Visiva, poesia

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visiva, poesia Nella letteratura contemporanea, genere poetico sviluppatosi dagli anni Cinquanta in seno alle neoavanguardie artistiche europee su stimolo di una radicale revisione delle restrizioni poste dalla lirica tradizionale. Avendo come punti di riferimento le sperimentazioni verbovisuali dei calligrammi di G. Apollinaire e le destrutturazioni tipografiche futuriste in quanto parte essenziale della funzione poetica, la poesia visiva àncora saldamente il segno verbale a una pluralità di codici comunicativi non verbali, contaminando generi e prelevando dai media e dai nuovi universi tecnologici immagini e concetti; l’intento di produrre un effetto straniante è ottenuto attraverso la manipolazione di testi, suoni, immagini e performance che dilatano i campi semantici di ciascun apporto fondendo letteratura alta e cultura pop. Alla ricerca poetico-visiva e alle sperimentazioni verbo-visuali condotte negli anni Sessanta e Settanta da E. Isgrò, L. Pignotti, A. Spatola, E. Miccini, G. La Rocca, E. Williams, B. Porter e M.E. Solt hanno fatto seguito una pluralità di sottoinsiemi coerenti, che hanno via via assunto denominazioni quali poesia concreta, poesia tecnologica, narrative art, videopoesia e poesia totale, in cui segno iconico e segno verbale concorrono a deformare ogni asse spaziotemporale ibridando poesia, web, teatro, musica e cinema. Delle tendenze della ricerca poetico-visiva evidenziatesi dagli inizi del Duemila danno compiutamente conto manifestazioni culturali quali il ZEBRA Poetry Film Festival, il festival DoctorClip Roma Poetry Film Festival e il festival di poesia totale La punta della lingua.

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