TARGONE, Pompeo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 95 (2019)

TARGONE, Pompeo

Emmanuel Lamouche

– Nacque a Roma il 12 ottobre 1575 (Promis, 1874, p. 799) da Cesare Targone, orefice e antiquario veneziano morto a Roma nel 1597 (v. la voce in questo Dizionario). Per quanto riguarda la madre, non vi sono notizie dirette, ma si sa che Olimpia, sorella di Pompeo, era figlia di Cesare e di Cecilia Cornara Veneziana (Kämpf, 2015, p. 608) ed è probabile che quest’ultima fosse la madre anche di Pompeo.

Cesare e Pompeo collaborarono a uno studiolo commissionato da Tiberio Cevoli, nella cui casa si trovano menzionati a Roma nel dicembre del 1595 (Furlotti, 2003, p. 256).

Parallelamente alla sua attività di orefice, Targone s’interessò molto precocemente all’architettura e all’ingegneria. Alla fine degli anni Novanta del Cinquecento avrebbe avuto una prima esperienza militare in Fiandra, al servizio del re di Spagna (Baglione, 1642, p. 329; Promis, 1874, p. 799). Tornato a Roma, godette della protezione degli Aldobrandini e ottenne nel 1598 la sua prima commissione artistica ufficiale, il tabernacolo dell’altare del Ss. Sacramento in S. Giovanni in Laterano, eseguito in collaborazione con l’orefice Curzio Vanni.

Trasportata nella basilica nel dicembre del 1599, l’opera costituisce il fulcro dell’arredamento ordinato da Clemente VIII per il giubileo del 1600 nel transetto della basilica lateranense (Peccolo, 1994, pp. 169-176; Freiberg, 1995; Guinomet, 2017). Sebbene sia spesso paragonato al tabernacolo della cappella Sistina in S. Maria Maggiore (1588-89), è in realtà molto più simile a quello realizzato da Cesare Targone per il duomo di Bergamo (1588; Guinomet, 2017, p. 157). La pianta ottagonale con due campate laterali, la cupola e la disposizione delle statuette sono chiaramente riprese da questo precedente, così come alcuni modelli di figure, in particolare le statuette di S. Pietro e di S. Paolo.

La magnificenza del tabernacolo e la raffinatezza delle pietre dure unite al bronzo dorato consolidarono la reputazione di Targone a Roma, che, nello stesso periodo, fu impiegato sul cantiere del recinto presbiteriale di S. Cecilia in Trastevere, condotto dal 1599 da Giacomo della Porta sotto il patrocinio del cardinale Paolo Emilio Sfondrati con il sostegno del papa (Economopoulos, 2013; Kämpf, 2015). La sontuosa decorazione di marmi policromi, pietre dure e bronzo dorato intorno alla statua della santa scolpita da Stefano Maderno (1599-1600) è ascrivibile a Targone, che ricevette un pagamento il 27 agosto 1600 per «quattordici ovati di lapis lazuli» (Nava Cellini, 1969, p. 38 nota 12). Alla stessa epoca risalgono un tabernacolo, già nella cappella Ponziani nella medesima basilica (Bulgari, 1959, tav. 1; Peccolo, 1994, p. 174), e un «gran quadro con gioie e pietre pretiose» regalato alla regina Maria de’ Medici dal cardinale Pietro Aldobrandini durante la sua legazione in Francia nel 1600-01 (Orbaan, 1920, p. 474).

In parallelo, Targone si dedicava alla sua passione per le macchine. Nel 1600 inventò un tipo di mulino «tanto da grano quanto da olio» di cui ottenne il monopolio dal cardinale Pietro Aldobrandini il 6 marzo 1601 (D’Onofrio, 1980, pp. 58 s.; Segarra Lagunes, 2004, pp. 287 s.). Nell’aprile del 1601 si recò poi a Mantova, dove ottenne lo stesso privilegio da Vincenzo I Gonzaga (Furlotti, 2003, p. 339).

