v'introdusse un contenuto drammatico già tardo-romantico. Se il populismo di J. Rodrigues è ancora sentimentale, lo sviluppo della società liberale e il formarsi di una ricca borghesia offrono al visconte di Meneses l'ambiente adatto per i suoi ritratti dal tono mondano. La formula del ritratto accademico troverà in seguito la sua definizione nell'opera di M. A. Lupi, non priva di accenti realistici.

Una nuova generazione di pittori naturalisti si formò intorno al 1880 quando Silva-Porto e Marques d'Oliveira rientrarono da Parigi dove, ignorando gl'impressionisti, avevano subìto l'influenza della scuola di Barbizon. Il loro sistema pittorico, alquanto rigido, si anima nell'opera del giovane H. Pousão, ad essi contemporaneo, cui la morte prematura impedì di sviluppare il proprio talento. In C. Reis e V. Salgado sono individuabili certi valori accademici, espressi dai paesaggi popolari del primo e dalle composizioni di carattere storico o mondano del secondo, ma è soprattutto nella personalità di quattro artisti degli anni tra Ottocento e Novecento che va soffermata l'attenzione: Columbano Bordalo-Pinheiro, il fratello di questo R. Bordalo-Pinheiro, J. Malhoa e A. Carneiro. La loro visione della società portoghese è diversa e complementare: alle immagini di una vita rurale felice, fatta di sentimentalismo cattolico e di sensualità pagana, offerteci da Malhoa, i quadri di Columbano contrappongono l'iconografia spettrale di un'élite d'intellettuali dominata da una visione profondamente pessimistica della vita nazionale, visione che A. Carneiro cercherà di sublimare attraverso il simbolismo. R. Bordalo, infaticabile disegnatore umoristico, copre di ridicolo la vita e la politica artificiose della società romantica, creando fin dal 1875 la figura di "Zé Povinho", vittima e accusatore, personaggio principe della "commedia dell'arte" portoghese.

L'influenza di Columbano (morto nel 1929) e J. Malhoa (morto nel 1933) ha pesato fortemente sugli sviluppi della pittura portoghese del primo Novecento, di un periodo cioè in cui tutti i tentativi di liberazione "modernista" si trovavano in partenza handicappati dal gusto arcaicizzante della società. Lo spirito moderno tuttavia si manifesta già intorno al 1911, timidamente dapprima, richiamandosi all'impressionismo, ma ben presto in maniera più ardita quando, nel 1915, A. de Souza-Cardoso e G. Santa-Rita portarono da Parigi i loro quadri futuristi e astratti. Fu allora che ebbe inizio a Lisbona un movimento futurista, prevalentemente letterario: il gruppo Orpheu. I suoi esponenti di punta furono il poeta F. Pessoa (oggi internazionalmente famoso) e J. H. Almada-Negreiros, personalità complessa che, voltasi alla pittura, realizzò nel 1946-48 due serie di affreschi, nelle stazioni marittime di Lisbona, che possono essere paragonati per il loro significato nazionale al polittico di S. Vincenzo, e, nel 1969, poco prima di morire, il pannello murale Cominciare, poema geometrico e mitico, sorta di testamento spirituale dell'artista.

Un'involuzione naturalistica, di una modernità appena formale, caratterizza gli anni dal 1920 al 1940 (E. Viana, D. Gomes, A. Manta, C. Botelho, B. Marques), animati tuttavia dall'inquietudine di Mario Eloy e dai primi due pittori surrealisti portoghesi, A. Pedro e A. Dacosta, divenuti famosi tra il 1935 e il 1940. Un movimento neorealista s'impose tra gli artisti della generazione post-bellica, politicamente impegnati contro il regime di Salazar (J. Pomar, Lima de Freitas), ma presto irruppe nella pittura portoghese un'ondata surrealista (M. Vespeira, F. Azevedo, F. Lemos) che condusse a un'estetica astratta largamente seguita.

