Pompei

Lessico del XXI Secolo (2013)

Pompei


Pompèi. – Area archeologica di circa 66 ettari, 49 dei quali scavati e 30 aperti al pubblico, comprendente i resti dell'antica città della Campania. Protetta da una cinta muraria di 3,2 km risalente all'incirca al 300 a. C. la città è ripartita in lotti grazie all'intersezione dei due decumani (via Nolana e via dell'Abbondanza) e dei tre cardini (le strade trasversali: via Mercurio, via Stabiana, via Nocera); è divisa in nove regio, che a loro volta si articolano in 80 isolati (insulae), 11 dei quali solo parzialmente scavati; sono visibili anche due piazze, tre terme pubbliche e un anfiteatro. Gli edifici allo stato di rudere coprono un'area di circa 203.000 m2, mentre quelli coperti circa 88.000 m2. Le unità edilizie, le domus, sono circa 1500, per un totale di circa 242.000 m2 di superfici murarie, 17.000 m2 di dipinti, 20.000 m2 di intonaci, 12.000 m2 di rivestimenti pavimentali, 20.000 m2 di coperture protettive. La sua rilevanza sta soprattutto nelle strutture in elevato e nelle coperture, che un tempo erano rivestite da pitture e stucchi fino ai piani superiori. La priorità è la sua conservazione attraverso la realizzazione di un sistema globale di interventi, che abbia il carattere prevalente della manutenzione programmata. Il 6 novembre 2010 il crollo della copertura della Schola armaturarum ha drammaticamente riproposto all'attenzione dell'opinione pubblica mondiale il problema della conservazione e della fruizione di quest'area archeologica: un crollo dovuto alla generale mancanza di manutenzione e a una vulnerabilità dell'opera imputabile a una serie di cause predisponenti al dissesto, come la scadente qualità delle murature rifatte nel secondo dopoguerra, gli interventi eseguiti anche in tempi relativamente recenti e la spinta delle terre a ridosso delle murature, aggravata dal maltempo.

Vulnerabilità di Pompei. – La vulnerabilità intrinseca dell'area archeologica pompeiana è quella stessa che perlopiù caratterizza i reperti di questo tipo: generalmente elisi; allo stato di rudere; naturalmente indifesi e quasi sempre privi di una destinazione d’uso. Inoltre, col passare del tempo, si è persa l’abitudine di prendersi cura del patrimonio e si è smarrita la ritualità delle riparazioni quotidiane – e quindi della manutenzione ordinaria – per lasciare il posto all’evento, al progetto sensazionale, alla spettacolarità. Alla vulnerabilità specifica di quest' area concorrono numerosi fattori. Primo fra tutti il gran numero di esplorazioni archeologiche realizzate dopo la scoperta (la città è stata riportata alla luce a partire dal 1748), quando P. è diventata meta privilegiata del Grand tour e quasi contestualmente si sono intensificate campagne particolarmente ampie e insistite, che si sono protratte per oltre due secoli e mezzo, ampliando e complicando progressivamente il fronte della conservazione; innescando problemi legati non solo alla manutenzione delle strutture, ma anche alla tenuta dell’intero organismo urbano. A P. si è scavato certamente più di quanto fosse necessario per una piena comprensione dell’antica città da parte del pubblico: in alcune zone della città, come in via dell'Abbondanza, interi edifici sono stati riportati alla luce come corpi isolati che si incuneano in aree ancora intatte, formando delle vere e proprie penisole circondate su tre lati da scarpate di terreno coltivato, che incombe sui margini di scavo e causa consistenti smottamenti a ridosso dei reperti archeologici quando le precipitazioni atmosferiche si fanno particolarmente abbondanti. Un ulteriore elemento di vulnerabilità specifica, e quindi di predisposizione al dissesto, è la mancanza di manutenzione delle creste dei muri che, insieme a taluni interventi di restauro degli anni Settanta del Novecento, hanno indebolito la compagine strutturale. A ciò si aggiunge la particolare conformazione del costruito e la sua esposizione rispetto alla direzione prevalente dei venti (sud-nord), che contribuisce all'erosione delle malte in corrispondenza di quote maggiormente interessate dal distacco dei vortici.

Conservazione e fruizione. – Nel 2011 è stato messo a punto un progetto di salvaguardia dell'area archeologica (Pompei archeologia, 2011) che si fonda sui principi della manutenzione preventiva programmata e sugli studi sviluppati per le aree archeologiche di Roma e Ostia Antica con le Linee guida per la conservazione delle architetture d'interesse archeologico in cui si è dimostrato che è possibile prevedere il comportamento delle strutture archeologiche nel caso di eventi sismici o in mancanza di manutenzione. Da ciò consegue che si possono determinare con sufficiente precisione le attività preventive necessarie per diminuire drasticamente le vulnerabilità intrinseche ed estrinseche dei beni archeologici sviluppando un percorso di conoscenza che si traduca in un piano di manutenzione preventiva e programmata, cioè in quel complesso di attività e interventi destinati al controllo delle condizioni del bene culturale, al mantenimento della sua integrità, della sua efficienza funzionale e della sua identità. Dunque, la manutenzione come processo che ha lo scopo di individuare tempestivamente i sintomi del degrado per porvi rimedio con attività generalmente a basso contenuto tecnologico, ma costanti e ripetute nel tempo e a scadenze programmate. In un contesto multidisciplinare e multidimensionale come quello di P., la manutenzione è un processo che deve definire i quadri diagnostici descrittivi delle condizioni di rischio e mettere a punto il percorso progettuale il cui obiettivo è stabilire le strategie attuative e individuare le azioni specifiche per mettere in sicurezza le strutture in condizioni d'instabilità e contenere le azioni degli agenti del degrado. Nell'esperienza su P. è stata sviluppata per la prima volta un’analisi comparata della valutazione del rischio, unificando in una medesima procedura le osservazioni sulle condizioni di degrado di componenti e materiali, insieme a osservazioni sulla sicurezza strutturale dei manufatti. Il sistema di monitoraggio e verifiche è stato sperimentato su alcuni edifici e aree campione come la Casa del moralista, la Casa di Trebio Valente, la Casa della fontana piccola oltre ad alcune insulae sulla via Stabiana. Nell'ambito del processo, l'attività ispettiva garantisce sia la verifica costante dello stato di conservazione per prevenire danni e dissesti, sia l’affidabilità e l’efficacia delle opere previste dal piano di manutenzione, per consentire eventualmente l’esecuzione di interventi immediati. In conclusione, si tratta di una vera e propria strategia di conservazione che si fonda sulla gestione processuale e sulla multidisciplinarietà. Tra il 1981 e il 2010 a P. i visitatori sono passati da 863.000 a 2.854.000 unità. Una dimostrazione tangibile dell'interesse culturale di questa area archeologica tra le più visitate d'Italia, ma anche un problema considerevole di pressione antropica, che richiede una rilettura dell'intero sistema di fruizione, a partire dagli accessi, per una comprensione più immediata dell'impianto della città antica.

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