Nel 1603, probabilmente sulla scia del suo primo soggiorno in Fiandra, fu chiamato dall’arciduca Alberto d’Austria per partecipare all’assedio di Ostenda al fianco delle truppe spagnole comandate da Ambrogio Spinola (Promis, 1874, pp. 801-808). Vi si dimostrò molto ingegnoso e ambizioso. All’inizio dell’anno 1604 mise a punto una macchina di assalto costituita da un ponte in legno montato su delle grandissime ruote, che venne ricordata nelle fonti – nonostante la sua limitata efficienza – con il nome di «carrello di Pompeo» (Histoire remarquable, 1604, p. 121; Giustiniano, 1609, pp. 77 s.; Bonours, 1628, pp. 464-467; Simoni, 2003, pp. 163-172). Fu precisamente a quell’epoca che apparvero le prime critiche rispetto alle competenze di ingegnere di Targone (Giustiniano 1609, pp. 63 s.; Bonours 1628, pp. 438, 463). Partecipò nondimeno a diversi assedi (Lingen nell’agosto del 1605, Lochem e Groenlo nell’agosto del 1606; Promis, 1874, p. 809), e nel 1606 fu mandato da Spinola a Colonia per costruirvi dei mulini (Zonca, 1607; Rodocanachi, 1628, 1899, pp. 44 s. nota 2).

Targone tornò a Roma solo nel maggio del 1607 su richiesta del cardinale Scipione Borghese (Orbaan, 1920, pp. 78, 80; Van Meerbeeck, 1979, pp. 70, 98), e fu arruolato dalla Camera apostolica come ingegnere idraulico e militare. Diventò un personaggio famoso a Roma, dove rimase un uomo di fiducia dei Borghese durante un decennio. Verso il 1607 redasse un Discorso sopra il rimedio da darsi all’inondationi del Tevere a seguito della piena del 1606, e un Discorso sopra i profitti da cavarsi dall’acqua di Bracciano, nel quale previde l’impianto di mulini sul Tevere (D’Onofrio, 1980, pp. 54-57, 346-348; Segarra Lagunes, 2004, pp. 287 s.). Fu inoltre incaricato di controllare i lavori della fortezza pontificia di Ferrara, dove si recò più volte tra il giugno del 1607 e il maggio del 1609 con Mario Farnese, e di sovrintendere alla bonifica del Po (Orbaan, 1920, pp. 81, 109-111, 114 s., 119 s., 301; Spagnesi, 1995, p. 81 nota 15). Si recò anche ad Ancona nel maggio del 1608 e a Civitavecchia nel marzo del 1609 e nel gennaio del 1612 per verificarne le fortificazioni e l’artiglieria (Orbaan, 1920, pp. 140 s., 197; Spagnesi 1995, p. 81 nota 15). Nel luglio del 1611 fu chiamato in Sicilia dal viceré Pedro Téllez-Gijon y Velasco, ma è probabile che le sue numerose attività lo trattenessero a Roma (Orbaan, 1920, pp. 192 s.).

Targone raggiunse l’apice della sua carriera artistica a partire dal marzo del 1608, quando assunse l’incarico di costruire l’altare della cappella pontificia di Paolo V in S. Maria Maggiore.

Vi sovrappose i marmi policromi, le pietre dure e i bronzi dorati, creando una sinfonia di colori e di materiali pregiati del tutto inedita. I lavori cominciarono nel 1609, secondo un disegno proposto da Targone e da Antonio Tempesta, dopo un primo progetto di Girolamo Rainaldi (Ostrow, 2002, pp. 144 s.; Russo, 2014-2015). Il 12 luglio 1610, Giulio Buratti, cognato di Targone, stabilì un contratto molto preciso con il tesoriere della Camera apostolica Giacomo Serra (Ostrow, 2002, pp. 147 s.). Le statue, i cui modelli vennero forniti nel 1609-10 da Camillo Mariani, Guillaume Berthelot, Stefano Maderno ed Egidio Moretti (Ferrari - Papaldo, 1999, pp. 243-245), vennero fuse in bronzo principalmente da Domenico Ferrerio a partire dell’autunno del 1610 nella fonderia sistemata da Targone nel palazzo Riario in Trastevere (ora Corsini), affittato dall’architetto a tal fine (Borsellino, 1988). Paolo V vi si recò il 10 agosto 1611 per verificare l’avanzamento dei lavori (Orbaan, 1920, p. 193).