A partire dagli anni Cinquanta numerose correnti, legate ai diversi movimenti europei, sono comparse sulla scena artistica di Lisbona e di Oporto. Nel campo di una nuova iconologia poetica, meritano fin d'ora di essere menzionati i nomi di J. Rodrigo, Noronha da Costa, Paula Rego, Costa-Pinheiro, C. Calvet, R. Bertholo, N. Skapinakis e Lourdes Castro.

Scultura. - La scultura portoghese del primo Novecento ha continuato a muoversi nel solco della scultura naturalista del secolo precedente, obbedendo per molti anni ai suoi canoni accademici. Solo nel 1928 F. Franco propone una nuova formula d'immagine monumentale che troverà molti seguaci e che, più o meno modernizzata, sarà ripetuta in decine di statue inaugurate durante il regime di Salazar (Canto da Maia, Leopoldo d'Almeida, R. Gameiro, Barata Feio, A. de Brée, A. Duarte, M. Correia, ecc.). In questo contesto si comprende come sia rimasta a lungo isolata la proposta astrattista di A. Rocha e J. Vieira (intorno al 1950) e come ben pochi siano gli scultori che emergono da un panorama tanto grigio: J. Cutileiro (che ha osato rompere la tradizione delle statue pubbliche con il suo Don Sebastien a Lagos, 1973), J. Rodrigues e Angelo de Sousa, formatisi alla scuola inglese degli anni Sessanta.

Architettura. - Il 1° novembre del 1755 Lisbona fu distrutta da un terremoto seguito da un terribile incendio. Diecimila morti, sui 250.000 abitanti della città, e danni incalcolabili: per porvi rimedio, si mise immediatamente all'opera il futuro marchese di Pombal, ministro, presto con pieni poteri, del re Giuseppe I. In un "dispotismo illuminato" adattato empiricamente al P., egli decise di far costruire una città completamente nuova, che sarebbe stata lo scenario delle sue riforme strutturali. Il pensiero sociale ed estetico dell'illuminismo nel campo dell'urbanistica trovò piena espressione nella pianta rigorosamente geometrica della nuova città, vasta scacchiera di strade e di piazze. Il programma dei lavori, così come i criteri seguiti per realizzarli e le tecniche costruttive standardizzate, definiscono il quadro di un'impresa che non ha equivalente a quell'epoca e che costituisce una delle realizzazioni più rilevanti del genio portoghese nel campo artistico e sociale. Opera di tre ingegneri militari (M. da Maia, E. dos Santos e l'Ungherese C. Mardel), la regolarità della struttura urbana è data anche dal disegno seriale delle facciate funzionali. Le chiese sono gli unici edifici che rompono la regola utilitaria, animando con le loro linee barocche un discorso stilistico, detto "pombalino", che, partito dal manierismo di F. Terzi, tende al neoclassicismo e trova la sua espressione più nobile nella magnifica Piazza del Commercio, aperta sul Tago, con un arco di trionfo e il monumento equestre del re.

Le riforme urbanistiche di Pombal raggiunsero anche Oporto (come pure l'estremo Sud del paese: Vila Real de Sant'Antonio), conciliandosi qui con il gusto neo-palladiano, tipico allora delle colonie britanniche, donde la definizione di "architettura del portwine". Dopo la caduta del marchese di Pombal (1777), il neoclassicismo s'impose definitivamente a Lisbona per opera di una nuova generazione di architetti, formatasi a Roma, la quale si opponeva ai gusti estetici di una corte ancien régime, le cui ultime realizzazioni importanti sono il completamento del castello di Queluz (iniziato nel 1748; architetto M. Vicente) e la costruzione a Estrela (Lisbona) dell'ultima tra le basiliche barocche d'Occidente (1779-89, architetti M. Vicente e R. Manuel).

