CASTELFRANCO, Pompeo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 21 (1978)

CASTELFRANCO, Pompeo

Sergio Rinaldi Tufi

Nacque a Parigi il 18 nov. 1843 da Luigi, milanese, e da Luigia Bonjard, parigina, in una famiglia stabilitasi a Milano dopo i moti del 1848.

A Milano e in Lombardia il C. svolse gran parte della sua attività. Coltivò vari interessi: fu professore di lingua e letteratura francese; aderì alla massoneria; ma soprattutto si dedicò alla paletnologia. Appartenne a una generazione di studiosi che svolse in varie regioni d'Italia un'attività di scavo e di pubblicazione molto intensa: Issel (Liguria), Prosdocimi (Veneto), Zannoni, Montelius, Chierici (Emilia), ecc.

Agli studi di paletnologia il C. si volse fin da giovane (la scuola paletnologica italiana fu fondata da Bartolomeo Gastaldi nel 1861; primo congresso importante fu quello di Bologna del 1871). Nel 1874 pubblicò a Parma Materiaux pour l'histoire de la Palethnologie italienne, e compì i suoi primi scavi nella necropoli di Golasecca (già il Giani vi aveva scavato nel 1824), dandone poi notizia al Congresso internazionale di antropologia e archeologia preistoriche tenutosi a Stoccolma. Nel 1875 divenne ispettore degli scavi e monumenti di Milano e iniziò la sua collaborazione al Bullettino di paletnologia italiana, fondato in quell'anno da L. Pigorini. Nel quadro della sua intensa attività di esplorazione in Lombardia, ebbero grande importanza due località che avrebbero dato il nome ad altrettante facies preistoriche: la già citata Golasecca e la Lagozza di Besnate. Del villaggio neolitico su palafitte della Lagozza, il C. diede la notizia più completa in Atti della Soc. ital. di scienze naturali, XXIII (1881), pp. 1 ss., accompagnata da uno studio sulla vegetazione approntato da L. Sordelli; su Golasecca, destinata a restare maggiormente legata al suo nome, diede già un resoconto nell'annata 1875 dello stesso periodico, resoconto che completò in Bull. di paletn. ital., II(1876), pp. 87 ss. Analizzando i dati forniti da questa necropoli, e comparativamente quelli forniti da altre metodicamente da lui scavate in quegli anni, distinse due periodi nella prima civiltà del Ferro. Oggi il quadro appare più articolato; ma le enunciazioni del C. ebbero allora notevole risonanza, e suscitarono interventi a cui egli stesso replicò in Bull. di paletn. ital., III (1877), pp. 205 ss.; IV (1878), pp. 72 ss. Successivamente identificò un terzo periodo, da lui detto "lodigiano", da aggiungere ai due canonici.

Dal 1878 alla fine del secolo la sua attività proseguì intensa (fra l'altro, dal 1879 fu insegnante di lingua e letteratura francese al corso superiore presso il R. Collegio delle fanciulle di Milano; nel 1894 e 1895 anche al Conservatorio di Milano).

Fu il primo ad individuare l'elemento celtico nella Valle Padana: di un abbondante materiale, relativo a necropoli galliche ad inumazione e ad incinerazione (importanti fra le altre le tombe di Remedello, discusse in Comment. dell'Ateneo di Brescia, 1886, pp. 255 ss.), diede la più esauriente rassegna in Bull. di paletn. ital., XII (1886), pp. 194 ss. e 228 ss., analizzando le caratteristiche proprie della civiltà di La Tène introdotte dagli invasori celti. Pubblicò poi in Atti e memorie della R. Deputazione di storia patria per le province di Romagna, s. 5, XIV (1896), pp. 64 ss., l'estesa necropoli gallica di Ornavasso: attribuì all'intera necropoli, che giudicava preziosa per la comprensione di tutta una serie di necropoli analoghe della Val Padana, la durata complessiva di tre secoli. La datazione del C. è da considerarsi giusta globalmente, ma da sottoporsi forse a una maggiore articolazione.