Il 27 gennaio 1613 l’immagine della Vergine venne traslata sull’altare, che fu consacrato il 5 febbraio 1617 (Ostrow, 2002, pp. 151 s.). Ammiratissimo a Roma per più secoli, l’altare della cappella Paolina costituisce una pietra miliare nella storia dell’architettura religiosa dell’Europa seicentesca.

Targone frequentava, a quell’epoca, l’alta società romana; i suoi figli ebbero dei padrini prestigiosi tra cui il cardinale Borghese e Ortensia Santacroce, cognata di Paolo V, nell’agosto del 1609 (Orbaan, 1920, pp. 146, 162, 194; Alla ricerca di ‘Ghiongrat’..., 2011, p. 490). Per il primo Pompeo produsse nel 1610 «un piede di diverse pietre dure, come diaspri, lapislazzari et altre simili», per uno studiolo, che venne pagato nel maggio del 1613 (Gonzáles-Palacios, 2010, p. 65).

Il 27 settembre 1618 sopraggiunse un brusco arresto nella sua carriera: una piena del Tevere distrusse i mulini che aveva costruito a partire dal dicembre del 1617 sul fiume, vicino al ponte Rotto (Orbaan, 1920, p. 255; D’Onofrio, 1980, pp. 61-64; Segarra Lagunes, 2004, pp. 288-290). Secondo Baglione (1642, pp. 330 s.) l’evento provocò la rovina di Targone e la sua disgrazia a Roma.

La sua reputazione era tuttavia intatta fuori della città. Nell’aprile del 1619 fu infatti chiamato al servizio della Repubblica di Venezia, dove si recò in giugno (Orbaan, 1920, pp. 258 s.). Ma fu soprattutto in Francia che Targone ebbe l’occasione di operare durevolmente negli anni seguenti.

Entrò al servizio di Luigi XIII nel 1621, e partecipò al primo blocco di La Rochelle contro i protestanti (1621-22; L’Armée d’Aunis, 2003; ibid., 2004-2005). Vi costruì con successo un forte nel settembre del 1621 (Briquet, 1880, p. 141), e propose di edificare un pontile all’entrata del porto (Bernard, 1646, VIII, p. 400; Épernon, 1655, p. 371; De Vaux de Foletier, 2008, p. 132). Nel maggio del 1622, con un altro ingegnere italiano, Giuseppe Gamorini d’Arezzo, si fece notare nell’assedio di Royan (Bernard, 1646, VII, p. 341; Bassompierre, 1665, 1875, pp. 37 s.). Sostenuto dal giovane principe Luigi di Borbone (1604-1641), pubblicò nello stesso anno Les inventions et machines admirables du sieur Pompée Targon, autentica opera di autopromozione. Rimase poi verosimilmente in Francia. Il 10 agosto 1625 Cassiano dal Pozzo lo menzionò con la moglie e una sua figlia a Fontainebleau, durante una visita del cardinale Francesco Barberini (Müntz - Molinier, 1886).

Tra il 1627 e il 1628 si svolse l’ultimo episodio significativo della sua carriera, ancora una volta a La Rochelle, durante l’ultimo grande assedio contro i protestanti. Dall’estate del 1627 e fino alla fine dell’anno Luigi XIII e il cardinale di Richelieu si affidarono a Targone (Avenel, 1866, II, pp. 555, 578); poi, a seguito di diversi progetti inconcludenti che vennero inoltre totalmente distrutti da una tempesta nel febbraio del 1628, Targone fu definitivamente discreditato (Bernard, 1646, XII, pp. 50 s.; Avenel, 1866, III, pp. 46, 51). Le parole feroci di Richelieu, secondo cui Targone «proponeva molto e faceva poco», gli valsero una duratura brutta nomea Oltralpe, talvolta non priva di xenofobia (du Plessis Richelieu, 1628, 2003, p. 41).