Le nuove tendenze furono espresse soprattutto dal giovane J. Costa e Silva che costruì, per incarico dei borghesi della capitale, il nuovo Teatro dell'Opera di S. Carlos (1792-93) e si vide affidare il progetto per il palazzo del Tesoro; riuscì in seguito, assieme al genovese F. S. Fabbri, a imporre, contro un progetto barocco, i propri piani per il palazzo reale di Ajuda (iniziato nel 1802), ispirato alla Reggia di Caserta e rimasto incompiuto. Negli stessi anni, il neoclassicismo si diffondeva anche a Oporto e nel Nord del paese, ad opera di C. F. C. Amarante.

Le invasioni delle armate napoleoniche e il successivo periodo di guerre civili paralizzarono del tutto lo sviluppo dell'architettura portoghese nella prima metà del 19° secolo. Costituiscono un'eccezione il teatro Dona Maria II (opera strettamente neoclassica dell'italiano F. Lodi, 1843-46) e il castello reale di Pena (Sintra), costruito in un gusto romantico alquanto bizzarro dal principe-consorte Ferdinando di Coburgo con l'aiuto dell'ingegnere tedesco W. von Eschwege (1839-49). Dopo il 1850 Lisbona, liberale e capitalista, conobbe un certo sviluppo (vanno ricordati i palazzi privati costruiti dal senese G. Cinnatti, autore anche della decorazione dell'Opera di S. Carlos), ma la sua mediocre architettura, con facciate spesso tappezzate di azulejos (i cui riflessi peraltro conferiscono una certa vivacità al panorama urbano), non sarà nobilitata se non dai revivals "manuelino" e "neo-romanico", quest'ultimo a partire dalla fine del secolo. L'architetto più in vista fu allora M. Ventura Terra che, nel primo quarto del 20° secolo, oppose il suo gusto francesizzante al tradizionalismo nazionalista di R. Lino.

Verso la fine degli anni venti fece la sua comparsa, nei progetti di alcuni giovani architetti lisbonesi, il "modernismo": ne sono esempi il cinema Capitolio (C. da Silva, 1926-31), l'Istituto tecnico superiore (P. Monteiro, 1927), l'Istituto di Oncologia (C. Ramos, 1927-33), il cinema Eden (C. Branco, 1930-37). Questa serie di lavori fu completata con la costruzione del Palazzo della Moneta (J. Segurado, 1984-36) e della chiesa di Nostra Signora di Fatima (Pardal Monteiro, 1934-38). Gli anni Quaranta segnarono un'involuzione di tipo tradizionalista, contro cui, a partire dal 1948, reagiranno successivamente due generazioni di architetti ben diversamente sensibili, rispetto alle precedenti, ai valori estetici e sociali.

Vanno menzionati, per il periodo che va dagli anni Cinquanta a oggi, K. do Amaral e V. de Lima, F. Tavora e Teotónio-Pereira, Siza-Vieira e T. Taveira, e ricordate alcune realizzazioni: Fondazione Gulbenkian (P. Cid e R. Atouguia, 1961-69), chiesa del Sacro Cuore a Lisbona (Teotónio-Pereira, 1962-70), Hotel Balaia ad Albufeira (T. Taveira, 1970). vedi Tav. f. t.

Bibl.: J. Barreira e altri, Arte portuguesa, Lisbona, s. d. (c. 1940); A. Lacerda e altri, História da arte em Portugal, ivi 1942-53; Reinaldo dos Santos, A escultura em Portugal, ivi 1948-50; M. T. Chicó, A arquitectura gótica em Portugal, ivi 1954; Reinaldo dos Santos, O Románico em Portugal, ivi 1955: id., O Azulejo em Portugal, ivi 1957; R. C. Smith, A Talha em Portugal, ivi 1962; Reinaldo dos Santos, Oito séculos de arte portuguesa, ivi 1963-70; J. A. França, Une ville des lumières: La Lisbonne de Pombal, Parigi 1965; id., A arte em Portugal no século XIX, Lisbona 1966; R. C. Smith, The art of Portugal, 1500-1800, New York 1968; G. Kubler, Portuguese plain architecture, Middletown (Conn.) 1972; J. A. França e altri, Dicionário da pintura portuguesa, Lisbona 1973; id., A arte em Portugal no século XX, ivi 1974.

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