Il filo conduttore della sua attività è soprattutto costituito dai villaggi e necropoli lacustri di palafitticoli, dal "popolo dei fondi di capanne" e dai problemi cronologici relativi (al di fuori della sua consueta sfera di interessi è il breve scritto Il teatro romano di Via Meravigli, Milano 1884, basato su ritrovamenti e rilievi effettuati a Milano sotto palazzo Turati e dintorni a partire dal 1880).

I principali scavi ed esplorazioni di questo periodo riguardano le palafitte del lago di Varano (1878), un gruppo di bronzi lodigiano (1883), un ripostiglio a Vertemate, la Cascina Ranza presso Milano (1888), fondi di capanne del Vho di Piadena (1892), varie località del lago di Varese e dintorni, laghetti della Brianza. Gli articoli principali furono pubblicati in Atti della Società ital. di scienze naturali, XXI (1878)(estratto); e in Bull. di paletn. ital., IX (1883), pp. 182 ss.; XVII (1891), pp. 34 ss.; XVIII (1892), pp. 129 ss.; XX (1894), pp. 145 ss.; XXIII (1897), pp. 19 ss.

Per il popolo dei fondi di capanne, contrariamente a quanto studiosi precedenti avevano ipotizzato, il C. pensava che in qualche caso si potesse parlare di contemporaneità con i palafitticoli. I palafitticoli della Lombardia (sulla scorta di L. Pigorini, il C. li distingueva in occidentali e orientali; ma questa distinzione fu poi contestata dal Patroni) venivano visti come antecedenti in età dei Bronzo della civiltà di Golasecca. Un'altra impostazione del Pigorini - ipotesi di una continuità fra palafitte subalpine e terramare emiliane, e quindi di un flusso migratorio Nord-Sud - indusse il C. a tentare di identificare precisi nessi fra i due tipi di abitato. Gli studi successivi hanno però reso difficilmente sostenibile l'ipotesi della migrazione.

Sempre negli ultimi decenni dell'Ottocento, il C. entrò a far parte di numerose accademie in Italia (socio corrispondente dell'Accademia dei Lincei, della Deputazione di storia patria per le province delle Romagne) e all'estero (socio della Berliner Gesellschaft für Anthropologie, Ethnologie und Urgeschichte). Divulgò inoltre in Francia i risultati della ricerca paletnologica in Italia, con l'articolo L'anthropologie générale..., nella rivista Matériaux pour l'histoire primitive et naturelle de l'homme, nel 1885, e con vari articoli pubblicati in Revue d'anthropologie, 1886, 1887, 1888 e 1889.

Dal principio del Novecento, l'attenzione del C. si concentrò soprattutto sui ritrovamenti relativi alle palafitte varesine, in confronto con altri materiali relativi all'età del Bronzo (importante fra l'altro la necropoli della Scamozzina presso Albairate).

Egli aveva cominciato queste ricerche fin dal 1863; continuò a pubblicare i risultati dei suoi studi soprattutto in Bull. dipaletn. ital. (XXIV [1900], pp. 24 ss.; XXXI [1905], pp. 195 ss.; XXXII [1906], pp. 49 ss.; XXXIV [1908], pp. 91 ss.; XXXV [1909], pp. 1 ss.; XXXVII [1911] pp. 113 ss.; XXXVIII [1912], pp. 176 ss.). La palafitta più attentamente presa in esame è quella dell'isola Virginia, una fra le più antiche, all'inizio dell'età del Bronzo. Il C. si occupò dell'ordinamento del Museo Ponti (l'industriale Andrea Ponti era allora il proprietario dell'isola Virginia), in cui era stata costituita una raccolta completa dei materiali (in parte già esposti all'Esposizione di Torino del 1884), e pubblicò il catalogo Cimeli del Museo Ponti nell'Isola Virginia (Lago di Varese), Milano 1913. Uanalisi precisa di questi materiali consente al C. alcune considerazioni generali sulla civiltà dei palafitticoli: agricoltura, allevamento, caccia, ecc.