Dopo questo clamoroso fallimento, nell’agosto del 1628 Targone provò ad andare in Spagna con la sua famiglia (Rodocanachi, 1628, 1899, pp. 44 s.).

Morì a Milano il 4 settembre 1633 (Kämpf, 2015, p. 192 nota 34).

Aveva due fratelli, Ottavio, documentato a Roma dal 1619 al 1636 (Segarra Lagunes, 2004, pp. 290 s., 395; Kämpf, 2015, p. 610), e Tiberio, ferito nel 1628 a La Rochelle (Bernard, 1646, XII, p. 68), e una sorella, chiamata Olimpia (Economopoulos, 2013, p. 208; Kämpf, 2015, p. 192). Con la moglie Prudenza (sposata prima del 1607; van Meerbeeck, 1979, p. 56) ebbe più figli: Paolo Cesare (luglio 1608), Anna (agosto 1609), Olimpia (giugno 1610-ottobre 1610), Domenico (febbraio 1619; Alla ricerca di ‘Ghiongrat’..., 2011, p. 490); un’altra sua figlia, Antonia (1610-1694), era badessa del monastero di S. Cecilia in Trastevere sotto il nome di suor Maria Cecilia (Economopoulos, 2013, p. 208; Kämpf, 2015, pp. 610 s.) e suo figlio Bonaventura viene citato come «generale dell’artiglieria del Re di Spagna» nel 1685 (Kämpf, 2015, p. 611). Il figlio Cesare (o verosimilmente Paolo Cesare) fu mandato a Madrid dal padre nel 1628 (Rodocanachi, 1628, 1899, pp. 44 s.), e potrebbe essere identificato con un omonimo architetto militare attivo in Lombardia nel Seicento (Viganò, 2002, p. 63; Kämpf, 2015, p. 611).

