POPOLO

Enciclopedia Italiana (1935)

POPOLO

Nicola Ottokar

. Storia del diritto. - Come termine giuridico-costituzionale, la parola popolo sta a indicare nei comuni italiani del sec. XIII un assetto politico basato essenzialmente sulle organizzazioni democratiche della cittadinanza. Tali organizzazioni potevano essere di natura professionale, come le corporazioni di arti o di mestieri, oppure di carattere territoriale, come le società che comprendevano la popolazione dei singoli quartieri o simili circoscrizioni locali. A Firenze, a Bologna e in alcune altre città predominava una combinazione di ambedue i tipi di organizzazione popolare, in modo che veniva a formarsi un doppio ordine di agglomerati, sui quali s'imperniava l'assetto democratico del comune. A capo di tali organizzazioni si trovavano, in quasi tutti i comuni retti a popolo, organi chiamati generalmente anziani, che costituivano il governo stabile e permanente del rispettivo comune. Oltre a essi venne creato generalmente un apposito capitano del popolo, il cui modo di elezione e il cui carattere somigliavano a quelli del podestà del comune. Sarebbe però un errore o per lo meno un'esagerazione credere che l'organizzazione popolare con i suoi anziani e il suo capitano (con i rispettivi consigli) costituissero uno stato dentro lo stato, con attribuzioni del tutto proprie ed autonome. In realtà il popolo non costituiva affatto un organismo a sé, ma era semplicemente un'organizzazione supplementare, in cui si manifestavano certi bisogni e certe tendenze della vita comunale in un determinato momento della sua esistenza. Uno dei tratti più caratteristici dell'organizzazione popolare era infatti il suo carattere neutrale, al disopra dei partiti (guelfo e ghibellino), i quali nel corso del sec. XIII si contendevano sempre il potere o comunque l'influenza determinante nella politica del comune. Così accadde che in certi momenti della vita politica dei comuni, quando essi venivano minacciati da inevitabili urti e sconvolgimenti interni a causa dei contrasti di partito, il popolo venisse a costituire quasi una forma di adattamento della vita politica a determinate congiunture della situazione generale. Questo fatto si verificò, per esempio, a Firenze dopo la morte di Federico II, quando non si potè effettuare né l'antico predominio dei ghibellini, né l'avvento al potere dell'organizzazione della parte guelfa.

Una situazione analoga ebbe luogo nella stessa città negli anni 1266-1267, vale a dire dopo la caduta del re Manfredi, valido sostenitore dei ghibellini di Toscana. Anche allora prevalse in un primo momento, quando cioè il partito guelfo non si era ancora impadronito del potere nel comune, una tendenza contraria alle parti, che portò alla resurrezione d'istituzioni popolari. E quando dopo la pace del cardinale Latino i guelfi fiorentini, in determinate circostanze politiche generali, dovettero riammettere i ghibellini al potere, per cui nacquero in città contrasti e disordini di vario genere, tale situazione poté essere superata solo con la creazione di un nuovo assetto popolare a capo del quale vennero a trovarsi i priori delle arti, e che segnò il trionfo definitivo delle arti maggiori; aggruppamenti cioè che, per quanto essenzialmente guelfi, formalmente si trovavano fuori dei partiti e quindi potevano ben rappresentare la neutralità o lo scolorimento partigiano della vita pubblica fiorentina. Condizioni analoghe si verificano anche in altri comuni italiani. Si deve naturalmente tener conto della tendenza rivolta alla progressiva democratizzazione della vita pubblica dei comuni nel corso del sec. XIII. Ma ammettendo questo fatto, occorre pure tener presente che l'idea del popolo non era una meta costante o un'aspirazione eterna delle classi popolari, bensì si faceva viva e attuale solo in determinate situazioni storiche.

Verso la fine del sec. XIII l'assetto popolare in tutti i comuni italiani va assumendo un carattere nettamente ostile a inquinamenti oligarchici del governo popolare. Fu allora che venne bandita una guerra contro i magnati, grandi, potenti, tiranni, che, secondo i sentimenti dei ceti ultrademocratici delle cittadinanze, esercitavano troppa influenza sui governanti e, approfittando di tale influenza commettevano ogni specie di violenze contro i "piccoli" e "impotenti". Il movimento popolare assume in questo momento un carattere nettamente sociale e si risolve perfino, in alcuni comuni, in una persecuzione sistematica dei magnati e, comunque, degli elementi che troppo si elevano sopra il tipo "comune" di cittadino.

Bibl.: N. Ottokar, Il comune di Firenze alla fine del Dugento, Firenze 1926; P. Villari, I primi due secoli della storia di Firenze, ivi 1905; G. Salvemini, Magnati e popolani in Firenze, ivi 1899; R. Caggese, Firenze dalla decadenza di Roma al Risorgimento d'Italia, I, ivi 1912; R. Davidsohn, Geschichte von Florenz, II, i e ii, Berlino 1908; A. Hessel, Geschichte der Stadt Bologna, ivi 1910; A. Gaudenzi, Statuti del popolo di Bologna del sec. XIII, Roma 1888; id., Statuti delle società delle armi del popolo di Bologna, ivi 1889 e 1896. Vedi anche le varie pubblicazioni di L. Zdekauer, Il constituto del comune di Siena dell'anno 1262, Milano 1897; Statuti Pistoiesi del sec. XII e XIII, ivi 1888-91; Breve et Ordinamento Populi Pistorii, ivi 1891.

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