Ispettore agli scavi e monumenti, come si è detto, fin dal 1875, fece parte, a partire dal 1908, della Commissione della Soprintendenza agli scavi e ai musei archeologici di Milano (sempre da quell'anno, insegnò contemporaneamente francese all'università L. Bocconi); nel 1911 divenne presidente della Commissione stessa, e dal 1913 svolse mansioni di ispettore anche per le zone di Varese e di Lodi. Egli sistemò le raccolte paltnologiche del Museo archeologico, aperto nel 1900 nel Castello Sforzesco: i materiali provenivano in buona misura da scavi effettuati dal C. stesso (le sue collezioni furono tuttavia in parte acquisite dal Museo delle antichità di Torino, in parte ancora, specie per quanto riguarda Golasecca, dal Museo preistorico romano); di recente tali materiali sono stati trasferiti nel nuovo Museo archeologico di Milano. Nel 1908 fu nominato socio della Scuola di antropologia di Parigi.

L'ultimo studio del C. fu quello compiuto in collaborazione con G. Patroni sulla stazione palustre del Campo Castellaro presso il Vho di Piadena (dove aveva lavorato già nel 1892): l'articolo su questo abitato, che secondo il C. e il Patroni non era confrontabile né con le terramare né con le palafitte lacustri subalpine, comparve in Monwnenti antichi dei Lincei, XXIV (1916), coll. 309 ss.

Il C. morì a Milano il 25 giugno 1921.

Bibl.: Ann. del Personale del Min. della Pubblica Istruzione, Roma, dal 1875; L. Pigorini, Preistoria, in 50 anni di storia ital. 1860-1910, Roma 1911, pp. 11, 13, 28, 30, 41; Illustrazione italiana, 10 luglio 1921, p. 55; P. Barocelli, in Bull. della Soc. piem. di archeol. e belle arti, VI (1922), p. 54; U. Rellini, in Bull. di paletn. ital., XLIII (1923), pp. 116 ss.; D. Randall McIver, The Iron Age in Italy, Oxford 1927, pp. 62-69, 77, 89, 101; P. Barocelli, I sepolcreti preromani di Armeno, in Atti della Soc. piem. di arch. e belle arti, XI (1927), 1, pp. 1, 12, 46-48, 53, 54; G. Patroni, in Athenaeum, 1930, p. 436; P. Laviosa Zambotti, Le origini della Civiltà di Golasecca, in Studi etruschi, IX (1935), pp. 365 ss.; Id., Civiltà palafitticola lombarda e civiltà di Golasecca, in Riv. di archeol. e ant. della Prov. dioc. di Como, CXIX (1939), pp. 20 ss., passim;G. Säflund, Le Terremare..., Lund-Leipzig 1939, p. 14; G. Patroni, Sguardo ai probl. dell'età del ferro nella reg. comasca, in Munera. Scritti in on. di A. Giussani, Milano 1944, pp. 83-84; P. Barocelli, Antichità della prima età del Ferro..., ibid., pp. 62 s., 74; G. Patroni, La Preistoria, in Storia Politica d'Italia, Milano 1951, pp. 473, 649; L. Laurenzi, La civiltà villanoviana e le civiltà del Ferro, in Civiltà del Ferro, Bologna 1960, p. 20; V. Fusco, Abitato dell'età del Ferro, ibid., p. 328; L. Barfield, Northern Italy before Rome, London 1971, pp. 11, 50, 128; P. Piana Agostinetti, Documenti per la preistoria della Val d'Ossola. S. Bernardo d'Ornavasso e le altre necropoli preromane, Milano 1972, p. 12; Encicl. Ital., IX, p. 54.

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