Fonti e Bibl.: Histoire remarquable et véritable de ce qui s’est passé par chacun jour au siège de la ville d’Ostende jusques à present, Paris 1604, pp. 121, 125; V. Zonca, Novo teatro di machine et edificii, Padova 1607, tav. 89; P. Giustiniano, Delle guerre di Fiandra, VI, Anversa 1609, pp. 63-66, 75-78, 86, e fig. X; H. van Haestens, De bloedige ende strenge belegeringhe der stadt Oostende in Vlaenderen, Leyden 1613, pp. 153 s.; Les inventions et machines admirables du sieur Pompée Targon, Paris 1622; C. de Bonours, Le mémorable siège d’Ostende, Bruxelles 1628, pp. 423, 438, 460, 463-467, 515; A.J. du Plessis Richelieu, Mémoires, VII (1628), a cura di É. de Bussac, Clermont-Ferrand 2003, pp. 41, 47, 72, 158, 168; E. Rodocanachi, Les derniers temps du siège de la Rochelle (1628), Paris 1899, pp. 44 s., 65; G. Baglione, Le nove chiese di Roma (1639), a cura di L. Barroero, Roma 1990, pp. 124, 183; Id., Le vite de’ pittori, scultori et architetti..., Roma 1642, pp. 114, 327, 329-331; C. Bernard, Histoire du roy Louis XIII, Paris 1646, VII, p. 341, VIII, p. 400, XII, pp. 48-51, 68; Histoire de la vie du duc d’Espernon divisée en trois parties, Paris 1655, pp. 371, 428, 430; F. de Bassompierre, Journal de ma vie (1665), III, Paris 1875, pp. 37 s., 51; M. Avenel, Lettres, instructions diplomatiques et papiers d’état du cardinal de Richelieu, Paris 1866, II, pp. 513, 523 s., 541, 555, 565 s., 571 s., 768, III, pp. 46, 51; C. Promis, Biografie di ingegneri militari italiani, Torino 1874, pp. 799-812; A. Briquet, Lettres de Jean Besly (1612-1647), Poitiers 1880, pp. 141, 169, 172; E. Müntz - E. Molinier, Le château de Fontainebleau au XVIIe siècle, Paris 1886, p. 11; J.A.F. Orbaan, Der Abbruch Alt-Sankt-Peters 1605-1615, in Jahrbuch der Königlich Preussischen Kunstsammlungen, XXXIX (1919), pp. 1-139 (in partic. pp. 77, 129, 137); Id., Documenti sul barocco a Roma, Roma 1920, ad ind.; F. de Vaux de Foletier, Le siège de la Rochelle (1931), Monein 2008, pp. 132 s.; C.G. Bulgari, Argentieri, gemmari e orafi d’Italia, I, 2, Roma 1959, p. 454, tav. 1; M.C. Dorati, Gli scultori della cappella Paolina di Santa Maria Maggiore, in Commentari, XVIII (1967), pp. 231-260 (in partic. pp. 234-246); A. Nava Cellini, Stefano Maderno, Francesco Vanni e Guido Reni a Santa Cecilia in Trastevere, in Paragone, XX (1969), 227, pp. 18-41 (in partic. pp. 24, 38 nota 12); L. van Meerbeeck, Correspondance du nonce Decio Carafa, Bruxelles-Roma 1979, pp. 56, 70, 98; C. D’Onofrio, Il Tevere, Roma 1980, pp. 54-64, 346-348; E. Borsellino, Palazzo Corsini alla Lungara, Fasano 1988; P. Peccolo, Gioielli, reliquie, argenti ed altari: la bottega degli orafi ed argentieri Vanni nella Roma dei papi tra Sisto V e Paolo V, in A. Di Castro - P. Peccolo - V. Gazzaniga, Marmorari e argentieri a Roma e nel Lazio tra Cinquecento e Seicento, Roma 1994, pp. 157-219; J. Freiberg, The Lateran in 1600, Cambridge 1995, pp. 305 s.; P. Spagnesi, Castel Sant’Angelo, la fortezza di Roma, Roma 1995, pp. 60 s., 65, 81, 84; Fonti per la storia artistica romana al tempo di Paolo V, a cura di A.M. Corbo - M. Pomponi, Roma 1995, ad ind.; O. Ferrari - S. Papaldo, Le sculture del Seicento a Roma, Roma 1999, pp. 71, 243-245; S.F. Ostrow, L’arte dei papi, Roma 2002, pp. 146-152, 174 s.; M. Viganò, L’arte di costruire fortezze tra architettura, tecnica e iconografia: Milano nel secondo Seicento, in L’Occhio nuovo. Occhiali, microscopi e cannocchiali (catal., Cesano Maderno), a cura di A. Spiriti, Milano 2002, pp. 54-69; B. Furlotti, Le collezioni Gonzaga. Il carteggio tra Roma e Mantova (1587-1612), Milano 2003, pp. 256, 339; A. Simoni, The Ostend story..., ‘t Goy-Houten 2003, pp. 79 s., 163-172; L’Armée d’Aunis devant la Rochelle, a cura di J. Glénisson, in Archives historiques de la Saintonge et de l’Aunis, I (2003), 56, ad ind., II (2004-2005), 57, ad ind.; M.M. Segarra Lagunes, Il Tevere e Roma, Roma 2004, pp. 123 s., 287-292, 395; A. Gonzáles-Palacios, Concerning furniture. Roman documents and inventories, in Furniture history, XLVI (2010), pp. 1-135; Alla ricerca di ‘Ghiongrat’. Studi sui libri parrocchiali romani (1600-1630), a cura di R. Vodret, Roma 2011, pp. 167, 490 s.; H. Economopoulos, Stefano Maderno scultore, Roma 2013, pp. 186, 199, 201, 204, 206, 208 s., 231; A. Russo, Girolamo Rainaldi, P. T. e l’allestimento della Salus Populi Romani nella cappella Paolina di Santa Maria Maggiore, in Quaderni dell’Istituto di storia dell’architettura, n.s., 2014-2015, n. 63, pp. 45-54; T. Kämpf, Archäologie offenbart. Cäciliens römisches Kultbild im Blick einer Epoche, Leiden-Boston 2015, ad ind.; C. Guinomet, Das italienische Sakramentstabernakel im 16. Jahrhundert, Munich 2017, pp. 94 s.

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